Il Procedural, tra Trama Verticale e Trama Orizzontale – Parte 2: dalle Hawaii alla Gothic Soap Opera

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Le “Aloha skirt” dei criminali svolazzavano in mezzo alle pallottole fischianti nelle isole del Pacifico ritmando la fine degli anni ‘70, mentre i conflitti familiari, gli amori ed i tradimenti, fino ad ora banditi dal genere procedural, stavano per tornare alla ribalta e reclamavano il loro posto al sole: i detective privati guidavano le Ferrari o flirtavano in agenzia, mentre Mark Frost scriveva storie quotidiane di vita vissuta tra poliziotti ed intanto sognava una serie tutta nuova che avrebbe definitivamente rotto gli schemi, finché, inatteso come un fulmine in una giornata di sole, arrivò il diario di Laura Palmer e tutto cambiò per sempre.

Ancora una volta, però, procediamo con calma ed ordine, nel rispetto della timeline.

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Dopo 12 stagioni ininterrotte e 279 episodi, nel 1980 chiuse i battenti la serie crime action Hawaii Five-O: i suoi protagonisti avevano lottato contro agenti segreti internazionali e cartelli criminali nel 50° stato degli USA, capitanati dal duro tenente di polizia Steve McGarrett, quasi sempre vestito con il suo impeccabile abito scuro e la cravatta, costantemente immerso nell’azione pura, come anche i suoi colleghi, senza troppo tempo per vicende familiari o coinvolgimenti affettivi.

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Una serie fedele a quel canone di pura storia verticale fissato da Dragnet, che tuttavia, malgrado il grande successo (si consideri che è stata la prima fiction di genere poliziesco a superare un decennio di programmazione continuativa), era infine arrivata alla sua conclusione: dopo tutti quegli anni di riprese, però, alla CBS si ritrovarono ad avere una valanga di materiali di scena inutilizzati dal team di Honolulu e lasciati sui precedenti set in quelle isole dell’oceano Pacifico, che era davvero troppo costoso riportare in patria, ma anche altrettanto stupido buttarlo via.

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Venne così deciso di ascoltare l’idea di una nuova serie ambientata in quelle stesse isole, proposta dal produttore e scrittore Donald Paul Bellisario: nacque così Magnum P.I., una delle serie simbolo degli anni ‘80, della quale, molto più delle storie, si ricordano i duetti tra l’ex-ufficiale ed ex-membro dei servizi segreti della marina Thomas Sullivan Magnum IV (interpretato da Tom Selleck) e Jonathan Quayle Higgins III (interpretato da John Hillerman), maggiordomo e custode della villa di proprietà dello scrittore di gialli Robin Masters (sorta di “Charlie” che non appare praticamente mai nella serie, se non di spalle in una sola occasione), dove abita lo stesso Magnum mentre svolge l’attività di detective privato.

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Dal Dicembre del 1980 fino al maggio del 1988, gli spettatori seguirono tutti i 162 episodi delle 8 stagioni del nostro detective di Oʻahu ed ancora oggi la serie è costantemente replicata, a testimonianza della bontà del progetto ideato dal nostro fortunatissimo autore televisivo, ma prima di lasciare le esotiche spiagge delle Hawaii, per accendere i riflettori sul resto della carriera del nostro autore televisivo, vala la pena di ricordare il memorabile e per certi aspetti davvero inaspettato cross-over che nel 1986 coinvolse le due serie di punta tra tutti i procedural della CBS: Magnum PI e Murder, She Wrote.

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Nell’episodio Novel Connection, numero 9 della settima stagione di Magnum P.I., mentre il nostro eroe sta indagando su un attentato fallito ai danni di alcune signore sue amiche ed ospiti, arriverà ad aiutarlo nella soluzione del giallo proprio la nostra scrittrice di gialli preferita, Jessica Fletcher: il cross-over in due puntate si concluderà con Magnum on Ice, episodio 3 dell’Ottava Stagione di Murder She Wrote, nel quale la Fletcher continua le indagini, mentre lo stesso Magnum è in carcere, accusato prorio dell’omicidio dell’uomo sospettato dell’attentato alle sue amiche di cui si parlava nella prima parte di questa storia condivisa.

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Mentre per i nerd di tutto il mondo e per ogni appassionato di stroria della televisione, Bellisario è senz’altro meritevole di essere ricordato per avere, sopra ogni altra cosa, creato e prodotto la stupenda fiction romantico-fantascientifica Quantum Leap (oggi certamente stilisticamente datata, ma con un cuore narrativo degno del Doctor Who), per le majors NBC e CBC il suo nome sarà invece associato per sempre all’incredibile successo di pubblico di una sequela di fiction procedurali di ambientazione militaresca, che hanno conquistato il cuore degli spettatori occidentali.

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Quello di introdurre un elemento legato in qualche modo alle forze armate o alla guerra (ex-militari, familiari che hanno perso un parente in una delle guerra che gli USA hanno fatto in giro per il mondo e così via) è di fatto una costante di tutte le creature televisive del nostro scrittore e produttore italo-americano, ma se per il detective privato delle Hawaii l’ascendenza militare era solo un elemento che dava spessore al personaggio, per tutte le altre sue serie sarà il tratto distintivo di uno stile di grande successo, allora come oggi: una serie di fiction clonate l’una sull’altra, a mio avviso terribilmente insulse e banali, a cominciare dalla davvero insopportabile JAG, che dal 1995 raccontò per 10 stagioni e 227 episodi complessivi, le avventure del Comandante della Marina degli Stati Uniti Harmon “Harm” Rabb Jr. e del Maggiore dei Marines Sarah “Mac” MacKenzie (senza dimenticarci della precedente partner di Harm, il Tenente Megan “Meg” Austin, presente solamente nella prima stagione), impegnati nell’analisi di casi legali in cui è coinvolto solo personale militare.

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Nel 2003, come spin-off di JAG, nasce la fiction Navy NCIS (nota in tutto il mondo semplicemente come NCIS già a partire dalla Seconda Stagione), con protagonisti appunto gli agenti speciali del Naval Criminal Investigative Service, lo speciale dipartimento della Marina Militare degli USA: malgrado sia il concept della fiction, sia i personaggi principali fossero semplicemente nati da una costola di JAG, il successo della nuova serie fu ancora più grande della serie principale, dando vita praticamente ad un universo narrativo parallelo e dopo 16 stagioni e 366 episodi questo procedural non si è ancora concluso e nemmeno spenta la passione del pubblico.

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Nel 2009 lo sceneggiatore Shane Brennan, già autore di moltissimi script di CSI: Miami, se ne esce con il primo spin-off di NCIS, producendo NCIS: Los Angelesancora una volta un successone, con 10 stagioni per complessivi 216 episodi e nessuna conclusione in vista!

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Non si tira il collo alla gallina che fa le uova d’oro e così nel 2014 Gary Glasberg (già autore di vari episodi di serie procedural esemplari come Bones o The Mentalist) diventa l’ideatore e lo showrunner del secondo spin-off da NCIS, ossia NCIS: New Orleans, ovviamente anch’esso ben saldo con 119 episodi trasmessi fino ad oggi nelle sue per ora 5 stagioni: giusto per far comprendere quanto sia forte la propensione militarista della “pancia” degli Stati Uniti d’America come pubblico televisivo, si sappia che nessuana di queste serie è anche solo lontanamente in odore di chiusura.

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Torniamo adesso però ai reaganiani anni ’80, perché il salto che la CBS fece passando dalla serie dei duri agenti di Hawaii Five-0 (figlia diretta della asciuttezza del prototipo di Dragnet), all’ostentazione piena di glamour e sex-appeal di Magnum P.I. fu parallelo a quello avvenne sia culturalmente, sia come costume sociale tra le due decadi: abbandonati gli anni ’70, infatti, le storie poliziesche, sia al cinema come in televisione, avevano abbandonato il cinismo realista degli anni ’70, ostentando al suo posto un realismo di facciata, il genere procedural si era avvicinato ai nuovi gusti del pubblico, ostentando un realismo di facciata, dove a dominare era l’aspetto romantico ed emotivo, fino a quel momento esclusiva dei generi comedy e dei drammi romantici: fu così che anche sia nella narrazione delle trame orizzontali, sia nei plot delle singole storie dei vari  procedural di quel periodo, la sfera privata entrò in modo preponderante.

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A fare da apripista di questo nuovo modo di condurre le produzioni televisive fu nel 1981 Hill Street Blues, una delle fiction più importanti della storia delle TV statunitense, vero punto di svolta per tutto il genere crime e poliziesco: per 7 stagioni consecutive e 146 episodi, i telespettatori seguirono in primetime le avventure quotidiane dei membri di un intero distretto di polizia, raccontate da un team di sceneggiatori a cui fu data una libertà creativa senza precedenti.

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Il canone della storia verticale unica, del mistero da svelare o del criminale da catturare, tutto al’interno del medesimo episodio (massimo due, ma intese comunque come prima e seconda parte della stessa storia) era stato definitivamente spezzato: ogni settimana lo show presentava infatti più storie intrecciate tra loro e solo alcune di esse arrivavano a conclusione prima della fine della puntata, mentre le altre restavano in sospeso per vari episodi, creando una sorta di flusso di narrazione a più livelli, che se da un  lato richiamava lo stile della soap (con continui conflitti sentimentali e familiari), dall’altro invece permetteva agli scrittori della serie di tratteggiare i personaggi in modo più realistico, quasi come fossero delle drammatizzazioni in tempo reale della loro quotidianità: in Hill Street Blues si possono ancora oggi scorgere i semi di quel modo di raccontare la vita di tutti i giorni che in futuro sarebbe diventata la dittatura televisiva del genere reality show.

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Ovviamente uno script televisivo così innovativo non poteva che essere accompagnato anche da un diverso uso delle riprese ed una diversa regia: venne quasi abolito l’espediente della voce narrante fuori campo (il cosiddetto voiceover), tanto usato negli altri procedural e la camera fissa degli studi venne spesso sostituita da telecamere portatili per riprese in esterna, con sequenze in movimento dal taglio documentaristico; anche il linguaggio (canonizzato in Dragnet e rimasto formale per 30 anni) diventa più gergale e vicino allo “slang” cittadino e delle gang.

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Sia chiaro che stiamo parlando di un prodotto televisivo, dove per definzione ogni eccesso viene smorzato, ma il paragone più esemplificativo che potremmo fare oggi, attualizzando la rivoluzionarietà di questo stile di messa in scena e restando anche nello stesso ambito poliziesco, è senza dubbio quello fornito dalla regia e dalla sceneggiatura usata dal grande David Ayer per il suo fondamentale End of Watch, film del 2012 con Jake Gyllenhaal ed ambientato tra i poliziotti di Los Angeles in lotta contro le gang.

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Nella seconda metà degli anni ‘80 ci fu un altro serial che scombussolò lo show business televisivo, certo molto meno rivoluzionario a livello tecnico di messa in scena, ma tuttavia altrettanto innovativo per quanto riguarda la narrazione, creando tra l’altro la fortuna di un giovanissimo Bruce Willis, Moonlighting, serie senza la quale non ci sarebbero state anni dopo comedy come Ally McBeal o Ugly Betty.

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Con le sue 5 stagioni ed i suoi 66 episodi, questa dramedy (lo so, è terribile come vocabolo, ma gli americani sono famosi per creare questi neologismi del piffero, in questo caso sintesi di drama e comedy) ha tinto decisamente di rosa il procedural poliziesco ed investigativo, con le sue avventure dalla trama gialla e gli intrighi sentimentali della coppia di detective privati, interpretati appunto da Willis e dalla più navigata Cybill Sheperd: come è facile intuire, la peculiarità di questa serie è proprio nella commistione tra i due generi, che, come accade a tutti i pionieri, fece scuola in Tv per molti anni a venire.

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Gli anni ‘80 volgevano al termine, ma avevano preparato il campo per la serie Tv più rivoluzionaria di tutti i tempi, quella che all’inizio dell’ultima decade del millennio scorso fece letteralmente implodere il genere procedural, come risucchiato in un buco nero, per poi rigurgitarlo fuori in una esplosione di delirio, confusione di generi, lucida follia, rigore stilistico e regia visionaria: sto parlando di quel capolavoro indiscutibile (pur nelle mille polemiche che hanno accompagnato il passaggio quasi filosofico e spirituale tra la Prima e la Seconda stagione) di Twin Peaks.

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David Lynch ha spesso raccontato come la genesi dell’idea stessa di questa serie Tv fosse venuta in mente a lui ed a Mark Frost sotto forma di un’immagine, mentre se ne stavano entrambi seduti a parlare ad un tavolino del locale “Du-par”, al 12036 di Ventura boulevard a Los Angeles: l’immagine in questione era quella di un corpo morto, avvolto nella plastica e bagnato dall’acqua sciabordante sulla riva di un lago.

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Aldilà dell’aneddoto di Lynch, riproposto con qualche variazione in varie interviste (compresa quella famosa al David Lettermann Show), l’immagine del corpo morto di questa ragazza, come di un momento cristallizzato nel tempo, avvolto nel mistero più assoluto, è certamente il cuore di tutto il serial o per lo meno la parte che interessava maggiormente Lynch: con la precisa consapevolezza da parte mia di non dire alcunchè di nuovo (sono stati scritti libri e fatte conferenze sul fenomeno cinematografico e meta-televisivo di questo serial), voglio comunque ribadire ora l’aspetto più importante del lavoro fatto da Lynch e Snow ed ossia quello di aver realizzato un procedural con una storia virtualmente infinita, un giallo narrato come una soap, in cui il vero colpevole non si sarebbe mai dovuto trovare (così era nelle intenzioni iniziali dei due autori), dove le puntate sarebbero andate avanti finchè ci fosse stata energia creativa da parte dei due autori nel tratteggiare quella sorta di incubatrice di peccati di provincia e personaggi “sballati”, come in una Peyton Place sotto acido, in cui si muoveva lo stralunato agente speciale dell’FBI Dale Cooper (nell’interpretazione dell’attore feticcio di Lynch per antonomasia Kyle MacLachlan).

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L’aspetto soap della narrazione, agito dai continui colpi di scena sulla vita privata dei cittadini di questa cittadina immaginaria dello stato di Washington, al confine con il Canada, non è stato semplicemente portato in eredità dai precedenti lavori di Frost (come inizialmente la critica supponente aveva stigmatizzato in modo spiccio), ma era uno degli assi portanti del progetto stesso, così come concepito dai due autori di comune accordo: l’idea iniziale della serie era infatti proprio quella di una parodia del genere fatta con una narrazione che fosse comunque essa stessa una soap e che tenesse quindi gli spettatori avvinti a vicende sensazionalistiche che si rinnovavano di continuo, mentre l’aspetto parodistico era portato dalla generale instabilità caratteriale di quasi tutti i cittadini, come in una sorta di manicomio a cielo aperto.

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Ad ulteriore sottolineatura di quanto scritto, dentro la finzione narrativa veniva trasmessa e guardata dagli stessi personaggi una finta soap, costruita apposta da Lynch e Frost per l’occasione, Invitation to Love, in cui spesso, con la stessa funzione del coro nelle tragedie greche, si commentavano tra le righe gli accadimenti del giorno della cittadina “reale” (in un gioco di specchi e finzione nella finzione da uscire di senno!).

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Un procedural in cui non si sarebbe mai trovato un colpevole, però, era davvero troppo per il network titolare dello show e così, non appena gli ascolti inevitabilmente calarono, fu imposto a Lynch e Frost di battezzare il nome dell’assassino: i due autori obbedirono al dictat, ma lo fecero a modo loro, perchè l’assassino di Laura Palmer era in realtà solo un “guscio” posseduto da Bob, un demone che a turno entrava un pò in tutti i membri della famiglia: in questo modo, Laura poteva essere violentata dal ragazzo, mentre dentro di lui c’era Bob, uccisa dal padre, mentre dentro di lui c’era Bob e poteva persino andarsene in giro da sonnambula, mentre dentro di lei c’era Bob (si, perché Bob, già che c’era, aveva posseduto anche lei!).

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Un colpevole non colpevole ed un vero vero colpevole non prendibile: se non bastava questo per dare alle fiamme tutto ciò su cui si era basato fino ad allora il genere procedural, non saprei davvero cos’altro immaginare!

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La serie, quindi, alla fine ebbe un suo assassino, ma ovviamente non terminò, perchè nella trama erano sbarcati in pompa magna la magia ed il demonio: così, a metà della seconda stagione, comincià la cosiddetta “parte oscura” di Twin Peaks, quella della Black Lodge (La Loggia Nera), il regno del male assoluto situato in una dimensione parallela alla nostra, dove si trova la famosa Red Room (La Stanza Rossa), sognata dallo stesso Dale invecchiato di 25 anni (attenzione a questo numero!), ma è anche la parte della serie che vede l’arrivo dell’antagonista dell’agente Cooper, ossia lo psicotico Windom Earle, l’altro agente FBI che arriva solo per indagare sul potere magico deviato che la cittadina stessa emana.

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Qui siamo davvero in un flash-forward, perchè la serie di Lynch e Frost, già definita all’epoca dai giornali americani una “Gothic Soap Opera”, diventa adesso ancora più dark ed anticipa le “horror-action” degli anni a venire o le serie dedicate ai killer seriali: Earle sfiderà Cooper ad una mortale partita a scacchi, in cui lui ucciderà un cittadino di Twin Peaks per ogni pezzo della scacchiera perso dal suo avversario.

Prima di congedarci definitavamente da questo show, torniamo un momento a quel numero 25 sognato da Dale Cooper, come il numero di anni nel futuro, in cui avrebbe infine reincontrato Laura Palmer e la stessa Twin Peaks, come gli rivela il nano nella Red Room: il 6 Ottobre 2014, il canale Showtime annunciò un sequel di 9 episodi (su cui in realtà Lynch e Frost stavano lavorando da tre anni), nei quali si sarebbe raccontato il seguito delle vicende a 25 anni esatti di distanza.

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Nel 2017 il duo artistico David Lynch e Mark Frost mette in scena l’ennesima rivoluzione nel settore delle serie televisive con un capolavoro altissimo, Twin Peak The Return (anche definito Twin Peaks Terza Stagione), stabilendo un punto fermo per il riavvio del Cinema e della Videoarte in generale: senza nemmeno soffermarmi sull’epocale episodio 8 (uno dei momenti essenziali e catartici di tutta la storia televisiva mondiale), dico soltanto che con i suoi 18 episodi da un’ora circa ciascuno, questa fiction diretta e scritta dallo stesso Lynch, presenta una narrazione impossibile da riassumere e talmente densa di momenti artistici (fatti di danza, parodie surreali del genere soap, lezioni di cinema, orrore sfrenato, incubo e pazzia), da poter essere assaporata meglio come un collage di singoli film, collegati dalla medesima idea di destabilizzaione dello storytelling e della comprensione, in cui ogni scansione temporale è rallentata, poi velocizzata ed infine ribaltata, gettando lo spettatore in un viaggio lucido (ma senza freni) in tunnel spaziali simili a quelli filosofici e psicadelici dell’odissea spaziale di Kubrick o ai frattali quantisitici della memoria dell’Interstellar di Nolan, usando il linguaggio delle performances teatrali e videoartistiche, applicando agli effetti speciali una CGI spesso in modo appositamente brutale e primitivo, giocando infine con la memoria degli stessi spettatori e l’identificazione spiazzante dei characters prelevati di peso dal precedente storico Twin Peaks.

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Non posso e non voglio dire di più di una fiction che chiunque ami l’arte deve vedere, certo non con semplicità e non senza sofferenza, ma tuttavia per arricchimento personale e per la creazione di un gusto estetico di cui il vostro animo in futuro vi ringrazierà.

Anche per questa seconda tappa del nostro percorso storico ed analitico, dentro il genere procedural televisivo, è tutto: arrivederci alla Terza Puntata, dove scopriremo come il fantasy verrà declinato nel crime attraverso il mondo delle cospirazioni, degli alieni, dei vampiri e dei mostri in genere.

«That Gum you like is going to come back in style»


In questa puntata, abbiamo parlato delle seguenti 11 serie Tv:

Hawaii Five-O (1968 TV series)
Creata da Leonard Freeman
USA, 1968 – 1980
Stagioni 12, episodi 279

Magnum, P.I.
Creata da Donald P. Bellisario e Glen A. Larson
USA, 1980 – 1988
Stagioni 8, episodi 162

Quantum Leap
Creata da Donald P. Bellisario
USA, 1989 – 1993
Stagioni 5, episodi 97

JAG
Creata da Donald P. Bellisario
USA, 1995 – 2005
Stagioni 10, episodi 227

NCIS
Creata da Donald P. Bellisario e Don McGill
USA, 2003 – in corso
Stagioni 16, episodi 366 ad oggi

NCIS: Los Angeles
Creata da Shane Brennan
USA, 2009 – in corso
Stagioni 10, episodi 230 ad oggi

NCIS: New Orleans
Creata da Gary Glasberg
USA, 2014 – in corso
Stagioni 5, episodi 107 ad oggi

Hill Street Blues
Creata da Steven Bochco e Michael Kozoll
USA, 1981 – 1987
Stagioni 7, episodi 146

Moonlighting
Creata da Glenn Gordon Caron
USA, 1985 – 1989
Stagioni 5, episodi 66

Twin Peaks
Creata da Mark Frost e David Lynch
USA, 1980 – 1990
Stagioni 2, episodi 30

Twin Peaks The Return
Creata da Mark Frost e David Lynch
USA, 2017
Stagioni 1, episodi 18


 

2 pensieri su “Il Procedural, tra Trama Verticale e Trama Orizzontale – Parte 2: dalle Hawaii alla Gothic Soap Opera

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