CONTINUUM: La Tuta di Kiera Cameron e la Fine dell’Eternità

kiera

L’uomo che si fa accartocciare il camion da Superman: questa potrebbe essere la didascalia posto sotto la foto dell’attore canadese Ian Tracey.
Nel film “Man of Steel” del 2013, il nostro uomo di Vancouver interpreta infatti Ludlow, un camionista che, nella scena del bar all’inizio o quasi del film di Bryan Singer, sbeffeggia pesantemente un Clark Kent cameriere in una cafeteria.


Chi ha visto quel film sa che il nostro supereroe si trattiene dal polverizzare il camionista bifolco, ma questi, all’uscita dal locale, troverà con sua grande sorpresa il proprio camion distrutto, avvoltolato nei pali della luce e sospeso a mezz’aria.

Davvero una bella faccia quella di Ian Tracey, vincitore di un meritatissimo UBCP/Actra Awards 2014 quale miglior attore proprio per la sua interpretazione del personaggio di Jason nella nostra serie televisiva “Continuum”.

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Normalmente, quando si parla di questa serie Tv canadese non si parla mai del personaggio di Jason, oscurato, com’è ovvio, dalla luce dei riflettori costantemente puntati sui due protagonisti: Kiera Cameron, l’agente di polizia proveniente dal 2077 (interpretata dalla fantastica Rachel Nichols) e da Carlos Fonnegra, il poliziotto della Vancouver odierna (impersonato invece da quel bietolone di Victor Webster).

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Eppure il personaggio di Jason è uno dei tanti tasselli speciali grazie ai quali questo potente ed assieme fragile serial si distingue dai suoi simili statunitensi, sia nell’area sci-fi in senso stretto, sia in quella procedural più ampia.

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La coppia poliziotto uomo e poliziotto donna ha sempre funzionato nella fiction, dai tempi di Dana Scully e Fox Mulder di “X-Files“, fino ai due detective Elliot Stabler (interpretato da Christopher “Ehi, siamo anche noi in Man of Steel” Meloni) e Olivia Benson (ruolo fondamentale nella carriera artistica della glaciale attrice Mariska Hargitay) di “Law & Order: Special Victims Unit (Law & Order – Unità vittime speciali)” ed in più qui
abbiamo un poliziotto del futuro ed uno del presente, che collaborano assieme per debellare Liber8, un gruppo di terroristi che hanno viaggiato nel tempo.

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Ciò che, però, in “Continuum” fa la differenza con le altre serie tv è il tessuto narrativo, pieno di continui e costanti rimandi alle varie potenziali sottotrame, rimandi che sono impersonificati di volta in volta in personaggi chiave, ognuno depositario di un suo segreto e che fanno da acceleratori della trama.

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Quello di una grandiosa ed encomiabile caratterizzazione dei personaggi (sia principali che secondari) è senza dubbio uno dei punti di forza di questa fiction, accompagnano la gradevolezza della visione, anche nei momenti inevitabili di stanza della narrazione.

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A serie completata, resta infatti, nello spettatore fedele, il forte ricordo sia di una trama assai intelligente, come anche di potenti characters, quali appunto Jason, l’Alec Sadler del futuro (quello portato in scena dal grande William B. Davis, indimenticato “smoking man” della già citata serie “X-Files“), Emily (la compagna dell’Alec Sadler del presente, quello impersonato dall’attore Erik Knudsen), Escher (magnate dell’industria e persona i cui legami con Alec Sadler e con il continuum spazio-tempo saranno rivelati lentamente nel corso delle puntate), Edouard Kagame (il primo capo di Liber8, magistralmente rappresentato da Tony Amendola, attore che resterà per sempre nei nostri cuori
come Jaffa Bra’tac della serie “Stargate SG-1“) ed infine tutto il gruppo dei Freelancers (quelli con i tatuaggi tra le dita, i viaggiatori del tempo appartenenti ad una sorta di setta o legione, apparentemente a protezione dell’ordine nelle linee temporali).

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Tutti questi personaggi, che in una normale serie tv avrebbero avuto solo il ruolo di spalle o peggio sarebbero restati semplicemente sullo sfondo, sono in “Continuum” una sorta di oracoli, ovvero delle figure narrative che ampliano la profondità della trama nelle diverse possibili direzioni, creando dei segmenti narrativi, allo stesso tempo sia isolati (con una loro sotto-trama, sviluppata o sviluppabile in modo autonomo), sia integrati (come elementi di continuità e deuteragonisti della storia principale).

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Una delle cose che balza subito all’occhio, quando si guarda questa serie Tv canadese è tuttavia la scarsità di fondi economici destinati alla produzione, specie se confrontata con altre serie simili prodotte negli USA: si percepisce a pelle, infatti, la complessità dello script, degno della migliore sci-fi narrativa, ma anche la necessità assieme per i produttori esecutivi di operare continui tagli alle sotto-trame per snellire il budget di spesa.

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Quello che sto cercando faticosamente di esprimere, ossia, è che “Continuum”, a livello di storia, contiene così tanti spunti narrativi da poter generare infinite storie, come una giovane start-up dedicata allo sviluppo di software innovativo, con tanto potenziale ancora tutto da esprimere.

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Simon Barry, il creatore della serie, (non a caso co-fondatore della società di produzione Reality Distortion Field, sorta di fantasy-incubator e laboratorio di nuove idee per gli scrittori di fantascienza canadesi) ha scritto con questa fiction il suo prodotto più evoluto e complesso, una magia narrativa su uno degli argomenti-trappola da sempre più insidiosi per qualsiasi scrittore di fantascienza, sia esso un romanziere o uno sceneggiatore di cinema e Tv: i viaggi nel tempo.

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Persino il grande Isaac Asimov, in una delle sue famose note allegate alle sue antologie di racconti, ha confessato di come avesse avuto sempre un timore reverenziale per questo argomento, considerandolo difficilissimo e foriero di autogol logici da parte anche di grandi autori; fu così che quando nel 1955 Asimov decise di farci un romanzo, scrisse probabilmente il suo capolavoro: “The End of Eternity (La Fine dell’Eternità)”.

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Con quel magistrale romanzo, con le agghiaccianti descrizioni dei secoli desolati, i corridoi dell’Eternità, i pozzi temporali e tutto il sistema di interrelazioni, con tutto questo insomma ha un debito enorme non solo la storia del nostro scrittore canadese, ma anche quella dell’intero cinema di fantascienza e di buona parte della letteratura di sci-fi; per dirla tutta, questo romanzo di Asimov sta alle storie sui viaggi nel tempo, come “Apocalypse Now” sta ai film di guerra sul VietNam.
Non è una semplice divagazione il motivo per cui stiamo parlando di questo libro, poichè (senza spoilerare troppo) possiamo infatti tranquillamente affermare che la serie Tv
Continuum” è in parte figlia del romanzo di Asimov, come si scoprirà nel cuore narrativo della terza serie, ossia ciò per cui tutto è stato raccontato, ciò per cui tutto è accaduto.
Rubando le parole che il critico letterario Giuseppe Lippi scrisse nel 1987 proprio per il libro di Asimov, diciamo anche noi “[…] La fine del mondo è già successa! La realtà sta per sgretolarsi sotto i nostri occhi… […]”.

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Il soggetto iniziale, presentato ed illustrato in varie manifestazioni per appassionati di fumetto, fantasy e sci-fi, era un vaso di Pandora stracolmo di invenzioni, di macchine futuribili, di progetti avveneristici, studiati per lo show televisivo, ma dei quali la produzione si è andata via via disfando per tagliare i costi, con l’importante eccezione della tuta indossata dalla protagonista femminile, la nostra musa Kiera, un gadget prodigioso, tanto importante visivamente da diventare quasi il visual se non il logo stesso della serie.

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Continuum fu di fatto costruita attorno a Kiera, perchè lei è un protector (termine con cui nella fiction viene appellata simbolicamente soltanto dai vari personaggi provenienti come lei dal futuro), ovvero un membro super-addestrato degli speciali corpi di polizia privata al soldo delle corporazioni, dotato della sua tuta iper-tecnologica che le fa fare cose incredibili: i primi episodi sembrano in molti momenti ridursi solo a questo ed effettivamente le vicende avrebbero potuto davvero terminare avvitandosi su se stesse senza portare a nulla, ma fortunatamente il progetto è stato premiato da un successo crescente di pubblico, anche internazionale e la fiction di Simon Barry è ripartita con maggiori sforzi economici ad ogni puntata, delineando mano a mano il filone narrativo principale e portando a compimento in modo ottimale la prima stagione.

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La nostra serie è una produzione Showcase (il canale televisivo Made in Canada in lingua inglese), che sin dall’inizio delle riprese ha costruito un cast assolutamente tutto rigorosissimamente canadese, con la sola eccezione (grazie!) della nostra protagonista, la statunitense Rachel Nichols.

Tra gli attori dei personaggi principali troviamo anche una vecchia conoscenza dei serial di sci-fi, la statuaria Lexa Doig, indimenticato ologramma femminile dell’astronave Andromeda nell’omonima serie Tv (sviluppata da Robert Hewitt Wolfe su materiale inedito, lasciato in eredità a sua moglie dal mitico Gene “Star Trek” Roddenberry), ma anche la figlia del generale Henry Landry comandante della base Stargate nella serie SG1, diventata ufficiale medico a seguito della morte della precedente dottoressa Janet Fraiser.

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La Doig condivide con la Nichols un passato di modella ed effettivamente la sua presenza scenica non passa davvero inosservata, ma è anche attrice dotata di notevole carisma, tanto che i produttori della nostra serie, come già era avvenuto nei 109 episodi della sfortunata serie sci-fi americano-canadese “Andromeda” prima citata, concedono maggiore spazio al suo personaggio e la sua Sonya Valentine, membro di Liber8, da secondario diventa rapidamente principale: le sue vicende specifiche all’interno della serie sono seguite con crescente interesse e gradimento del pubblico, tanto che persino il fondatore del gruppo, Kagame (uno degli “oracoli” e faro di svolta delle sottotrame della fiction), la elegge sua erede spirituale e le affida la leadership in caso di sua prematura dipartita.

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Parlando del plot, ma riducendo al minimo il rischio spoiler, diciamo che a livello stilistico, Continuum viene narrato, nelle vicende ambientate nel tempo presente, con la sintassi di un police procedural, a metà tra “Bones” e “Criminal Minds” (non dobbiamo dimenticare che la nostra attrice è stata Ashley Seaver, uno dei personaggi principali della sesta stagione della fiction campione d’incassi ideata da Jeff Davis), quando invece il racconto si sposta nel futuro, allora diventa una via di mezzo tra “Robocop” (quello bello e gore del 1987 di Paul “Starship Troopers” Verhoeven) ed “Almost Human” (con la nostra Kiera che potrebbe spacciarsi per una Chrome, geneticamente modificata come la detective Valerie Stahl di Minka Kelly).

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Evitando di svelare troppo della storia vera e propria, sulla sinossi diciamo che, come nel “Terminator” di James Cameron, nella Prima Serie vediamo arrivare personaggi dal futuro, grazie ai quali starà poi a noi spettatori viaggiare nel tempo: di fronte allo spettatore si alterneranno, infatti, in ogni puntata, segmenti della vita familiare e professionale di Kiera della Vancouver del 2077 e le vicende di Kiera come poliziotta del tempo presente, con un trucco di sceneggiatura semplice e perfetto, dove la sorpresa è continua e le sottotrame possibili davvero un’enormità.

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Con la Seconda Serie il meccanismo di base non cambia, ma con il successo di pubblico arrivano più soldi e più libertà creativa: vengono così rispolverate le idee originarie, si riprendono fili narrativi interrotti e si intensifica molto l’approfondimento narrativo di ciò che accadrà (è accaduto?) nel futuro, spiegando perché queste persone sono giunte a noi e come questo può aver modificato in qualche modo il continuum spaziotemporale.
I personaggi principali diventano più complessi, più articolati, mentre i personaggi secondari (quelli veramente tali, non coloro che abbiamo definito gli  “oracoli”) restano identici a loro stessi, quasi delle comparse.

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Osservate da lontano, entrambe le prime due stagioni sembrano in realtà quasi un’unica rincorsa per portare lo spettatore alla terza, quella cruciale e semi-conclusiva, dove tutte le carte sono già state messe sul tavolo e dove quindi può iniziare il viaggio vero, quello attraverso le diverse linee temporali, dove incontriamo le varie versioni dei personaggi ed anche l’etica individuale, nelle sceneggiature dei singoli episodi, diventa più nebulosa, le caratterizzazioni comportamentali meno riconoscibili e dove persino le interpretazioni degli attori appaiono più spigolose e dure: qualcosa sta infatti accadendo a tutti gli attanti coinvolti nel continuum.

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Malgrado tutti gli sforzi produttivi e recitativi, la fiction è costantemente sul filo della chiusura, per via dell’audience appena sotto gli stanrad richiesti dal network e questo costringe gli autori a dare una brusca sterzata allo storia già a metà della serie, anticipando mosse ed avvenimenti, fino al cliffhanger clamoroso con cui si chiude l’ultimo episodio.

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Con i suoi alti e bassi, sono due le costanti che tengono comunque sempre saldamente incollate al timone della realtà lo spettatore: la prima è senza dubbio il regalo che gli USA hanno fatto ad un cast altrimenti, come dicevamo prima, tutto canadese ovvero la fantastica Rachel Emily Nichols, che ha regalato alla televisione un personaggio intenso, mai banale e che oltretutto si evolve nel corso della serie,  incupendosi e complicandosi con il procedere degli eventi e degli sfasamenti temporali, con modifiche persino al make-up (le scuriranno gli occhi e le acuiranno gli zigomi per accentuarne l’aggressività).

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La seconda certezza è invece costituita dalle straordinarie musiche di Jeff Danna: il nostro compositore si avvinghia all’azione con i suoi ritmi sincopati, per poi sciogliersi in una sinfonia ampia e profonda ogni qual volta il viso della Nichols viene inquadrato nei suoi silenzi riflessivi o nella sua disperazione per la lontananza spaziale e temporale dalla famiglia che ha lasciato nella Vancouver del 2077.

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Dobbiamo a questo punto, in quanto spettatori fedeli, ringraziare proprio l’attrice protagonista, che in qualità anche di produttore della serie,  ne ha sventato più volte la minacciata chiusura anticipata e soprattutto per aver ostinatamente voluto una Quarta ed ultima serie, regalando al mondo quei meravigliosi 6 episodi, nei quali in modo mirabile tutti i fili narrativi giungono quasi miracolosamente al pettine!

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In questa stagione conclusiva si respira in ogni scena un’atmosfera di emergenza, con attori e sceneggiatori che hanno lavorato di fatto in stato di continuo Defcon 1 (stato di guerra), creando trame serratissime, senza sbavature o pause, in cui ogni rapporto personale viene riesaminato, ogni segreto svelato, persino quelli nemmeno ancora accennati e correndo a perdifiato, per giungere in tempo ad una risoluzione che non ha lasciato alcun dubbio narrativo.

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Ciò che invece era impossibile evitare era il grande rimpianto, nostro come spettatori e loro come autori, per l’enormità delle storie possibili ancora da raccontare: è la dura legge del mercato, che talvolta taglia le ali a splendidi progetti, ma che almeno, in questo caso, con il giusto preavviso di cessazione, ha permesso al cast artistico di salutare degnamente il proprio pubblico.


 

11 pensieri su “CONTINUUM: La Tuta di Kiera Cameron e la Fine dell’Eternità

  1. Credo che tu mi abbia letto nel pensiero, perchè proprio questo fine settimana ho messo in download questa serie TV e ho recuperato già le prime due stagioni.
    Il problema, come sempre, sarà solo trovare il tempo di vederla. Sono già in coda Nikita (ho visto solo una decina di episodi) e Chicago Fire, nonchè sono appena (ri)iniziate serie che mi piacciono: il nostro amato Elementary (3° stagione) Person of interest (4° stagione), Arrow (4° stagione) e la new entry The Flash. Ci sarebbe anche Blacklist, ma il finale in calando della prima serie potrebbe spingermi a un doloroso taglio.
    Al solito ho letto con piacere il tuo post anche se confesso che di aver saltellato qua e là su alcuni paragrafi perchè temevo di leggere spoiler 😀
    Ho comunque intuito che Continuum ha una qualità fondamentale per una serie tv: lo script INTELLIGENTE. O meglio ancora: che nasce INTELLIGENTE e prosegue INTELLIGENTE, cosa purtroppo rara perchè molti telefilm (si, io sono un nostalgico e uso questo termine…. a breve commmenterò anche l’altro tuo pezzo sulle serie tv) col tempo diventano autoreferenziali perdendo brillantezza e fantasia nello script.
    Bene così, sono affamato di serie tv intelligenti.
    E poi c’è la favolosa Nichols (già apprezzatissima nell’ultima stagione di Alias: vuoi vedere che continuum scala le posizioni della mia watchlist?????

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  2. Si, effettivamente qua e là ci sono degli spoiler, difficili da evitare proprio per le caratteristiche della serie, molto snobbata sia da noi che negli USA, mentre molto amata in Canada dal grande pubblico, terra d’origine e soprattutto, proprio per il concept realizzato da uno scrittore di sci-fi come Barry, oggetto di analisi al microscopio e vivisezioni di tutti gli accadimenti dai lettori abituali di fantascienza!
    Una serie quindi fortemente criticata ed assieme amata dagli appassionati, un pò come accadeva anche nei circoli italiani di sci-fi ad ogni uscita di un nuovo numero di Urania…
    Come ho scritto, Continuum è una creatura fragile, incostante, molto succube dei tagli dei produttori, ma anche grazie al cielo scritta da cultori del genere e che riesce con i suoi alti e bassi ad evitare sempre, dico sempre, di essere stupida: ci sono puntate in cui la odi perchè prende tempo e non ti racconta ciò che dovrebbe, mentre altre volte la ami perchè in 45 minuti ti svela dei paradossi che non capivi.
    La trama di molti episodi è stata letteralmente saccheggiata negli States, copiandone le idee e spesso, con più soldi, realizzando episodi più avvincenti, ma tant’è, è il destino dei Tesla che si fanno rubare i progetti dagli Edison!
    Ho voluto recensire proprio Continuum perchè è una di quelle serie che non può difendersi da sola, non so se mi spiego: non è The Sopranos o Fargo o Breaking Bad, che hanno talmente tanti estimatori (tra i quali me, ovviamente) da essere quasi intoccabili… Continuum è una Cenerentola canadese che spinge per avere spazio e che è arrivata a 3 stagioni e mezzo solo grazie allo script ed ovviamente a Rachel Nichols (ma dai che anche la Doig fa la sua figura!)…

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  3. Perbacco che post. Adoro Continuum da quando è uscito ed è sempre stato ben fatto per me, mancanza di denaro della produzione o no, mi è sempre piaciuto.
    Andromeda …. no io Andromeda non ce la faccio a farmela piacere, c’è una sorta di supponente antipatia di fondo in tutto l’insieme…

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    • Benvenuto nel blog, Gianni!

      Come avrai notato nei commenti ai vari post, questo spazio è quasi un club, una sorta di circolo dove amabilmente chiacchieriamo, scherziamo, giochiamo con le citazioni io ed altri blog amici.

      Alcuni di noi sono più specializzati nel recensire la novità assoluta, altri come me invece preferiscono fare il punto su situazioni già note, ma di cui a volte, proprio parlando in gruppo, ci si accorge che alcuni elementi non sono stati messi nella giusta evidenza.

      Questa fiction canadese è un serial a cui sono particolarmente affezionato,  per tutti i buoni motivi che ho esposto nel post I do un grande piacere nel sapere che anche tu condividi questo apprezzamento.

      I tuoi commenti saranno sempre i benvenuti: siamo un allegra brigata di blogger cialtroni ma sappiamo anche seri seri!

      A proposito di “Andromeda“… Non l’avevo detto, ma ho sempre trovato la serie insopportabile… Tranne ovviamente l’adorabile ologramma!

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  4. Fantastico! Capita spessissimo anche a noi… sto chattando nei commenti con Zack o Lupo Kattivo o Lapinsù e di colpo uno si abbiocca o scappa via per l’ora tarda, alternando discussioni serissime a “cazzate” (sdoganiamo, sdoganiamo…) da osteria!

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    • E’ un crescendo… come aumentavano i mezzi economici, riuscivano a mettere in campo tutte le idee buttate giù dagli scrittori di sci-fi canadese… per questo la seconda stagione sarà molto più bella della prima…
      Se uno che non molla… avevi detto non so più quanti mesi fa che la vedevi e lo hai fatto!

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      • La cartella ha gigioneggiato sul mio hdd per mesi poi stamattina la svolta. Avevo finita Nikita (quella con maggie q) ed ero indeciso se iniziare Continuum o Chicago Fire, poi ho optato per la prima un po’ perchè mi intrigava di più per via del tuo post del gennaio scorso un po’ perchè Chicago Fire potrebbe piacere pure alla signora quindi la vedrò la sera insieme a lei (sono della bimba permettendo :-D)

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  5. Stamattina mi son visto la puntata 2×06 (Second Truth) finora – per distacco – la migliore puntata di tutta la serie.
    Nel giudizio ultrapositivo a questa puntata ha influito e non poco l’epilogo, ma non tanto per la rivelazione che Keyra fa al beota Fonnegra (il quale in quanto beota, accetta una verità così straordinaria senza battere ciglio) bensì per la citazione deliziosa fatta al nostro beniamino SH proprio da Fonnegra, l’ultimo che avrebbe diritto di farla e proprio per questo ancora più deliziosa.
    Quel suo accettare l’origine futura di Keyra Cameron citando il motto per eccellenza di Holmes (when you have eliminated the impossible whatever remains however improbable must be the truth), che poi altro non è che la più elegante traduzione del Rasoio di Occam.
    Ovviamente il mio occhio non può non commuoversi di fronte a certe cose, per quanto banali.

    Se poi mi fermo un secondo a ragionare sul fatto che ho visto questa puntata riconoscendone l’elegante citazione proprio il giorno prima che nei nostri cinema esca il tanto atteso Mr. Holmes, allora mi viene da pensare che forse le coincidenze non esistono, che siamo tutti dentro un flusso di eventi inintellegibile ma ciònondimento affascinante. Un continuum, per l’appunto.

    PS: Ora vado a leggere il tuo commento su Spectre!!!

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  6. Che bello continuare a leggerew in progress le tue vicissitudini con questa serie, che in qualche modo, con i suoi alti e bassi, con puntate in cui la dispotica e bizzosa produzione da carta bianca agli scrittori di sci-fi candesi presenti dietro lo script (puntate belle) ed altre puntate in cui accee l’opposto (puntate brutte), ci accomuna in una sorta di club esclusivo dal ristrettissimo numero di membri…
    Buon giorno, amico.

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