Euphoria: la figlia da salvare

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C’è davvero tantissima poesia in questa fiction televisiva, fatta di delicatissimi momenti di sospensione dell’animo, mescolati a visioni stridenti ed immagini eccezionalmente forti, tutti assieme racchiusi in un modernissimo schermo televisivo, erede consapevole di tanto cinema contemporaneo e che di fronte ai nostri occhi di spettatori diventa un quadro in movimento pieno di giovani corpi abbandonati all’estasi del momento, senza freni e senza censure, spesso fotografati con insistiti e bellissimi primissimi piani sui volti pieni di espressività oppure a media distanza, come nelle sequenze di sognanti corse in bicicletta al primo sole o alla prima luna, lungo le strade sterrate al bordo dei campi coltivati o tra le villette della middle-class della provincia americana, con quel taglio nelle inquadrature in controluce alla Sundance Film Festival, culla di tanti giovani cineasti americani, non ultimo il papà di questo show televisivo.

La versione americana di Euphoria è stata voluta, creata, diretta e sceneggiata quasi interamente da Sam Levinson, giovanissimo figlio d’arte (suo padre Barry è il veterano di Hollywood che ha diretto film indimenticabili come Rain Man del 1988 o Sleepers del 1996), che già al suo secondo lungometraggio, Assassination Nation del 2018, si era dimostrato abilissimo cantore di quello sconosciuto mondo di mezzo dell’universo adolescenziale, le cui porte di accesso, come quelle di una vera e propria dimensione nascosta sotto la luce del sole, sembrano ogni giorno sempre più precluse agli adulti che cerchino di entrarvi per interfacciarsi con i suoi strani abitanti, siano essi i propri figli o gli studenti di una scuola, per capirne i riti ed i valori e comunicare nella loro lingua apparentemente imprendibile, sfuggente ed in continua evoluzione.

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Ho parlato di una versione statunitense, perché il progetto della HBO parte da un’omonima fiction televisiva, ideata e scritta dal giornalista e scrittore cinematografico Ron Leshem (quello che nel 2007 sfiorò l’oscar come miglior film straniero con lo script del film bellico Beaufort, diretto da Joseph Cedar) e trasmessa in Israele dal Novembre 2012 al Febbraio 2013 sul canale via cavo Hot, ma pur avendo lo stesso titolo ed anche l’identica caratterizzazione di tre dei personaggi protagonisti (Fezco, lo spacciatore locale di droga, suo fratello minore Ashtray e Katherine “Kat” Hernandez), le differenze tra le due produzioni non potrebbero essere più marcate, per lo meno (non avendo io mai visto la serie originale) da quanto ho letto nelle recensioni della stampa israeliana riprese negli USA in lingua inglese (soprattutto quelle di Haaretz – Israel News) e questo non solo per le enormi differenze di budget a disposizione (i due network non sono nemmeno paragonabili in termini di forza produttiva), quanto per la libertà espressiva degli autori, tanto che nei commenti dei giovani telespettatori israeliani della comunità di reddit, che a suo tempo ne discussero a lungo, emerge come essi videro la versione della HBO statunitense persino come un vero e proprio upgrade migliorativo sotto tutti gli aspetti, salutandone l’avvento con grande gioia.

Fezco-drug-dealer

Non si può dunque parlare di vero remake, quanto piuttosto di un simile spunto narrativo alla base dei due lavori ossia quello del ritratto disinibito e senza veli di un gruppo di giovani, usato come base di partenza (ricercatamente scandalistica e su cui HBO sperava a livello di marketing che i media puritani avrebbe alzato un prevedibile polverone, come per altro è davvero accaduto), sopra la quale Levinson ha costruito una narrazione completamente diversa ed assolutamente originale, sia come soggetto, sia come finalità.

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Come riportato molto chiaramente dalla sinossi di ciascuno dei 10 episodi di cui si componeva l’unica stagione televisiva, la fiction israeliana era tutta costruita attorno al racconto di un vero fatto di cronaca, l’omicidio del giovane Ra’anan Levy e di come quella morte violenta, nella drammatizzazione della vicenda, fosse diventata il momento di crisi, simbolico e concreto assieme, dell’esistenza quotidiana, sempre uguale a sè stessa, di un gruppo di adolescenti degli anni ’90, descritti tutti come dipendenti dalla droga ed isolati dal resto della comunità, senza nemmeno il contributo dei loro genitori, costretti ad affrontare di colpo tutti i loro fantasmi e le loro debolezze, riunendosi infine nell’obiettivo di una vita necessariamente diversa .

Katherine-Kat-Hernandez

A differenza della serie televisiva israeliana, questa americana non è basata su alcuna storia vera, ma è probabilmente molto più realistica dell’altro show, mostrando con un naturalismo quasi documentaristico (tale, se non fosse anche così potentemente lirico) il popolo alieno dei teen agers, mentre si muove ogni giorno con uno strano sincronismo, pur disciolto in mille gruppuscoli, perdendosi e ritrovandosi come pesci di diverse razze nella stessa boccia di vetro, comunicando tra loro attraverso un codificato uso dei servizi di messaggistica istantanea, urlando in modo silenzioso tutto lo stravolgimento interiore dei loro innamoramenti, convivendo con il bullismo ed il fat shaming ed esibendo un senso di smarrimento continuo per la costante inadeguatezza verso le figure adulte, assolutamente presenti in questa fiction, ma sempre visti come riferimenti impossibili ed irraggiungibili, quando non terribilmente deludenti.

Nate-Jacobs

Anche la vita sessuale dei personaggi è mostrata senza veli, ma come una finzione nelle finzione, eccessiva e barbiturica, perché giocata dai ragazzi e dalle ragazze con gli stilemi del porno online estremo in tutte le sue categorie, come se i generi cinematografici dell’hardcore fossero da loro applicati alla vita reale, trasformando anche il comportamento nell’intimità di coppia in un cliché dello squallido mimetismo dei pornodivi e delle loro pratiche, riempiendo con le scopate ed i pompini (in modo più straziante che eccitante) i tanti buchi nell’anima lasciati da un’educazione sentimentale genitoriale terribilmente assente ed infine svilendo ogni atto nella condivisione filmata e fotografata con gli amici, finendo facili vittime di svariate forme di revenge porn.

Cassie-Howard

I protagonisti di Euphoria sono tutti figli della attuale borghese statunitense, descritti in modo puntuale attraverso la narrazione della loro alienazione sociale e familiare, raccontata con tante micro-biografie di pochi minuti (poste strutturalmente all’inizio di ciascuna puntata, subito prima dei titoli di testa), dense di significanza e legate assieme dalla vicenda personalissima della protagonista assoluta dello show, Rue Bennet, interpretata dalla giovanissima star Zendaya Coleman, che il mondo ha conosciuto come MJ, la compagna di classe di Peter Parker/Spider-Man di cui lui è innamorato (nei due cinecomic dal successo planetario Spider-Man: Homecoming del 2017 e Spider-Man: Far From Home del 2019) e che in questa fiction è l’unica vera tossico-dipendente, nonché voce narrante di tutta la storia.

Rue-Bennet

Zendaya recita e si muove in modo straordinario, mostrando un character che in più occasioni ha la consapevolezza di essere un personaggio, abbattendo più volte la quarta parete e rivolgendosi direttamente allo spettatore, in piccoli deliziosi siparietti, pieni di ironia meta-filmica, come quando di colpo si finge un immaginario detective investigativo alla ricerca della verità su quanto sta accadendo alla sua amica del cuore oppure quando interrompe la narrazione, mettendo letteralmente in pausa l’episodio, per assumere l’impossibile ruolo di un’insegnante che parla alla classe ed allo spettatore del fenomeno delle dick pic richieste e non richieste (le foto che i maschi si scattano ai propri organi genitali e che poi spediscono via smartphone), come potete vedere nella clip seguente:

Camminando su questo pavimento esistenziale di storie personali, come su cocci di vetro e tessuti di coscienza strappati, Levinson ha costruito tutta la miniserie in modo personalissimo: non solo ha firmato la totalità delle sceneggiature e ben cinque delle regie degli otto episodi episodi di cui si compone questa Prima Stagione, ma soprattutto ha inserito nella storia e nel trattamento delle scene moltissimo della sua esperienza personale come ex-tossicodipendente, come ha raccontato nelle numerosissime interviste.

Maddy-Perez

Questo elemento biografico ha regalato alla fiction un’efficacia incredibile proprio nella splendida descrizione di quel percorso infernale, prima piacevole e terrorizzante e poi sempre più schiavizzante, che porta un individuo a smarrirsi nell’allucinazione delle tantissime droghe legali ed illegali: ciò che Levinson riesce a mostrare, come racconta la stessa protagonista in una delle sequenze più belle di tutta la serie, strategicamente messa all’inizio della primissima puntata (come un incipit dal valore di un manifesto d’intenti), è l’azzeramento cerebrale procurato dal cocktail di droghe ed alcol che spegne tutto il corpo, dal cuore al cervello, regalando molto più candidamente quell’euforia fittizia che permette all’anima smarrita di sopravvivere ma non di ritrovarsi.

Se Rue Bennet, come già detto, è senza alcun dubbio il personaggio principale di questa serie televisiva, il character di Jules Vaughn, la ragazza bionda vestita di rosa che viene a vivere in città (interpretata dalla modella transgender, artista ed attivista dei diritti della comunità LGBT Hunter Schafer), è certamente la deuteragonista senza rivali: Levinson, sin dalle primissime scene della fiction, usando la particolare tavolozza del viso carico di significati extra-filmici dell’attrice, compreso un uso del make-up che appare più un glittering politico e civile che non un semplice trucco, dipinge Jules come una Beatrice di dantesca memoria, che cerca di far uscire Rue dal suo piccolo inferno di provincia, comunicandogli le fascinazioni di un amore libero, ma anche della separazione da ogni legame familiare, amicale e persino cittadino.

Jules-Vaughn

Jules è la mosca bianca, l’anomalia che frequenta con successo le chat per uomini gay e fa innamorare i maschi, abituata a soffrire ma anche a sopravvivere in mezzo al dolore, tanto da pensare di poter resistere ad ogni violenza e sopruso, ignorando i reali rischi della sua avventatezza: nella sua pelle bianchissima e nella sua alterità c’è persino qualcosa del David Bowie del The Man Who Fell to Earth, il leggendario film di Nicholas Roeg del 1976, specie nella superiorità, che diviene fragilità, del suo protagonista.

Parlare di questa Fiction come di un moderno Trainspotting, come hanno fatto vari critici europei (soprattutto quelli che della serie avevano visto solo la prima puntata, ma avevano bisogno di parlarne subito, per via del profumo di scandalo e di glamour che lo show si portava dietro), è per alcuni aspetti assolutamente giusto (specie per la descrizione incredibilmente efficace delle nuove droghe, dei nuovi pusher e soprattutto dei nuovi utenti), ma anche terribilmente riduttivo: Zendaya, nuovo volto teen della Disney e dei suoi cinecomic, nel ruolo pivot di Rue Bennet non è infatti né un’anonima campionessa del target adolescenziale borghese e nemmeno la nuova fidanzatina d’America, ma è la figlia da salvare e su questa equazione Levinson ha costruito tutto il ritmo interno del plot, compreso il finale di stagione.


Euphoria (Israelian TV series)“, ISR, 2012 – 2013
Stagioni: 1, Episodi: 10
Creata da Ron Leshem e Tmira Yardeni
Regia: Daphna Levin
Soggetto e Sceneggiatura: Ron Leshem e Daphna Levin

Euphoria (American TV series)“, USA, 2019 – in corso
Creata da Sam Levinson
Regia: Sam Levinson, Agostino Frizzell, Jennifer Morrison, Pippa Bianco
Soggetto e Sceneggiatura: Sam Levinson


94 pensieri su “Euphoria: la figlia da salvare

  1. Ottobre dev’essere il mese dello strazio interiore.
    […] pavimento esistenziale di storie personali, come su cocci di vetro e tessuti di coscienza strappati: chapeu.
    A volte non essere aggiornati sulle nuove serie, e non poterle seguire subito, è un bel vantaggio – questa mi farebbe male. Mi è bastata la prima clip. Magari, a lunga o lunghissima distanza, potrei digerirla.

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  2. Riuscire a parlare in modo profondo e completo dei teenagers penso sia una delle cose più complesse che esistano oggi. Di solito si tende ad essere superficiali, mostrando un tipo di adolescena stereotipata con varie macchiette. Invece quando si prova a parlare di adolescenza in modo serio, si arriva a parlare di qualcosa in maniera molto didascalico, il che rende la storia ancora più pesante di quanto non sia già. Quindi quando parli in questo modo di Euphoria mi fa venire una curiosità enorme. Parlare in questo modo di teenagers è interessante e non è cosa da poco. Penso che vedrò la serie. Grazie mille!

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    • Grazie amico mio! Come dicevo sia a Lapinsu, in un post su WhatsApp, sia a Liza, qui su WordPress, ti consiglio di vederti i due filmati con protagonista Rue bambina (quello che ho chiamato Sono piuttosto esausta e con Rue adolescente che ho chiamato Due Secondi di Nulla: sono entrambi estratti dai primi 10 minuti del primissimo episodio e quindi costituiscono incipit e non spoiler, ma soprattutto danno il mood di tutta la serie (se piacciono, la ficuion si mantiene sempre a quel livello, ma se all’opposto non ti prendono, allora il resto ti darà le stesse sensazioni negative).

      Buon week-end, amico!

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  3. Notevole come sempre, me la segno per la visione prossima ventura. Solitamente gli americani mi destabilizzano per la loro continua falsità persa nel puritanesimo con cui si mascherano, e proprio per questo guardo, quasi sempre, delle serie inglesi, ma questa pare notevole. Grazie della tua ottima recensione (!)

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    • Grazie a te per esserci sempre per me!
      Anche se la musica è da sempre la modalità artistica espressiva su cui scrivi maggiormente (assieme forse alla poesia ed all’arte visiva non mainstream), hai più volte pubblicato succose recensioni filmiche o televisive, ma dall’assenza prolungata di una nuova incursione in quell’ambito specifico mi viene da immaginare che quasi nulla ti abbia davvero colpito ultimamente, sbaglio?

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      • si vero… anche se dipende dal tempo che posso concedere ai miei svaghi. Ultimamente ho visto qualche serie interessante come per esempio “Retribution”; o “Unbelievable” o “Criminal”; ben fatto “Profumo” o “Meglio di Noi”; simpatiche e ironiche “Il metodo Kominsky” e “The Russian Doll”. Ma in realtà nessuna di queste mi ha fatto venire la voglia di parlarne, perché sostanzialmente non le ho ritenute eccellenti. Purtroppo al cinema vado poco, perché preferisco il teatro o i concerti live, anche se qualche bel film l’ho visto, ma nessun capolavoro. Probabilmente giudico a livello personale e intuitivo, per non dire istintivo, e non so mai se il mio giudizio è meritevole. Mi lascio andare con la fantascienza perché è uno dei miei generi preferiti, ma anche in questo caso niente di particolare, se non qualcosa di già passato. Vedrò d’impegnarmi di più…. 😦

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        • I tuoi giudizi sono da me sempre tenuti in gran considerazione: tra l’altro, ogni tua recensione in materia cinematografica o televisiva diventa, per caduta, una specie di evento, perché talmente rare le occasioni da trasformarle in preziose…
          Chi non rammenta il tuo post (ed i tuoi commenti!) su Arrival o quelli su Black Mirror?
          Chi vivrà vedrà…

          Tutti sanno che l’estate appena passata ha visto salire sul palco della rassegna estiva di cinema di Bologna due titani come Scorsese e Coppola e recentemente abbiamo avuto ospite in cineteca (con una proiezione di film muti restaurati dal Comune) sia Bill Murray che Wes Anderson assieme (ed era pazzesco vederli seduti assieme), ma il mio sogno, caro barman (che tempo non penso si possa mai coronare, perché si sposta molto controvoglia) sarebbe quello di avere ospite a Bologna David Lynch!
          Ecco, quando penso a Lynch (regista, pittore, musicista, creatore di installazioni multimediali), mi viene da pensare al tuo stesso modo di porti verso l’Arte in genere… Poliedrico.

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          • beh David è un grande, tra l’altro ha anche disegnato delle strisce a fumetti veramente originali, giusto per rimarcare la sua poliedricità come giustamente tu hai scritto. Che dire, ti auguro buona fortuna.
            L’ unica cosa che sto organizzando in questi mesi, è un gemellaggio con un gruppo chiamato Cineclub Libreria del Cinema, perché loro proiettano un film il sabato e nel gruppo letterario che frequento, il venerdì successivo, parliamo del libro da cui la pellicola è stata tratta, con le varie sottolineature, sia dello scrittore sia del regista. Quest’anno il tema è il noir, con film tipo “La fiamma del peccato”; “Ascensore per il patibolo”; “Il grande sonno”; “Il lungo addio”; “La morte corre sul fiume” a altri. Come vedi qualcosa facciamo per coniugare le due espressività artistiche, e nel nostro piccolo ne godiamo un mondo.

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  4. Una delle tecniche comiche più usate consiste nel trattare con assoluta serietà e tranquillità degli argomenti di cui la gente normalmente non parla proprio, o riesce a parlare soltanto con estremo imbarazzo per quanto sono scabrosi: dal contrasto tra la spinosità dell’argomento e la nonchalance con cui viene presentato scatta la risata.
    La lezione sulle dick pics di Zendaya ricicla questo vecchio cliché della comicità, ma non ha fatto scattare la risata per un motivo molto semplice: la sua sconfinata antipatia. In quei 2 minuti di video il suo atteggiamento supponente emerge in maniera così nitida che non sarebbe riuscita a far ridere neanche riciclando le migliori perle del repertorio di Gino Bramieri. Perché un comico deve accattivarsi la simpatia dello spettatore per potergli strappare un sorriso, e una volta raggiunto quest’obiettivo la qualità delle battute diventa quasi secondaria. Ad esempio, in Tutto può accadere a Broadway Imogen Poots non recita nessuna battuta particolarmente portentosa, ma sia lei che il suo personaggio ispirano una tale simpatia che riesce comunque a far ridere fino alle lacrime. In mano sua la lezione sulle dick pics sarebbe diventata un gioiello, ma purtroppo nessuno ha pensato a lei per questa parte. Anzi, negli ultimi anni nessuno ha pensato a lei e basta, perché a differenza di Zendaya non ha mai trovato il ruolo della vita, quella che fa passare un attrice dal livello “Questa l’ho già vista da qualche parte” al livello “Oh mio Dio, è Imogen Poots!!!”.
    Nonostante l’antipatia che nutro nei confronti di Zendaya, non escludo di vedere questa serie. E non perché tratti il tema della tossicodipendenza tra i giovani (anche questo è un argomento stravecchio, sul quale ha già detto tutto Breat Easton Ellis trent’anni fa), ma perché è ambientato nella provincia americana: come ho già avuto modo di dirti, ho sempre apprezzato i cineasti che hanno il coraggio di ambientare le loro storie in delle location prive del fascino di New York o Los Angeles, e potrei decidere di premiare questo coraggio dando una chance a Euphoria.
    Tra l’altro non so se ci hai fatto caso, ma quando un film non è ambientato a New York o a Los Angeles lo si nota anche senza una didascalia che ce lo riveli. Lo capisci perché i protagonisti vanno a bere un caffè ad un diner scalcinato e vecchio di cinquant’anni, e non nei bar fighettini di Starbucks che sembrano sempre aperti ieri; quando camminano sui marciapiedi vicino a loro ci sono dei giardini senza recinto, e non dei grattacieli; quando devono comprare qualcosa vanno ad un autogrill, e non ad un centro commerciale grande quanto uno stadio. E’ quella la vera America, anche se Hollywood fa di tutto per nasconderla sotto al tappeto. E ha anche una sua bellezza, se sei in grado di apprezzare le cose semplici.
    Forse il film più bello ambientato nella provincia americana è Anime sporche. La genialità di quel film sta nel calare in quella location una storia nata in un contesto totalmente diverso, ovvero l’Odissea: infatti, come ho scritto anche nel mio post (https://wwayne.wordpress.com/2019/06/01/in-viaggio-verso-te/), Anime sporche è una vera e propria versione moderna del poema omerico. Come Ulisse cerca di tornare dalla sua Penelope, così il protagonista fa di tutto per ricongiungersi con la sua amata; come Ulisse naufraga sull’isola di Calipso e rimane suo prigioniero per anni, così il protagonista capita in un autogrill, e la donna che lo gestisce si innamora di lui al punto da ospitarlo in casa sua per qualche notte; come la maga Circe cerca di mettere i bastoni tra le ruote a Ulisse, così l’antagonista di Anime sporche (interpretata da Barbara Stanwyck) causerà non pochi grattacapi al protagonista. E naturalmente c’è anche una moderna Nausicaa, interpretata da Jane Fonda. Poi da un certo punto in poi la trama prende una strada autonoma rispetto al modello iniziale, e lì lo sceneggiatore dimostra di saperci mettere anche del proprio. Non ti dico altro, altrimenti non lo guardi più.

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    • Capisco benissimo le tue osservazioni, amico mio, ma ti assicuro che il casting di questa fiction è stato molto azzeccato proprio per la differenza tra Zendaya e le altre ragazze che partecipano alla serie televisiva: alla nostra diva (divenuta tale dopo il successo planetario dei due Spider-Man) si richiedeva di interpretare un adolescente terribilmente insicura, che finge supponenza quando in realtà desidera il contrario, che finge e si atteggia a dura spietata quando in realtà è di una terribile fragilità emotiva, ruolo per il quale un interprete solare come Imogen (aldilà della differenza di età comunque notevole) sarebbe stata assolutamente fuori luogo.

      Gli adolescenti di Euphoria, prima ancora che agli adulti, mentono soprattutto a loro stessi ed anche quando appaiono felici sono in realtà tristi e quando sembrano sereni sono in realtà turbati, così come la simpatia in realtà è simulata e per la storia va bene così.

      Riguardo al film Anime Sporche, ricordo benissimo non solo il tuo post (che ovviamente ho letto e commentato insieme a te parlando anche del regista Edward Dmytryk e della allora meravigliosa Jane Fonda), ma anche tutte le bellissime conversazioni con gli altri nostri amici nello spazio commenti riguardo proprio alla descrizione della provincia americana al cinema.

      Gli USA sono davvero nettamente divisi tra grandi città e sterminata provincia, quasi fossero due mondi separati e trasversali a tutti i vari stati.

      Come sempre ti ringrazio perché i tuoi commenti non sono mai, mai, mai banali, ma sempre ricchissimi di spunti su cui discutere

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      • Hai ragione, cerco di non essere mai banale quando commento. A questo scopo mi piace prendere in esame un aspetto secondario del post, al quale magari lo stesso autore non ha fatto caso più di tanto, e impostare il mio intervento su di esso. Non tutti i bloggers gradiscono (anzi, più volte ho ricevuto una replica piccata del tipo “Nel mio post l’argomento principale era un altro”), ma tu per fortuna sì.
        Quando potrai metterti con calma davanti al pc, ti chiedo di mettere il link giusto nel mio primo commento e di eliminare quello in cui ho fatto l’errata corrige.
        Riguardo a Jane Fonda, hai visto che si è fatta arrestare 3 volte di fila per focalizzare l’attenzione sul cambio climatico? Avrà pure 81 anni, ma nel suo petto batte ancora il cuore indomito di Hanoi Jane…

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        • Adoro i tuoi commenti, sempre!
          Con te si parla di cinema, dei suoi grandi registi, delle sue dive, dei suoi cliché e dei suoi spazi ed alcune delle nostre chiacchierate le ho persino salvate in un file che ho chiamato “conversazioni”, perché c’erano alcune affermazioni così intelligenti che se mi fosse capitato di usarle in un mio post, avrei avuto cura di citarne la fonte.
          E poi, oramai lo sanno anche i muri che i nostri post (quelli ovvero della nostra bellissima e bislacca cerchia di blogger amici) hanno il suo bello proprio nei commenti: il sale del web, mica le pernacchie permalose di gente che usa la tastiera come prosecuzione del proprio pene!

          P.S. Quando ho letto la notizia del suo ultimissimo arresto, ho pensato la stessa cosa! Avrà oramai una chiavetta della carne in scatola Simmenthal al posto delle orecchie, da quanto si stira la faccia, ma certo che lo spirito da liberale radicale non lo ha perso!

          P.P.S Link corretto ristabilito e post di errata corrige cancellato.

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    • Sono arrivato al sesto episodio e, pur risevandomi ancora un giudizio definitivo/ fino alla fine della visione, posso senz’altro affermare che Euphoria è senz’altro una serie gradevole.
      Mentre la vedevo, non facevo altro che creare un parallelismo con TREDICI, la fortunata serie tv prodotta da Netlix circa 2 anni fa. Non ho visto le stagioni 2 e 3, perchè erano chiaramente operazioni commerciali atte a sfruttare il grande successo di critica e pubblico riscosso, anche il mio sia chiaro, perchè la prima stagione di TREDICI è veramente bella.
      Come dicevo, paragonando queste due serie – che senz’altro hanno molti punti in comune, soprattutto l’ambientazione (provincia americana), i protagonisti (giovani adolescenti), tematiche (disagio giovanile, tossicodipendenza, problemi legati alla sessualità e al sesso) – balza all’occhio una grandissima e sostanziale differenza: la prospettiva.
      Se in TREDICI, nonostante i narratori siano i due giovani protagonisti, la prospettiva è quella tipicamente ADULTA e GENITORIALE, perchè il metro per determinare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è sempre e solo quello dei “grandi” che i ragazzi usano forse inconsapevolmente.
      In EUPHORIA, invece, la prospettiva è chiaramente quella degli adolescenti stessi perchè il metro di giudizio è sempre quello degli adolescenti, mai quello dei grandi. E non è casuale che le figure adulte delle due ferie siano molto diverse: in TREDICI son quasi sempre brave persone, genitori che magari commettono degli errori ma cercano sempre di fare il meglio per i propri figli. In EUPHORIA invece gli adulti sono il peggio del peggio (alcolizzati, pedofili, puttanieri, etc).
      E’ proprio grazie a questa prospettiva giovanile che Levinson è riuscito a raccontare una vicenda abbastanza scabrosa mantenendo sempre un tono leggero, quasi gioviale. Perchè in fondo solo a quell’età si ha la pericolosa ma affascinante capacietà di affrontare i problemi (anche quelli gravi) con una spensiertezza che non si potrà più recuperare.
      Quando lessi DOCTOR SLEEP di Stephen King mi rimase in mente una battuta messa in bocca alla villain dell’opera, ovvero non c’è nessuna tredicenne che non si sente immortale. Ecco, questo pensiero spiega perfettamente la levità con cui viene raccontata questa storia, perchè i protagonisti sono tutti animati da questo sentimento di immortalità che pervade qualsiasi adolescente.
      Buona giornata, amico mio.
      Al nostro ospite faccio ancora i ringraziamenti per lasciarci chiacchierare qui, mentre a te suggerisco caldamente di vedere questa serie (sono solo 8 episodio, quindi la tua idiosincrasia per le serie tv troppo lunghe potrebbe essere scongiurata). Ah, a proposito di serie tv brevi, guardati anche Chernobyl. Come Euphoria, la trovi nell’on demand di sky 😉

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      • Anche se questo messaggio non è diretto a me, ma al nostro comune amico, mi permetto ugualmente di commentarlo, perché contiene un elemento che avevo inizialmente pensato di trattare, scartandolo poi alla fine solo per questioni di lunghezza complessiva, ma leggendo quello che tu hai scritto mi rendo conto che ho fatto male: sto parlando del paragone con l’unica fiction televisiva a cui Euphoria possa essere davvero confrontata o che permetta similitudini di storia e di ambientazione, 13 Reasons Why.

        Quanto tu hai detto è perfetto ed indiscutibile: è proprio il punto di vista delle azioni e del giudizio di tali azioni che cambia radicalmen1te il significato della fiction e la sua fruizione, rendendola per questo più realistica ma non documentaristica, così come la poesia e l’ironia di Euphoria sono tutte tipicamente adolescenziali e non adulte, non riflessive ma impulsive, decontestualizzate e superficiali, con quel mettere sacro e profano sullo stesso piano, come una crema per idratare le mani e la furia omicida di Charles Manson.

        Il tuo intervento è un addendum che dovrei inserire nel post, ma che già in questo commento remde tutto più completo.

        P.S.: Il fatto stesso che Netflx abbia decisoo di creare una seconda ed una terza stagione di una fiction come 13 Reasons Why (splendida se finita alla prima stagione) ha del vergognoso: a differenza di Euphoria, che seguendo la storia ed il percorso di Rue Bennet è normale che possa proseguire (con quale livello di qualità starà poi tutto al suo autore, anche se un certo decadimento è nella natura delle cose), continuare la narrazione di una fiction che basava tutto il suo storytelling sulla drammatizzazione dei segtreti di una ragazza morta suicida ha qualcosa di malato e chiaramente Netflix è libera di farsi i conti in tasca, ma lo spettatore è altrettanto libero di schifarla.

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        • Sia chiaro, amico, che il mio commento non voleva mettere in evidenza eventuali lacune nel tuo splendido post, anche perchè non ne ha!!!
          Scusa la precisazione, ma voglio liberare il campo da qualunque possibile fraintendimenti, perchè la mia breve analisi è stata uno sfogo spontaneo succeduto alla visione di quasi tutti gli episodi.

          Se non altro mi fa piacere che siamo sulla stessa lunghezza d’onda riguarda la prospettiva della narrazione nelle due serie sopracitate, perchè allora significa che il collegamento che avevo pensato non era poi così forza 😀

          Riguardo TREDICI, hai perfettamente ragione.
          Capisco gli interessi economici che animano le grandi case produttrici, e li rispetto anche, però ci sono dei casi in cui bisognerebbe saper fare un passo indietro.
          Nel caso di TREDICI poi la cosa è stata clamorosa, perchè la protagonista è morta e hanno cercato di mantenere in vita lo show con forzature fuori scala. Io mi son rifiutato per principio di vedere la stagione 2, figurati. Anche perchè, Asher non ha mai scritto un sequel del romanzo da cui la serie è tratta, tanto per dire…

          Ricordo che provai lo stesso sgomento dopo la prima stagione di HOMELAND. Nato come remake della serie tv israeliana Hatufim (come nel caso di EUPHORIA), non hanno avuto il coraggio di staccare la spina proseguendo ben oltre il lecito.
          Anche in quel caso mi fermai dopo le prime due stagioni (anche se poi alcuni mi hanno detto che lo show riprendeva quota nel finale).

          PS: proprio facendo una breve ricerca su TREDICI ieri sera, ho scoperto che è stata tagliata la scena finale, quella del suicidio vero e proprio, dopo le proteste in molti paesi per l’accusa che ci fossero emulazioni. In tutta sincerità non ho competenze e informazioni per stabilire se sia una scelta giusta o sbagliata, tuttavia quando si manifestano fenomeni di censura come in questo caso, qualche dubbio sulla liceità del gesto mi restano sempre.

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          • Fuffa, solo fuffa e teatro… L’uomo che parla al suo prossimo è generalmente falso, gli americani quando parlano di media lo sono in modo istituzionale, se poi si arriva al mondo della televisione la verità è scomparsa del tutto, come un principio attivo in una preparazione omeopatica (usare il termine farmaco è sbagliato).

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            • Piccola chiosa su due serie tv in merito alle quali vorrei un tuo giudizio.

              Ho messo in download Krypton (sia la prima stagione che gli episodi della seconda già usciti). La visione eventuale sarà comunque futura perchè ora ho altre serie tv “leggere” da guardare per i miei allenamenti (le ultime stagini di Gotham, Strike Back e Designated Survivor) tuttavia ricordo che tu mi parlasti di Krypton abbastanza positivi dopo aver visto i primi episodi. Sei rimasto dello stesso parere?

              La seconda serie di cui ho scoperto l’esistenza solo oggi è Pennyworth, nella quale si narrano le gesta del giovane Alfred quand’è diventato da poco maggiordomo di Thomas Wayne. Ora, in linea di massima mi sembrerebbe uno show trascurabilissimo, ma quando ho visto che lo showrunner è quel geniaccio di Bruno Heller (amatissimo da me per aver già realizzato Rome, The Mentalist e Gotham, che tra l’altro sono serie tv che più eterogenee non si potrebbe) allora ho drizzato le antenne… Lo hai visto?

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              • Mi manca la seconda di Krypton e completamente Pennyworth, ma ho già in programma la visione in questi giorni di entrambe!
                Su Krypton ti confermo il mio gradimento crescente mano a mano che passavano le puntate ed un finale di stagione da urlo…
                Dell’altro non esprimo giudizio.
                Per ora… 🙂

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              • Oh, dimenticavo… Ovviamente per entrambe siamo in un target basso di età, sia chiaro… Nulla come Umbrella, The Boys, Doom Patrol ed anni luce dalla bellezza di Chernobyl o Watchmen…
                Ma quanto è bella tutta la scena del processo della puntata finale di Chernobyl?!?
                Come sei messo con le altre serie Prime Video?

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                • Oh, ma guarda è quello che cerco.
                  Quando faccio i miei allenamenti domestici cerco qualcosa di semplice da vedere, quindi Krypton e Pennyworth vanno benissimo.

                  La scena finale di Chernobyl è meravigliosa. Quel giocare sulla bacheca con le schede rosse e bianche, poi la reclusione di Legasov e il “saluto a distanza” con i suoi compagni di viaggio. Tutto molto bello. Devo però confessarti che la potenza emotiva delle sequenze viste nei primi due episodi (quelli che narrano il disastro vero e proprio) sono per me un gradino sopra. Parliamo di dettagli, quisquillie, ovviamente.

                  Riguardo le altre serie PRIME (che ha sempre grande qualità, cazzo!!!!).
                  THE BOYS l’ho vista appena uscita e la amai moltissimo. MI pare ne disquisimmo pure!
                  DOOM PATROL sono fermo al terzo episodio. Appena finita Euphoria riprendo anche i pazzarelloni di DOOM.
                  Mentre per Watchmen, come ti dicevo, aspetto che siano usciti tutti gli episodi 😉

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                    • Hanna: no
                      Jack Ryan: Si. Prima stagione abbastanza piaciuta, ma niente di trascendentale imho.
                      The man in the hight castle: amatissima (almeno le prime due stagioni) nonostante il libro di Dick sia stato totalmente stravolto. Uno dei rari casi in cui il tradimento dell’opera originale non ha minato la qualità della narrazione.
                      Signora Masiel: sono fermo alla stagione 2. Piaciutissimo ogni singolo episodio. E lei è dannatamente brava e bella [faccetta con gli occhi a cuoricino]
                      Bosch: molto apprezzata (da te meno, mi pare di ricordare). PS: occhio a Madison Lindz. Si candida a essere una delle stratopassere della prossima decade.
                      Good Omens: amatissima. Sheen e Tennant insieme sono spaventosi
                      Golia: messa in watchlist
                      Carnival Row: non l’ho vista, il genere mi intriga poco. Sono però curioso del tuo parere: potrebbe indurmi in tentazione.
                      Homecoming: evito Julia Roberts come la peste.
                      Patriot: visti i primi 3 episodi e cestinata. Una noia mortale.
                      Sneaky Pete: La prima stagione è molto bella, dopo si perde un po’, ma resta pur sempre accettabile (considerandola per quel che è, ossia un prodotto leggero)
                      The tick: non vista.
                      Modern Love: vista. Bella. Ma piace solo ai romanticoni come me.
                      The widow: . Evito la Kate Beckinsale post botulino come la peste.
                      The expanse: vidi i primi episodi su tuoi consiglio, ma poi desistetti.
                      Good girl revolt: non vedrei nemmeno con la cornea di un altro.
                      American Gods: ne ho sentito parlare o estremamente bene o estremamente male.
                      Philip Dick’s Electric Dreams: è in watchlist, ma con priorità molto molto bassa.
                      The Terror: volevo vederla nonostante il genere mi intrighi poco, ma un tuo commento tranciante mi ha aperto gli occhi.

                      Spero di non averne dimenticata nessuna 😀

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                    • D’accordo su tutto, sia sugli apprezzamenti sia sullo schifo compreso ciò si cui avevo espresso opinione inizialmente positiva (ahimè, sono tante le serie che si sfasciano con il passare delle puntate…).
                      Aggiungo che American Gods piace alla gente che piace, a me ha annoiato a bestia…
                      Carnival Row mi ha intrigato subito, ma poi mi sono fermato perché mia moglie era interessata ed allora attendo l’audio italiano, ancora non disponibile…

                      Adesso faccio lo snob…
                      Se riesci, salvati sul MySky Watchmen in versione originale, sempre offerta da Sky perché ha dei sottotitoli molto belli e non invasivi dello schermo, mentre nella versione italiana, se mai in un secondo tempo tu volessi fare un confronto con l’audio originale, i sottotitoli presenti sono delle striscie nere gigantesche ed oltretutto non traducono nemmeno tutto!
                      Lo dico perché, ahimè, le voci italiane sono all’altezza solo per un paio di personaggi e tra questi non c’è purtroppo il personaggio chiamato “Specchio”, che in originale ha una voce trascinante e morente, mentre in italiano è piattissima.

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                    • Caro Kasa, è più forte di me.
                      Io coi sottotitoli proprio non riesco.
                      Mi rassegno solo se so che la serie o il fim non saranno distribuiti in Italia.
                      Nella decade che sta per chiudersi, ho visto in lingua originale solo 2 cose:
                      – la prima stagione di Sherlock
                      – Enemy di Villeneuve

                      PS: Aspetto il tuo parere finale su Carnival Row

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      • Euphoria fa benissimo a porre l’attenzione sui genitori scriteriati, perché la mia esperienza lavorativa mi insegna che stanno diventando, se non la maggioranza, quantomeno una minoranza molto nutrita. Magari non arrivano agli eccessi che hai elencato, ma molti genitori sono comunque assenti, anaffettivi e/o scarsamente interessati all’educazione dei loro figli.
        Purtroppo molte persone hanno fatto un figlio soltanto perché arrivati ad una certa età l’hanno visto come una tappa fondamentale per una piena realizzazione personale: di conseguenza, non essendo stati dei genitori motivati, non gli hanno mai riservato quelle attenzioni continue che sono fondamentali per far sentire un figlio considerato e per farlo venire su come si deve. Hanno preferito affidarlo alle cure di mamma tv e papà smartphone, e chi s’è visto s’è visto.
        Riguardo a Chernobyl, non l’ho visto, ma avevo notato i votoni che gli avevi dato su imdb. In quell’occasione ho subito pensato che, se avevi apprezzato Chernobyl, a maggior ragione gradiresti moltissimo Sindrome cinese, che parla magistralmente dello stesso argomento. So che l’idea di vedere un film su cb01 non ti entusiasma, ma in questo caso ti consiglio di fare un’eccezione: non te ne pentiresti di certo! 🙂

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        • Le tue riflessioni sui problemi insiti nella genitorialità nel XXI secolo sono ahimè totalmente condivisi da me, che vivo l’esperienza dall’altra parte della barricata rispetto alla tua, ma nonostante la diversa prospettiva ne condivido la preoccupazione, perchè vedo ogni giorno un modo di fare i genitori che non riesco proprio a condividere e ad accettare.
          Non mi dilungo oltre perchè non è questa la sede adatta e sarei veramente troppo barboso, sappi però che hai tutta la mia solidarietà per il lavoro di trincea che sei costretto a fare.

          Tornando a Chernobyl, devi assolutamente vederla. Raramente ho visto una serie così compatta e potete. Facendo il verso alla lunghezza de L’Irlandese, puoi considerarla come un lungo film di circa 4 ore…
          Vale veramente la pena.

          Dopo il tuo commento sono andato a consultare la pagina imdb di Sindrome cinese e sai qual è il primo video che mostrano? Proprio un parallelo con Chernobyl… probabilmente l’editor del sito aveva letto prima questo tuo commento 😀

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  5. Te lo dico qui perché nell’ultimo post non mi fa commentare, bellissima recensione, mi incuriosisce molto ma non ho quell’abbonamento, così come nessun altro a pagamento.
    Ero preoccupata sei sparito, tanti cari auguri di Buone Feste anche a te 🙂

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    • Silvia, Silvia, carissima Silvia… La voce della Buonanotte di Misteryously!
      Effettivamente posto con grande lentezza ed ampi intervalli di tempo e questo perché, aldilà dei tantisismi impegni, sono anche un po’ maniacale nello scrivere i miei pezzi (senza contare la logorrea che mi fa scrivere dei pezzi di lunghezza biblica…).

      In questo caso, poi, il ringraziamento per te è triplo! Non solo mi ricopri sempre di complimenti pieni di affetto e stima, ma non potendo commentare sotto al post specifico, sei venuta fin qui solo per farlo!
      Che dire, sono imbarazzato da tanta carineria: un abbraccio ed un bacio sulla guancia!!

      P.S. Ultimamente WordPress sembra in preda ad un virus che si muove facendo danno come una trottola impazzita: non solo di colpo, qualche giorno fa, aveva cominciato a mandare in spam commenti a caso (ora sembra che si sia placata quella bufera), ma oggi ha modificato autonomamente un’opzione del blog che impedisce i commenti (non sapevo nemmeno dove fosse!) e che ora ho ovviamente sistemato! Mannaggia…

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      • E’ vero, sarà l’aria di Natale che gli da alla testa, siamo state vittime anche io e Paola del suo spam ingiustificato, per fortuna si è risolto tutto.
        E’ normale che manchi, la tua presenza è importante per chi ti conosce 😉
        Buona giornata e buon inizio settimana!

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        • Sei un tesoro!
          Siccome sei una sacerdotessa del “mistery”, ti sottolineo due serie televisive da vedere assolutamente: la prima è “Strike”, un classico poliziesco investigativo, ambientato a Londra ai nostri giorni, tratto dalla tetralogia di romanzi scritti dalla Rowlings di Harry Potter con lo pseudonimo di Robert Galbrait; la seconda, invece, è la più orrorifica e trasgressiva “Dracula”, ambientata sempre a Londra, ma nell’ottocento contemporaneo dell’autore originale del romanzo e soprattutto scritta da Moffat e Gatiss ovvero gli autori della serie investigativa più bella della storia della televisione mondiale, “Sherlock” della BBC.

          La prima fiction è già iniziata su Premium Crime e come tale disponibile anche su Sky (nonché su tanti siti online, non so se mi spiego…), mentre la seconda parte a Gennaio e sarà da noi distribuita da Netflix.

          Bye

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