Top Secret! – Find him and kill him

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Eravamo alla fine degli anni ‘70 negli States ed il regista John Landis, dopo l’esordio con il suo Schlock (un film del 1973 a bassissimo costo, prodotto con l’aiuto finanziario di amici e parenti), era alla ricerca di un nuovo script, sempre sulla falsa riga della parodia demenziale: accadde così che nel 1977 la sua carriera, ancora agli albori, incrociò lastrada di un trio di scrittori davvero pazzi scatenati, Jim Abrahams ed i due fratelli David e Jerry Zucker, che in comune con Landis avevano l’amore sfegatato per il cinema classico e paradossalmente proprio per questo tutti e quattro amavano irriderlo e parodiarlo, colpendolo sui suoi stereotipi più triti.

The-Kentucky-Fried-Movie

Da quell’incontro, nacque la dimenticabile ed ultra-datata commedia The Kentucky Fried Movie (Ridere per ridere), ma fu anche la prima ed ultima volta che i quattro lavorarono assieme, giacché dopo quel film, le loro carriere si divisero, prendendo ognuno delle strade a loro modo assai luminose.

The-Blues-Brothers

John Landis nel giro di due anni avrebbe diretto due pilastri fondamentali della commedia americana, il demenziale National Lampoon’s Animal House del 1978 (padre di tutte le successive college-comedy) e soprattutto lo stra-cult The Blues Brothers del 1980, capolavoro insuperabile che segnò per sempre una linea di demarcazione con le vecchie comemdie all’americano, creando di fatto un nuovo archetipo nel modo di produrre e dirigere un film comico, dove lo stile dissacratorio ed irriverente degli stand-up comedians televisivi alla SNL creavano sequenze cinematografiche mirabili anche sul grande schermo.

Airplane

Lasciando per questa volta fuori della nostra analisi il grandissimo John Landis e la sua brillantissima carriera (si sappia, però, che non è degno di continuare a leggere e forse nemmeno di vivere chi non ha mai visto almeno due dei suoi film, partendo dai due prima citati, fino a An American Werewolf in London – Un lupo mannaro americano a Londra o Trading Places – Una poltrona per due), concentriamoci sul nostro trio di scrittori Zucker-Abrahams-Zucker (anche chiamato negli ambienti del cinema “ZAZ”), che avrebbe dominato il botteghino per tutti gli anni ‘80 e ‘90 con una serie quasi inarrestabile di successi demenziali di stampo parodistico, partendo dal successo planetario di Airplane! (L’aereo più pazzo del mondo) del 1980 (commedia satirica interamente ideata, sceneggiata e diretta tutti e tre assieme, passando poi per i vari Naked Gun (Una pallottola spuntata) e finendo con gli ultimi Scary Movie (in particolare il terzo e quarto film).

Ghost

Con il passare degli anni, i nostri tre cineasti finiranno per separarsi, intraprendendo carriere individuali, per poi rincontrarsi: pensate solo per un attimo a quale cosa davvero bizzarra è il mondo del cinema, che vede un tizio come Jerry Zucker, il più giovane dei due fratelli, tre anni meno di suo fratello David, che nel 1990, esattamente in mezzo ai due comicissimi ed irriverenti Naked gun e Naked gun 2 ½, diresse forse uno dei più grandi successi cinematografici di sempre, con il drammatico, passionale e strappa-lacrime Ghost, si, proprio quello con Demi Moore che modella il fallico vaso di argilla e Patrick Swayze che le parla dall’aldilà!

ZAZ

Dopo Airplane! e dopo l’altrettanto ottima risposta di pubblico della serie televisiva Police Squad! (Quelli della pallottola spuntata), decidono infine di creare la parodia di tutte le parodie, il film che più di ogni altro avrebbe sezionato, campionato, sbeffeggiato, ironizzato e celebrato il cinema d’amore e d’azione classico hollywoodiano: fu così che nel 1984, replicando la formula di tutto il trio assieme sia allo script che alla regia, fanno uscire nelle sale l’indimenticabile Top Secret!

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Diciamo subito che questo non è un film per tutti, tanto che il suo successo fu infatti nettamente inferiore a quello dei successivi Naked Gun o anche dei due Hot Shots (scritti e diretti dal solo Jim Abrahms” senza i due fratelli Zucker): motivo di questa accoglienza più tiepida è basato proprio sull’eccesso (per me sublime) di ironia meta-cinematografica presente per tutta la pellicola, con una raffinatissima ricerca delle convenzioni cinematografiche americane di ripresa del cinema statunitemse classico, come il luogo comune della camera da presa che, durante la scena del bacio tra due personaggi, si spostava pudicamente ad inquadrare un metaforico caminetto che ardeva, ripresa in modo parodistico dai nostri registi che in questo film, riprendono un caminetto accesso ogni volta che i due protagonisti si baciano, compreso il momento in cui stanno scendendo in un cielo notturno con un paracadute, mentre l’inquadratura si muove per riprendere un caminetto acceso che scende anch’esso dal cielo con un suo paracadute.

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Assolutamente geniale l’ironia sul gioco delle prospettive delle immagini, come quella degli oggetti inqudarati in primo piano, i quali ovviamente non sono davvero più grandi, ma che lo diventano nella finzione dei tre registi burloni o quell’ambiguità visiva che tutti noi proviamo guardando dal finestrino di un treno, con quella sensazione di incertezza che si ha quando il convoglio a fianco a noi parte e noi restiamo fermi nel nostro, ma solo quando saranno passate tutte le carrozze e vedremo la stazione ancora immobile davanti al nostro sguardo, allora avremo davvero la certezza che eravamo noi ad essere fermi e che era l’altro treno ad essersi mosso, ma siccome l’immagine cinematografica è per sua natura piatta e bidimensionale, il nostro trio gioca sulle sensazioni e quando il treno ha finito di muoversi vediamo nel film tutta la stazione spostarsi, anch’essa su dei binari, in totale nonsense.

Luoghi comuni, consuetudini abusate, modelli, tutti presi a sberleffi, in un continuo gioco nel gioco, talvolta difficile persino da cogliere, come l’enorme statua raffigurante un piccione, quasi invisibile sullo sfondo del piano filmico, mentre i due protagonisti principali stanno parlando, sulla quale scultura si scorgono appena degli uomini calarsi dal cielo con delle funi che la sporcano defecando oppure il soldato nazista che, colpito da un pugno, cade da un torrione di una fortezza, frantumandosi al suolo in mille pezzi, come se fosse fatto di porcellana ed ancora l’uomo della resistenza francese che, da dentro la casa circondata dai soldati, cerca di rompere il vetro di una finestra con la canna della pistola per cominciare a sparare all’impazzata ma non ci riesce, perché il vetro non si rompe e resiste a tutti gli urti, tanto che persino la canna della pistola si piega.

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Una comicità a tratti anche da carnasciale, volgare e piena di riferimenti sessuali come potrebbe essere quella di un goliarda da college, ma che rimane per tutto il film un codice doppio per chi deve prima aver capito (amando a sua volta il cinema) che quello che sta vedendo sbeffeggiato è un cliché, altrimenti non comprende e non ride: mirabile l’esempio di ironia sugli stunt di un cinema classico che si ripete ancora oggi, con l’eroe che deve affrontare un nemico sul tetto di un treno in corsa ed il rischio di essere colpiti dai ponti o dalle gallerie:

Questa che segue è forse invece la sequenza più famosa di tutto il film, presente negli hard disc di tutti gli amanti di cinema e di commedie ovvero quella della libreria svedese (“Rare sweedish books” recita la spassosa quanto impossibile insegna, in una sorta di meme ante-litteram), interamente girata al contrario, con lo scopo iniziale di ironizzare su uno dei primi espedienti cinematografici usati, strutturando la scena ed i movimenti dei personaggi in un primo momento in modo verosimile, facendoli parlare al contrario per sottolineare l’astrusità (per un americano, ovviamente) della lingua svedese, ma finendo per esagerare ad arte, ironizzando sulla stessa ironia, smascherando l’espediente in modo palese e finendo con la ripresa di un cagnolino che cammina a ritroso (tra l’altro da notare, a 45” del timing della clip, un antico libro, posto sul bancone, dal titolo inequivocabile “Lesbian Bars”, guida ai locali gay):

Come sempre accade in questo genere di commedie parodistiche, la storia è praticamente solo un pretesto, per ironizzare e nel caso specifico di Top Secret!, su tre generi cinematografici contemporaneamente: i film musicali con Elvis Presley (quindi anche tutte le commedie romantiche dello stesso tenore), i film di spionaggio ambientati durante la guerra fredda ed i film americani di guerra con i nazisti.

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Un giovane Val Kilmer fa la parte del protagonista (è stato tra l’altro il suo primissimo film in questo senso), nel ruolo del cantante americano bello e di successo, invitato ad un festival musicale della Germania dell’Est: siamo perciò in un periodo successivo alla seconda guerra mondiale, eppure troviamo lo stesso i nazisti come nemici e pur essendo in una parte della Germania lontana dal confine francese, troviamo anche la resistenza, in una sorta di fantastico minestrone, come quello reale dove l’azione filmica spesso azzera i contesti, con i produttori di Hollywood che girano le stesse scene, nello stesso modo e spesso con gli stessi commedianti, indipendentemente che stiano raccontando una corsa con le bighe o un inseguimento tra una moto ed una jeep militari o un duello tra due moschettieri della corte di Francia.

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Ciò che viene colpita in Top Secret! è proprio la banalizzazione della mise-en-scène (tanto cara e tanto citata in questo blog) che avviene quando il linguaggio cinematografico sfrutta stilemi e pattern significanti sempre identici, attraversando imperterrito tutti i generi e tutti i periodi storici.

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E’ chiaro, però, che se non si accetta questa ironia dissacrante, se si rifiuta l’idea di poter fare ironia non tanto su di una storia, ma sul linguaggio con cui viene raccontato, il film diventa terribilmente pesante e viene accantonato dallo spettatore come una minchiata nonsense.

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La scena della nostra ultima clip (ma ovviamente il mio consiglio spassionato, per voi surfisti della settima arte, è quello di guardarvi tutto il film per intero, non appena ne avrete la possibilità) è forse quella che preferisco, nella sua minimale e lucida critica, quella in cui l’ufficiale nazista o comunista o comunque il villain di turno, per comunicare al sottoposto il suo ordine di scovare ed eliminare la minaccia ai suoi perfidi piani, usa un timbro, con l’intera frase prestampata.

Con questo vi saluto e vi porgo i miei più sentiti auguri!


Top Secret!“, USA, 1984
Regia: Jim Abrahams, David e Jerry Zucker
Soggetto e Sceneggiatura: Jim Abrahams, David e Jerry Zucker e Martyn Burke


 

8 pensieri su “Top Secret! – Find him and kill him

  1. Leggendo i tuoi post mi rendo conto di quanto io sia ignorante e quanti film e generi siano del tutto assenti dalla mia filmografia.
    Se dessi seguito a tutti questi consigli che proponi starei tre mesi di fila davanti al televisore… Ma io tengo famiglia… Però é dura resistere…
    Se continui così avrai un matrimonio sulla coscienza, sappilo!

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    • Normalmente si tende a pensare che tutto ciò che si è visto (e che in qualche modo ci ha “formato”) sia fondamentale…
      quando parlo con qualche mio coetaneo, ad esempio, di animazione giapponese o di musica, mi rendo conto che si è arrestato a ciò che lo emozionava da adolescente e stupidamente ha elevato a mito ciò che invece oggi appare in molti casi semplicemente datato: parlo loro di Neon Genesis Evangelion e mi dicono che fa schifo, perché gli anime veramene belli sono solo quelli di Go Nagai, come Mazinger e così via…

      Non tutto ciò che è stato fatto un tempo è più bello solo perchè è stato fatto prima!
      In campo cinematografico alcuni film sono effettivamente delle pietre miliari: chi non ha mai visto il musical “Singin’ in the Rain – Cantando sotto la pioggia” potrebbe davvero credere che il film “The artist” (il film mattatore alla notte degli Oscar del 2012) sia originale e bellissimo, ma altri film invece sono solo vecchi!
      La maggioranza dei film del trio ZAZ sono delle cazzate di cui si può fare a meno (il discorso di Holmes, sul troppo affastellamento di cose inutili…) ma alcune cose sono imperdibili perché hanno creato un punto fermo e non vederle è un peccato!
      Molto del cinema americano anni ’80 è secondo me inguardabile, con un sintassi filmica che mi da il voltastomaco e provo ribrezzo quando parlo con qualcuno che idolatra quelle pellicole solo perché in quel periodo era adolescente: guardava film a tutto spiano, si divertiva e poi, dopo il lavoro stabile ed un matrimonio ha smesso di colpo, così che quel periodo della sua giovinezza diventa elegiaco perché da lui cristallizato in una bacheca di ricordi e trofei.
      No, mi piace distinguere, sempre, cercando difetti in ciò che ho mitizzato e mettendolo alla prova.
      “Top Secret!”, pur datato, regge, così come regge “The Blues Brothers” o altre perle del periodo.

      Se ti può consolare, io non ho mai smesso di guardare film e fiction e cartoni animati (con un figlio poi i toons sono obbligatori, mettiti il cuore in pace…) ed il matrimonio regge benissimo: mia moglie si spara con me dei week-end fiction con divertimento ed ho ancora il ricordo di quando con lei andai a vedere al cinema la versione restaurata da Spielberg del capolavoro di David Lean “Lawrence of Arabia”, 222 minuti, in cui ci portammo di nascosto un pollo arrosto fatto in pezzi da mangiare con le mani, tovagliolini e salviette umidificate per pulirsi le dita e 10 lattine di coca cola (prese alla Coop, non al bar del cinema), 5 a testa, una ogni quaranta minuti di proiezione…
      Come dice il Dr. Frederick Frankenstein- Gene Wilder in “Young Frankenstein (Frankenstein junior)” di Mel Brooks, SI – PUO’ – FARE!!!
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  2. I gusti cinematografici di mia moglie sono assai discutibili (https://lapinsu.wordpress.com/2015/01/21/the-imitation-game/), negli anni ho cercato di metterla sulla buona strada ma mi sono arresto giusto poche settimane fa quando con le sue amiche è fieramente andata a vedere 50 sfumature di grigio: non c’è speranza, è irrecuperabile.
    Per il momento ho avuto maggiori successi con mia figlia la quale è assolutamente digiuna di cartoni di cartoni ma in compenso chiede infinite scorpacciate di “Dobè”, che tradotto dal Chiarese all’italiano sarebbe “Bruce Springsteen”. Speriamo che duri…

    Tornando a noi, dici cose molte giuste sul senso speciale che hanno i filim (e più in generale tutte le esperienze) vissuti in gioventù: si sedimentano a un livello più profondo, quasi inconsapevole, e ci segnano per il resto della vita. Diamo loro dei valori assoluti che poi sono assoluti solo per noi e quindi diventano relativi.
    Il contesto e la relatività delle esperienze sono elementi che si tende a sottovalutare, sbagliando.

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