Il Mississippi di Tig Notaro

Prima dell’affermazione del Cattolicesimo come dottrina religiosa dominante, era abitudine riportare sopra le tombe l’epigrafe latina «Sit tibi terra levis» (che la terra ti sia lieve), di cui si può curiosamente trovare traccia ancora oggi passeggiando per gli stretti vialetti alberati e sassosi dei cimiteri più vecchi: quello era l’augurio che i parenti lasciavano ai loro defunti, affinché la terra sotto cui venivano sepolti non fosse di ostacolo nel viaggio che, secondo il Paganesimo, la loro anima compiva dopo la morte verso l’Aldilà ed è proprio da questo concetto di leggerezza, ma se vogliamo anche di accettazione del trapasso. che vorrei partire adesso, per parlarvi di una fiction molto speciale, un piccolo fiore prezioso nascosto in mezzo alla tanta inutile sterpaglia di cui sono invasi i palinsesti ed i cataloghi televisivi sia delle emittenti generaliste, sia anche dei più ricercati network di streaming a pagamento, nonché lucido esempio di elaborazione del lutto in chiave di commedia, One Mississippi.

Fortemente voluta dall’attrice e stand-up comedian Tig Notaro, questa mini-serie in 12 brevi episodi, divisi in due stagioni, ha una nettissima componente autobiografica, essendo esplicitamente basata sulla drammatizzazione di eventi personali di quello che la stessa Notaro ha definito «worst year ever», il suo peggior anno di sempre e che lei ha saputo mettere in scena con un sorprendente equilibrio, miscelando i toni del black humour, della nostalgia (dei luoghi e dei tempi della giovinezza) e l’irriverenza feroce e divertente tipica dei monologhi comici per i quali quest’artista è divenuta celebre: la sceneggiatura vede inoltre la collaborazione con un’altra penna di eccellenza ossia la scrittrice e blogger Diablo Cody, fra i tanti lavori della quale va quanto meno ricordato l’eccellente script di Juno, diretto nel 2007 da Jason Reitman, con una bravissima ed allora molto partecipe Ellen Page.

Non so davvero quanti di voi che stanno leggendo questo post avranno poi intenzione di cimentarsi nella ricerca e nella visione di questa fiction (potete trovare entrambe le stagioni sul catalogo di Prime Video oppure nei tanti siti di streaming più o meno legali), ma è comunque per me importante farvi comprendere non tanto il valore artistico (in questo caso, ancora più che in altri, molto influenzabile dai propri gusti personali o addirittura da indigeribili idiosincrasie nei confronti di soggetti a tematica gay), quanto la particolarità produttiva di questo coraggioso prodotto di intrattenimento culturale: se infatti già solo parlare di cancro in una serie televisiva è da sempre un azzardo (dato che si gioca sul filo del rasoio con le prevedibili reazioni emotive di un grande pubblico, in mezzo al quale sono davvero poche le famiglie in cui non ci sia almeno un membro morto di tumore o per lo meno malato), figuratevi cosa possa significare aggiungere a tale scomodo soggetto di narrazione anche l’esibizione delle conseguenze di una vera doppia mastectomia (asportazione chirurgica di entrambi i seni) sul corpo di una donna di cinquant’anni, che oltretutto sta affrontando nel contempo l’evento tragico della morte della propria madre, con l’inevitabile ed ingombrante bagaglio di conflitti irrisolti.

Eppure Tig Notaro, mettendo metaforicamente un piede davanti all’altro, senza fretta e senza omettere praticamente nulla, è riuscita a raccontare tutto questo in One Mississippi, sistemando comodamente lo spettatore nella condizione di riflettere sorridendo, talvolta scioccandolo con la crudezza della realtà ed altre invece accarezzandolo con i risvolti sentimentali mai sfacciati, grazie a quel medesimo mood affabulatorio ed intrigante, a metà tra il cinismo disincantato e gli slanci emotivi di un cuore inaspettatamente aperto alla vita, che potete ritrovare in un’altra preziosa perla televisiva di cui ho parlato sempre su questo blog ovvero After Life di Ricky Gervais, con la quale questo show di Tig Notaro, al netto di evidentissime differenze di storytelling e tipologia di humour (tali da escludere un automatico apprezzamento di entrambe le fiction), condivide la medesima tempistica narrativa minimalista e l’identica godibilissima scansione in pochi episodi da nemmeno mezz’ora ciascuno, elemento quest’ultimo che oltretutto ha anche la valenza di creare un certo parallelismo tra gli stessi episodi e le piccole storie di vita quotidiana che la Notaro deejay della finzione racconta tra una canzone e l’altra del suo programma radiofonico.

Ciò che infatti nella vita reale di Tig Notaro è la sua attività principale, ossia l’essere una attrice comica da palcoscenico, viene adattato nella drammatizzazione autobiografica di questa fiction in un più comune lavoro di conduttrice radiofonica, con un suo programma di musica e parole presso un’emittente di Los Angeles: quando Tig ritorna a casa per essere al capezzale della madre, ritrova le persone ed i luoghi del suo passato, di nuovo immersa in quel Sud oltranzista, razzista e religiosamente ultra-ortodosso da cui era di fatto fuggita (immaginatevi una donna atea e gay in un luogo dove questo è considerato l’incarnazione del male stesso e non una semplice diversità dalla media), con l’inevitabile scontro culturale e dialettico tra una visione urbana più fredda ma inclusiva ed una campagnola, più chiusa ma anche più calda, messo tuttavia in scena con una soavità quasi inaspettata, con righe di dialogo contrappuntate e giocate sul codice dell’ironia e non sull’aggressività, con battute molto spesso appena sussurrate (non sempre ovviamente, con anche qualche scoppio necessario di indignazione, ma davvero raro), perché anche nel profondo disaccordo tra i suoi parenti ed amici del Sud e la stessa Notaro, c’è comunque sempre da parte di quest’ultima un affetto prepotente che la spinge ad abbozzare e ad accettare senza per questo piegarsi o fingere di essere qualcuno che non sia davvero.

La nostra attrice comica, va detto, è anche un personaggio decisamente iconico, con una fortissima identità tra il suo stile personale di vita ed i testi che recita nei suoi spettacoli: attivista civile per i diritti della comunità LGBTQ+ ed aspra fustigatrice dei costumi sociali conservatori, nei suoi lavori teatrali e televisivi riesce sempre a puntare il riflettore in modo efficace e sagace sulla sporcizia che troppo spesso viene nascosta sotto il tappeto dalle famiglie tradizionali, facendo non di rado ricorso alle vivide esperienze biografiche della sua infanzia, trascorsa nel profondo Sud dello Stato del Mississippi ed in particolare nella città natale di Jackson, dove tra l’altro, non va dimenticato, è ambientato anche il celebre romanzo The Help della scrittrice Kathryn Stockett, da cui nel 2011 fu tratto il bel film di Tate Taylor sulla condizione degli afroamericani negli anni sessanta, per il quale l’attrice Octavia Spencer vinse l’Oscar come Migliore Attrice Protagonista.

Trattandosi di un’artista nota soprattutto per i suoi monologhi comici, che lei recita a teatro ed in televisione in lingua inglese di fronte a un pubblico che può facilmente capirla, la Notaro era comprensibilmente, fino a poco tempo fa, praticamente sconosciuta da noi in Italia, mentre in patria ed in generale nei paesi anglofoni ha goduto già da anni di una notevolissima notorietà, dovuta anche alla sua peculiare presenza scenica, così marcata da essere sempre più spesso scelta anche come attrice, sia in produzioni televisive che cinematografiche, per caratterizzare personaggi secondari dalla spiccata personalità e dal forte carisma, come il character di Barb, la seconda ex-moglie di Tammy nella pluripremiata serie televisiva Transparent o come Sharon, una delle assistenti sociali che guidano i neo-genitori nel processo di affidamento nel lungometraggio Instant Family di Sean Anders con Mark Wahlberg e Rose Byrne, ma personalmente i suoi ruoli come attrice che più mi hanno affascinato sono quelli che ha offerto al pubblico in Star Trek Discovery ed in Army of the Dead, sui quali mi permetto di soffermarmi brevemente.

Quando nel 2015 Bryan Fuller e Alex Kurtzman ottennero finalmente la possibilità di riportare in televisione lo storico franchise di Star Trek, progettarono la mitologia e lo schema delle sceneggiature del progetto Discovery, sapendo benissimo che stavano scrivendo le basi della fiction fantascientifica probabilmente più liberal ed inclusiva (sia come casting che come trama) mai realizzata, estremizzando tutti i concetti di democrazia avanzata e civiltà umana quasi utopistica che erano da sempre insiti nel DNA stesso della storia originale creata negli anni ’60 da Gene Roddenberry: con un intero equipaggio che viaggia nel tempo e nelle dimensioni, cercando ogni volta la realtà identitaria e morale della Federazione Terrestre dei Pianeti, affrontando dubbi etici e filosofici tra un salto quantistico ed un raggio colorato sparato dai phaser in dotazione dall’equipaggio della nave stellare, questa grossa produzione televisiva CBS, Paramount e Netflix non poteva nei suoi viaggi fare a meno di un character energico ed intenso che facesse da supporto alla protagonista femminile assoluta (ovvero il Primo Ufficiale Michael Burnham, interpretata nella serie dall’attrice Sonequa Martin-Green) ed è così che all’inizio della Seconda Stagione, viene presentato al pubblico il personaggio del Comandante Jett Reno, ingegnere spaziale dall’indole scontrosa ed imprevedibile ovvero il ruolo perfetto per una entertainer come la nostra Tig Notaro.

La partecipazione della Notaro al film zombie-horror, che il visionario Zack Snyder ha scritto e diretto in esclusiva per Netflix, ci racconta invece una storia davvero emblematica, non soltanto del modo di produrre un film della Hollywood contemporanea, ma anche della speciale attenzione che le majors stanno dedicando ad argomenti sensibili quale è quello delle molestie sessuali: a riprese oramai terminate ed intero cast congedato, Snyder venne costretto dalla produzione a sostituire l’attore Chris D’Elia, pesantemente accusato di essere stato un predatore sessuale di ragazze minorenni; malgrado la differente statura e corporatura, Tig Notaro fu chiamata a girare di nuovo tutte le scene in cui D’Elia era presente nel montaggio finale e non potendo la produzione richiamare il resto del cast (a causa delle restrizioni dovute all’inasprimento del lockdown avvenuto proprio in quelle settimane) per girare nuovamente le scene in cui il character non era da solo sul set, Snyder e la troupe filmarono la Notaro su sfondi in green screen, mentre recitava in modo impeccabile il personaggio della pilota di elicotteri Marianne Peters, assoldata dal gruppo di mercenari protagonista della pellicola, per poi sostituirla digitalmente in ogni fotogramma al precedente interprete; come potete immaginare, il costo di questa sostituzione fu davvero immane ed anche il lavoro a cui tutti furono costretti, sia per la parte del montaggio e degli effetti speciali (si dovette ricostruire tutti i movimenti di macchina, le angolazioni di ripresa e persino le luci, affinché tutto apparisse identico alle riprese originarie), sia anche per la recitazione, che la nostra artista dovette portare avanti completamente da sola e per lo più in un teatro di posa vuoto; il risultato è incredibilmente efficace, certo non perfetto (come avrebbe potuto esserlo?), ma quasi indistinguibile se non si conosce tutta la storia che vi ho appena raccontato ed infine, per una quantità di motivi che lascio a voi individuare, davvero memorabile per il suo valore simbolico nell’avventurosa storia del cinema.

Qualcuno di voi potrà forse osservare che sia stato bizzarro da parte mia mettere in questo post clip video delle partecipazioni di Tig Notaro ad altre fiction e film, senza invece aver inserito nemmeno un video (o anche solo un semplice trailer) della serie televisiva a cui questo post è dedicato, ma vi assicuro che è stato assolutamente voluto: il plot principale ed i maggiori avvenimenti della storia di vita vissuta narrata nei 12 episodi di One Mississippi è già ampiamente nota, perché raccontata con dovizia di particolari dalla stessa comedian statunitense nei suoi spettacoli e nelle sue tante interviste ed è anche, purtroppo per lei, una storia vera, ma ciò che all’opposto è frutto solo della sua fantasia creatrice è proprio tutto il contorno di vita quotidiana, dei dialoghi serviti senza enfasi o frasi ad effetto, dei personaggi secondari, quasi sempre giocati in sottotono ovvero di tutti quegli elementi che non volevo sminuire con degli spoiler e che rendono questa fiction stessa una creatura splendida e fragile, capace di spiccare il volo nell’immaginario dello spettatore solo se questi è però ben disposto ad osservarne le strette volute nel cielo di una narrazione lineare con pochi significativi flashback davvero molto espressivi, nonché nella gioia delle piccole esplosioni di creatività di cui i vari episodi sono disseminati, in particolare quando la protagonista sogna ad occhi aperti situazioni molto oltre il normale livello di grottesco al quale si è normalmente abituati.

Insomma, la tentazione di inserire filmati con alcuni momenti veramente indimenticabili (e me ne vengono in mente moltissimi, specie negli episodi finali di ognuna delle due stagioni, come la sequenza della visita di Tig al cimitero dove riposa la madre o quella della visita oncologica di controllo, che mi sono trovato a riguardare più volte per coglierne tutte le sfumature) è stata molto forte e non averlo fatto mi procura un minimo rimpianto, ma assolutamente superabile quando penso allo scopo principale del mio scrivere questo post ovvero alla mia volontà di proteggere a tutti i costi questo piccolo grande spettacolo da chi, per qualche preconcetto personale o per noia o per cattiva digestione del linguaggio televisivo moderno, non si farebbe alcuno scrupolo nel farlo a pezzi.


In questo post abbiamo citato i seguenti film e fiction:

One Mississippi (TV Series), USA, 2015 – 2017
2 Stagioni, 12 Episodi (26 min. cad.)
creata da Tig Notaro e Diablo Cody

Star Trek: Discovery (Tv Series), USA, 2017 – in corso
Stagioni 3, Episodi 42 (45 min. cad.)
creata da Bryan Fuller e Alex Kurtzman

The Help, USA, ARE, 2011
Regia e sceneggiatura: Tate Taylor
Soggetto: Kathryn Stockett dal suo romanzo omonimo
Fotografia: Stephen Goldblatt
Montaggio: Hughes Winborne
Musiche: Thomas Newman
Scenografia: Mark Ricker
Costumi: Sharen Davis

Army of the Dead, USA, 2021
Regia e Soggetto: Zack Snyder
Sceneggiatura: Zack Snyder, Shay Hatten, Joby Harold
Fotografia: Zack Snyder
Montaggio: Dody Dorn
Musiche: Tom Holkenborg
Scenografia: Julie Berghoff
Costumi: Stephanie Portnoy Porter


La paura della morte è congenita all’uomo quanto l’esigenza di esorcizzarla tramite l’espressione artistica

Dall’intervista a Matilde Baglivo, Wall Street International Magazine, 12 Ottobre 2019

20 pensieri su “Il Mississippi di Tig Notaro

  1. Non conosco la serie, né tante altre serie e film che hai citato, ma quello che hai illustrato mi ha incuriosito molto e andrò sicuramente a cercarla anche perché l’analogia con After Life è una garanzia perché l’ho apprezzata davvero molto.
    Non conoscevo nemmeno la Notaro anche se l’ho vista in qualche film, la sua spiccata ironia emerge anche nei video che hai postato. Ritengo che l’ironia sia una vera dote, purtroppo rara, perché permette di poter dire qualsiasi cosa senza bisogno di offendere e senza bisogno di far sfociare una discussione in un litigio.
    La morte, il cancro, le malattie in genere sono un tabù per molti, spesso si nasconde addirittura la malattia come se si trattasse di una colpa….davvero assurdo.
    Credo che parlarne, dopo il primo momento che chiaramente è traumatico per chiunque, possa aiutare nel metabolizzare la cosa e affrontarla con lo spirito giusto anche se, indubbiamente, non è mai facile, sia che si tratti della morte di persone care, che di malattia.
    Interessante e puntuale post come sempre amico mio, buona serata.

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    • Sei una delle persone con la mentalità più aperta che conosco (su questioni anche sensibili come la religione o il sesso) e per questo sono sicuro che non avresti problemi ad entrare in sintonia con il mondo personale che la Notaro ha portato in scena ed anche se nel tuo indice di gradimento personale One Mississippi potrebbe non eguagliare il piacere di visione che hai provato per After Life sono altresì convinto che ti lasceresti conquistare da alcuni momenti di questa fiction davvero fenomenali (praticamente l’intero episodio finale della Prima Stagione è da antologia!).
      Grazie sempre amica mia!

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  2. La serie non l’ho vista ma la cercherò sicuramente perché mi fido della tua recensione, non solo, avendo sempre visto Tig Notaro in ruoli da attrice non protagonista, gustarmela in primo piano sarà finalmente sua consacrazione, ai miei occhi naturalmente, proprio per chiudere quel cerchio che accompagna un’artista nella complessità delle sue performance. Tra l’altro il ruolo che interpreta mi incuriosisce non poco e sarà un altro motivo di soddisfazione. Inoltre, visto che la serie è autoconclusiva e non si perderà nei meandri infiniti dei sequel, incentivando quel desiderio di ritrovarmi di fronte a un finale di un certo spessore.
    Grazie come sempre delle tue precise osservazioni, sempre pertinenti, e della recensione sempre di alto livello (!)

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    • Grazie a te, Barman, che ci sei sempre per me…
      Sono certo che questa serie potrà incontrare i tuoi gusti, giacché di fatto, non è una narrazione di tipo romanzesco (con una progressiva complicazione della vicenda e successiva risoluzione, fino al finale che da sempre, anche nei grandi libri, è momento di crisi), quanto una narrazione più simile ad un flusso di coscienza, dove il character autobiografico interroga se stesso, sul proprio senso di appartenenza ad un luogo (quel profondo Sud a cui è legato emotivamente, ma che di fatto la rigetta in quanto gay ed in quanto atea), ad una cultura maggioritaria di provincia che ha eletto Trump, che considera i dinosauri creature mitologiche contrarie alla Bibbia (nella Seconda Stagione c’è un personaggio che crea con le sue convinzioni momenti davvero imbarazzanti), ad una comunità gay lesbo in cui la stessa Notaro fatica ad entrare perché di fatto è una comunità che si muove con le stesse regole scioviniste degli etero, nonché infine sui suoi sentimenti verso la compagna attuale ed il tutto filtrato da ricordi di molestie subite che impiegherà praticamente 12 episodi ad elaborare: detta così sembra un mattone, ma al contrario ci sono molti momenti in cui si pensa, altri in cui si sorride, altri in cui ci si commuove ed infine alcuni in cui si ride apertamente!
      Sono curioso di sapere il tuo giudizio, mai frettoloso, quando sarai alla fine riuscito a vederla, in qualsiasi futuro questo dovesse accadere!

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  3. Mark Wahlberg è un attore che non mi sta particolarmente simpatico: ha una faccia da stronzo e probabilmente non solo la faccia, se consideriamo la sua gioventù travagliata (e ampiamente documentata su Wikipedia). Nonostante questo, gli riconosco un certo talento nello scegliersi i copioni: infatti ha recitato in 2 dei film più belli di James Gray (The Yards e I padroni della notte), nell’ottimo remake Four Brothers – Quattro fratelli e soprattutto in The Fighter, che ho inserito nella mia classifica dei migliori film dello scorso decennio (https://wwayne.wordpress.com/2019/12/01/i-10-film-piu-belli-del-decennio/).
    Tra l’altro James Gray è il mio regista preferito, perché è l’unico che non mi ha mai deluso. Scorsese ha toppato con The Aviator (e pure The Departed non era un granché), Clint Eastwood con Lettere da Iwo Jima, Tarantino con il suo ultimo film; James Gray invece non ha mai fatto un film a cui darei meno di 7. Riconosco tuttavia che dopo Two Lovers (uno dei miei film preferiti in assoluto) è stato un continuo peggiorare, e soprattutto che i suoi film diventano sempre più lenti e noiosi: il confronto tra l’adrenalina pura de I padroni della notte e la noia colossale che trasmette Ad astra in alcune sue parti è davvero impietoso.
    Nel tuo post hai parlato anche del catalogo di Prime Video: ebbene, è proprio lì che ho scoperto Prove apparenti, uno dei migliori film che abbia visto quest’anno. A Gennaio e Febbraio 2021 incappai in un vero e proprio filone d’oro di filmoni, e Prove apparenti fu per l’appunto l’ultimo anello di questa catena: dopo di esso infatti mi è capitato di vedere soltanto 2 film che mi hanno davvero entusiasmato (Miracolo a Sant’Anna e Sognando a New York – In the Heights). Tra 18 giorni esce Frammenti dal passato – Reminiscence: andrò a vederlo per la sola presenza della mia pupilla Angela Sarafyan (che peraltro interpreta una parte di contorno), e spero che possa essere questo il film che mi farà tornare a respirare aria di grande cinema. Nel frattempo, se hai da consigliarmi qualche titolo per interrompere la mia astinenza da filmoni (come ti dicevo ne ho visti solo 2 negli ultimi 6 mesi) ti ascolto volentieri. 🙂

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    • Tra le tante cose che hai citato nel tuo post, come sempre ricchissimo, mi hai sobbalzare metaforicamente sulla sedia al ricordo di due tra i miei film che più ho nel cuore ed entrambi con Mark Wahlberg ed ovvero Four Brothers e The Fighter, tra l’altro, malgrado io stimi molto David O. Russell come regista, a mio avviso non ha più raggiunto le vette artistiche di quel gioiello…
      In questo periodo, complice anche Prime Video e Netflix, mi sono sparato una serie di film onestamente di genere B (non C o Z onestamente), con budget modesti e storie al servizio quasi solo dell’azione e non ti nascondo che mi sono divertito e mi piacerebbe davvero tanto conoscere il tuo parere nel caso li dovessi vedere:

      Ava, con la Chastain, Farrell e Malkovich
      Anna di Besson, con la supermodella
      Boss Level, con Frank Grillo e Mel Gibson

      Voglio precisare che sono perfettamente consapevole dei limiti di questi tre film ma ugualmente li ho trovati soddisfacenti!

      Ah, ovviamente, ma questo non è un B Movie, non posso non citate il primo film che ho visto con Green Pass ovvero il Sucide Squad di Gunn: adrenalina, splatter, pieno di mostri, pazzo, demenziale, ma anche emozionante e persino commovente in alcuni momenti, insomma il classico James Gunn ma questa volta senza i freni imposti dalla Disney e con una libertà creativa da film Z…

      Grazie amico mio di leggermi sempre!

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      • Il trailer mi aveva dato la sensazione che il nuovo Suicide Squad somigliasse a I guardiani della galassia, ovvero che tentasse disperatamente di risultare divertente senza riuscirci. Da amante della DC sono felice che tu mi abbia smentito dicendomi che invece si tratta di un film valido.
        Sono d’accordo quando dici che David O. Russell ha fatto come James Gray, peggiorando sempre di più film dopo film. Tuttavia, tra i 2 c’è una differenza fondamentale: James Gray non è mai sceso sotto il 7, mentre invece l’ultimo film di David O. Russell (Joy) è da 4 senza appello. Speriamo che dopo aver toccato il fondo con quel filmaccio trovi una via per risalire.
        Il punto più interessante della tua risposta è quello in cui scrivi che talvolta ci capita di vedere dei film dei quali riconosciamo i limiti, ma che ci mandano comunque in brodo di giuggiole. Partendo da questo spunto potrei anche stilare una Top 10, ma devo rifletterci sopra. Grazie a te per la risposta! 🙂

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  4. Il nome “Mississipi” mi ha sempre intrigato, ma per errore, ovvero a causa della mia ignoranza toponomastica.
    Quand’ero bambino e vedevo insieme a mia madre VIA COL VENTO in uno dei tanti passaggi televisivi che all’epoca la RAI dava a questo film, ero certo che il film fosse ambientato in una città del Mississipi.
    Quando, molto più grande, scoprii la gemma cinematografica sconosciuta ma bellissima diretta da Clint Eastwood a fine anni 90 e intitolata “MEZZANOTTE NEL GIARDINO DEL BENE E DEL MALE” commisi lo stesso errore e pensai che la città dove si svolgono le vicende fosse nel Mississipi.
    Solo a posteriori ho scoperto che entrambi i film sono ambientati in GEORGIA…
    Viceversa, non mi ero mai posto domande su dove fosse la cittadina dov’è ambientato il film che hai citato, ovvero THE HELP, che invece è proprio ambientato nel Mississipi.
    Bizzarrie, ignoranze, futilità.
    Però a me la parola MISSISSIPI ha sempre affascinato nel modo un po’ macabro con cui affascinano certi programmi di real tv che parlano di serial killer o disastri naturali e di conseguenza ho sempre avuto un pregiudizio (che in quanto tale è sbagliato, ma detiene comunque una parvenza di correttezza) che la parola Mississipi facesse scopa con parole dall’accezione non proprio positiva: razzismo, esclusione, bigottismo, ipocrisia, arretratezza culturale.
    Quando poi l’anno scorso vidi il capolavoro di Alan Parker intitolato, per l’appunto, MISSISSIPI BURNING, i miei pregiudizi divennero stolide certezze.

    Tutto questo inutile preambolo per dire una cosa semplice e stupida: come ho letto il titolo di questo tuo post ho subito immaginato il tema che avrebbe trattato e, come sempre, l’ho pregustato.
    E ovviamente le aspettative non sono state deluse.

    Non sapevo chi fosse Tig Notaro prima di leggere questo post e, nonostante abbia visto alcune delle produzioni da te citate in cui lei ha lavorato, ammetto di averla ricordata solo in ARMY OF THE DEAD, l’ultima produzione di Snyder.
    Lungi dal conoscere le vicissitudini di produzione legate al suo ruolo (plauso doppio a Zack per aver sostituito un molestatore sessuale con una icona LGBT 🙂 ) mi aveva colpito la dicotomia tra un ruolo storicamente virile (quello del pilota di elicotteri) e un personaggio evidentemente omosessuale.
    Per fortuna poi sei arrivato tu a illumimarmi su tutto il resto della carriera della Notaro che, permettimi l’azzardato parallelismo) mi ha un po’ ricordato il fortunato personaggio della deliziosa serie tv LA FANTASTICA SIGNORA MASIEL interpretato da Alex Borstein (lei non è omosessuale, ma il suo personaggio chiaramente lo è…).

    Vabbè, come al mio solito divago e scrivo valanghe di parole senz’altro inutili. AVrei potuta cavarmela molto più rapidamente con un GRAZIE, perchè tanto questa serie tv l’ho già messa in watchlist e la vedrò quanto prima: non so se la apprezzero, ma di sicuro già so che non sarà stato tempo buttato via (impressione che ho sempre più spesso guardando produzioni recenti tanto sbandierate e acclamate quanto inutili e vuote…)
    Grazie ancora, kASA.
    Non appena finisco la visione ti faccio sapere com’è andata!!!!

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    • Le belle persone fanno bei commenti e quasi sempre hanno anche ragione: con questa massima in stile Baci Perugina (avrei potuto ermenàuticamente dire da Biscotti della Fortuna Finto Cinesi, ma non l’ho fatto perché, come sa chiunque ne mangi all’uscita dei ristoranti finto-cinesi, i biglietti all’interno sembrano scritti con il traduttore di Google prima versione), non intendo le persone belle esteticamente (tu sicuramente lo sei anche esternamente, ma non è il punto), altrimenti la supermodella Sasha Luss (sappi che se non hai ancora visto Anna di Luc Besson – sorta di upgrade in chiave sintattica moderna del vecchio Nikita, con un florilegio di primissimi piani e close-up da urlo, al netto di una trama priva di vera originalità ma di uguale grande godimento – stai rischiando seriamente di perdere lo status di “bella persona”) scriverebbe commenti di inaudita profondità (magari la fa, chissà, ma a ancora una volta non è questo il punto), ciò che invece intendo sono le persone belle in modo kantiano e quindi meritevoli di lodi, come appunto sei tu.
      Detto questo, ironicamente sottolineo che la parola da te ripetuta più volte nel tuo commento (talmente tante che pensavo fosse una auto-citazione in spregio dell’errore), non si scrive “Mississipi” ma “Mississippi” con la doppia “p”… Così, tanto per infierire sulla tua ignoranza geografica (in realtà non vorrei mai essere sfidato in singolar tenzone su questa materia perché la geografia è forse quella in cui andavo peggio in tutti i gradi di studio e le scuole fatte).
      Detto anche questo (la simpatia, sempre per prima, eh!), ovviamene passo a ringraziarti per i complimenti in cui indulgi sempre quando commenti i miei post e si, non è detto che la fiction sia nelle tue corde, ma non potresti non apprezzarne l’intelligenza: è molto ma molto meno energica e scoppiettante della meravigliosa The Marvelous Mrs. Maisel (non potevo esimermi dal gioco di parole, per una fiction che al termine della sua terza stagione a suo tempo definii pressoché perfetta, per me in un podio olimpico di pochissimi esemplari), ma mentre la fiction Amazon scritta da Amy Sherman-Palladin è il punto di arrivo di un filone di comicità ebraico-americana che parte dai Marx Brothers, attraversa tutto il teatro ed il cinema americano comico alla Danny Kaye, passando per Mel Brooks e Woody Allen e che ha la sua forza nella incredibile brillantezza dei dialoghi, qui, nei testi di Tig Notaro siamo nel depotenziamento assoluto, quasi minimalista, dove la battuta è spesso solo inespressa nel suo volto disincantato ma non gigione, con picchi di genialità ritmica spesso quasi impalpabili (ci sono alcune righe di dialogo che rasentano il capolavoro, ma che sono quasi impossibili da riassumere).

      Attendo con curiosità un tuo resoconto!

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      • MississiPPi?
        Oh cazzo, perdona il francesismo, ma sono esterrefatto!!!!! Da una vita (ormai neanche troppo breve, uso la singola P. Me tapino, come diceva Paperino nei fumetti disney di quand’ero bambino.
        Che errore. Che vergogna.
        Pensa una cosa: avevo notato la doppia P nel tuo titolo, avevo pensato ad un refuso e stavo per scriverti in forma privata per segnalarti l’errore… avrei fatto la figuraccia enciclopedica… però lo ammetto lo stesso, perchè so che sei persona in grado di cogliere l’ilarità cristallina di fenomeni come questi.

        Potrei citarti molte altre parole che ho scritto erroneamente per decenni, convintamente, fino a che qualche anima pia non mi facesse notare la castroneria che stavo commettendo:
        “isdraele” in luogo di “Israele”
        “accellerare” in luogo di “accelerare”
        “un eco” in luogo di “un’eco” o “una eco” (che poi sarebbe anche maschile, ma è una forma desueta, e comunque non ho mai capito come possa essere la stessa parola maschile E femminile al contempo. Avrei capito maschile O femminile, come tante parole, tipo dentista o psichiatra, ma non E… vabbè divago come mio solito…)

        Comunque grazie ancora per aver colmato questa mia lacuna ortografica meno grave delle altre che ho candidamente ammesso, non foss’altro perchè trattasi di parola inglese per cui, se devo provare in qualche modo a giustificarmi, la pronuncia mi ha tratto in inganno.

        Detto ciò, la vedrò quanto prima, sicuro.
        Ultimamente annaspo tra prodotti che mi lasciano l’amaro in bocca, non ultima la tanto sbandierata LOKI (ammetto di essermi arenato al secondo episodio con un punto interrogativo costante: ma che senso ha?), oppure anche prodotti gradevoli come A QUIET PLACE 2 o BLACK WIDOW (già ne discutemmo in precedenza) che però hanno perso carica vitale e si avvitano in un appiattimento sempre più sterile.
        Ecco, la prospettiva di vedere qualcosa di BRILLANTE mi galvanizza, ergo vedrò.

        PS: mi citi ANNA, film inutile che non introduce nulla di nuovo (come gli altri che ho menzionato prima) ma, a differenza degli altri, ammette candidamente di essere un remake di NIKITA con nome diverso e questa schiettezza sintattica è premiata con una messa in scena leggera, che non si prende mai troppo sul serio (“non prendersi troppo sul serio” dovrebbe essere il primo comandamento del 99% degli autori cinematografici) e con una protagonista femminile talmente incapace dal punto di vista artistico da fare quasi tenerezza (il fatto che sia esageratemente stratopassera agevola la tenera empatia, sia chiaro…). Avrai già capito che il film l’ho visto e l’ho gradito: un piacevole divertissement che mi sento di consigliare.

        PPS: già che siamo in tempi di consigli, mi permetto di segnalarti un vecchio film con protagoniste due tue beniamine: EMILY BLUN e AMY ADAMS, “Sunshine Cleaning”. Trovato nelle code di Prime e visto per sbaglio, tuttavia piaciuto assai. Non ti devi manco sbattere a cercarlo su siti strani, perchè, come ti dicevo, è disponibile gratis sulla piattaforma di amazon. Tra l’altro tra i personaggi di supporto c’è un sontuoso Alan Arkin, attore mostruoso sempre, qui al suo meglio secondo me, un po’ come nella serie tv IL METODO KOMINSKY che, dopo il suo addio alla fine della seconda stagione, è tragicamente peggiorata fino a raggiungere il confine triste dell’inguarabile…

        Ora ho finito, promesso!

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        • Ooops!
          Sto finendo il mio tempo… Perciò vado di fretta:

          Hai ragione su un sacco di cose, come il giudizio tiepido su tanti film usciti recentemente (Cruella, Black Widow, A Quiet Place 2, pur migliori di altre fetecchie davvero inguardabili ma che mi hanno divertito molto, come Ava con la Chastain e Boss Level con Frank Grillo, bravo a recitare come un sacco da boxe), ma la palma d’oro della cazzatona luccicante va a <Chaos Walking con Tom Holland…
          Loki è un divertissement con picchi molto gradevoli e pause noiosissime, che vanta uno scrittore geniale al servizio tuttavia di uno scopo derivativo ovvero preparare il terreno del multiverso della nuova fase dei film del MCU, cosa che avviene alla fine dell’ultimo episodio, nulla di più nulla di meno (un po’ come la scena post-credits di Black Widow, assolutamente incomprensibile per chi non ha visto le puntate finale di The Falcon and the Winter Soldier
          Dio mio, infine, che zozzeria che è diventato quella perla de The Kominsky Method ed è un vero peccato!!!

          P.S. Sono anni che mi sgolo per parlare di Sunshine Cleaning, una vera perla dimenticata…

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      • Ovviamente mentivo
        Col cavolo che ho finito.
        Perchè tu hai anche favoleggiato di una bellezza esteriore che non mi appartiene e, a parte mia madre e mia figlia, nessuno (neppure mia moglie) ti direbbe che sono bello.
        Ma siccome la kalokagathia è un concetto (più o meno) superato, vivo con disincanto e disinteresse la mia bruttezza 😀

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        • Non sono daccordo: parlando da uomo etero, ti confesso che a mio avviso tu sei un bell’uomo e questo ovviamente non cambia una emerita cippa con tutto il resto… Tra l’altro, parlando di Mississippi, pensa che la stragrande maggioranza di chi abita al Nord Italia, ignora che il meraviglioso piatto a base di spaghetti, guanciale e pecorino, ha la sua giusta dizione con “Pasta alla Matriciana” e non “Amatriciana”…
          La mancanza di una delle due “p” in Mississippi, concorderai con me, è al confronto di una levità incredibile!

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  5. Ogni volta che trovo un tuo post per me è una grande gioia! Sono felice di rivederti da queste parti!
    In ogni caso neanche io ho visto la serie anche se, dopo il tuo ottimo articolo, ne sono molto incuriosito e affascinato. Non è per niente semplice parlare di un argomento così tremendamente comune eppure così tremendamente difficile come la morte, ancor di più se si mette in mezzo la commedia. Per me la commedia rimane uno dei generi più difficili da realizzare e il fatto che l’autrice riesca a unire comicità con tematiche simili mi fa ben sperare. L’unica cosa che mi dispiace è che negli ultimi tempi mi sono sensibilizzato su certi argomenti e vicende. Tendo letteralmente a soffrire quando succede un evento drammatico e se ne parla con maturità e sincerità. Più vado avanti e più divento sensibile, non so spiegare neanch’io il perché. Però questa serie vorrei sinceramente vederla.
    Grazie ancora per il consiglio e complimenti per l’articolo!

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    • Grazie amico mio per le bellissime e sincere parole, perché in un mondo social dove spesso si gioca a chi è più cinico (o meglio a chi finge di esserlo), avere l’onestà intellettuale come hai avuto tu di ammettere che su certi argomenti hai acuito nel tempo una certa fragilità emotiva (non la morte in quanto tale, ma la drammaticità della mancanza ed il lutto inteso come disagio del vivere in una realtà che prevede la presenza di tanto dolore e tanta ingiustizia cosmica), è cosa rara e preziosa, ma d’altronde il mio giudizio positivo si di te è cosa arcinota da tempo.
      Ecco, se mai davvero tu decidessi di avvicinarti a questa miniserie in due stagioni, sappi che una sua caratteristica è invece proprio la riconciliazione e non lo scontro ovvero la messa in scena di laceranti differenze (emotive, religiose, politiche e sessuali) mai giocate come arma o bandiera di lotta ma come più realistica volontà di superamento del problema: senza mai, nemmeno per un momento depotenziare i problemi (nella fiction si parla non solo di ateismo e di oltranzismo religioso, ma anche di molestie sessuali reali, a volte quasi invisibili e per questo perdonate dalla cosiddetta maggioranza silenziosa), l’ironia della Notaro aiuta a “reificare” (come si dice in psicologia) dando alle cose il loro giusto valore, senza enfatizzare gli scontri per il solo gusto di renderli spettacolari.
      Approfitto per augurare a te ed a Shiki un bel Ferragosto!

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  6. Leggere anche i commenti è da veri cultori! Grazie moltissimo Alidada!
    Tra l’altro sono sempre stato dell’idea che lo scrivere su un blog, a differenza dello scrivere su un giornale ed ancor più marcatamente su un libro, sia un’attività che si completa davvero solo nei commenti!
    Insomma, alla fine quando si scrive su un blog si condivide un pensiero o come nel mio caso un’intera recensione ma è solo da quel momento che può iniziare il vero spettacolo, con il botta e risposta tra chi legge e commenta…
    Certo, c’è chi lo fa davvero bene, creando lo spunto che stimola la discussione, mentre io in genere tendo molto di più a “pontificare”, scrivendo tanto (troppo) nel tentativo quasi di prevenire molte delle domande ed alla fine lascio poco spazio!
    Ma tant’è!
    Alla prossima!!

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