6 Degrees – da Yuja Wang a Kill Bill

Yuja-Wang-01I “6 Degrees of Separation” di Kasabake non hanno nulla a che fare con il concetto espresso nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy nel racconto che lo ha reso celebre, né con lo “Small-world Experiment (Teoria del Mondo Piccolo)” del sociologo Stanley Milgram.
I miei 6 Degrees sono infatti una nuova rubrica e come già i Kasa Shots saranno sempre e solo un gioco intellettuale, in cui ci misureremo a trovare collegamenti reali tra varie persone, avvenimenti, situazioni o altro ancora, che finiranno (si spera) per comunicarci un valore aggiunto, sia esso una considerazione concreta ed importante oppure solo una fascinazione emotiva, effimera o impalpabile.

Yuja-Wang-02Questa volta, come 1° grado, partiremo da Yuja Wang, una diva di fama planetaria, oltre che una musicista dal talento impressionante.
Cinese di nascita e naturalizzata negli USA, classe 1987, la Wang è spesso paragonata, senza esagerazione alcuna, al mitico pianista russo Vladimir Horowitz (forse il più famoso pianista della storia della musica).
Personalmente non ho né la competenza tecnica né la capacità di esprimere a parole il valore di questa artista e quindi preferisco usare le parole dell’espertissimo e severissimo critico musicale Mark Swed del “Los Angeles Time”.

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“[…]She is, obviously, a radically different kind of person than Horowitz, who was a neurotic, hothouse flower of a pianist. Fortunately, Wang is a woman of the world and her time. But where she now resembles Horowitz is in her physicality […] Like Horowitz, you get the feeling that her body, not her, is the music, that the connection with the keys is a force greater than mere willpower. Also like Horowitz, Wang exhibits a coolness that, through rhythm and attack, is scalding […]”.

 “[…] Lei è chiaramente un diverso tipo di persona da Horovits, pianista nevrotico rinchiuso in se stesso come un fragile fiore di serra. Per sua fortuna, la Wang è invece una donna che appartiene al suo mondo ed al suo tempo. Ma ciò che più la accomuna ad Horovitz è la sua fisicità […] Come per Horovitz, si ha come l’impressione che sia il suo stesso corpo e non lei come individuo, ad essere il musicista e che la connessione con i tasti del pianoforte sia causata da una sorta di potere superiore alla stessa forza di volontà. Inoltre, come anche Horovitz, la Wang si presenta con una freddezza che si scioglie solo attraverso il ritmo e gli accenti […]”, Mark Swed, Los Angeles Time.

Tra le tantissime esibizioni dell’artista cinese, una delle più celebri ed impressionanti è senza dubbio la sua interpretazione del celebre brano “Flight of the Bumblebee (Il volo del calabrone), composto nel 1899 dal musicista russo Nikolai Rimsky-Korsakov e che è anche il nostro 2° grado.

Yuja-Wang-04Scritto da Korsakov come interludio orchestrale per la sua opera “Skazka o Tsare Saltane (La favola dello zar Saltan)”, questo pezzo sinfonico faceva in origine da commento sonoro al volteggiare in aria del protagonista della storia, il principe Gvidon Saltanovich, figlio dello zar, dopo che un cigno magico lo aveva trasformato in insetto, affinché potesse più rapidamente raggiungere in volo suo padre.
Per via del suo ritmo frenetico e delle continue serie di note cromatiche, suonate in sedicesimi (proprio per riprodurre l’onomatopea del ronzio dell’insetto), chiunque esegua questo brano è costretto a movimenti e spostamenti rapidissimi sulla tastiera e questo rende Flight of the Bumblebee” uno dei pezzi più ricercati da chi desidera cimentarsi in sfide di virtuosismo esasperato.

Vi prego davvero, con tutto il cuore, di prendervi i neanche due minuti di tempo necessari per guardare ed ascoltare in religioso silenzio questa incredibile esibizione della Wang, assolutamente inarrivabile:

Dal nostro calabrone volante orchestrale, il passo è veloce verso il 3° grado ed ossia la serie americana “The Green Hornet”.
Nata nel 1936 come trasmissione radiofonica per bambini, sulle frequenze dell’emittente di Detroit “WXYZ” (le stesse dell’altro mitico sceneggiato radiofonico di quegli anni ruggenti, “The Lone Ranger”), questa serie usò, infatti, il brano di Korsakov come tema musicale portante, dopo averlo opportunamente riarrangiato.

Green-Hornet-Tv-Series-01In particolare, la nuova partitura fu composta dai due musicisti statunitensi Billy May e Lionel Newman (qui anche nelle vesti di direttore d’orchestra), modulando la stesura appositamente per la tromba solista del jazzista americano Al Hirt ed aggiungendo infine il suono prodotto da un theramin, per creare un ronzio simile a quello vero del calabrone.

Green-Hornet-Tv-Series-02Il successo della serie radiofonica fu strepitoso, tanto che non solo fu trasmessa ininterrottamente fino al 1952, ma fu anche affiancata, a partire dal 1940, da una serie di comic (ripresi molti decenni più tardi, negli anni ’80, da quel genialoide di Kevin Smith, ma questa è un’altra storia…) ed infine, nel 1966, da quella che a noi maggiormente interessa ed ossia la serie Tv interpretata dall’attore Van Williams (nei panni dell’editore Britt Reid e del suo alter ego mascherato Green Hornet) e soprattutto dal maestro indiscusso di arti marziali Bruce Lee.

Batman-01I character della serie tv di “Green Hornet” apparirono anche in tre episodi della contemporanea serie Tv di “Batman” (quella con Adam West, tanto per capirci) ed in particolare nell’episodio “The Spell of Tut” (trasmesso il 28 settembre del 1966) e nei due episodi consecutivi (trasmessi il 1 ed il 2 Marzo 1967) “A Piece of the Action” e “Batman’s Satisfaction”.
Da quest’ultimo episodio è stata estratta la brevissima clip, di poco più di un minuto, che vi mostriamo qui di seguito, con il combattimento tra i due team di vigilanti:

Non abbiamo citato il crossover tra queste due serie Tv anni ‘60 per eccesso di pignoleria, ma per darci modo di sottolineare la differenza di stile molto forte nella caratterizzazione dei protagonisti, tra la nostra serie del Calabrone Verde e quella dell’Uomo Pipistrello: guardando, infatti, le due coppie di eroi assieme, risulta ancora più evidente come le storie, in cui è coinvolto il nostro paladino della giustizia (integerrimo editore di giornale di giorno e vigilante mascherato di notte) assieme al suo fido ed atletico autista tuttofare, non giochino mai sull’effetto comico in alcuno dei 26 episodi e questo malgrado la spaventosa ingenuità delle trame criminali alla base dei plot polizieschi.

Green-Hornet-Tv-Series-03Se, infatti, i combattimenti (specie quelli del personaggio di Van Williams) possono oggi far sorridere, è solo per la comicità involontaria che circonda tutto il naif degli action-crime-drama di quegli anni, ma né lo script né le produzioni di “Green Hornet” erano nel modo più categorico giocate sulla commedia, a differenza, invece, di quelle della serie Tv del suo contemporaneo “Batman”, dove ironia e comicità anche surreale erano fortemente presenti: basti pensare all’interpretazione di Adam West, che parlava addirittura con una cadenza ridicola e caricaturale, per la quale è anche diventato famoso.

Green-Hornet-2011-01Questo aspetto è quello che forse distanzia maggiormente la Serie Tv originale degli anni ’60 anche dal film realizzato nel 2011, per la regia del visionario Michel Gondry, su sceneggiatura della coppia di autori irriverenti e normalmente comici Evan Goldberg e Seth Rogen, quest’ultimo poi anche protagonista maschile del film , nei panni dell’editore e giustiziere mascherato.
Come avrete capito il film di “The Green Hornet” è anche il nostro 4° grado del gioco.

Green-Hornet-2011-02Diciamo subito che questo lavoro cinematografico  è stato fortemente deludente, soprattutto per le aspettative che tutti avevano sulle incredibili potenzialità che sulla carta aveva la collaborazione tra un poeta dello schermo come Gondry ed un castigatore dei costumi e dell’ipocrisia sociale come Rogen, senza tacere di un cast con presenze carismatiche, quali Cameron Diaz (tra i buoni), Jay Chou nei panni dell’autista esperto di combattimenti e maestro di arti marziali ed infine un titano come Christoph Waltz, come villain di riferimento.

Green-Hornet-2011-03Onestamente, non mancano alla pellicola spunti intelligenti ed interessanti ed anzi possiamo dire che il film ne è pienissimo (si percepisce a pelle, ad esempio,  il lavoro profondo effettuato sullo script, costantemente in bilico sul codice doppio dell’ironia), ma l’alchimia finale ha prodotto una pellicola con protagonista non un eroe ma un cretino goffo ed impacciato e se questo fosse stato davvero nelle intenzioni degli autori, allora saremmo di fronte ad un suicidio e ad un completo tradimento dello spirito del personaggio originale, se invece si fosse trattato di un danno collaterale (perché non mancano continui accenni ad una maggiore profondità anche psicanalitica del protagonista, come quando si adopera per tagliare via la testa della statua raffigurante suo padre nel cimitero cittadino), allora ci troveremmo comunque di fronte ad un fallimento ancor più doloroso, perché ha coinvolto tutti esponenti di alto valore in campo cinematografico.

Green-Hornet-2011-04Sono stati spesi molti soldi per cercare di tirare a lucido questa commedia demenziale ed un po’ fracassona, come per l’auto del giustiziere, la mitica Black Beauty: John Pearley Huffman, il giornalista che cura per il “New York Times” una simpatica rubrica destinata ai motori (dal titolo esplicativo “Wheels: The Nuts and The Bolts or Whatever Moves You”), racconta che i produttori del film, per girare tutte le scene, hanno fracassato ben 26 delle 29 berline acquistate, modello Imperial Crown della Chrysler!

Cosa rimane oggi di questo film? Aldilà della bellezza isolata ed episodica di alcuni momenti, oltre l’ironia sarcastica di Rogen o la fenomenale caratterizzazione (nei limiti del buffonesco imposto dal copione) del malvagio gangster Benjamin Chudnofsky operata da Waltz?
Resta senza dubbio l’ombra del personaggio silenzioso, iconico e fondamentale di Kato, il nostro 5° grado del gioco.

Kato-01Kato è la svolta, perché nell’interpretazione dell’attore e cantante pop taiwanese Jay Chou, indimenticato protagonista di “Kung Fu Dunk” (action comedy inizialmente inititolata “Slam Dunk”, nome abbanodanato per evitare confusione con il celebre manga ed anime omonimi, ma anche nota in Occidente come “Shaolin Basket”), troviamo solo gli echi di un mito tra i miti, del più celebre artista mai vissuto specializzato nella diffusione e valorizzazione delle arti marziali nel cinema occidentale non solo di genere: Bruce Lee.

Kato-02Sappiamo, perché lo abbiamo già detto prima, che Bruce Lee era nel cast di tutti gli episodi della serie Tv originale di “Green Hornet” ed è quasi una sofferenza vederlo nei panni trattenutissimi dell’autista del vigilante e che pur essendo, anche nella finzione scenica, infinitamente più abile nei combattimenti del suo padrone, si contiene dall’azione il più delle volte.
Per un nostro puro piacere personale, linko qui di seguito una clip di 15 minuti circa, con una collection di scene di combattimento tratte dalla nostra serie Tv, con protagonista il grande Bruce Lee nei panni di Kato:

Il character di Kato, grazie a Lee, assunse quasi subito delle valenze culturali, in campo visivo e cinematografico, all’inizio assolutamente impensabili per i produttori dell’epoca: da semplice valletto e guardia del corpo dell’eroe, Kato diventa il cuore nobile ed eroico della serie, quel cavaliere senza macchia e senza paura che il giustiziere mascherato Green Hornet non è mai stato.
Nello sguardo e nelle mosse di Bruce Lee c’è tutto l’onore ed il rispetto che oggi (dopo lo sdoganamento doveroso avvenuto) l’occidente reputa ai wuxia, ma che allora, in pieno neocolonialismo culturale, veniva considerato solo folklore di cui sorridere e forse è proprio questo uno dei sottotesti che il film di Gondry del 2011 avrebbe voluto goffamente comunicare, in una sorta di risarcimento morale, ma senza riuscirci.

Bruce-Lee-01Ad Hong Kong, la serie di “The Green Hornet” fu (non casualmente) distribuita con il titolo di “The Kato Show” e trasformò Bruce Lee in un divo amato ed apprezzato: dopo 4 anni, nel 1971, il regista Lo Wei sostituì l’attore principale del film che stava girando, dando a Bruce Lee il ruolo del protagonista ed in questo modo vide la luce “Tang shan da xiong” (distribuito nei paesi anglofoni con il titolo di “The Big Boss” ed in Italia come “Il fuorore della Cina colpisce ancora”), il primo successo planetario di Lee, massimo esponente del “Jeet Kune Do” (tradotto dal cantonese con “La via del pugno che intercetta”).
I film che seguiranno, creeranno il mito che tutti conoscono.

Chen-ZenIl costume di scena di Kato, con il suo cappello da autista e la maschera nera dal particolare taglio anatomico sulle gote (che la differenzia dalla più classica maschera domino), diventarono un’icona, che ritroveremo citata ed usata in moltissimi lungometraggi orientali di genere action, del passato e del presente, completamente slegati come trama alla serie di “Green Hornet”, ma facenti sempre riferimento al personaggio di Kato, sia a livello visivo, che scenografico e coreografico.
Due esempi fra i più interessanti, “Black Mask” del 1996, diretto da Daniel Lee, prodotto da Tsui “Once Upon a Time in China” Ark ed interpretato da Jet Li/Li Lianjie (certamente uno degli eredi cinematografici di Bruce Lee) e “Legend of the Fist: The Return of Chen Zhen” del 2010, prodotto e diretto da Andrew Lau.

Kill-Bill-01La citazione e l’omaggio ci portano dritti, dritti al 6° grado del nostro divertissement ed anche alla sua conclusione, con il film che più di ogni altro in Occidente ha costituito, agli occhi del grande pubblico, il definitivo e completo affrancamento del cinema asiatico di genere action dall’etichetta di sotto-prodotto sub culturale di nicchia e la sua rivalutazione come fenomeno culturale: “Kill Bill”.

Lady-Snowblood-01Il film in due parti di Quentin Tarantino è una tale orgia di citazioni ed omaggi al cinema asiatico (oltre che al cinema di genere western-spaghetti e poliziesco sia americano anni’70, sia italiano) che, ad una visione appena più approfondita, esplode in un pulviscolo composto da una miriade di brillanti, così luminosi e nitidi, da costituire quasi un tappeto, sospeso sopra un’intera cinematografia, su cui passeggiare felici, ammirando dall’alto il panorama sottostante.
Lasciando perdere tutti gli ovvi riferimenti alla pellicola “Lady Snowblood”, assunta dallo stesso Tarantino come dichiarato riferimento di lavorazione per il primo capitolo (fatta proiettare, a beneficio del cast, nelle pause di lavorazione del film per creare il giusto mood), il solo elenco dei riferimenti a scene o costumi di altri film prenderebbe uno spazio interminabile, oltre a risultare noioso e maniacale (ovviamente, per il mio sollazzo personale, io l’ho fatto ed è un elenco che aggiorno di continuo, con indicazioni portatemi anche da altri appassionati, ma si sa che io non sto bene…).

Battle-Royale-01Dal punto di vista squisitamente filmico, tuttavia, non possiamo non citare per lo meno i due riferimenti culturali e visivi più manifesti: il primo è senza dubbio il legame con un film culto per eccellenza, “Battle Royale”, splendida pellicola giapponese diretta nel 2000 da Kinji Fukasaku e tratta dall’omonimo romanzo scritto qualche anno prima da Koushun Takami (dal quale libro, tra l’altro, fu tratta lo stesso anno del film anche una serie manga in 15 “tankobon”, volumetti).

Kill-Bill-02L’attrice giapponese Chiaki Kuriyama, che nel film di Fukasaku interpreta il ruolo della studentessa Takako Chigusa, in “Kill Bill” recita la parte della sanguinaria e sadica diciassettenne Gogo Yubari, guardia del corpo personale di O-Ren Ishii, vestita anche qui come una liceale; nel film di Tarantino, Gogo viene descritta come un’esperta di tecniche wushu (arti marziali cinesi) ed armata con una letale palla di ferro con lame taglienti, legata ad una catena che usa per scagliarla e riprenderla al volo (arma di scena, direttamente ispirata dal film “Master of the Flying Guillotine”, scritto, diretto ed interpretato da Jimmy Wang Yu nel 1976 e che, nell’intervista rilasciata nel 1996 a Don Gibalevich, per il suo libro dedicato al nostro regista americano, fu definito da questi, senza mezzi termini, “[…]one of my favorite movies of all time – uno dei mie film preferiti di tutti i tempi […]”).

Kill-Bill-03Il secondo riferimento, che è poi il motivo per cui “Kill Bill” è stato da me scelto per chiudere degnamente questo nostro gioco dei gradi di separazione, è il doppio omaggio che Quentin Tarantino compie verso la serie di “Green Hornet”: quando Beatrix Kiddo  (la sposa, nome in codice “Black Mamba”) decide di partire per Tokyo alla ricerca di O-Ren Ishii (ora a capo della Yakuza, ma quattro anni prima uno dei membri della “Deadly Viper Assassination Squad”, nome in codice “Cottonmouth”, incaricata di uccidere Beatrix proprio il giorno del suo matrimonio), la musica che Tarantino sceglie per commentare in modo prepotente tutta la scena del viaggio, compresa la corsa in moto dall’aeroporto della capitale giapponese, è proprio la colonna sonora originale della serie americana del vigilante mascherato, quel “Flight of the Bumblebee” rimixato in chiave jazz da cui tutto è partito, lasciato integro nel suo timing, senza interruzioni con dialoghi di alcun tipo, in una scena che sembra un videoclip prima maniera.

Bruce-Lee-02Prendiamoci, quindi, un attimo di pausa dalle nostre chiacchiere e godiamoci questa meravigliosa sequenza, intrisa di citazioni di vecchi film e licenze poetiche, con la magnetica presenza scenica della biondissima Uma Thurman, che qui vediamo anche indossare, per la prima volta nel film, la celebre tuta gialla a strisce nere, altro evidentissimo e sfacciato omaggio a Bruce Lee, questa volta per via dell’identico completo che il “dragone” indossava nel 1972, durante le riprese del film “Game of Death” (dallo stesso Lee scritto, diretto ed interpretato, ma purtroppo entrato nella leggenda proprio per la sua incompiutezza, tale a causa della sua morte prematura avvenuta nel 1973, pochi mesi dopo l’inizio delle riprese):

Il secondo omaggio è ancora più specifico, perché identifica la scelta di campo fatta dallo stesso Tarantino verso l’anima asiatica della mitica serie Tv, preferendo in modo sfacciato l’animo asiatico del “Kato Show” piuttosto che quello occidentale del “Green Hornet”: nella lunghissima sequenza di combattimento dentro la “House of Blue Leaves”, Beatrix è costretta ad affrontare una banda di combattenti yakuza (armati di katane, asce e martelli) agli ordini di O-Ren Ishii e capitanati da Johnny Mo.

Kill-Bill-04Ogni membro della banda, chiamata “Crazy 88”, tutti in camicia bianca e giacca nera (in una voluta similitudine, sia con il numero, sia con il colore dei tasti di un pianoforte), indossa sul viso una domino-mask, tranne il loro capo, Johnny Mo (intrerpretato dallo stesso attore Gordon Liu che impersonerà anche il personaggio di Pai Mei nel volume 2 di “Kill Bill”) che indossa la kato-mask.

Johnny-MoAbbandonando ora il nostro gioco, perché abbiamo finito i gradi di separazione disponibili, ci salutiamo con un ultimissimo squisito regalo che Quentin tarantino fa in “Kill Bill” al suo idolo: usando il media cinematografico come strumento di revanscismo poetico, il regista americano compie infatti un’operazione di riparazione storica (come farà molti anni più tardi, uccidendo Hitler).

Kung-Fu-CarradineDavid Carradine, l’attore scelto da Tarantino per impersonare il character di Bill, all’inizio della sua carriera impersonò il monaco Shaolin che attraversa il West statunitense nella serie Tv “Kung Fu”, fiction che, secondo molti (in primis la vedova di Bruce Lee, come ha scritto nelle sue memorie, ma anche molti altri critici televisivi e giornalisti ed ovviamente lo stesso Tarantino), sarebbe stata ideata e progettata dal nostro maestro di Jeet Kune Do per se stesso come protagonista e successivamente, invece, scippata dalla Warner, la quale, pur salvando l’idea di base, avrebbe preferito l’attore David Carradine (perché occidentale) a Bruce Lee.

Kill-Bill-05Un terribile affronto e persino un sacrilegio per il nostro Quentin, che, perciò, dopo circa vent’anni, fa compiere a Beatrix, incarnazione femminile di Bruce Lee, la vendetta catartica, uccidendo proprio il character di Bill, oltretutto con una famosissima mossa letale segreta di Kung fu, la leggendaria “Five Point Palm Exploding Heart Technique“, insegnata segretamente a Beatrix dallo stesso Pai Mei che era stato anche insegnante di Bill, ma al quale non aveva però mai rivelato il segreto di questa mossa.

That’s all folk, alla prossima!


Filmografia essenziale:

Green Hornet Tv squareThe Green Hornet (TV series)”, USA, 1966-1967
1 stagione e 26 episodi
creata da George W. Trendle e Fran Striker

Green-Hornet-movie-squareThe Green Hornet (2011 film)”, USA, 2011
scritto da  Seth Rogen e Evan Goldberg
diretto da Michel Gondry

Big-Boss-squareTang shan da xiong – The Big Boss”, HKG, 1971
scritto da Bruce Lee e Lo Wei
diretto da Lo Wei

Black Mask squareBlack Mask”, HKG, 1996
scritto da Teddy Chan, Ann Hui, Tsui Hark e Joe Ma
diretto da Daniel Lee e prodotto da Tsui Hark

Chen-Zen-squareLegend of the Fist: The Return of Chen Zhen“, HKG, 2010
scritto da Cheung Chi-shing e Gordon Chan
prodotto e diretto da Andrew Lau

Kill-BIll-1-squareKill Bill: Volume 1”, USA, 2003
scritto e diretto da Quentin tarantino
interpretato da Uma Thurman e David Carradine

Kill-BIll-2-squareKill Bill: Volume 2”, USA, 2004
scritto e diretto da Quentin tarantino
interpretato da Uma Thurman e David Carradine

Lady SnowBlood squareLady Snowblood”, JAP, 1973
scritto da Norio Nagata
diretto da Toshiya Fujita

Lady-SnowBlood-manga-squaretratto dal manga omonimo
testi di Kazuo Koike
disegni di Kazuo Kamimura

Battle-Royale-squareBattle Royale”, JAP, 2000
diretto da Kinji Fukasaku
sceneggiato da Kenta Fukasaku

Battle-Royale-novel-squaredal romanzo omonimo scritto da Koushun Takami
da cui, sempre nel 2000, fu anche tratta
una serie manga in 15 “tankobon”, volumetti

Master-of-the-Flying-GuillottineMaster of the Flying Guillotine”, HKG, 1976
scritto, diretto ed interpretato da Jimmy Wang Yu
parlato in mandarino e cantonese

Game-of-Death-squareGame of Death”, HKG, 1972
scritto, diretto ed interpretato da Bruce Lee
incompleto, durata 39 minuti

Kung-Fu-squareKung Fu (Tv series)”, USA, 1972-1975
3 stagioni e 63 episodi
creata da Ed Spielman, Jerry Thorpe ed Herman Miller


I nostri 6 Degrees di questa volta:

Yuja Wang
Flight of the Bumblebee
The Green Hornet (TV series)
The Green Hornet (2011 film)
Kato
Kill Bill


Sulla teoria dei Sei Gradi di Separazione, può risultare interessante quanto riportato (in modo forse un po’ semplicistico, ma decisamente corretto) dal sito “Science Alert”, dove un breve testo lineare è corredato da un video esplicativo di 9 minuti circa realizzato dal canale YouTube “Veritasium”:


Assolutamente imperdibile per un appassionato di cinema è ovviamente il famosissimo gioco di società “Six Degrees of Kevin Bacon”, creato più di vent’anni fa, nel quale ci si sfida per trovare il percorso di collegamenti più breve tra Kevin bacon (con uno dei ruoli della sua filmografia) ed un qualsiasi attore hollywoodiano, vivo o defunto che sia.

6Visto anche il successo costante negli anni e la diffusione del gioco, lo stesso Kevin Bacon ha dato anche origine ad una iniziativa di networking sociale, attraverso la creazione del sito social “SixDegrees.org”, strutturato per il sostegno gratuito a cause meritevoli.

The-Oracle-of-BaconSe volete comunque (e ve lo consiglio!) mettere alla prova la vostra cultura cinematografica americana, cimentatevi nel più spartano e diretto “The Oracle of Bacon”, interfaccia online interattiva, basata sui database continuamente aggiornati di IMDb (Internet Movie Database): in qualsiasi punto del sito siate, per partire con il gioco cliccate semplicemente sul viso di Apollo, sul banner in alto a sinistra e scrivete, nella finestra di testo che compare, il nome di un artista di Hollywood (uomo, donna, vivo o morto che sia non ha importanza) ed il database vi mostrerà in pochi istanti tutti i collegamenti ed i passaggi che da quel nome portano all’attore Kevin Bacon, sempre!

Inoltre, se vi recate poi nello spazio opzioni e fate delle modifiche ai settaggi del gioco o se andate a modificare addirittura il punto di arrivo (sostituendo il nome di Kevin Bacon, con un altro interprete hollywoodiano) avrete talmente tante possibilità di collegamenti da uscire pazzi!

Attivo dal 1995, questo sito, dall’interfaccia a dir poco banale, ha continuato ininterrotto il suo travolgente successo tra gli appassionati di cinema, che si cimentano periodicamente per trovare un “Bacon Number” il più alto possibile, ossia un nome che crei un numero di collegamenti minimo indispensabile per portare a Bacon (ovviamente, se si digita il nome di un regista o di un interprete che ha lavorato con Bacon in un film, il bacon number della situazione sarà 1 e così a salire).

Buon divertimento!


53 pensieri su “6 Degrees – da Yuja Wang a Kill Bill

  1. Gloriosa nuova rubrica! Carichissima di argomenti interessanti. Gustosissima! Quello dei sei gradi di separazione è uno dei giochi più belli che si possano fare a tema cinema! Sei libero di sguinzagliare tutte le tue conoscenze, sai dove parti, ma non sai dove andrai a finire. E poi godo sempre quando ti metti a parlare di Oriente anche in contrapposizione all’Occidente, di come l’uno influenza l’altro e di come l’altro trasforma quello che vede nel primo. Bruce Lee e Tarantino… Flight of the Bumblebee! Adam West! Kill Bill! KEVIN BACON!
    MITICOH!

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    • Grazie di cuore, Zack, che sei sempre pronto a darmi spalla per le mie spesso logorroiche imprese… sono serio nel dirlo, perché il tuo animo generoso mi spalleggia ogni volta!
      Per ora le mie sono solo parole di gratitudine, ma chissà…

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  2. Accidenti che articolo! Tutti gli argomenti si sono collegati perfettamente l’un l’altro! Devo dire che vedendo il video di Yuja Wang suonare “The Flying of the Bumblebee” sono rimasto a bocca aperta. Davvero favolosa.

    Invece non sapevo per niente di quel breve scontro fra Batman e Green Hornet.
    Anch’io sono un po’ dispiaciuto per il film fatto recentemente anche se devo dire che mi aveva colpito molto per vari motivi.

    Ottimo articolo!

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    • Grazie moltissimo, Butcher!
      Mi piace cercare di proporre cose nuove ma il rischio che non piacciano è ovviamente sempre molto alto, per cui doppio thanxx!!

      Il film del 2011 su Green Hornet non può onestamente non piacere in modo drastico ed anch’io, esattamente come te, sono rimasto molto colpito da tantissime cose presenti e l’ho anche rivisto più volte, ad ogni passaggio teelvisivo e sempre con piacere, ma questo soprattutto perché amo ogni singola personalità che ha partecipato alla pellicola… ogni volta, tuttavia, ho dovuto storcere il naso: apprezzo sempre la comicità sarcastica e fracassona di Seth Rogen, ma vuoi mettere “The Interview” o “This is the end”?; ammiro la recitazione sopra le righe di Christoph Waltz, ma vogliamo davvero mettere a confronto quello che ha fatto qui con altri suoi lavori come “Django Unchained”, “Carnage” o “Inglourious Basterds”?; Jay Chou è un grande, assolutamente, ma in confronto ai suoi film cinesi questo sembra ridicolo…
      Insomma, ogni volta che mi diverto a guardare “Green Hornet” ed uno di questi grandi del cinema, penso “cavoli, però, in confronto alle altre sue cose, qui sembra che stia scherzando…
      Ecco, è questa sensazione continua di “ma, però” che mi ha lasciato deluso.
      Mi sono tenuto per ultimo Michel Gondry, l’uomo che ha regalato all’umanità un capolavoro indimenticabile come “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” (non riesco a scrivere il titolo italiano… ho ogni volta i conati di vomito…) e tanti bellissimi video clip come questo …

      o quest’altro meraviglioso della Minogue…

      E potrei andare di lungo, perché quando chiacchiero e condivido con persone che mi capiscono mi sento libero…
      Un abbraccio, Butcher e saluta Shiki, che ci scruta da lontano (mica tanto, poi…)…

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  3. La pianista spacca, non ne sapevo niente perche’ sono ignorantissimo sul tema, ma il video e’ sconvolgente. Quanto alla nuova rubrica che dire…lei e’ un genio mr kasabake, giova ribadirlo perche’ merita tutte le ovazioni del mondo. Bravo ragazzone!!! Ps alla parentesi battle royale ho avuto un momento di commozione… Per green hornet condivido in toto… Il film in se non e’ neanche malaccio…ma chissa perche’ non riesce a farsi ricordare…che per l appunto se non lo ritiravi fuori tu me l ero gia’ dimenticato 😀

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    • Ho il cuore gonfio di commozione per gli appellativi che hai usato nei miei confronti e quindi grazie, sensei…

      Di musica classica sono abbastanza a digiuno anch’io, ma quando vedi certe cose, quando “senti” certe cose, beh, bisognerebbe essere una capra o uno dei tuoi fagiani sotto barbiturici per non capire la grandezza ed è così che ho scoperto questa pianista stellare, che è poi nel suo settore un vero mito…. ed anche una che sa stare al mondo, se capisci cosa intendo!
      Poi, per il resto, non c’è niente da fare… quando si tocca l’Asia, Bruce Lee, i wuxia, io comincio a palpitare di emozione e vedere di non essere solo e molto bello… penso sia lo stesso pensiero che anima Tarantino, che non copia ma omaggia in continuazione perché vuole condividere e lo fa a modo suo, ricordando e tramandando…

      Guarda ‘sta inquadratura di “Lady Snowblood” se non ricorda Pai Mei con Beatrix, ma non perché Tarantino non sapeva dove mettere la cinepresa,  ma per dire al mondo cosa stesse avvenendo negli anni ’70 nel resto del mondo e così ha fatto con l’Italia…

      lady snowblood

      Battel Royale è un film bellissimo, un capolavoro, senza il quale non ci sarebbe stato nemmeno il fenomeno Hunger Games e giustamente, ancora Tarantino, viene omaggiato in Kill Bill…

      Battle Royale

      ma tu Lupo ci andavi al cinema a vedere il dragone quando eri ragazzino? Mi racconti?

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      • Io col cinema ho sempre avuto un rapporto controverso,( parlo della sala, non della settima arte)…. Pochi sono stati quelli che ho avuto l’onore e l’ardire di vedere sul grande schermo…tutti gli star wars, la guerra dei mondi di steven, 1997 fuga da new york…king kong (non quello del neozelandese) l’ultimo godzilla… (Si’ dai, anche tanti altri, ma non mi hanno lasciato degno ricordo per essere annoverati tra le milestones) tornero’ in sala la prossima volta solo per the force awakens…..Diciamo che, in generale, preferisco l intimita del salotto, la mancanza di orari prestabiliti e soprattutto la funzione pausa del dvd 😀
        I wuxia pero’ li adoro anche io, anche quelle robe strane per noi dell’ovest, tipo “la tigre e il dragone”… E anche quelle robe tributo/rap come “l’uomo con i pugni di ferro” (il primo…il secondo ha fatto schifo anche a me) lady snowblood l ho adocchiata in una bellissima edizione 1 e 2 ma non l ho ancora comprata… Comprero’ 🙂 su Lee non c ‘e’ bisogno di spendere troppe parole…immortale…

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        • Mi hai scritto un commento meraviglioso, che trasuda amore per il cinema ed assieme mi regala dettagli sul tuo rapporto con la sala cinematografica… condivido tutto, compresi i titoli dei film citati!
          Si, al cinema o in HomeVideo, il dragone Bruce Lee resta un mito epocale…
          (ti dirò che il primo Jet Li mi piaceva assai e per un po’ l’ho ritenuto il suo erede morale…).
          Alla prossima, Lupo!

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          • Eheh siamo ai commenti in diretta…. E dire che non e’ propriamente ora di colazione… Mi sono appena sciroppato l’ ennesima clonazione dell’infinito e mai troppo lodato “invasion of the body snatcher”, a sto giro il misconosciuto (sicuramente non a te) “terrore dalla sesta luna” l ho guardato solo per donald, avevo un ottimo ricordo di “terrore dallo spazio profondo” e ho voluto dare 1 chance… Potevo evitare 😀 scusa l o.t. Ma mi faceva simpatia 😉

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            • E’ il caso di dire “eravamo”, perché ad un certo punto mi sono dovuto eclissare e mi sono ritrovato questa mattina non con uno ma con ben due tuoi gustosissimi commenti!!
              Amo talmente tanto leggerli, che mi sono quasi sentito in colpa per essermene andato dalla “chat” che stavamo facendo… ma era per una buona causa e di tipo musicale!!

              Con “The Puppet Masters” purtroppo Lupo devi sapere che ho un particolare legamene affettivo… infatti, essendo io un lettore di fantascienza classica, adorai a suo tempo il romanzo omonimo scritto nel 1951 dall’immenso scrittore Robert Heinlein e che anticipò di pochissimo quello praticamente simile scritto da Jack Finney nel 1955 con la storia dei “Body Snatchers”… poi la storia del cinema preferì il romanzo di Finney sullo stesso tema ed abbiamo visto i capolavori di Don Siegel del 1956 e di Kaufman del 1978 (vabbé, mettiamoci anche il deludente per me film di Ferrara del 1993 e l’altrettanto deludente film del 2007 con la Kidman…) e il povero “The Puppet Masters” era rimasto nel dimenticatoio… mi dispiaceva per lui, perché il libro è splendido, perciò, figurati, quanto fui felice negli anni ’90 quando due miei miti come gli sceneggiatori Ross ed Elliott (gli stessi dei “Pirates of the Caribbean” se ne sono usciti con l’annuncio di una sceneggiatura ampiamente rimasticata del mio romanzone!
              Whaoo! C’era anche Sutherland, esperto di alieni (dai Lupo, quando urla per richiamare gli altri alieni nel finale tragico del film di Kaufman, restituendo la dignità pessimista originale del romanzo e scippata anche a Siegel dai produttori buonisti, è stato meraviglioso!!)… insomma non potevo chiedere di meglio…

              invasion-of-the-body-snatchers-original

              Alla fine il film è stato un flop (ca**o, ma chiamarlo anche “Terrore dalla sesta luna“… schifo!), ma io continuo a mantenerne un ricordo lieto, vuoi per il ritmo comunque sostenuto, vuoi per un ottimo cast, insomma… io perdono a questa pellicola di essersi praticamente seduta a guardare le cose che accadevano, senza approfondire un po’ la storia e con un finale che appare incollato solo per far fare “wow” allo spettatore… ma tant’è… ci sono gli alieni, ci sono i parassiti, c’è Sutherland… ed è tratto da Heinlein… come si fa non guardarlo?

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              • Ma quanto possiamo condividere???? Dovremmo farci una serata al bar 😀 non sapevo che puppet fosse addirittura precedente agli body snatcher, e da qui dovro’ ripartire per rivedere tutte le mie teorie….il film pero’ l ho trovato veramente deboluccio….ci sono buchi neri di sceneggiatura ed ingenuita plurime che non me lo hanno fatto entrare nel palmares dei miei pupilli. Su donald invece siamo assolutamente d accordo… L urlo finale di terrore dallo spazio profondo me lo sogno ancora la notte….. Tutto il film lo ricordi soprattutto per quella scena li…che ci starebbe un kasa shot grande una casa…anzi una kasa 😉 😉

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  4. Bell’articolo e bella rubrica kasa!
    I 6 gradi di separazione sono un argomento che mi incuriosisce da sempre, e tu sapendo farlo tuo mi hai fatto scoprire anche tante piccole cosine che non sapevo…Mi sono acculturata un po’ sì, bellissimo vederti citare tanti bei filmoni come Battle Royale che ho adorato! E citare pure tanti bei pasticci come The green hornet, che vabbè è meglio non parlarne!
    E il volo del calabrone…Bè chi non lo conosce! Fortunatamente studiando batteria non mi ci sono mai potuta cimentare hehehe, ma lei è un mito!

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    • Scusa se non ti ho risposto subito, ma appena ho letto che sei una batterista, ho mollato tutto e sono corso sul tuo blog a cercare se ci fosse (ovvio che ci fosse, dai) una tua recensione su “Whiplash”… e c’era eccome!!!

      Ora torno qui, per ringraziarti di cuore delle bellissime parole: sei davvero una blogger “tosta” ed il fatto che mi segui mi rende molto felice… sono cibo per la propria autostima!!
      La Wang… come dice LupoCattivo nel suo commento, la Wanga spacca!

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      • Caro Kasa hai pensato bene visto? Non potevo di certo farmelo scappare e volevo provare a spiegare alcuni dettagli che potevano essere sfuggiti!
        Ma tornando a noi e alle tue trovate originali, come possiamo noi affamati di sapere non venir catturati ed impigliarci nella tua rete diabolica? Come possiamo non seguirti?

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        • Si! Ti faccio prigioniera e poi ti abbatto con la mia logorrea ed il mondo sarà mio… ah, ah, ah, (risata diabolica, mentre tu sei legata con le corde ad un tavolo ma stai per liberarti… insomma un classico ed io sembro più Kronk che uno scienziato pazzo…)

          Bando alle ciance… come dicevo nel commento sopra, a Lupo, ad un certo della serata di ieri sono voluto andare a trovare un mio carissimo amico, che di giorno lavora a Bologna in questura, nell’ufficio immigrazione & visti, mentre di sera fa parte di un gruppo post-punk neo-romantic qualcos’altro, che fa il batterista… e quando gli ho parlato di “Whiplash”, lui ha ripetuto (con molta meno capacità oratoria della tua) osservazioni simili e poi mi ha mostrato sulla batteria cosa significasse tutti quei battiti al minuto… impressionante…
          Ero là, ignorante di musica, ma armato con il tuo post, una corazza di intelligenza e passione che hai trasferito in me con le tue capacità… fighissimo!!
          Non voglio che tu pensi male perché ti elogio, ma porco boia scrivi davvero bene ed ogni volta mi regali qualcosa… bellissimo!
          Ora che ci penso, questo dovevo scriverlo sul tuo blog, ma sono certo che ne avrò occasione, anzi, tante occasioni!!

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          • No guarda, io preferisco i post lunghi e argomentati per bene a quelli secchi secchi, con quattro informazioni messe in croce!
            Ti ringrazio ancora per la valanga di complimenti, letti qui o nel mio blog fa poca differenza! 🙂
            Buona giornata Kasa e a presto!

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  5. Kill Bill Vol. 1 è uno dei miei film preferiti. Di quella perla, la scena che mi è piaciuta di più è proprio la lunghissima sequenza di combattimento dentro la “House of Blue Leaves”, e soprattutto il suo finale – capolavoro, il duello sotto la neve. Di conseguenza, puoi immaginare con quanto piacere io abbia letto il tuo post.
    Mi piacque molto di meno invece Kill Bill Vol. 2. A parte poche scene cult, come l’uscita dalla tomba o il duello con Elle Driver, l’ho trovato molto più piatto e lento rispetto al Vol. 1. Fossi stato in Quentin, l’avrei drasticamente accorciato e fuso con il Vol. 1: come ha ammesso lo stesso Tarantino, oltre all’opera ne avrebbe giovato anche la Thurman, che probabilmente avrebbe vinto l’Oscar (fonte: http://trovacinema.repubblica.it/news/dettaglio/tarantino-se-kill-bill-non-fosse-stato-diviso-uma-thurman-avrebbe-vinto-loscar/276283).
    Tra l’altro, hai notato che molti cinefili (me compreso) tendono a chiamare Tarantino con il suo nome di battesimo? Ormai ci siamo affezionati così tanto a lui e al suo cinema che lo consideriamo tutti un amico di famiglia, e quindi ci viene spontaneo prenderci questa piccola confidenza. Onore che è stato riservato a pochissimi altri registi, come Woody.

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    • Grazie ovviamente dei complimenti, duca e ti dico subito che mi hai colpito con l’osservazione di come venga spontaneo chiamare Tarantino con il suo nome di battesimo ed è verissimo il parallelo di notorietà e di affetto che si prova per lui come per Allen!!
      Ogni volta ti nostri capace di un pensiero laterale splendido… godo sapendo di essere tuo amico di penna!
      La scena che hai messo nei “preferiti” di “Kill Bill Vol. 1” la sottoscrivo, anche perché là la voglia di citazione ed omaggio diventa vero amore, con O-Ren_Ishii (mai Lucy Liu sarà così bella ed intensa) che combatte sulla neve candida e cristallina, con il Kimono cerimoniale che fu di Meiko Kaji nel commovente ruolo di Yuki Kashima in “Lady Snowblood”… una meraviglia, con montaggio zen… ah, che momenti di cinema… con quel taglio di inquadratura nei visi che ritroviamo solo nei grandi western italiani… stupendo!
      Sarò controcorrente, Wwayne e forse un po’ bigotto, ma ho molto apprezzato l’elemento materno presente in Kill Bill Volume 2 ed il fatto che contenga quell’elemento catartico di vendetta riparatrice e penso che un po’ tutto il secondo film sia davvero come il secondo tempo di un film d’azione giapponese, dove la riflessione (l’allenamento con Pai Mei, la decadenza dei membri della squad, lo stesso Bill, il tenutario del bordello nella provincia del mondo…) sostituisce l’azione, andando anche contro il normale andamento di un film occidentale (ritmo inverso, per il quale in USA sul finale ci scappa spesso un inseguimento anche se stanno girando una commedia…).
      Ora ti lascio che sto leggendo un post di Wwayne… e come mi piace fare tra di noi ti lascio con la bellissima canzone di Meiko Kaji “Shura No Hana” proprio della scena che tanto è piaciuta ad entrambi e che, raccontavo a Lupo, mi stavo comprando in cd su YesAsia…

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      • Bellissimo omaggio musicale! Tra l’altro le tue osservazioni sul cinema orientale mi hanno molto incuriosito, perché è uno dei settori della settima arte nei quali sono ignorante quanto una capra: hai qualche titolo da suggerirmi per colmare la lacuna?

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        • Sei pazzo Wwayne… non sai cosa stai rischiando… pensa di andare da un complottista e chiedergli cosa ne pensa dell’assassinio di Kenendy… ecco, puoi avere un’idea di cosa hai fatto chiedendo a me sul cinema orientale! Scateni il mostro che è in me… citando una scena classica, presente in almeno un milione di film americani che abbiamo visto entrambi, immaginami sdraiato a terra, dolorante che ti urlo “Scappa, Wwayne, scappa finché sei in tempo… mi sto trasformando in qualcosa che non posso controllare e so che ti farò del male…“…

          Scherzo ovviamente e sarà un piacere chiacchierarne .. prossimamente su questi schermi, anche perché il cinema giapponese classico, su cui s’innesta quello contemporaneo (a volte anche in antitesi, ma proprio perché esiste una legge paterna il figlio può ribellarsi…) ha un legame fortissimo con l’epica del western dell’epoca d’oro e sono proprio le differenze tra il senso dell’onore ed il riconoscimento sociale delle due culture di frontiera, tra il cowboy solitario ed il samurai/ronin, che forniscono una splendida bussola per orizzontarci…
          Sarò onorato di parlarne con e!

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  6. leggere questo post è stata un’esperienza onirica.
    Mi sentivo come Matthew McConaughey nel tesseratto di Interstellar ma anzichè guardare la stanza di Murph a me è stato dato il privilegio di sbirciare dentro le meningi di Kasabake, rubare qualche collegametno, scoprire qualche trucco, ammirare tanta forbita ma sempre umile conoscenza.
    Metto quindi in tasca tanto ben di dio e cerco di sfruttarlo in qualche modo.
    Per se con questo mirabile post Kasa parla di sei gradi di separazione, allora io voglio giocare un po’ e al contempo cambiare un po’ le carte in tavola con i “sei gradi di congiunzine”.

    Parto dunque da dove kasa si è fermato – Kill Bill – per girare qua e là e tornare poi esattamente da dove siamo partiti.

    Uno dei personaggi più intriganti di Kill Bill è senz’ombra di dubbio Hattori Hanzo, il forgiatore di spade. Di sicuro Kasabake potrebbe scrivere una monografia sulle katane e sulla riproposizione letteraria, fumettistica e cinematografica. Io, molto più banalmente e infantilmente, quando vedo una katana non posso non pensare alla mitica Zantetsu-ken di Goemon, il fido compare di Lupin III nella serie tv animata omonima, che vedevo sempre da bambino. Zantetsu-ken taglia qualunque cosa, anche il ferro, ed è mirabilmente usata dal suo proprietario, proprio come la spada che Hanzo forgerà appositamente per Beatrix Kiddo.

    Lupin III è quindi il mio secondo grado di congiunzione. E’ un cartone double-face: celando più chiavi di lettura è fruibile con pari piacere sia dai bambini che dia grandi. Non nego che tutt’oggi, quando incontro una puntata in tv fatico a cambiare a canale. Delle tante puntate una mi rimase sempre stampata in mente: l’episodio in cui Lupin vuole rubare la Monnalisa alias La gioconda. In questa puntata Lupin farà una triste scoperta: il direttore del Louvre si è esercitato per decenni fino a diventare capace di riprodurre copie perfette ed indistinguibili dall’originale di Leonardo. Ormai il magazzino del museo è pieno di fedeli riproduzioni della Gioconda, ce ne sono centinaia e nessuno può distinguere quale sia l’originale. Trovo sempre molto profonda e attuale questa tematica, che forse non volendo ha risvolti anche filosofici, estetici e sociologici. Ci si potrebbe scrivere un libro, e non scherzo. Pertanto, lLa Gioconda di Leonardo e la sua bulimica riproduzione in ogni dove è quindi il mio terzo grado di congiunzione.

    Il salto al quarto anello dei miei 6 gradi di congiunzione è quindi semplice, quasi banale oserei dire. Negli anni 30 Walter Benjamin pubblicò un saggio di grande impatto e dall’attualità sempre rinnovata: L’opera d’arte nell’epoca della sua riprooducibilità tecnica. La sua riflessione partiva da una constatazione molto semplice, forse non molto comprensibile per noi cresciuti nel mondo moderno, ma assolutamente chiara a chi viveva in quegli anni. Fino ad allora infatti la fruizione dell’opera d’arte era limitata nel tempo nello spazio e nelle occasioni. Se volevi vedere la gioconda dovevi andare a Parigi, Louvre. Punto. Se volevi vedere la Pietà di Michelangelo dovevi andare in San Pietro, Roma. Punto. Se volevi guardare la reggia di Caserta, dovevi andare a Caserta. Punto. Con la diffusione della stampa, però, il discorso cambiava. Le possibilità di ammirare un’opera d arte crescevano esponenzialmente: il tempo e lo spazio non erano più un limite invalicabile.
    Benjamin si chiese dunque per primo cosa comportasse ciò per l’elemento artistico: il fatto che un’opera d’arte perdesse, de facto, l’unicità e l’irripetibilità che la rendevano così attraente, comportava uno svilimento dell’opera d’arte stessa?
    NOn vi annoio oltre, anche perchè qui si potrebbe scrivere un’intera enciclopedia di pensieri e riflessioni. Datevi da soli la risposta, anche perchè la fruizione dell’opera d’arte è un elemento singolare e personale e quello si irriproducibile.

    Con un balzo abbasstanza breve passo quindi al mio quinto grado di congiunzione, che forse avrete già intuito: Umberto Eco e il suo libello “Apocalittici e integrati”. In questo saggio, il semiologo italiano cerca di dirimere l’annoso dibattito figlio in parte del pensiero di Benjamin illustrato sopra: la cultura di massa è positiva o negativa? Se vi interessa l’argomento sappiate che su internet trovate centinaia di articoli al riguardo. Se invece volete solo un’infarinata vi sarà sufficiente la pagina wikipedia dedicata al saggio di Eco.
    Il punto focale è che, alla fine, secondo me Eco non dà volutamente una risposta deifnitiva, rintracciando nella cultura di massa sia elementi negativi che positivi egli la riconduce allo stesso livello di tutti gli altri fenomeni sociali umani e nel fare questo – consapevolmente – la sdogana in quegli ambienti intellettuaoidi dove sempre era stata vista di cattivo gusto. Ma soprattutto ci fa capire che è inutile e sbagliato confrontarla con la cultura più nobile e alta, quella elitaria dominante fino all’800. I due fenomeni coesistono e anzichè metterli in contrapposizione è più corretto trovare punti d’incontro e di sinergia. Tanto per capirci: ricordo un articolo del saggio dove Eco nobilitava con dotta profusione di parole la SERIALITA’ letteraria e televisiva in quanto anch’essa forma di espressione artistica, forse meno originale di altre ma comunque meritevole di attenzione e di interesse.

    Ne abbiamo fatta di strada: siam partiti da Kill Bill e siamo arrivati fino a Eco. Ed ora, con un unico balzo, come facciamo a tornare a Quentin e al suo Kill Bill? In realtà trattasi di un uovo di colombo e se ci pensate bene la risposta la trovate da soli.

    Ci state pensando?

    Ci state ANCORA pensando?

    Eddai….

    Se qualche anno fa aveste visto un documentario prodotto da SKY, firmato (mi pare) da Gianni Canova e dal titolo “the inglorious italians” (o qualcosa del genere) forse vi sarebbe tutto più chiaro.
    In questo documentario veniva mostrato come tutto il cinema di Tarantino fosse una gigantesca opera di collage, collage di tutto: nomi, titoli, personaggi, scene, situazioni. Il tutto poi viene amalgamato con il mood tipicalmene e originalmente PULP made in tarantino. Tagliuzzare, copiare ed incollare non è però attivià minoritaria, nè meno nobile, è semplicemente una diversa declinazione della fantasia e dell’originalità che con Tarantino ha forse raggiunto il suo massimo splendore. E le sue opere – tra cui Kill Bill, che io considero il fuo film migliore – sono una delle massime espressioni di quella cultura di massa così divinamente tratteggiati da Eco nel suo Apocalittici ed integrati.

    Ecco dunque svelato il mio sesto grado di congiunzione: da Quentin siamo partitie e a Quentin siamo tornati.

    PS: ora cliccherò sul tasto “commenta” senza rileggerà alcunchè, perchè altrimenti rischierei di fare ulteriori aggiunti e entrare nel guinnes dei primati per il comento più lungo di sempre. Chiedo quindi scuse anticipate per sgrammaticature, refusi e non-sense.

    alla prossima, Kasa.

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    • Commento favoloso. Mi permetto di fare un’aggiunta su Lupin III: tra i punti di forza di quel cartone non c’erano soltanto le trame multi – level (comprensibili anche per i bambini, ma in modo più profondo per gli adulti), ma anche i personaggi. Tu hai citato Goemon, ma il mio preferito è sempre stato Jigen: lui è l’amico perfetto, quello che prende a cuore i tuoi problemi come se fossero i suoi, ti dà sempre i consigli giusti e non ha alcun problema a criticarti quando vede che stai sbagliando. Purtroppo però Lupin non dà mai retta al suo amico quando lui gli consiglia di lasciar perdere Fujiko: anche qui un tema profondissimo toccato dalla serie, quello dell’amore che ti rende stupido e incapace di cogliere le cose più ovvie.
      Ovviamente un altro grande personaggio è Zenigata. Forse è il personaggio più tragico della serie, perché, come Ginko per Diabolik, è costretto ad un inseguimento continuo e sempre infruttuoso. Lui però lo porta avanti senza mai venir meno al proprio dovere, consapevole del fatto che l’onestà e il rispetto della legge sono valori che vanno difesi ad ogni costo: questo incrollabile attaccamento ai propri valori lo rende uno dei personaggi non solo più tragici, ma anche più nobili del cartone.
      In mezzo a tutti questi personaggi favolosi il più piatto è quello di Fujiko: tanto piatta psicologicamente, quanto giunonica fisicamente. Forse è un contrasto voluto.

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      • Che spunti interessanti!!!!!
        Su JIGEN sono assolutamente d’accordo, non avrei potuto scrivere di più o di meglio a quanto hai detto tu.
        Un altro spunto interessante è quello del topos guardia-ladro.
        Sono due elementi complementari quello del poliziotto e del ladro, perchè senza l’uno l’altro non ha senso e viceversa. Non è solo una sfida a chi sia più bravo, è più una ricerca perpetua di quell’equilibrio difficile da raggiungibile ma indispensabile per la rispettiva sopravvivenza.
        La cinematografia ha sfruttato a man bassa questo topos e, a mio parere, la traduzione più interessante l’ha data Spielberg col suo PROVA A PRENDERMI, divertente e brillante pellicola che mostra come mai prima d’ora la complementarità tra le due figure.
        In maniera più tragica il confronto lo rivediamo anche sul capolavoro HEAT, ma qui è molto più marcata la prospettiva della SFIDA tra il poliziotto (AL PACINO) e il ladro (DE NIRO), come per altro si evince già dal titolo.

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        • I miei film preferiti sono quelli in cui i ruoli si confondono, perché chi in teoria dovrebbe essere guardia (il poliziotto) poi nella pratica si fa corrompere e quindi diventa ladro. Un film che abbiamo commentato di recente, Pride and Glory, è un ottimo esempio, anche migliore di altri titoli più celebrati come The Departed.
          Altri ottimi film con guardie che diventano ladri sono:

          Cop Land
          Freelancers
          Hard Rush
          La notte non aspetta
          Sin City

          Quest’ultimo forse è quello in cui questo topos viene portato all’estremo, perché a Sin City TUTTI i poliziotti sono corrotti, e infatti Hartigan paga a caro prezzo il fatto di essere l’uno pulito in un ambiente per il resto completamente marcio.
          Per un elenco più completa dei “dirty cop movies”, ti rimando a questa lista di imdb: http://www.imdb.com/list/ls050549896/.

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          • Tra i film che citi mi mancano:

            – Freelancers mi manca e, ti confesso, la pessima valutazione su imdb (4.6) un po’ mi spaventa. Tuttavia i tuoi consigli si sono sempre rivelati azzeccati anche quanto tutto sembrava remare contro. Ergo, gli darò una chance.
            hard Rush

            – Stesso discorso con Hard Rush, che però non ha al suo arco nemmeno la freccia DENIRO, ma solo quella più scialba LUNDGREN. Tuttavia vale lo stesso discrso che ti ho fatto per freelancers: lo vedrò.

            Ti farò sapere.

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  7. Penso che il gradino più alto di una presunzione schifosa sia autocitarsi, perché è un po’ come se un uomo accusato di un delitto chiamasse come testimone se stesso per accreditare la sua versione: “Vostro onore, sto dicendo la verità per confermarlo chiamo sul banco dei testimoni me stesso… stai dicendo la verità? Si, lo giuro”.
    Fantastico. Io sto per fare la stessa cosa e cito me stesso, dal mio post sopra: “[…] un gioco intellettuale, in cui ci misureremo a trovare collegamenti reali tra varie persone, avvenimenti, situazioni o altro ancora, che finiranno (si spera) per comunicarci un valore aggiunto, sia esso una considerazione concreta ed importante oppure solo una fascinazione emotiva, effimera o impalpabile […]”.
    A giudicare dai commenti arrivati sino ad ora, direi che il gioco è partito e decisamente con player di altissimo livello!
    Dopo una carambola di commenti di alcuni tra i miei opinion leader preferiti e tra i blogger più intelligenti in circolazione in senso assoluto (perché si sappia, parlo del geniale e profondo Zack, dell’eclettico Butcher, di sua maestà lupokattivo e della grandissima e stimatissima doppiaW), che si sono adoperati in lodi sperticate nei miei confronti, adesso, con l’intervento di Lapinsù, il gioco è letteralmente decollato verso nuove frontiere!

    Stiamo parlando tra l’altro di un blogger che normalmente tutti sono abituati a conoscere quasi solo per i suoi post irriverenti, ironici, magari sentimentali, ma sempre corrosivi verso i falsi idoli e qui rivela la sua anima umanistica che, a discapito dalla disciplina informatica e professionale, basa la sua ontologia sulla dialettica filosofica.

    A ruota, l’enciclopedico e generossimo Wwayne ha allungato ancora di più i rami già lontani del discorso di Lapinsù, introducendo la figura di Lupin III e portando riflessioni sul furto, sulle spade e sull’amicizia, con la sua abituale mano leggera che disegna arpeggi culturali multidisciplinari.

    Ora il gioco ha preso una vita, che magari si spegnerà a breve sul mio blog, ma che mi ha personalmente donato minuti di pura delizia, come quando apri il forno e tiri fuori i biscotti di pastafrolla che, prima di cuocerli, hai delicatamente inzuppato nella bagna di anice puro e poi rotolati sullo zucchero vanigliato, in modo da farli poi in cottura dorare di una patina sublime di profumi e sapori.

    Questi commenti sono il secondo motivo per cui sono su WordPress, mentre il primo resta leggere ogni vostro post.

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    • Non so il motivo preciso (forse quel “falsi idoli” a metà periodo) ma mentre leggevo questo passo del tuo commento

      Stiamo parlando tra l’altro di un blogger che normalmente tutti sono abituati a conoscere quasi solo per i suoi post irriverenti, ironici, magari sentimentali, ma sempre corrosivi verso i falsi idoli e qui rivela la sua anima umanistica che, a discapito dalla disciplina informatica e professionale, basa la sua ontologia sulla dialettica filosofica.

      ho immaginato per tutto il tempo che a declamarlo fosse la voce metalicca di Bane dal microfono di uno stadio di fronte ad un’attonita platea.
      Non chiedermi il perchè preciso, però, perchè non saprei dirtelo.
      In fondo è Pindaro che ci frega…

      E quindi, sempre con la metallica voce del nostro villain mascherato, diciamo

      che il gioco abbia inizio

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  8. Bene, finalmente abbiamo scoperto il segreto di Kasabake. È questo il metodo che usi per scrivere i tuoi post, per creare i tuoi percorsi, il tuo filo rosso, che collega tutte le tue conoscenze, cinematografiche e non, creando una connessione magica in cui è meraviglioso perdersi. Un articolo straordinario, perché parla di Tarantino, di Kill bill, di Oriente ed Occidente, di cinema e cultura, di supereroi e di musica. E tutto si collega acquistando un senso diverso. Una rubrica pazzesca, difficile da scrivere, ma interessantissima e realizzata da un appassionato in grado di seguire sempre il suo filo rosso, magari cambiando strada più volte, fermandosi ad ogni incrocio, ma senza mai perdere la via.
    Complimenti!

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  10. Pingback: 6 Degrees – The Stronger Sex, Part. 1 | kasabake

    • A parte che ho riso era la tua ennesima battuta molto pop di cui sei maestra (i sei gradi di svenimento) che mi fa pensare sempre a te come ad una blogger statunitense e poi fornisci anche spigolature a me ignote, come questa di LinkedIn di cui non sapevo assolutamente nulla…
      Grazie per aver recuperato dalla soffitta polverosa questo mio vecchio post!!

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        • Equivoco: quando scrivo che penso a te “come ad una blogger statunitense” non mi riferisco ad una specifica in modo particolare ma voglio dire che quando ti leggo penso che tu potresti passare (per lo stile, la cadenza, l’ironia pop non smaccata e l’assenza della pesantezza morale borghese) per una blogger statunitense, dove per “una” sta per “una qualsiasi” non identificata e non una in particolare…
          Forse anche questa tua domanda ti fa sembrare un po’… americana (naïf e diretta).

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          • Su WordPress puoi essere un follower non soltanto di altri bloggers, ma anche di alcune tag. Ad esempio, se diventi un follower del tag “Batman” da quel momento in poi ogni volta che qualcuno (anche un blogger che non segui) pubblica un post con quel tag WordPress ti manderà una notifica.
            Fino a qualche anno fa questo meccanismo coinvolgeva i blog di tutto il mondo: per riprendere l’esempio di prima, se in Thailandia qualcuno pubblicava un post mettendo il tag “Batman” WordPress te lo segnalava immediatamente. Poi da qualche anno WordPress ha ristretto notevolmente il campo: adesso ti segnala soltanto i post pubblicati nel tuo stesso paese, quelli pubblicati all’estero di fatto risultano oscurati.
            Questo per me è stato un grave danno, perché non posso più leggere (appunto) i blogger statunitensi. Ed è un vero peccato, perché alcuni argomenti (come i fumetti di supereroi o la NBA) li trattavano solo loro, e quindi WordPress innalzando un muro di Berlino tra me e quei bloggers mi impedisce di informarmi con facilità su quegli argomenti. Certo, potrei rivolgermi ad altri blog al di fuori di WordPress, ma con le altre piattaforme non ho la stessa dimestichezza, e quindi preferisco lasciar perdere.
            Inoltre, per me era piacevole non soltanto leggere quei blog, ma anche interagire con chi li gestiva, commentando i fumetti che leggevamo o facendo delle previsioni su come sarebbero andati i playoff della NBA. Era una rete di amicizie virtuali che attraversava tutto il mondo, e che WordPress ha troncato senza alcun motivo.
            Questo non è neanche lo sgarbo più grave che io abbia ricevuto dai gestori di WordPress in 16 anni che sto qua, e infatti in passato ho seriamente considerato l’idea di mandarli a fanculo. Alla fine non l’ho fatto, perché grazie ai bloggers di WordPress scopro continuamente tanti splendidi libri, film e serie tv, che senza di loro non sarebbero mai passati sotto i miei occhi. Inoltre, io stesso stando su questa piattaforma ho l’opportunità di far conoscere dei prodotti di nicchia che senza il mio blog avrebbero ancora meno visibilità.
            Di norma i miei post totalizzano dalle 300 alle 1.000 visualizzazioni. Di conseguenza, non è che io possa garantire a quei prodotti di nicchia chissà quale boom di popolarità. Anche perché di quelle centinaia di persone che leggono il mio post probabilmente soltanto una poi andrà effettivamente a comprare il libro o vedere il film che ho consigliato. Ma magari quell’unica persona poi la consiglierà a sua volta ai suoi amici e parenti, e così si innescherà un passaparola che senza il mio post non sarebbe mai partito. Per questo motivo considero il fatto di portare avanti il mio blog non soltanto come un piacere, ma anche come una responsabilità, e cercherò di tenere fede a quest’impegno nonostante vari fattori (le carognate di WordPress, i miei impegni, la mia scarsa ispirazione) mi facciano venire la tentazione di fare l’esatto contrario.

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