The Gathering Vol. 18: Countdown – 1, Side B, Bagni Penali

Suddenly, this Summer…


Titolo-Capitoli

In-Piscina

Non sono morto, ma solo scomparso. K”, declamò l’ottanquattrenne attore londinese, leader carismatico della vecchia e della nuova SAG, scandendo in modo enfatico le poche parole scritte a mano, scarabocchiate in fretta, con una penna a sfera dall’inchiostro blu.
E questo è tutto.” Concluse mestamente Michael Caine.
Dopo settimane di silenzio assoluto, il nostro Kasabake ci ha lasciato solo questa frase, lasciata per noi sul tovagliolo di carta di uno dei pub gestiti dalla SAG”, commentò poi, parlando a solo beneficio del suo unico vicino di panchina, un altro straordinario ed attempato interprete britannico, di pochissimi anni più giovane, ma dal volto maggiormente segnato da significative rughe di vecchiaia e di espressione, che da molto tempo, oramai, avevano reso il suo volto un’icona di fascino e mistero, specie al cinema, nei ruoli di Magneto e Gandalf e per ultimo persino in quello di Sherlock Holmes.
Ian, mi hai sentito?”, chiese Caine, mentre intanto si passava stancamente la mano sui peli bagnati del suo torace nudo, seduto sugli spalti costruiti attorno alla più grande delle due piscine coperte dell’affascinante struttura sportiva londinese di Ironmonger Row Baths, nel distretto di St Luke, vicino ad Old Street, ad Islington, nata da un intelligente ristrutturazione di un vecchio bagno turco degli anni 30, del quale mantiene ancora il fascino esotico, abbinato alla praticità di attrezzature da modernissima ed elegante SPA.
Guarda, Michael… Si sta per tuffare di nuovo!” disse in tutta risposta un divertito Ian McKellen, mentre fissava con sguardo rapito uno degli atleti della nazionale olimpica inglese, che si stava sistemando nell’inguine l’elastico dello stretto costume, in procinto di tuffarsi in una delle corsie laterali, riservate alla squadra per gli allenamenti.
Tutti questi giovani, praticamente nudi, tranne per quel pezzettino di stoffa elasticizzata, che non solo non nasconde davvero i loro attributi, ma anzi li sottolinea!” continuò McKellen, parlando al vuoto, senza mai distogliere lo sguardo dal suo spettacolo. “E quei muscoli affusolati e nerboruti in bella vista, luccicanti per il riflesso della luce sull’acqua che si asciuga in rivoli, che corrono dolcemente dall’addome alle cosce…
Poi, girandosi finalmente verso il suo amico, concluse con un ampio sorriso, diabolicamente ironico e sarcastico: “Non è tutto così orgogliosamente gay?
Immagino che lo sia, Ian… Non sono un esperto e trovo anche tedioso questo tuo patetico tentativo di scandalizzarmi ogni volta…” commentò svogliatamente Caine.
Piuttosto, immagino che tu non abbia sentito nulla di ciò che ho detto prima, vero?
Si, invece. Ho sentito tutto: Kasabake non è morto: buon per lui…
Noto che ne sei profondamente toccato…” ribattè ironico Caine. “Ma ciò che lui ha deciso di fare, il suo agire sotto copertura intendo, il suo voler a tutti i costi sedere così vicino al maligno… beh, è molto rischioso, lo capisci?
Rischioso? Cosa sai tu di rischioso?” rise MacKellen, imitando in modo istrionico la cadenza di un improbabile e goffo Yoda di Star Wars.
Caine divenne di colpo fosco in viso, come se il fantasma dell’angoscia gli fosse venuto a tirare via le lenzuola dai piedi: “Sono preoccupato, Ian… l’assenza di Kasabake dal blog non è mai stata così lunga… In queste settimane sono usciti articoli di molti suoi colleghi che un tempo lui sarebbe corso a commentare, come quelli di PizzaDog e Butcher su Wonder Woman, per non parlare della sua amatissima regina vodoo Trilce, emersa dalla sua dimensione alternativa per diffondere decine di poesie ai suoi adepti ed ancora Sarino e Liza e Wwayne e Lapinsu… Pensa che Gianni Gregoroni gli ha persino scritto privatamente via mail e Kasabake non gli ha nemmeno risposto!…
Cosa stai facendo, Michael?” chiese di colpo il vecchio amico, stringendolo per un braccio e scuotendolo come si farebbe con chi in quel momento è presente solo fisicamente, ma non in spirito. “Ti stai sostituendo a Kasabake nel chiedere scusa ai blogger suoi amici per non essere riuscito a commentare i loro post? Cosa hai mangiato o peggio bevuto a colazione questa mattina? Era forse il giorno di riposo della tua infermiera?
Cosa? Quale infermiera?” Chiese singhiozzando Caine, mentre girava la testa dall’altro lato ed assieme coprendosi goffamente gli occhi, a coprire le lacrime che d’improvviso avevano preso a corrergli lungo le gote: “Io non ho un’infermiera… anche se forse dovrei… Scusami, Ian… non so cosa mi stia capitando… In genere ho sempre un perfetto controllo della situazione e riesco a mantenere un certo distacco dalle difficoltà del mio ruolo, ma adesso, non so, è come se tutto stia precipitando… non riesco a controllarmi… non so nemmeno se avrò la forza di arrivare fino in fondo…
Detto questo, si mise il volto tra le mani ossute, nascondendo un attacco irrefrenabile di commozione, nemmeno fosse un adolescente in crisi affettiva.
Beh, vecchio mio…” disse McKellen con tono paternalistico e cercando di abbracciare il suo compagno di lavoro e di piscina, “siamo qui, senza vestiti addosso, con solo due miseri asciugamani colorati a coprire quel poco che resta dei nostri corpi anziani, bagnati di cloro e di sudore, mentre guardiamo i bellissimi e vigorosi atleti della nazionale di nuoto libero inglese che si stanno allenando… direi che tutto è ancora possibile…
Quegli atleti li starai forse guardando tu…”, rispose il capo della SAG, con tono di voce ora più controllato e rimettendosi in posizione eretta, dopo aver tirato su con il naso, per liberarsi dal muco scioltosi con le lacrime.
Riacquistata poi la sua proverbiale compostezza, Caine affinò lo sguardo verso l’orizzonte, cercando di mettere a fuoco un pensiero e non un’immagine e disse: “Quando io e te siamo scesi nelle catacombe di Parigi scoperte da Lapinsu e Wwayne, prima che fossero incarcerati, lo sai… alla ricerca di quei corridoi da incubo dove il perfido Ezekiel stava costruendo il suo Inferno geneticamente modificato… ebbene, non pensavo che avrei trovato davvero le tracce di quei mostri orribili, quella specie di giganti a quattro braccia e due teste…
Certo, hai ragione amico mio, ma soprattutto nessuno pensava che avremmo trovato le tracce del tradimento di Anthony…” lo interruppe Ian, anch’egli ritornato seduto compostamente. “Personalmente ho sempre pensato che il titolo di baronetto fosse dispensato oramai da secoli anche a persone assolutamente indegne, ma ugualmente non avrei mai creduto che un attore del calibro di Sir Anthony Hopkins si sarebbe potuto alleare con Ezekiel!
Ian McKellen scandì quel nome con lo stesso accento che aveva usato nell’adattamento cinematografico dell’opera di Tolkien, quando si era rivolto a Sauron.
Che ignominia!” sibilò con disprezzo.

Effettivamente, per tutti i membri della SAG, scoprire che il grande attore britannico, l’uomo che era stato un sublime maggiordomo nel capolavoro di James Ivory “The Remains of the Day” ed un indimenticabile Abraham Van Helsing nel film di Coppola, avesse deciso di unirsi alla nemesi che tutti stavano combattendo, aveva avuto dapprima il sapore ferroso e sanguinolento della delusione e del tradimento, ma poi la gelida persistenza del sentimento di sconfitta ineluttabile: nei giorni successivi alla terribile scoperta, altri artisti vennero identificati come ostili (tra questi, senza alcun grande stupore, anche Jon Voight, padre dell’ex-agente Angelina Jolie, la quale preferì allora rinunciare a qualsiasi coinvolgimento futuro).
Ancora una volta le speranze di successo avevano pericolosamente vacillato.

Quando Zack, durante la sua indagine a New York insieme a Favino, scoprì che tutta la storia dell’omicidio di TheRealTruthGiver, il presunto blogger e curatore della pagina web Truth or Toast, era in realtà un gigantesco inganno, orchestrato dallo stesso Ezekiel, ci fu un momento terribile in cui persino il nome di David Lynch fu messo in discussione: infatti, nel chronicle dal titolo “L’Inganno dei Finti Demoni: è solo scienza, baby!”, mai consegnato dal nostro eroe blogger alla SAG (facente parte di quel gruppo di manoscritti scomparsi, chiamati per l’appunto non a caso Lost Chronicles), si narra di come il cineasta e pittore del Montana si fosse prestato per realizzare filmati e scenografie da incubo proprio per una società controllata dalla JP Morgan Chase (potentissima finanziaria che sappiamo essere in pugno dello stesso Ezekiel) e che tali visioni erano state usate anche per realizzare la finta scena del crimine su cui la SAG era stata chiamata ad investigare.

Alla fine venne fuori che Lynch si era limitato a creare delle variazioni sul tema demoniaco, attirato solo dagli incredibili mezzi messigli a disposizione e concependo il tutto come un’immensa installazione artistica in progress: avvolto in una densa e lattiginosa nuvola di fumo di sigaretta, seduto sulla sua sedia preferita di legno e circondato dai barattoli di acrilico che usava per i suoi dipinti più materici, Lynch rivelò a Zack e Favino tutti i dettagli del suo lavoro, per poi semplicemente infischiarsene e tornare al suo vecchio lavoro.
Un nuovo tassello di verità era andato ad arricchire il puzzle in possesso dei nostri eroi, la SAG non aveva un nuovo nemico e non ultimo l’arte aveva ancora un suo campione all’opera.

A proposito di carcere” chiese d’un tratto McKellen a Caine, “come hanno fatto poi a sfuggire alle galere francesi quei due scoppiati di Lapinsu e Wwayne?
Un sorriso ampio e rilassato si disegnò insperabilmente sul volto di Michael: “E’ una bella storia, che proprio in queste ore il nostro fidatissimo cartografo e raccoglitore ufficiale di chronicle per la SAG, in compagnia della bellissima e coraggiosa Charlize Theron, sta consegnando di nascosto a suo fratello, insieme a tanti altri diari che si spera prima o poi vedranno la luce!
Ian guardò il suo amico con fare deluso e perplesso: “Quindi non me la puoi raccontare?
Forse, ma non ora e non qui. Comincia a farmi male il sedere a stare seduto senza vestiti su questi scranni da ginnasti… ho il bisogno impellente di lavarmi e vestirmi come una persona decente ed anche tu faresti bene a seguire il mio esempio
Ci si vede al tuo club, allora?
Al mio club, ovviamente”, rispose Michael Caine alzandosi in piedi e sistemandosi il lungo asciugamani attorno alla vita e su una spalla, a guisa di abito senatorio.
Cerca di non venire con il tuo terribile cappello da contadino irlandese, te ne prego… ho un buon nome da difendere al club…
Il mio berretto non è irlandese! Pura stoffa del Lancashire! E tu fatti trovare all’ingresso, piuttosto: l’ultima volta non volevano farmi entrare… Non mi riconoscono mai!
Non ti hanno fatto entrare proprio perché ti hanno riconosciuto, Ian: avevo dato io precise disposizioni di non essere disturbato da alcun scocciatore…”, biascicò Michael mentre già di spalle si era avviato verso gli spogliatoi della grande piscina.
Io uno scocciatore?” urlò Ian McKellen.
Sei il Re degli scocciatori, un folle e vanesio monarca di strada… comunque non ti preoccupare, sarai atteso ed accolto con tutti gli onori del tuo rango…
Resti il solito maggiordomo! Non ti libererai mai di quel ruolo, Michael!” disse sprezzante Ian, sempre ad alta voce
E chi vuole liberarsene? Lo adoro…”, quindi alzò una mano in segno di saluto, senza curarsi di vedere se alcuno l’avrebbe ricambiato.


Siccome, però, noi non siamo stati invitati (purtroppo!) al club privato di Michael Caine e non potendo di certo nemmeno restare all’oscuro della vicenda, usando i poteri conferitici dalla narrazione e dallo sfondare tutte le quarte pareti possibili, ci leggeremo ora, in versione integrale, proprio quel chronicle “scomparso” scritto dal blogger Wwayne ed avente come oggetto la sua rocambolesca fuga di prigione, in compagnia del suo sodale amico di scorribande!
Buona lettura dunque e buon divertimento!


Titolo-Chronicle

Escape-Plan

Io e Lapinsù eravamo da poco arrivati in prigione.
Ci avevano messi nella stessa cella, ma avevamo accolto la notizia in modo completamente diverso: mentre io avevo pensato che quello fosse stato un bene, perché ci aveva messo al riparo dal rischio di ritrovarci un animale come compagno di cella, Lapinsù invece era convinto che fosse stato un brutto segnale, perché se non si erano premurati nemmeno di separare due persone che si conoscevano già da prima, magari mettendoli addirittura in due ali diverse del carcere, significava che si erano sentiti assolutamente al sicuro da qualsiasi ipotesi di rivolta o di evasione.
Già, era quello infatti il suo pensiero fisso, da prima ancora che gli mettessero addosso la divisa da carcerato: trovare un modo per scappare. Per questo motivo non faceva altro che esplorare il carcere da cima a fondo, guardando in ogni direzione con sguardo apparentemente noncurante, ma in realtà analitico al massimo.
Un giorno, quando ritenne di conoscere ormai il carcere come le sue tasche, mi disse: “Andiamo in biblioteca.” Non ci trovai niente di strano: sia l’uno che l’altro ci passavamo quasi tutti i giorni, perché per due letterati come noi leggere era il modo più logico per far passare il tempo. Quel giorno però Lapinsù aveva negli occhi una luce particolare: avrà trovato un libro di Stephen King, pensai.
Appena arrivati in biblioteca, Lapinsù mi disse: “La vedi quella parete? Secondo te perché è l’unica senza libri?
Perché gli scaffali delle altre 3 pareti bastavano?” gli risposi.
Lapinsù scosse la testa, esasperato dalla mia evidente poca furbizia: “No. Perché evidentemente quella è una parete esterna e i libri non vengono addossati ad essa perché altrimenti prenderebbero troppa umidità… Ebbene, ho appena deciso che sfrutteremo quella per evadere!
Ma se non c’è neanche una finestra!
Questo è un falso problema. La biblioteca è a piano terra, quindi basta che qualcuno cominci a colpire quella parete con un ariete e il gioco è fatto.
La fai troppo facile, le pareti saranno rinforzate…
Il mio compagno di detenzione si girò verso di me, meravigliato per l’inaspettata e pertinente osservazione: “Hai ragione. Ho dato per scontato che la biblioteca fosse meno protetta rispetto ad altre aree del carcere… e questo è certamente vero, ma non significa che le pareti che la circondano siano fatte di pasta frolla! Ad ogni modo, forse non basterà un ariete, ma rimango dell’idea che sia questo il punto debole della prigione.

Quella sera Lapinsù cominciò a scrivere la lettera più importante della sua vita.
Recitava così: “Caro Jean, le mie giornate trascorrono tutte uguali l’una all’altra. Ho già trovato il mio piccolo rifugio: la biblioteca del carcere, dove passo la maggior parte del mio tempo. Non è solo la mia passione per la lettura: ci sto così tanto perché, quando mi immergo in un libro, ho la sensazione che esso sia come una porta per il mondo esterno…
La lettera proseguiva con altre amenità di nessun conto, che sicuramente Jean Reno avrà a sua volta letto senza alcuna attenzione: era abbastanza intelligente da capire quale fosse la parte importante della lettera e il messaggio sottinteso che essa recava. O almeno spero, pensò Lapinsù.
Dopo averla spedita, venne subito da me e disse: “Da questo momento in poi dobbiamo rimanere sempre nei pressi della biblioteca. Non dobbiamo stare fissi lì, perché la cosa darebbe troppo nell’occhio, ma semplicemente nei paraggi ed entrare ogni tanto, con una scusa o con un’altra…
Io non richiesi altre spiegazioni: ricordavo il discorso che gli avevo fatto a proposito di quella parete esterna e confidavo nel fatto che il mio compagno d’avventura avesse finalmente elaborato un piano… O che almeno avesse trovato qualcuno che lo avesse fatto per lui!

Dopo qualche giorno, proprio mentre eravamo entrambi in biblioteca a leggere qualcosa, sentimmo un rumore: era qualcosa di strano, come quello di un tappo che salta da una bottiglia di spumante, ma più forte, anzi moltiplicato per dieci. Mi guardai intorno spaesato, il mio compagno invece si limitò a rivolgermi un sorriso sornione: aveva già intuito che era arrivato il loro momento.
Subito dopo Lapinsu si voltò verso gli altri detenuti presenti nella biblioteca: non davano segno di essersi accorti di nulla, forse perché erano più lontani di noi rispetto alla parete.
Pochi minuti dopo, si udì un secondo colpo e poi un altro, sempre più ravvicinati e sempre più forti, finché un grosso buco dalla forma irregolare si disegnò sulla parete presidiata da noi due. Io e Lapinsu fummo i più lesti a saltarci dentro, prontamente seguiti da altri detenuti: mentre questi ultimi, però, scappavano disordinatamente in qua e in là, noi ci guardavamo intorno, cercando di individuare dove fosse il nostro salvatore. Tutto ciò che vedemmo fu… una carrozza! Facemmo spallucce e ci salimmo dentro, con la gioia di un bambino che balza in groppa al cavallino delle giostre.

Non appena recuperato un po’ di fiato, Lapinsu si sporse dal finestrino: era troppo curioso di salutare il suo amico Jean, che sicuramente stava a cassetta e li stava guidando verso la salvezza. Aveva già alzato la mano per salutarlo, quando vide che il suo amico… non c’era: a guidare la carrozza era Léa Seydoux, la stessa ragazza che aveva preso con loro l’aereo per Parigi. Lapinsu decise che non era quello il momento di chiedere spiegazioni, e si ritirò dentro la carrozza come se niente fosse.
Pochi minuti dopo, la loro guidatrice fece fermare bruscamente i cavalli e ci urlò di scendere subito. Non ce lo facemmo ripetere due volte e la seguimmo, mentre lei correva verso uno yacht.
Quando fummo già in mare aperto, Lapinsu la interrogò su come aveva fatto a farli evadere: mentre li ascoltavo, avevo la sensazione che quei due fossero un po’ come Diabolik ed Eva Kant, che a colpo concluso svelano i retroscena del loro piano… con la differenza che qui aveva fatto tutto Eva Kant!
Innanzitutto mi sono procurata una piantina della prigione e mi sono concentrata sulla biblioteca. Appena ho visto che c’era una parete esterna, ho capito subito che dovevo puntare su quella per farvi evadere. Ho fatto un sopralluogo e mi sono accorta che c’erano dei ganci che spuntavano fuori da essa: probabilmente volevano costruire una scala esterna e quei ganci servivano a reggere i pioli. Così ho deciso che avrei legato quei ganci ai cavalli della carrozza con delle corde e poi li avrei fatti partire al galoppo. E’ un vecchio trucco da film western: in quel caso, legavano i cavalli alle sbarre della prigione, ma il principio resta lo stesso…
Perché usare i cavalli e non una macchina?
Certo, avrei potuto legare i ganci al paraurti di un’auto e poi mandarla in retromarcia, ma sarebbe andato tutto a puttane: il paraurti si sarebbe staccato dall’auto, e io sarei tornata al punto di partenza. Per certe cose è meglio fare alla vecchia maniera.
E dopo cos’è successo?
Ho fatto fermare i cavalli e ho visto che per fortuna avevano fatto abbastanza danni: lo strato più esterno della parete era saltato in diversi punti. Dopo di esso c’era uno strato in metallo, che io ho fuso con la fiamma ossidrica. A quel punto era rimasto soltanto un terzo strato in mattoni e quello l’ho abbattuto con un piccolo ariete. Insomma, ho dovuto usare 3 stratagemmi in un colpo solo, ma alla fine ce l’ho fatta!
E non hai incontrato nessuna difficoltà?
E’ il bello delle prigioni costruite su un’isola: si sentono intoccabili e quindi non ritengono necessarie un sacco di precauzioni, che per gli altri penitenziari sono invece fondamentali. Niente filo spinato attorno all’edificio, poche guardie, poche telecamere… Insomma, è stato abbastanza facile.
Le guardie che fine hanno fatto?
Gli ho sparato un ago al narcotico.
Ago al narcotico… Quella donna mi ricordava sempre di più Eva Kant.

Avevo ascoltato tutto, ma senza particolare interesse: non m’interessava il passato, ma l’immediato futuro. Volevo infatti scoprire al più presto dove ci avrebbe portati la Seydoux e soprattutto come lo avrebbe fatto. Così mi avvicinai a lei e le chiesi: “Adesso che si fa?
I poliziotti non prenderanno subito il motoscafo per inseguirci, perché prima devono pensare a riacciuffare tutti i detenuti che sono passati attraverso il vostro stesso buco. Tuttavia, a breve ci saranno alle calcagna e quindi dobbiamo mollare questo yacht.
E come pensi di fare?
Tra poco ci verrà incontro una nave. Jean Reno sarà lì ad aspettarci: noi non dovremo far altro che saltarci sopra e lasciar andare avanti lo yacht senza timoniere: in questo modo la polizia lo inseguirà, e quando si accorgerà che è vuoto noi saremo già sull’aereo.
Aereo per dove?
New York. Comunque, adesso le domande le faccio io: chi di voi due ha capito che la biblioteca era il punto debole della prigione?
IO!!!” risposi subito.
Lapinsu lasciò che mi prendessi il merito: d’altronde, chi non vuol far colpo su una bella donna?


Arrivederci a tutti alle prossime puntate del nostro Gathering!!!


Come sempre, potete trovare ai seguenti link le versioni in pdf di tutti Capitoli e di tutti i Chronicle usciti fino ad oggi, raccolti in forma di romanzo:

Collegamento alla versione integrale ed aggiornata dei Capitoli:

Kasabake-The-Gathering-I-capitoli

Collegamento alla versione integrale ed aggiornata dei Chronicles:

Kasabake-The-Gathering-Chronicles


 

39 pensieri su “The Gathering Vol. 18: Countdown – 1, Side B, Bagni Penali

  1. infatti mi stavo preoccupando un pò! Da settimane la tua presenza era scivolata in una landa di assenza come si fosse catapultata verso altri universi! Sono felice che alla fine la tua navicella abbia ritrovato le coordinate per ritornare a casa 🙂 !

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  2. Non devi preoccuparti! Certo la tua mancanza si è fatta sentire molto e mi mancavano i tuoi articoli e i tuoi commenti. Sono felice di rivederti!
    Carino anche il modo con cui hai cercato di scusarti (cosa che non dovevi fare!).

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  3. No.
    Sei tornato.
    Perchè? Perchè? PERCHE’?
    Perchè non sei rimasto silente nell’ombra lasciandomi libero dal tuo magnetico eloquio? PERCHE’?

    Vivevo così bene fino a stamattina…. accedevo poco a wordpress, commentavo anche meno e soprattutto le mie meningi non erano continuamente stimolate a concupire fantasie cinefile, narrative e linguistiche stimolate dalla magia delle tue parole scritte nei commenti e nei post.
    Avevo ritrovato più tempo per la famiglia e anche per me.
    Figurati che mi ero anche iscritto in palestra ed avevo perso 2 chili. DUECHILICAZZO. E ora li riprenderò mentre sgranocchio le formaggiose durante la lettura dei tuoi post…
    Sei una droga, Kasabake. Una droga pessima e meravigliosa….
    ____________________

    Entrando nel merito faccio due osservazioni:
    La tua messinscena del dialogo tra Caine e McKellen è una delle cose più belle che tu abbia mai scritto, forse la migliore che mi sia mai capitato di leggere qui su wordpress: sempre in bilico tra il serio e il faceto, con quella vena aulica e snob ma anche umoristica che fa tanto british style. Una cosa divina. L’ho riletta 4 volte, mannaggia a te… mentre sarei dovuto stare a sgobbare sul tapis roulant…
    E mentre la leggevo avevo come un deja-vu e alla fine ho capito: sembrava di assistere al dialogo di uno Sherlock e di uno Watson attempati e caustici, tuttavia ancora brillanti e geniali. E mentre capivo ho formulato un pensiero: cosa potrebbe essere un film su Sherlock Holmes interpretato da questi due titani?
    L’unica cosa difficile sarebbe decidere chi interpreta Sherlock e chi interpreta Watson (il fatto che entrambi abbiano già interpretato il primo rende ancora più ardua la scelta). Il plot sarebbe irrivelante: per quel che mi riguarda il film potrebbe essere ambientato interamente al 221b di Baker Street con loro due a fumare pipa e discutere amabilmente seduti in poltrona. Una roba da fare pure a teatro…
    Diosantissimo cosa sarebbe…. ho l’acquolina in bocca al sol pensiero…

    La seconda osservazione è per il pezzo di Wayne (che invero avevo avuto la fortuna di leggere in anteprima) pervaso di un’ironia asciutta che mi ha stregato. E poi mi ha descritto figo in maniera assurda, talmente figo da lasciargli Leah Seydoux… una cosa incredibile!!!!!

    Sono dipendente dal Gathering… devo andare a disintossicarmi, mannaggia a te e maledetto il giorno che t’ho incontrato…

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    • Che bello!
      Hai scritto questo tuo bellissimo commento con lo stesso stile retorico di approccio paradossale e negativo con cui hai impostato la tua ultima creazione ovvero il grandioso articolo che hai composto sul film del drammatrurgo Lonnergan: una litania di disperazione, un’ode al dolore ed all’angoscia che fa onore più a te che non al film, che non ho visto, che vedrò di certo (ma senza fretta), ma che ringrazio infine per averti spinto a scrivere una così bella pagina di prosa giornalistica.

      Ho definito “bellissimo” il tuo commento perché foriero di duplice gioia: la lettura della finta negazione inziale ed il tuo gradimento per un dialogo immaginario a cui effettivamente tengo molto…

      Un film, con entrambi i due attori britannici protagonisti del mi capitoletto, dedicato al più grande detective del mondo sarebbe immenso… Mi piace fantasticare su possibili cast da sogno (lo abbiamo anche fatto assieme, ricordi?) ed in questo caso, malgrado il mio indubbio amore per Caine, beh, con entrambi presenti nel film, Caine sarebbe Watson e McKellen di nuovo Holmes, senza alcun dubbio!
      Tra l’altro avremmo finalmente al cinema un Watson intelligente, non goffo e di notevole caratura (caratteristica che si ritrova solo in tv, come ben sai)…

      Appena riesco, passo da te, sul tuo blog, per insistere con il mio gradimento sulla tua elegia del dolore.

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      • Attenderò con gioia il tuo parere sulla mia ultima fatica, nel frattempo concentriamoci sul tuo, di pezzo.
        L’ho anche riletto trovandoci una vena quasi tarantiniana, un Tarantino decadente e disilluso, tuttavia sempre salace.
        Vabbè, ma basta coi complimenti sennò ci facciamo venire il diabete con tanto miele… e concentriamoci sul fantacasting dell’ipotetico film su Sherlock Holmes interpretato dai due titani in ballo.

        Ti confesso che non riesco ad avere la tua stessa sicumera su chi far fare a chi.
        Anche io, in prima battuta, avevo pensato di regalare a Ian McKellen il ruolo di Holmes, tuttavia ho poi analizzato la mia scelta cercando di liberarla dal fatto che, non più tardi di 2 anni fa, l’ho visto interpretarlo e Mr.Holmes non può non condizionare la scelta.
        E riflettendo ho capito che la scelta del casting non può che essere secondaria al taglio che avrebbe la narrazione.
        Se prevalesse il ritmo sincopato e la narrazione quasi istrionica dello Sherlock di Moffat e Gatiss, Holmes non potrebbe che essere Caine ma, soprattutto, Watson non potrebbe che essere McKellen per via del suo viso segnato ma dall’aria sempre compita.
        Viceversa, se il film fosse più tradizionale e più vicino all’Holmes iconicizzato da Brett, allora il casting sarebbe giocoforza inverso.
        Comunque sia, e su questo non transigerei nemmeno di fronte a Lucas o Nolan, vorrei te nel gruppo di sceneggiatori e possiblmente vorrei che le coordinassi 😀

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        • Entrambi, assolutamente entrambi al timone dello script: io e te, custodi del Sacro Canone e conoscitori dell’opera originale, da cui tutto discende, perché Conan Doyle è a priori della stessa ermenàutica, come un figlio paradossale che fosse padre di se stesso (immagino che tu abbia visto Predestination…).
          Tra l’altro, la diversa età ed il medesimo affetto produrrebbero una piacevolissima diatriba che finirebbe con una aristotelica aurea sintesi…
          Hai citato di striscio anche Nolan e si che il Nolan di The Prestige a dirigere una simile opera sarebbe una meraviglia, sostituibile forse solo da un Villeneuve in gran forma…

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          • Non vorrei divagare, anzi si, perchè è nella mia natura ermenautica, quindi divago, ma mica tanto, anche perchè credo che questa breve divagazione ti strapperà un sorriso.

            Sono solito leggere libri per bambina a mia figlia e, quando siamo in macchina, spesso le racconto storie sfruttando il ricco bagaglio letterario che mi porto dietro (talvolta divago anche nello storico… raccontando epiche battaglie come Termopili o Alesia). Pochi giorni fa le ho raccontato la storia del Carbonchio blu (ironia della sorte, fu il primo racconto di Doyle che mi capitò di leggere) e subito dopo quella della Lega dei capelli rossi. Da allora mi tocca ripeterle tutti i giorni (e guai a cambiare anche solo una virgola…).
            E niente, tutto questo per metterti a parte di una cosa che mi rende molto orgoglioso, ovvero l’ingresso di mia figlia nel magico mondo di Sherlock Holmes (o Sherlo Pols, come lo chiama lei…)

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            • Quando mio figlio era ancora piccolo, io e mia moglie ci alternavamo nella lettura e nella narrazione delle storie della buonanotte…
              Tuttavia, mentre mia moglie, da sempre appassionata di fiabe (ne è una vera cultrice ed anche profonda conoscitrice, attraverso l’acquisto di volumi in edizione integrale, sulle quali può fare vera ermenéutica), si limitava a leggere tali storie (in un crescendo di difficoltà cognitiva, negli anni si è partiti dai librottini et similia, fino ad arrivare ai Grimm), io spesso facevo variazioni sul tema, mescolando trame cinematografiche a trame da videogioco ed ogni sera portando il nostro personaggio (ce ne deve essere sempre uno, in cui l’ascoltatore infante s’identifichi, altrimenti il gioco non funziona…) verso lande ed avventure ogni volta sconosciute, ma con partenze familiari.
              Alla fine mio figlio si addormentava passando dall’ascolto della trama al suo sogno, dove spesso la storia continuava, a volte con esiti clamorosi: talvolta si ricordava questi sogni e me li raccontava, mentre altre volte essi restavano nel suo inconscio.
              Uno dei nostri personaggi preferiti era il Prince of Persia, mezzo cavaliere e mezzo navigatore dei sogni, che si muoveva tra sabbie dorate, luccichii di montagne di gemme, portali dimensionali, viaggi temporali e corse a perdifiato…

              Il tuo essere partito da una narrazione ususm delfini dell’opera di Conan Doyle ti pone su un livello più alto del mio, più vicino al divino e questo rende tua figlia una donna fortunata, perché da grande poggerà i piedi del suo ego su colonne di conoscenza oramai davvero rare e preziose, in quest’epoca maledetta di intellighenzia social, antivax e microcefali orgogliosi della loro grettezza…

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              • La lettura è l’unica attività ludico\ricreativa che mia figlia preferisce fare con me anzichè con la madre.
                Chiara è abituata vederci leggere poichè entrambi siamo avidi lettori (anche se i libri di mia moglie io non li leggerei neppure con gli occhi di un altro, tant’è che le ho proibito di riporli nella libreria accanto ai miei vecchi libri (come sai ormai uso il Kindle)), tuttavia sin da piccolissima le ho dato l’abitudine di sedersi sulle mi ginocchia mentre io le leggevo un libro (anche io ho cominciato coi LIBROTTINI…) e per fortuna quella abitudine non l’ha persa.
                A differenza di tua moglie, però, io non sono esperto di fiabe, recupero quel che trovo e l’unico accorgimento che tengo è che non abbia un lessico troppo infantile: i bambini piccoli possono imparare fino a 40 nuovi vocaboli al giorno, è una virtù che perderanno crescendo quindi va sfruttata finchè dura :-D.
                Le storie Sherlock Holmes sono un diversivo nato quasi per caso quando guidavo e lei mi chiedeva di raccontargli una storia: impossibilitato a leggere, attingevo alle storie che conoscevo meglio, adattandole ovviamente a una bimba.
                Sta di fatto che se ora tu chiedi a mia figlia chi sono gli eroi del padre, lei ti risponderà senza batter ciglio: “Dobè che fa il cantante e Sherlo Pols che fa il detective”.
                Certe volte vorrei che restasse sempre così splendidamente adorabile….

                Essere genitori dovrebbe essere il lavoro più facile del mondo ma purtroppo non lo è mai. Aspettative e desideri si sommano alimentando spesso una frustrazione crescente che dai padri scende sui figli. Cerco di restare il più possibile estraneo da questo circolo vizioso (anche se è impossibile, lo so) e l’unica cosa su cui non transigo oggi e non transigerò mai domani è che mia figlia deve essere capace di capire e studiare i fenomeni che ha davanti senza pregiudizi e senza facilonerie.
                Nel nostro paese ci sono già troppi analfabeti funzionali e non potrei tollerare che il sangue del mio sangue ingrossasse quelle fila vergognose.

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                  • Il titolo di “Buon Padre” va riconsegnato ogni sera e riconquistato il giorno dopo e il giorno dopo ancora, coltivando la speranza che quando non ci saremo più i nostri figli pensino questo di noi, che siamo stati buoni genitori.

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                    • Concordo. Il tuo è lo spirito giusto. Scusa tra l’altro le risposte telegrafiche, per me inconsuete, ma le circostanze mi costringono ad una brevità che non deve essere nel tuo caso confusa con scarso interesse…

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                    • Le tue scuse non sono assolutamente necessarie.
                      Capisco subito quando altri impegni ti impediscono di approfondire i dialoghi nei nostri commentari, perchè quand’è così non usi mai (o al più con molta parsimonia) le parentesi, quando altrimenti vi ricorri con una solerzia che talvolta mi costringe a rileggere tre volte il periodo per inquadrare perfettamente tutti gli incisi 😀

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  4. Anch’io ho gradito molto il dialogo tra Ian McKellen e Michael Caine, in particolare il riferimento all’eccessiva leggerezza con cui viene dato il titolo di baronetto: mi ha fatto tornare in mente una dichiarazione di John Lennon, che ti riassumerò andando a memoria. Con lo spirito anticonformista che l’ha sempre contraddistinto, lui disse che quel riconoscimento era stata una pagliacciata: i Beatles avevano sconvolto l’ordine sociale della Gran Bretagna, diffondendo delle idee e dei costumi (come il fatto di portare i capelli lunghi anche se si è uomini) ritenuti scandalosi dai vecchi parrucconi albionici, e quindi incarnavano l’esatto opposto di quegli uomini universalmente ritenuti tanto esemplari da meritare questo riconoscimento. Insomma, Lennon riteneva che la decisione di nominarli baronetti fosse così paradossale da diventare ridicola. Io penso che la regina si fosse resa conto che la sua era una decisione controversa, ma che abbia deciso di attribuire comunque quest’onorificenza ai Beatles, nella convinzione che tendere la mano a dei personaggi così popolari le avrebbe procurato un enorme ritorno d’immagine.
    Anche Renzi adottava una politica simile, precipitandosi a farsi scattare una foto insieme ai medagliati olimpici, alla Cristoforetti e a tutti gli italiani che per qualche motivo avevano fatto onore al nostro popolo. Tuttavia, anche in quel caso la cosa finì per diventare ridicola: la sua tendenza ad imbucarsi ogni volta che c’era da festeggiare un italiano era davvero eccessiva, e quindi anziché procurargli un ritorno d’immagine gli portò come unico frutto un beffardo soprannome coniato dalla Meloni, “il Paolini delle vittorie altrui.” 🙂

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    • Grande Wwayne! Sono lietissimo che anche a te sia piaciuto il dialogo immaginario tra i due grandi attori britannici, a cui ho dato l’onore di introdurre, spero degnamente, il tuo chronicle, con quel gusto di altri tempi, quasi vintage, di cui parlavo con Butcher…

      Sulle nomine della Regina, si, concordo con te e mi compiaccio dell’aneddoto davvero squisito riguardo John Lennon ed i Beatles, per altro tipico della tua cultura distopica e ad ampio raggio… da sempre sei attento ai fenomeni di costume, ma lo fai senza l’acredine degli hater e dei leoni da tastiera tanto in voga sui social, ma con il candore dei bambini che non hanno problemi a dire ad un parente che ciò stanno mangiando fa schifo e magari poi gli sorridono anche!

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    • Sfrutto il tuo commento qui per informarti che stamane ho recuperato un film di cui mi parlasti molto bene tempo fa, Autobahn-Fuori Controllo.
      Il film ha solo due difetti:
      1. il titolo: era molto più bello l’originale inglese, avrei potuto accettare il solo “Fuori Controllo” ma non ho capito per quale motivo tradurre un titolo inglese con una parola tedesca (Autobahn) che significa autostrada…. BOH?
      2. Felicity Jones: detesto questa attrice sempre di più. Non è troppo bella, non è troppo fascinosa, non è troppo brava, non è troppo carismatica, non è nè carne nè pesce. Non brilla nelle commedie, non brilla negli action-movie, non brilla nei drammoni, non brilla nei romanticoni. Perchè sia scritturata di continuo è un mistero che non so spiegarmi.

      Comunque, al di là di questi due difetti, il film è fatto bene e pur non essendo molto originale ha il merito di intrattenere con piacere merito di un ritmo serrato e azzeccatissimo, dei cameo di Kingsley e Hopkins e, soprattutto, degli inseguimenti in automobile.
      La scena madre del film (quella in cui poi il protagonista cappotta mentre guida la familiare rossa, è una delle scene di inseguimento più belle che abbia visto negli ultimi anni: non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo e, a tratti, avevo l’impressione di cascarci dentro (allo schermo). Non conoscevo questo regista (Eran Creevy) ma credo vada tenuto d’occhio.

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        • Dovresti recuperare.
          Intendiamoci: non è bellissimo nè originale, tuttavia ha elementi interessanti, soprattutto il ritmo e la costruzione di certe scene. Poi c’è Hoult, un attore che col tempo sto apprezzando sempre di più.

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      • Anch’io ritengo che Eran Creevy sia un ottimo regista. L’action movie infatti sarà pure un genere snobbato dalla critica, ma è uno dei più difficili da girare per un regista: non solo perché alcune scene (come appunto gli inseguimenti in macchina) sono difficili da realizzare, ma anche perché le abbiamo già viste in decine di altri film, e quindi è difficilissimo crearne una così sensazionale da distinguersi nel mucchio. Eran Creevy ci è riuscito in pieno, e questo è senza dubbio un grande merito.
        Ho visto di sfuggita sul tuo profilo imdb che hai recuperato anche Kill the Irishman, altro film che ti avevo consigliato: quello come l’hai trovato?

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        • Si, è vero, l’ho visto ieri.
          Bello anche questo, non c’è che dire, però non mi ha convinto l’attore protagonista. Mi è parso un cast assurdo… sia perchè l’attore non è irlandese sia perchè non è nemmeno molto bravo.
          Però il film mi è piaciuto: un bel gangster movie dove addirittura c’è spazio per i buoni sentimenti.
          Promosso a pieni voti!!!!!

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          • E’ questo il motivo per cui ci ricordiamo dei gangster movie come Quei bravi ragazzi e Kill the Irishman e ci scordiamo tutti gli altri film dello stesso genere: perché lasciano trasparire un affetto sincero nei confronti di quei personaggi e di quella storia. Quest’affetto ovviamente si trasmette da chi ha fatto quei film a chi li vede, e questo rende la visione ancora più piacevole. Tra poco ti mando una mail! 🙂

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  5. Sei sempre un grande kasa, il più grande!! La verità? La verità è che senza i tuoi fantastici articoli ivi incluso il tuo folle e meraviglioso Gathering, nonché i tuoi incredibili incentivanti commenti nulla ha ragione di esistere e i nostri blog, carichi di parole, vagheranno solitari nello spazio infinito fino a spingersi al largo dei bastioni di Orione e quando giungeranno nel buio profondo vicino alle porte di Tannhäuser, i nostri sogni andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. Per cui kasa non assentarti troppo poiché… è tempo di vivere. Un abbraccio, Fed

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    • Un abbraccio a te Fed, che vorrei fosse meno metaforico, visto il senso di fratellanza di gusti e di approccio all’arte visiva che ci accomuna, pur con i nostro distinguo…
      Anche nell’omaggiarmi, getti citazioni epiche, come amo fare anch’io ogni volta mi è possibile ed in questo caso tirando in ballo le potenti parole del David Peoples di Blade Runner…
      Come canta una straordinaria Emma Stones nello splendidamente anomalo musical di Chazelle…

      “A bit of madness is key
      To give us new colors to see
      Who knows where it will lead us?
      And that’s why they need us
      So bring on the rebels
      The ripples from pebbles
      The painters, and poets, and plays
      And here’s to the fools who dream
      Crazy as they may seem
      Here’s to the hearts that break
      Here’s to the mess we make

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  6. Due pezzi magnifici, due buddy tales diversi nel linguaggio [più dialogato e misterioso il tuo, più action e leggero quello di Wwayne] ma simili nello scopo.
    Il tuo pezzo con l’incontro di due giganti del cinema è stupendo, un confronto tra due menti e due personalità che fanno scintille ad ogni vocabolo espresso e che solo uno come te poteva ideare [Caine-McKellen-Kasabake…un trinomio che dev’essere ripetuto in futuro 😀 ].
    Il pezzo di Wwayne mi ha lasciato invece senza fiato! Divertente, intelligente e ben gestito. Mentre lo leggevo riuscivo a immaginare perfettamente i nostri due eroi bloggers mentre complottavano tra le mura del carcere [complice anche la mia attuale immersione nella quinta stagione di OITNB].
    L’unica pecca? È durato troppo poco XD
    Un racconto del genere meritava uno speciale, tipo gli episodi natalizi delle serie tv! 🙂

    Per il resto tanto hype e come sempre tanta eccitazione per questo tuo immenso progetto!

    PS: è vero Kasa, abbiamo sentito la tua mancanza! Ma non scusarti, non sei l’unico che si ritrova sommerso da impegni e con poco tempo a disposizione da dedicare al blog :/

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  7. Da alcune parti si rischia la sedia elettrica quando si prendono due giganti come Caine e McKellen e li si inseriscono in una storia di fiction. Tu però hai scritto un pezzo per il quale gli stessi due maestri della recitazione si congratulerebbero con te e ti ringrazierebbero di cuore. Ma soprattutto è un pezzo che ci riporta alla secolare domanda da un miliardo di euro: COSA ASPETTI A SCRIVERE UN ROMANZO E A DIVENTARE FAMOSO COSì CI PORTI ALLA PREMIERE DEL FILM CHE CI PROVO CON L’ATTRICE PROTAGONISTA GNOCCA TIPO SCARLETT JOHANSSON!?!?!?!? EH???

    Detto questo, complimenti vivissimi anche a Wwayne, che ha scritto un chronicle deliziosissimo, appassionante e decisamente all’altezza.

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