Top Qualcosa Film 2017: 2° e 1° Posto

Ben ritrovati!
Se state leggendo questa pagina, significa che siete arrivati in fondo alle eliminatorie, che ci hanno condotto da quelle 115 pellicole iniziali, a queste 20 perle finali, vincitrici degli ambitissimi 2° e 1° posto della nostra Classifica-Consuntivo per l’anno cinematografico 2017!

In piena onestà, tutta la precedente e lunghissima parte del post (quella in cui elencavo i gruppi di titoli mano a mano esclusi dalla contesa, ma soprattutto quella con un bellissimo Terzo Posto) avrebbe potuto anche non essere mai esistita, anzi è proprio così che sarebbe accaduto, se io avessi voluto redigere una classifica tradizionale, in cui snocciolare un ventina di film, magari scelti un po’ per accontentare i palati più esigenti, un po’ per fare l’inchino ai titoli più blasonati ed applauditi da pubblico e critica tradizionale ed infine gettare lì qualche chicca sconosciuta solo per farsi applaudire…

Ho invece preferito condurvi con mano attraverso tutto il processo reale di critica e selezione, che mi ha portato infine a queste due assegnazioni.

Aldilà dei nominati e degli esclusi, sappiate bene che io mi sono innamorato di buona parte dei 115 film oggetto della gara, alcuni a volte anche solo per piccole scene o per particolari scelte registiche o di sceneggiatura davvero geniali, per speciali interpretazioni che resteranno nel mio cuore, ma i 20 titoli che troverete qui di seguito, beh, questi sono davvero delle meraviglie!!

In giro per il web, troverete recensioni amplissime ed accuratissime per ognuna di queste pellicole, ma è la visione degli stessi ad essere importante, il poterli vivere e sentire sulla pelle, perché quella è un’esperienza che non dovete perdere… Anche quando alcuni di questi film vi faranno male dentro…

Senza indugio, partiamo dunque, come sempre in rigoroso ordine alfabetico, con i 15 titoli che hanno meritato il…

“Secondo Posto”

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A Cure for Wellness” (La cura del benessere), USA, DEU, 2016
Regia di Gore Verbinski
Sceneggiatura di Gore Verbinski e Justin Haythe

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Un mix tra Psycho e The Shining tutto rigore estetico, atmosfere, misteri e protagonisti in trappola. […] Questo film è goduria estrema, da seguire e cazzo sì, va visto. Però a mio avviso è anche un po’ troppo vittima dei suoi stessi modelli a cui aspira, ha una sceneggiatura (e un soggetto) troppo deboli e alla fine non arriva da nessuna parte. Non diventa un nuovo classico come avrebbe potuto, ma resta un esercizio di stile magistralmente confezionato. D’altro canto è quasi commovente la caparbietà con cui è arrivato fino in Germania per farsi produrre un film folle dal punto di vista commerciale, difficilissimo da vendere, ma anche quello che voleva fare a tutti i costi
Zack dal blog Per un Pugno di Cazzotti

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Baby Driver”, GBR, USA, 2017
Regia e Sceneggiatura di Edgar Wright

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Baby Driver è il film manifesto di Edgar Wright, eppure non è il suo film migliore per colpa di quel finale lì incredibilmente troppo semplice rispetto ai finali assurdi a cui ci aveva a tutti i costi
Zack dal blog Per un Pugno di Cazzotti

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Blade Runner 2049”, USA, 2017
Regia di Denis Villeneuve
Sceneggiatura di Hampton Fancher e Michael Green

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Molto più di un sequel, nel senso che fa quello che tutti i sequel dovrebbero fare e non fanno mai. È Blade Runner ma è anche altro, è un film ambientato in quel mondo che già conosciamo ma ha il coraggio di portarlo avanti e di prendere una propria strada […] Nel farlo tocca vette altissime per gran parte della sua durata, ma poi scivola qua e là tra dei villain clamorosamente non all’altezza di tutto il resto e la solita tendenza moderna a gettare le basi per futuri sequel
Zack dal blog Per un Pugno di Cazzotti

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Borg McEnroe”, SWE, DNK, FIN, 2017
Regia di Janus Metz
Sceneggiatura di Ronnie Sandahl

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BELLISSIMO! Un piccolo Warrior (2011), tutto sguardi, tensione, sport, rispetto, 2 uomini a confronto che in realtà sono gli unici a capirsi a pieno a vicenda mentre gli altri li trattano come oggetti senza anima
Zack dal blog Per un Pugno di Cazzotti

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Chez nous” (A casa nostra), FRA, 2017
Regia di Lucas Belvaux
Sceneggiatura di Lucas Belvaux e Jérôme Leroy

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D’Ardennen” (Oltre i confini dell’amore), BEL, 2015
Regia di Robin Pront
Sceneggiatura di Jeroen Perceval, Robin Pront

Dunkirk

Dunkirk”, GBR, USA, NLD, FRA, 2017
Regia e Sceneggiatura di Christopher Nolan

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Nolan si è fatto un mazzo tanto per girare tutte quelle scene in aereo e sul mare, ma ha dimenticato la cosa più importante: dare al suo film un’anima, rendere i suoi personaggi vivi e interessanti per lo spettatore, fare in modo che per chi guardasse il film il salvataggio dei soldati a Dunkirk diventasse una questione di vita o di morte. Così non è stato, e lo prova il fatto che quando sono riusciti a mettersi al sicuro io non ho avuto alcuna reazione emotiva, se non un gran sollievo per il fatto che stesse finendo uno dei film più piatti che avessi mai visto. […] Forse Nolan ha fatto tutto questo schifo volontariamente. Forse voleva fare un film sperimentale e d’autore, nella speranza che servisse ad ottenere finalmente l’Oscar. Ma a me piaceva molto di più quando creava dei personaggi indimenticabili come il Joker di Heath Ledger, e scriveva delle sceneggiature in cui succedeva qualcosa di coinvolgente e significativo ogni 5 minuti
Wwayne del blog Wwayne

Grave

Grave”, (Raw – Una cruda verità), FRA, BEL, 2016
Regia e Sceneggiatura di Julia Ducournau

Logan

Logan”, USA, 2017
Regia di James Mangold
Sceneggiatura di James Mangold, Scott Frank e Michael Green

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Pazzesco. Forse l’espressione fine di un’era non è mai stata usata più propriamente negli ultimi anni come in questo caso. Perché Logan è un film crepuscolare che parla proprio di quello: della fine. Altro film che voglio rivedere a breve da solo in camera per piangere ancora più forte dell’ultima volta
Zack dal blog Per un Pugno di Cazzotti

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Manchester by the Sea”, USA, 2016
Regia e Sceneggiatura di Kenneth Lonergan

Shin-Godzilla

Shin Godzilla”, JPN, 2016
Regia di Hideaki Anno e Shinji Higuchi
Sceneggiatura di Hideaki Anno

Silence

Silence”, USA, TWN, MEX, 2016
Regia di Martin Scorsese
Sceneggiatura di Jay Cocks e Martin Scorsese, dal romanzo di Shūsaku Endō

Autopsy

The Autopsy of Jane Doe” (Autopsy), GBR, 2016
Regia di André Øvredal
Sceneggiatura di Ian Goldberg e Richard Naing

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Uno dei pochi horror mainstream moderni ad avere ottimi personaggi, una gran bella atmosfera e una minaccia meravigliosamente imprevedibile. Meritava ben più attenzioni, ma non mi aspettavo di trovarlo qui, lo ammetto
Zack dal blog Per un Pugno di Cazzotti

Your-Name

Your Name”, GPN, 2016
Regia e Sceneggiatura di Makoto Shinkai

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Mi è piaciuto molto, ma non lo trovo all’altezza di mezzo film di Miyazaki. Certo ha un’idea potentissima ed è fatto estremamente bene. Però gli manca quella capacità innata di Miyazaki di costruire quelle immagini indescrivibili eppure capaci di restarti impresse nel cuore e nella mente, di diventare iconiche e trascendere il film stesso. Gli manca anche quella capacità di costruire mondi in cui può succedere di tutto e non vedi l’ora di esplorarlo. Non ha insomma questa grande immaginazione o questa particolare personalità
Zack dal blog Per un Pugno di Cazzotti

Wonder-wheel

Wonder Wheel” (La ruota delle meraviglie), USA, 2017
Regia e Sceneggiatura di Woody Allen


Siamo arrivati alla fine, al Primo Posto, alla Medaglia d’Oro, all’incoronazione delle cinque maestà filmiche del 2017!
Vi chiederete, a questo punto, cosa distingue i 15 titoli a cui è stata data la Medaglia d’Argento a questi 5 vincitori assoluti?
Oltre a delle regie impeccabile e delle sceneggiature cesellate nei minimi dettagli, in queste pellicole ho trovato quel famoso quid ineffabile di cui parlavo nel prologo della prima parte del post, quella marcia in più che sferza i cuori e lo spirito estetico: un movimento di macchina che scende dal soffitto ad inquadrare l’interno di una cucina, da dove partire per raccontare una storia di fantascienza che diventa una speculazione sul potere della lingua come motore di cambiamento, persino nel modo di concepire il tempo; l’abilità di creare ancora oggi un cinema civile con l’efficacia stupefacente della rabbia senza compromessi e riprese muscolari senza paura; la straordinarietà capacità recitativa di una diva, al servizio di una messa in scena non circoscrivibile eticamente di un vecchio leone che riesce a stupire fuori degli schemi; il miracolo di trovare in un film musicale tutte le parole che definiscono il potere rivoluzionare dell’arte stessa; la travolgente voglia di fare cinema, di un maestro che conosce i linguaggi contemporanei, disegnando attorno alla sua musa un vestito di straordinaria bellezza…

Queste sono solo alcune delle suggestioni, ma ora taccio e lascio a voi finire di capire cosa rende le opere che seguono i miei favolosi cinque film del 2017…

“Primo Posto”

Arrival

Arrival”, USA, 2016
Regia di Denis Villeneuve
Sceneggiatura di Eric Heisserer, dal racconto breve di Ted Chiang

Detroit

Detroit”, USA, 2017
Regia di Kathryn Bigelow
Sceneggiatura di Mark Boal

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È stata una delle più grosse delusioni dell’anno. […] Detroit sembra volersi adattare agli standard americani: mette ben in chiaro chi siano i buoni, chi i cattivi, cosa sia sbagliato e cosa giusto e tiene sempre tranquillo lo spettatore, che sa quello che deve pensare, come relazionarsi con i personaggi e quando indignarsi. Al di là della semplice empatia per le vittime del suo racconto, che si estende ovviamente a tutti quelli che essi rappresentano, non c’è molto. L’unico spunto interessante è il modo in cui riprende la guerriglia urbana di Detroit nel 1967 come se fosse la guerra in Afghanistan o Iraq. […] Il film è comunque godibilissimo, grazie a un ottimo cast e a un comparto tecnico sempre d’alto livello
Zack dal blog Per un Pugno di Cazzotti

Elle

Elle”, FRA, BEL, DEU, 2016
Regia di Paul Verhoeven
Sceneggiatura di Philippe Djian e David Birke

La La Land”, USA, 2016
Regia e Sceneggiatura di Damien Chazelle

Personal-Shopper

Personal Shopper”, FRA, 2016
Regia e Sceneggiatura di Olivier Assayas


Questo è tutto, arrivederci al prossimo anno!


53 pensieri su “Top Qualcosa Film 2017: 2° e 1° Posto

  1. Pingback: Un Anno di Cinema: Top Qualcosa Film 2017 | kasabake

  2. Ogni volta che scorrevo la tua classifica mi chiedevo: vuoi vedere che “farà fuori Arrival” prima del podio (con stupore e una certa sorpresa). Per fortuna è finito in cima, insieme al meraviglioso Lalaland col toccante Manchester by the Sea ed il sorprendente Logan sul podio. Ahimè, non ho visto molti dei 115 titoli da te elencati ma su quelli visionati sono, (per l’ennesima volta) entusiasticamente,d’accordo. 😁

    P.S. Fantastica l’idea della watchlist familiare.

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    • Oh, Amulius (avrei dovuto usare il vocativo, ma non volevo che altri equivocassero, visto che già nello scrivere sembro spesso dislessico…), perdonami, se puoi, se non avevo ancora risposto al tuo gentilissimo commento!

      Figurati che tra l’altro sto ancora scrivendo dei miei commenti personali ad alcune cose splendide che hai scritto tu (devo anche ringraziarti per il consiglio di visione della serie Dark dal catalogo Netflix! Meraviglia! Non vedo l’ora di riuscire a parlarne da te…), nonché una risposta sensata ad una tua citazione per il Liebster Award (di cui non mi era giunta alcuna notifica ed il cui tu post avevo bellamente saltato per motivi che poi ti spiegherò nella risposta famosa!)… Hai un blog che sta crescendo a vista d’occhio ed in modo così professionale da fare invidia… Sei fenomenale… Ti dirò che, se condo me, tra un po’ anche il nome che avevi scelto all’inizio per il sito comincerà a starti stretto, data la qualità molto alta e molta variegata degli articoli…

      Tornando alla mia classifica, Arrival non poteva assolutamente restare fuori ed ha rischiato persino di diventare un numero uno in solitario, senza ex-aequo!

      Approfitto anche per ricordarti di sentirti libero di esprimere dissenso su qualsiasi delle mie valutazioni, visto che oltretutto, com’è mia tradizione, ospito, ogni volta sia possibile, eventuali commenti brevi degli altri blogger espressi su un titolo da me citato in classifica, in qualsiasi gruppo si trovi (sia nelle eliminatorie, sia nei Terzi, Secondi e Primi posti).

      Per ora, come sempre, posso solo ringraziarti per l’abituale apprezzamento che mi rivolgi e rinnovare il mio plauso per il lavoro editoriale che stai facendo!

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      • Di fronte a tali elogi, non mi resta altro da fare che ringraziarti! Seguo il tuo blog sempre con molto interesse e lo vedo come un punto di riferimento. Apprezzo il tuo stile composto in punti di vista originali e in percorsi concettuali che non sono mai banali e al contempo profondi (restando pur sempre accessibili che rimane la cosa più importante, secondo me per chi vuole comunicare all’utente medio) e, per ora mi è sempre capitato di condividere le tue opinioni (espresse in maniera più lunga ma sopratutto più articolata delle mie) in merito a serie tv e film (anche se devo pianificare una watchlist perché mi sono perso troppe pellicole quest’anno).Personalmente avrei messo in classifica nella sezione: “ci avete provato ma no,grazie” Justice League, probabilmente più per le mie aspettative (che non erano bassissime per usare un eufemismo) deluse che per il film in sé: sono lontani e irrimediabilmente perduti i tempi di Snyder a piede libero in casa DC con Man Of Steel e Batman v Superman e questa svolta è stata una “batosta” per il bambino fan di supereroi che è in me.

        P.S. Attendo con impazienza qualche tuo commento su Dark. Io la sto consigliando a chiunque conosca e chi l’ha terminata ne è rimasto, come me, ampiamente soddisfatto!

        P.S. 2 Sul Liebester Award e notifiche varie, un giorno riuscirò a capire in che modo funzionino. Io per primo mi sono scoperto taggato per puro caso più di una volta in vari tag (e senza la minima traccia di notifica).

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  3. Ciò dimostra che “se un blogger non è anche un critico di professione, qualsiasi classifica cinematografica o televisiva egli possa pubblicare non potrà essere altro che una selezione ragionata (magari anche sincera e non copiata), del novero comunque umanamente limitato di tutto ciò che sia davvero riuscito a vedere nel suo tempo libero”.
    Ne deduco, kasabake, che di professione tu faccia il critico e non potrebbe essere altrimenti visto, letto e piaciuto quest’altro straordinario post. Se mai dovessi vedere i film in elenco dovremmo risentirci più o meno tra quindici anni … più o meno 😉
    Buon anno amico mio!!
    p.s. comunque nel tuo blog, a differenza di altri, si sta bene anche tra la spazzatura .. provare per credere

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    • Ero in treno quando ho recuperato il tuo commento, finito insieme ad altri nella cartella dello spam ovviamente senza motivo… Sinceramente mi dispiace, perché da un lato WordPress comincia a starmi un po’ stretto, ma dall’altro debbo ammettere che è uno dei pochi luoghi nel web dove si riesce a scambiare ancora due parole tra persone civili ed intelligenti…

      Oltre a ringraziarti per le come al solito bellissime parole, approfitto per chiederti cosa ne pensa un professionista come te della discussione in atto nel web tra fotografi dilettanti riguardo l’eticità del croppare le foto creando di fatto l’inquadratura dopo lo scatto… Tu come ti regoli?

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      • Francamente non conoscevo di questa discussione sul crop e ti ringrazio per questa domanda tecnica Kasa. Ti rispondo da “dilettante evoluto”, in effetti la mia fotografia, ovvero quella di paesaggio, concede tempi idonei per l’effettuazione della composizione. La fotografia paesaggistica è una fotografia meditata e – salvo rare eccezioni – c’è anche il tempo per mettere in bolla la fotocamera e in conseguenza, se il lavoro preliminare è ben fatto, non necessitano processi di post-produzione salvo qualche taglio al bordo, raddrizzare l’immagine etc.
        Questo racchio e dissonante termine “crop” viene usato come gli estintori, solo in caso di necessità, ed è vero non dai professionisti, poiché croppare un file – peraltro già convertito in jpg – produce un’inesorabile (ulteriore) perdita di informazioni e dunque di qualità. Intendiamoci ciò avveniva anche in analogico, e se tagliavi un’immagine in fase di stampa dovevi poi necessariamente re-ingrandirla al formato pieno della carta, con conseguente perdita – anche in quel caso – di informazioni e di qualità. Quindi nulla cambia e non ne farei una questione etica ma piuttosto di opportunità. D’altro canto la fotografia è il mezzo più immediato per raccontare storie e ciascuno è libero di raccontarle come vuole, anche attraverso un taglio.
        Circa le “rare eccezioni” cui ti dicevo all’inizio, quando hai tempo e voglia, vatti a leggere il mio ultimo post “L’intervista”, scorri verso il basso, oltre la metà troverai “Moonrise Hernandez” il capolavoro di Ansel Adams, la cui composizione, come racconta egli stesso, non fu poi così meditata. Adams spiega pure cos’è la pre-visualizzazione, sai quella cosa che il “crop”, come dire … lo esclude d’ufficio!
        Un caro saluto

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        • Devi perdonare, Fed, il lag con cui ultimamente rispondo ai tuoi commenti o persino non commento i tuoi post, che sappi ho comunque letto ed apprezzato, last but not least l’intervista impossibile ad Adams e soprattutto la delicatezza lirica con cui hai spiegato il concetto (quasi impalpabile, tanto è sfuggente ed equivocabile) della pre-visualizzazione, che da solo spiega mezzo mondo della fotografia e rende anche il discorso sul crop desueto.

          Il mio è un lag costante ed a farne le spese sono una valanga di bellissime cose scritte da artisti talentuosissimi, alcuni professionali e sicuri della propria mano come te, ma altri ancora acerbi ma straordinariamene promettenti, a cui avevo promesso sostegno ed ai quali invece le circostanze della vita mi hanno fatto negare.

          Ahimé, cercherò con il tempo di rimediare…

          Ah, ho avuto il biosgno di metterti a fianco di Stanley Tucci in un piccolissimo cameo nel capitolo letterario collettivo del Gathering, di cui manderò a breve online un capitoletto dopo una lunga sospensione.

          Grazie, Fed, per continuare a credere nell’arte.

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          • Grazie come sempre per le belle parole che mi riservi amico mio, sono contento che ti sia piaciuto il post su Adams, l’avevo pensato da tempo immemorabile e alla fine ho trovato il momento giusto per scriverlo. Gli eventi straordinari e meno della vita, in effetti, ci tolgono il tempo di fare quello che vorremmo davvero fare, ora è da capire se ci stiamo schiavizzando o se ci stanno schiavizzando, la differenza è notevole ma il risultato è il medesimo. Nell’uno o nell’altro caso non preoccuparti, tanto chi ti vuole bene e apprezza il tuo immenso lavoro ti capisce sempre, senza riserve.
            Riguardo l’accostamento a Tucci non può che farmi onore e piacere, sono curioso di leggere. Stanley Tucci mi piace tantissimo per me è un grandissimo attore, è eclettico, passa dal tragico al lirico e al demenziale con uno schiocco di di dita. per certi versi anche sottovalutato.
            Un abbraccio!

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  4. Non sono mai stato bravo con le ragazze.
    Vorrei tanto poter liquidare la manchevolezza giustificandola con la timidezza: oggigiorno infatti viene quasi visto con virtù essere timidi. Tuttavia la mia scarsa bravura con le ragazze è sempre stata causata da molto meno nobili ragioni: sono imbranato.
    Laddove madre natura mi ha privato di fascino e savoir faire, mi ha però ricopensato con autocoscienza in quantità e la consapevolezza dei limiti mi è sempre stata evidente quanto innegabile ragion per cui ho presto dovuto trovarvi rimedio.
    Fu così che iniziai ad osservare i ragazzi più grandi, specialmente quelli che mi sembravano più “bravi” nel far colpo sulle ragazze: studiavo i gesti, memorizzavo le battute, facevo tesoro dei racconti. Soprattutto un ragazzo fu oggetto dei miei studi: benchè non bellissimo aveva sempre avuto un ascendente incredibile sulle ragazze: ben presto divenne una sorta di divo, quasi un mentore, cui affidavo i miei timori e dal quale traevo preziosi consigli. Badi bene: non si trattava di uno sciupafemmine o di un volgare tombeur de femme, bensì di un amante appassionato in cerca della sua anima gemella che, una volta trovata, mai ha tolto dalla sua prospettiva.
    Ebbene, ciò che quel ragazzo ha rappresentato nella mia tribolata discoperta dell’universo femminile, tu lo rappreseti da alcuni anni nella mia tensione verso la conoscenza dei più brillanti prodotti cinematografici. Il fatto poi che quel ragazzo sia divenuto uno dei miei amici più cari è solo un auspicio di quello che spero diventi col tempo il nostro sodalizio.

    E’ per questo che, leggendo questa tua monumentale rassegna, mi sono sentito come un bambino che orgolioso del proprio castello di sabbia si trova ad impallidire al cospetto dell’anfiteatro flavio.

    Non voglio e, in tutta onestà, non posso entrare nel merito di questa tua classifica (che poi classifica è un termine riduttivo) perchè la quantità dei titoli proposti e la qualità degli stessi si intreccia dando vita a un reticolo di luminosa conoscenza che arricchisce al sol scorrere l’elenco, figuriamoci poi se abbinato alla visione degli stessi.

    Mi permetto solo di spendere alcune parole su un film sulla cui meraviglia siamo entrambi concordi e non da oggi: ARRIVAL.
    Sono sempre stato un appassionato di linguistica, fin dai tempi del liceo. Durante l’università ho avuto la fortuna di avere un insegnante di rara brillantezza (il prof. Poli) con il quale addirittura discussi la mia tesi di laurea. Il linguaggio come fondamento del pensiero ha sempre avuto un ruolo preponderante nell’individuare la prospettiva dalla quale ho approcciao la conoscenza, in ogni sua sfaccettatura.
    E’ per questo che la visione di ARRIVAL è stata per me un’epifania di verità, l’antropormofizzazione di un ideale, la sublimazione di un pensiero.
    Raramente un film ha saputo solleticare altrettanto il mio intelletto lasciandolo stordito ed ammaliato.
    Lunga vita a Villeneuve, dunque, con la speranza che sappia di nuovo regalarci un film altrettanto cerebrale 🙂

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    • Stavo chiacchierando proprio ieri con Zack sul fatto che è pazzesco come la percezione del pubblico, abbia permesso che un film come Arrival diventasse un flop al botteghino, mentre un film seppur bellissimo ma inferiore complessivamente come Blade Runner 2049 sia stato un grande successo…
      C’è tanto, troppo cinismo e sarcasmo a buon mercato nel pubblcio pagante o in quello furbetto del web che non viene più nemmeno data possibilità ad un autore di esprimersi, come un avvocato della difesa che non avesse il tempo di fare la sua arringa, perché annoierebbe una giuria che ha già deciso… Deciso, poi, sulla base di cosa? Dei fatti? Della visione attenta? No, sulla base degli opinion leader e della moda del momento… Pensa ad esempio che il cuore di Arrival sta tutto nelle scene con la mamma e sua figlia, una specie di altra dimensione in cui scorre la spiegazione del film stesso, raccontata solo sotto forma di flashback impossibili o forward inesistenti (per via della non-linearità del tempo), nelle sequenze di apertura e di chiusura, con la bimba ancora bambina ed un divorzio avvenuto e di un altro evitato, di una morte impossibile da evitare, un film dentro al film, con inquadrature alle ginocchia, primissimi piani e personaggi sullo sfondo assolutamente invisibili da quanto sono fuori fuoco, di cinepresa che disegnano le stanze come paesaggi visti da un elicottero e poi l’altro film, action, militaresco, zeppo di battute da copione epico… Eppure il film è passato solo in parte: non ha avuto tempo, non glielo hanno permesso.
      Accadde a Villeneuve anche con Sicario: pochi lo ricordano eppure tutti conoscono la fiction di Narcos… seriamente?

      O tempora o mores…

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      • Ignoravo che Arrival non fosse andato bene al botteghino: strano, di solito i film nominati all’Oscar guadagnano egregiamente.
        Di sicuro è un film “complicato” (più complicato di Sicario, sicuramente) perchè alcuni dei suoi pilastri sono tacciabili di “intellettualismo” e alcuni dei termini più usati del film sono ostici e rischiano di mettere in soggezione lo spettatore (eptapodi, linguistica, etc).
        Villeneuve è senz’altro un maestro perchè è uno dei pochissimi registi che riesce a coniugare le esigenze dei blockbuster con le istanze di un cinema di qualità, tuttavia lavorando senza la nomea che si è fatto Nolan prima di fare film del genere e senza la complicità di sceneggiature “paracule” che strizzino l’occhio a quei bisogni tanto cari alle generazioni con deficit di attenzione che stiamo crescendo, ecco spiegato il suo insuccesso., ahinoi.

        Vabbè, ma alla fine che ci frega? Noi ci gustiamo Arrival e BD2049 e Sicario, ma pure Enemy (gran film) e Prisoners (grandissimo film). Alla faccia di chi andrà a vedere il prossimo film di Rovazzi…

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        • Amici scusate l’intrusione, permettetemi di fare il piccolo e fastidioso nerd di turno.
          Arrival è costato 47 milioni di dollari e ne ha incassati 203 worldwide (ovvero 4 volte il budget). Un grandissimo successo, decisamente non un flop. Per questo tipo di prodotti è difficile fare di più, perché non vengono venduti come un Transformers qualsiasi, ma come blockbuster d’autore (oggetto abbastanza inedito e in costante evoluzione).
          Blade Runner 2049 d’altro canto, nonostante l’acclamazione della critica mondiale è arrivato a incassare “solo” 260 milioni di dollari worldwide (di cui solo 91 negli USA), cifra rispettabilissima ma che rapportata al budget di produzione di 150 milioni non basta per parlare di successo (circa metà dell’incasso totale resta agli esercenti e ci sono sempre da considerare le spese aggiuntive per il marketing, che per questo film, a naso, credo si aggirino poco sotto i 100 milioni di dollari). Non è stato nemmeno un flop gravissimo (più che altro è stato inaspettato e immeritato), ma per considerarsi un successo sarebbe dovuto arrivare almeno a 300 milioni totali. Poi si può discutere sul fatto che anche l’originale Blade Runner floppò al botteghino (anche peggio di così) e sappiamo com’è andata. Si può dire che il film è stato talmente ben accolto dalla critica e dal pubblico che l’ha visto che è considerato comunque un trionfo, dovrebbe accaparrarsi un buon numero di nomination agli Oscar (in categorie tecniche) e soprattutto andare una bomba con l’home video e i diritti televisivi. Insomma anche economicamente non farà fatica a recuperare le perdite e ad andare in positivo.
          Ora, detto ciò… di che stavamo parlando? Ah, già. Mi sono intrufolato io in mezzo al discorso.
          Aaaallora scappo, ciaooooooooooooooooo!

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          • ok, quando tra qualche anno dovrò far fare una valutazione per vendere i diritti del mio blog al miglior offerente tra Zuckerberg e Bezos so già che mi rivolgerò a te zack, ma non a Kasa 😀

            A parte gli scherzi, di solito non guardo mai i dati del botteghino, degli incassi, etc perchè troppo spesso figli di:
            a) le discutibili politiche di distruzione
            b) i volubili capricci degli spettatori.

            Detto ciò, quindi, c’è un aspetto del tuo commento che mi interessa, ossia quello del
            BLOCKBUSTER D’AUTORE

            Mettere d’accordo pubblico e critica, affrontare temi impegnati o impegnativi strizzando l’occhio alla cultura popolare e alle sue immagini, parlare alla pancia siccome al cervello, coniugare il piacere estetico con quello visivo, ebbene fare tutte queste cose insieme è molto difficile e solo grandissimi registi si cimentano nell’impresa.
            I penultimi lavori di Nolan (Exception e Interstaller, ma non Dunkirk) spingono molto l’acceleratore in questa direzione, recuperando un filone che solo Spielberg (a mia memoria) aveva percorso con strenue applicazione fino agli anno 90.
            Ci sono stati sporadici casi nel corso dell’ultimo ventennio, ma tutti isolati, figli del caso più che della ricerca costante).
            Poi negli ultimi anni anche Villeneuve si è unito alla truppa e tutte le sue ultime pellicole sono orientate in questo senso.

            Ecco, siccome sono stato sempre convinto che si possa fare cinema di qualità ma pure appetibile al grande pubblico e che sforzarsi in questa direzione ha un valore doppio, mi fa piacere notare che non sono il solo ad aver plaudito a questi tentativi.

            vabbè, ora la smetto di sproloquiare… promesso

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            • Gianni ma lo sai che così ci provochi e scateni soltanto la nostra urgenza di sproloquiare ancora di più!
              Quello del blockbuster d’autore è anche per me uno degli argomenti più interessanti del cinema moderno. Sottoscrivo tutto quello che hai detto. Fai bene a citare Spielberg perché è il padre del miglior cinema di intrattenimento dagli anni ’70 fino a oggi (non penso si sia fermato agli anni 90) e sia Nolan che Villeneuve (ma non solo loro) si inseriscono perfettamente sulla sua scia. Tuttavia, se è vero che Villeneuve (soprattutto per Arrival) ha preso tantissimo dallo stesso Nolan (che, ribadisco, ha un peso enorme in questo discorso), è anche vero che con Arrival è riuscito a fare un ulteriore passettino in avanti: venendo lui stesso dal cinema d’autore più hardcore che c’è, è riuscito ad usare quel tipo di linguaggio – ovvero quel tipo di narrazione che è proprio solo dell’autore che lo crea solitamente per rispondere alla sua necessità di dire più di quello che poi il film nei fatti mostra – per costruire un blockbuster eccezionale, godibilissimo da tutti e capace di incassare anche tanto. Villeneuve, proprio come Nolan (che però ha sempre avuto uno stile a modo suo commerciale, per quanto personale e autoriale potesse essere), sta contribuendo significativamente a ridefinire quello che intendiamo per cinema di intrattenimento, cercando di ampliarne i confini fino a inglobare il cinema d’autore. A sua volta il cinema d’autore di oggi vive sempre di più nel cinema di genere (nell’horror soprattutto, ma anche scifi e action). Quindi mai come oggi le due cose sembrano sovrapporsi.
              Ed è un bene perché così piano piano tutti coloro che si ostinano a mantenere quella visione obsoleta e senza senso del cinema come diviso tra cinema alto, serio, vero (quello d’autore) e cinema basso, becero, per i più scemi o per i bambini (quello più di intrattenimento), tenderanno finalmente a scomparire del tutto dalla faccia della terra.

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            • In realtà quello che tu, molto ermenàuticamente, definisci “blockbuster d’autore”,  è la versione post-moderna dei grandi classici del cinema, a fronte delle vaccate da un lato e del cinema autoriale dall altro.
              Post-moderno perché è comunque cosa nuova e nello specifico, terza via tra i due estremi citati.
              Dai tempi delle prime democrazie greche (con i grandi tragediografi come Eschilo e Sofocle), attraverso la Roma repubblicana ed imperiale e poi, trattenendo il fiato nel medio evo, fino al primo umanesimo ed il rinascimento delle arti borghesi in tutta Europa, approdando a quel ‘600 che vedeva i teatri stracolmi di popolo in Francia con Molière ed in Inghilterra con Shakespeare, così come nel’ 700 in Italia con Carlo Goldoni ed ancora di corsa fino a tutto il cinema americano ed europeo degli albori, con la nascita del divismo ed i successi oceanici di pubblico di film considerati popolari ed oggi capolavori artistici, come Nosferatu, Metropolis, La corazzata Potëmkin, Via col Vento ed ancora tutto il cinema western della cosiddetta golden age, il neorealismo italiano di Vittorio De Sica, da sempre, insomma, l’arte ha saputo coniugare uma bellezza comprensibile a tutti gli strati di popolazione ed istanze culturali ed etiche più complesse e come tali visibili solo per chi possedeva gli strumenti culturali per coglierle, ma poi questo meccanismo si scisse.
              Nella parte terminale del ‘900, tutte le arti più squisitamente legate all’intrattenimento (cinema e teatro) subirono un deterioramento ed una deriva verso un progressivo appiattimento di gusti (da parte del pubblico) e di soggetti (da parte degli autori), parallelamente ad un processo di pianificazione delle politiche commerciali: non era più richiesto agli autori di fare cinema o teatro belli e di successo, ma solo che vendessero.
              Come reazione, la critica cinematografica e teatrale, scelse la via della critica politica alla società borghese, considerata come l’establishment del grigiore e non più come la committenza dei mecenati, favorendo in tutto il mondo la nascita di scuole di cinema e teatro dagli istinti rivoluzionari elitari (rivoluzionari con la pancia piena), dove si insegnava cinema e teatro di altissimo valore concettuale ma sempre più avulsi dalla realtà.
              Aldilà delle semplificazioni, delle azioni politiche e delle reazioni, l’arte fu scissa tra Autoriale (quindi libera e e disenteressata, spesso ermetica, a volte antipatica, sempre ostica) e Commerciale (al servizio del successo di cassetta, grossolana, ripetitiva e seriale).
              Poi arrivarono le contaminazioni, le filiazioni di genere e le rivolte alle contro rivolte e l’Arte Alta si colorò di popolare e l’Arte Commerciale si paludò di valori culturali ed il teatro ed il cinema indipendenti fecero opere altissime a basso budget, creando il concetto di cult e b-movie ed off-theatre ed infine la cosiddetta “nuova holkywood” della brigata Coppola-Scorsese-Milius-Lucas-Spielberg (erano amici e quasi coetanei a volte persino vicini di casa) s’inventarono un nuovo modo di fare film, in cui il pubblico veniva ammaliato da scene di grandissimo impatto visivo mentre gli si raccontava delle grandi storie… Era nato il vero cinema mainstream, quello che avrà ovviamente degenerazioni e derive in ambo i lati  ma che proseguì negli anni 90 con registi come Ridley Scott ed ancora oggi  con maestri come Nolan e Villeneuve.
              Fine del pistolotto non richiesto.

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              • La capacità divulgativa di cui sei dotato, amico mio, travalica la mia (comunque limitata) comprensione. Come tu, alle ore 6 del mattino, abbia potuto redigere un breve (per i tuoi standard, s’intende) commento nel quale enuclei con la stessa nonchalance di un meccanico che, caccciavi alla mano e sigaretta stretta alle labbra, discetta dell’ultima partita di campionato, sui divergenti registri artici (nobile e popolare) e sulle sporadiche ma significative sinergie di cui sono stati fatti oggetto grazie alla prodezze artistiche da te menzionate, ebbene sono letteralmente basito. Ma soprattutto ammaliato.
                Prima o poi manderò una mail a sky perchè facciano uno SKY KASABAKE, dove tu incanti tutti con le tue dissertazioni perchè questo piacere che provo io ora non può restare circoscritto…

                Grazie, caro fratello Ermenauta.
                Posso concludere solo con questa parola.
                Grazie.

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                • Grazie a te e non è un’immagine di cortesia, come la stretta di mano che ci si scambia tra professionisti alla fine di una trattativa soddisfacente per entrambi, no, è davvero la gratitudine anche un po’ infantile che ho per te nel sorridere ammirato alle mie dissertazioni… Ma questa, come ben sai, è solo ermenàutica… Siamo fatti così… Entrambi…

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        • È appena arrivata un importante ed utilissima precisazione di Zack relativamente proprio agli incassi dei due film di Villeneuve: dati particolarmente attendibili direbbero esattamente il contrario ovvero che Arrival ha incassato molto bene mentre Blade Runner 2049 è stato un mezzo flop!
          Questa cambia completamente la mia analisi…

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  5. A Cure for Wellness è un mix tra Psycho e The Shining tutto rigore estetico, atmosfere, misteri e protagonisti in trappola. Gore Verbinski lo amiamo entrambi come pazzi e siamo ben consapevoli della sua maestria nel costruire anche le scene più complesse nel migliore e più elegante dei modi. Questo film non fa eccezione, è goduria estrema da seguire e cazzo sì, va visto. Però a mio avviso è anche un po’ troppo vittima dei suoi stessi modelli a cui aspira, ha una sceneggiatura (e un soggetto) troppo debole e alla fine non arriva da nessuna parte. Non diventa un nuovo classico come avrebbe potuto, ma resta un esercizio di stile magistralmente confezionato.
    D’altro canto è quasi commovente la caparbietà con cui è arrivato fino in Germania per farsi produrre un film folle dal punto di vista commerciale, difficilissimo da vendere, ma anche quello che voleva fare a tutti i costi. Idolo.

    Baby Driver è il film manifesto di Edgar Wright, eppure non è il suo film migliore per colpa di quel finale lì incredibilmente troppo semplice rispetto ai finali assurdi a cui ci aveva abituato.

    Blade Runner 2049 voglio rivederlo al più presto. È molto più di un sequel, nel senso che fa quello che tutti i sequel dovrebbero fare e non fanno mai. È Blade Runner ma è anche altro, è un film ambientato in quel mondo che già conosciamo ma ha il coraggio di portarlo avanti e di prendere una propria strada (un po’ come Star Wars ora che ci penso). Nel farlo tocca vette altissime per gran parte della sua durata, ma poi scivola qua e là tra dei villain clamorosamente non all’altezza di tutto il resto e la solita tendenza moderna a “gettare le basi per futuri sequel”. Quest’ultimo punto in realtà potrebbe anche non essere realmente un difetto del film, nel senso che ce ne lamentiamo tutti (io per primo eh) perché lo stiamo vedendo ovunque e non ne possiamo più. Magari speravamo proprio che questo film, data la natura quasi sacra dell’originale, non ci avrebbe deluso in tal senso. Però, ecco, in fondo il film si chiude con criterio, è perfettamente autoconclusivo e non necessita per forza di un altro sequel (in cui comunque spero a prescindere, non so te). E credo ci siano stati film in passato che lasciavano indizi anche abbastanza espliciti per far intuire che la loro storia sarebbe andata ben oltre gli eventi narrati all’interno degli stessi. E non sempre quei film hanno avuto un sequel che mostrasse come quella storia sia poi andati avanti (non mi vengono in mente esempi, aiutami tu o dimmi che sto dicendo solo una marea di cazzate, non mi offendo). Per cui, magari tra venti, trent’anni quando riguarderemo Blade Runner 2049 questa roba non ci darà tanto fastidio. Poi certo, se ne fanno anche solo un altro di sequel tutto quello che ho appena detto, se mai avesse un briciolo di senso, lo perderebbe all’istante.
    In ogni caso, devo rivederlo al più presto per chiarirmi le idee e perché poi in fondo cavolo è bellissimo.
    (mentre ti scrivo ascolto questo in sottofondo )

    Borg McEnroe! BELLISSIMO! Un piccolo Warrior (2011), tutto sguardi, tensione, sport, rispetto, 2 uomini a confronto che in realtà sono gli unici a capirsi a pieno a vicenda mentre gli altri li trattano come oggetti senza anima. Bombetta francamente inaspettata.

    Chez Nous e D’Ardennen non li ho visti! Però recupero, promesso! (mi attizza soprattutto il secondo, quindi guarderò prima l’altro)

    Su quelli finiti anche nella mia top 10 evito di soffermarmici di nuovo.

    Logan. Pazzesco. Forse l’espressione “fine di un’era” non è mai stata usata più propriamente negli ultimi anni come in questo caso. Perché Logan è un film crepuscolare che parla proprio di quello: della fine. Altro film che voglio rivedere a breve da solo in camera per piangere ancora più forte dell’ultima volta.

    The Autopsy of Jane Doe l’ho adorato perché è davvero ben fatto. È uno dei pochi horror mainstream moderni ad avere ottimi personaggi, una gran bella atmosfera e una minaccia meravigliosamente imprevedibile. Meritava ben più attenzioni, ma non mi aspettavo di trovarlo qui, lo ammetto.
    Permettimi un off topic su Brian Cox, attore pazzesco fin troppo bistrattato da Hollywood. Qui è fenomenale e si divora facilmente il film facendo sembrare anche il bravo Emile Hirsch un attorino qualunque. Però l’ho visto anche in Churchill pochi giorni fa e lì è a dir poco gigantesco e tiene su un film che per il resto è abbastanza piatto e povero, quasi una produzione tv. Ecco, ora non vedo l’ora di scoprire chi vincerà la sfida dell’anno tra lui e quell’altro pezzo grosso di Gary Oldman (che ha già l’Oscar in mano, ma chissene) che interpreta lo stesso personaggione nel nuovo film di Joe Wright.

    Your Name mi è piaciuto molto, ma non lo trovo all’altezza di mezzo film di Miyazaki. Certo ha un’idea potentissima ed è fatto estremamente bene. Però gli manca quella capacità innata di Miyazaki di costruire quelle immagini indescrivibili eppure capaci di restarti impresse nel cuore e nella mente, di diventare iconiche e trascendere il film stesso. Gli manca anche quella capacità di costruire mondi in cui può succedere di tutto e non vedi l’ora di esplorarlo. Non ha insomma questa grande immaginazione o questa particolare personalità. Certo, forse sono io che pretendo troppo ed è facile criticare chiunque per il solo fatto di non essere il Maestro Miyazaki. Però, boh…

    Wonder Wheel non l’ho visto e me ne vergogno tantissimo.

    Per il primo posto ne riparliamo un’altra volta, Kasa, sono a pezzi. Mi prendo la libertà di non rileggere tutto altrimenti svengo. Perdonami le eventuali (e probabili) catastrofi di ortografia e sintassi.
    Domani mi aspetta una giornata di studio molto intensa. Ripassone di tutto il programma d’esame (in realtà è solo un libricino, ma infamissimo) con un paio di colleghi dell’università… sarà una giornata lunga… fortuna che sono simpatici. Buonanotte amico.

    ps: DA ADESSO LA NOTTE VOGLIO FARE SEMPRE TUTTO CON LE MUSICHE DEI VANGELIS IN SOTTOFONDO CIAO.

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    • Come sempre, le tue osservazioni sono puntuali ed acute, su cui in linea di massima concordo in pieno. Ho fatto un leggerissimo editing per prendere le parti salienti e le ho doverosamente inserite nell’articolo sotto ai film interessati.
      Io debbo ogni volta ringraziarti per queste micro-recensioni che ogni volta, a scapito del tuo tempo libero, realizzi per me e di cui mi fai omaggjo: mi vergogno di dirlo, ma un po’ ci speravo… Non potevo ovviamente pretenderlo (con gli esami e tutto il resto, fai già fatica a compilare nuovi post per il tuo stesso blog, figurati se io potevo chiederti di lavorare gratis per me!), ma ci speravo!
      Questi confronti sono il vero sale di ogni classifica!

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      • Perdonami di nuovo Kasa, ma il periodo è passato da intenso a drammatico, tra casini poco piacevoli con la mia dolce ex e una brutta influenza che mi ha costretto a letto per qualche giorno (obbligandomi, tra l’altro, a saltare un appello d’esame). Mi dispiace averti fatto attendere e ovviamente ti sono immensamente grato per aver inserito le mie parole nel post. Per me è sempre un onore e una bella sorpresa. Grazie.
        Per quanto riguarda il primo posto ci tenevo solo a discutere con te su Detroit, che per me, con tutto il rispetto, è stata una delle più grosse delusioni dell’anno. Non che sia un brutto film, anzi è un buon film ma per nulla all’altezza degli standard a cui ci ha abituato Kathryn Bigelow. Soprattutto gli ultimi suoi film offrivano dei punti di vista particolari, alternativi, se non direttamente quelli giusti, riguardo la materia che trattavano, e in questo modo mescolavano le carte in tavola, ribaltavano convinzioni e scuotevano gli animi. Detroit sembra fare l’esatto opposto, sembra volersi adattare agli standard americani: mette ben in chiaro chi siano i buoni, chi i cattivi, cosa sia sbagliato e cosa giusto, ecc., e tiene sempre tranquillo lo spettatore che sa quello che deve pensare, come relazionarsi con i personaggi e quando indignarsi. Non c’è mai un vero tentativo di metterlo in difficoltà, di disorientarlo, di farlo dubitare, ragionare o riflettere per portarlo dove non è mai stato prima. Al di là della semplice empatia per le vittime del suo racconto, che si estende ovviamente a tutti quelli che essi rappresentano, non c’è molto.
        L’unico spunto interessante è il modo in cui riprende la guerriglia urbana di Detroit nel 1967 come se fosse la guerra in Afghanistan o Iraq: stessa tensione, stessa violenza, stesso impiego di soldati, ecc.
        Tutto questo non è necessariamente un male, perché il film è comunque godibilissimo, grazie a un ottimo cast (John Boyega fa un’imitazione PERFETTA di Denzel Washington, è una stella promettentissima) e a un comparto tecnico sempre d’alto livello. Ok, forse dura un po’ troppo, ma il punto è che se l’avesse diretto un pincopallino qualsiasi forse l’avrei apprezzato di più. Ma dalla regista di The Hurt Locker e (soprattutto) Zero Dark Thirty mi aspettavo qualcosa di più ricco, complesso e affascinante.

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        • Grande Zack, una delle voci più autorevoli ed intelligenti del web, recensore che ho imparato ad amare e folle cinefilo con cui condivido più spesso di quanto non sembri anche le prese di posizione meno popolari!!
          Parlare di cinema con te è un piacere puro, perché noi due giriamo intorno agli argomenti, consci di lasciare per strada aspetti che recuperiamo al volo e li rimettiamo nelle nostre parole e la paura di essere fraintesi, tra di noi, scompare (scompare!) il che sarebbe già bastante per sposare una persona, tanto è cosa rara, figurati per averla come amico o mentore!
          Ma ora tocca a Detroit, che io ho messo al primo posto, ex-aequo con film del calibro di Arrival, Elle, La La Land, Personal Shopper (e considera che almeno un paio di questi entrerebbero per me anche in una Top 20 del decennio!) e sai perché, amico mio?
          Perché ognuno di questi film, oltre ad essere al top della capacità di una autore di giocarsi la messa in scena, aldilà delle indubbie capacità registiche o della bravura deglli attori è pieno di momenti essenziali per il cinema contemporaneo, di sequenze dalla bellezza travolgente o dal significato penetrante (il sorriso che aspetti fino al sottofinale, la consapevolezza della circolarità del tempo in una scena action che ribalta le regole del genere, la canzone con cui Mia supera l’audizione…) è stata per me per prima cosa un’immersione totale in una idea di cinema e per il film della Bigelow è stato non già il suo spirito di denuncia civile, con tutta la debolezza intrinseca di chi fa giustiza storica con l’accetta e non con il bisturi, ma la guerra civile che diventa guerra afgana che sporca la cinepresa di polvere che fa compiere prodigi di montaggio, che tira il collo agli addetti alle luci, con una capaicità registica che se ne fotte di tutto e di tutti, che entra come un ariete meccanico alla Mad Maxx dentro una storia morale… Insomma, concordo esattamente con ogni tua parola con cui hai cercato di delineare i difetti di Detroit e le sottoscrivo in modo assoluto, ma una parte di quegli stessi difetti divengono per me, in questa visione di cinema, in questo far collassare gli spari dei poliziotti nello stesso piano dimensionale dei colpi dei cecchini americani, cercando Bin Laden dentro la green zone dell’hotel dei soprusi, in questo fondersi della stessa violenza, della stessa cieca arroganza, la risposta meno gratificante che era possibile aspettarsi e questo ai miei rende la Bigelow una donna con così tanti attributi che al confronto David Ayers, vero ex-militare, è una barbie-girl al confronto!

          Quindi, onore al merito delle tue osservazioni, ancora una volta esatte ed inappuntabili, ma, ehi, c’è chi ama il grasso proprio perché grasso!

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          • Non dico che mi hai fatto cambiare idea, però ho capito perfettamente il tuo punto di vista e ora quel senso di delusione che avevo nei confronti del film si è leggermente affievolito. E sai bene che non lo dico per compiacerti, ma perché effettivamente il film ha i suoi pregi (magari io ero troppo impegnato a interessarmi d’altro e guardare altrove) e capisco che ti possa essere piaciuto così tanto. Ci sta. Qualsiasi tipo di analisi d’altronde è frutto sia del proprio gusto, della propria sensibilità e (perché no) delle proprie aspettative, che del mood in cui ti trovi, di quello che hai mangiato a pranzo, di quello che ti ha detto la vicina di casa la mattina scorsa, insomma del proprio vissuto. Il cinema non è una scienza esatta ed è bello proprio per questo, perché ti permette di parlarne con gli altri e vedere le cose da un punto di vista diverso, arricchendoti con facilità e piacere. E io non mi stancherò mai di parlare di cinema con te.
            A proposito, visto che ci siamo, ma quant’è bello Call Me by Your Name?

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            • Guadagnino, artista altissimo… che fa un cinema che odio con tutto me stesso riconoscendogli al contempo una statura, una capacità registica ed una sincerità artistica che non hanno eguali nel nostro cinema e che fa sembrare Moretti e Sorrentino solo degli abili artigiani! Sembra contraddittorio, ma ora mi spiego, amico…
              Vidi al cinema tre anni fa il suo bellissimo A Bigger Splash ed ancora mi ricordo del mio enorme stupore nell’aver visto in quell’occasione un film che trasudava letteralmente la stessa tensione intellettuale di un film francese post-post-nouvelle vague e che si mostrava allo spettatore nel suo essere italico solo alla fine, nel personaggio del commissario interpretato da Guzzanti (sul quale si è dibattuto a lungo riguardo l’opportunità di una tale macchietta), ma quella era la parte ideologica e politica dello stesso Guadagnino, sempre presente nelle sue opere, compresa Call Me by Your Name e come tale inseparabile dal resto.

              Oggi, ad un anno di distanza dal suo esordio al Sundance,  ho finalmente visto anch’io questa opera d’arte multilingue e cosmopolita (Bologna è fortunatamente una di quelle città in cui è stato distribuito in sala sia nella versione originale, sia in quella doppiata), travolgente e che scavalca ogni possibile deriva melò (come nei pur grandissimi Dolan ed Almodovar) e mi ritrovo ancora una volta a restare estasiato dalla Grande Bellezza (non uso a caso questa definizione) di scene fotografate in modo maniacale, di recitazione ispirata di tutto il cast e di una sceneggiatura impeccabile… Ma, cazzo, quanto ho odiato quella borghesia così avulsa dalla realtà, così fastidiosamente coltissima, così nobile, che va a trovare il popolino in bicicletta e che gioca con le lingue come solo può chi sin dalla nascita ha vissuto come un privilegiato!
              Considero questo nuovo film di Guadagnino un autentico capolavoro, ma lo dico solo per infinita onestà intellettuale, giacché ho odiato tutto ciò che culturalmente rappresenta!
              Ancora una volta il film non sarà compreso dagli italiani ed ancora una volta pubblico e critica faranno casino nel guardarlo e nel giudicarlo…
              Ecco, questi sono esattamente i film ed i momenti per i quali, se non ci fossero pochissime persone come te Zack, io mi sentirei assolutamente solo al mondo, nell’amare il cinema che ama se stesso, nel voler bene sia a persone come Guadagnino ed alle sue metafore fatte di frutta acerba e matura, alla sua estetica del nudo maschile di stampo ellenistico, ma assieme a persone come Sam Raimi, che in Evil Dead II insegue la vittima con la cinepresa piazzata sopra delle assi sul soffitto per mostrare con dieci dollari il male residente di un’abitazione… Si, entrambe le forme di cinema convivono, se ami la settima arte, come fai tu e come faccio io.

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  6. Ci sono dei film che ti affascinano non tanto per la storia o per i personaggi, ma perché capisci che contengono un intero universo.
    Prendi ad esempio Sin City: le storie che racconta sono tutte e 3 fenomenali, i personaggi sono tutti azzeccatissimi, ma quando guardi quel film ti rimane impressa soprattutto la città di Sin City, che funziona in un modo tutto suo e non lascia scampo a chi tenta di giocare con regole diverse.
    Ho avuto la stessa sensazione quando ho visto Ghost in the Shell: anche lì ho apprezzato sia la storia che i personaggi, ma ho adorato quel film soprattutto per la sua capacità di creare un intero universo. Un mondo visivamente bellissimo, che mi ha riempito gli occhi dal primo all’ultimo minuto.
    Ghost in the Shell mi è piaciuto così tanto che l’ho visto anche una seconda volta quando è passato su SKY, e ho perfino deciso di metterlo nella Top 10 dei film più belli visti nel 2017. Una classifica così composta:

    1) La famiglia Bélier
    2) A United Kingdom
    3) L’eccezione alla regola
    4) The Promise
    5) Breaking Dance
    6) Studio 54
    7) Harry ti presento Sally
    8) Lo stagista inaspettato
    9) Viale del tramonto
    10) Ghost in the Shell

    Nonostante la mia passione per quest’ultimo film, nutro il massimo rispetto per il tuo parere contrario. Che è poi quello di praticamente tutti tranne me.
    Del secondo blocco di film (“Belli, divertenti e godibili, ma anche sbagliati”) ho visto Alien: Covenant e Spider – Man: Homecoming (ma quand’è iniziata sta moda di mettere i due punti nel titolo?). In entrambi i casi mi sono divertito: non pretendo che tutti i film siano belli come L’indiana bianca, mi basta che siano decenti, e i 2 titoli che ho citato mi sembrano anche superiori alla decenza.
    Del terzo blocco (“Tutti molti bravi, senza alcun dubbio… ma che palle!”) ho visto solo Cane mangia cane, e lo ritengo l’ennesimo tentativo maldestro di scimmiottare Tarantino.
    Del quarto blocco (“Very, very cool, but…”) ho visto Atomica Bionda e Autobahn: sono film molto simili, nel senso che in entrambi i casi l’azione la fa da padrona. Dei 2 ho preferito Autobahn, per il motivo che ha detto zack: Atomica Bionda è senza dubbio un film riuscito, ma togliendo tante inutili complicazioni dalla sceneggiatura sarebbe venuto ancora meglio.
    Per quanto riguarda il quinto blocco (“Terzo Posto”), mi sono già espresso su A United Kingdom, e ho visto anche molti altri film della lista: La battaglia di Hacksaw Ridge, Scappa – Get Out (di cui ho parlato nel mio ultimo post), IT, Madre!, Split, 17 anni e come uscirne vivi, Seven Sisters (anche questo recensito: https://wwayne.wordpress.com/2017/12/03/salvami/)… mi sono piaciuti tutti tranne Madre!, che onestamente ritengo uno dei film più brutti che abbia mai visto. La storia non ha il minimo filo logico, e sprofonda più e più volte nel ridicolo involontario. Ti confesso che quando l’ho visto mi sono vergognato io per chi l’ha realizzato.
    Nella parte dedicata al primo e secondo posto hai mischiato alcuni titoli che mi sono piaciuti moltissimo ad altri che invece ho ritenuto tremendamente sopravvalutati. Del primo gruppo fanno parte Baby Driver, Borg McEnroe e Silence; nel secondo invece metto:

    – Blade Runner 2049: troppo lento, in particolare nel primo tempo (che un buon montaggio avrebbe ridotto a 5 minuti);
    – La La Land (SPOILER WARNING): accantona il musical e l’atmosfera leggera dopo mezz’ora, per diventare un drammone depresso su una coppia in crisi. Ci fosse stato un lieto fine avrei potuto chiudere un occhio, ma sfortunatamente il finale è addirittura la parte peggiore del film;
    – Dunkirk (SPOILER WARNING): partiamo dal presupposto che, secondo me, un film deve prima di tutto raccontare una storia. Certo, le immagini ci devono essere e devono avere una loro potenza, ma devono anche essere funzionali alla storia che il regista vuole comunicare. Se invece il regista si cura più di creare delle immagini spettacolari che di raccontare, a quel punto la storia passa in secondo piano. E quando questo succede, il film diventa noioso, e lo spettatore non riesce a provare coinvolgimento per i fatti narrati.
    Questo è esattamente ciò che è successo con Dunkirk. Nolan si è fatto un mazzo tanto per girare tutte quelle scene in aereo e sul mare, ma ha dimenticato la cosa più importante: dare al suo film un’anima, rendere i suoi personaggi vivi e interessanti per lo spettatore, fare in modo che per chi guardasse il film il salvataggio dei soldati a Dunkirk diventasse una questione di vita o di morte. Così non è stato, e lo prova il fatto che quando sono riusciti a mettersi al sicuro io non ho avuto alcuna reazione emotiva, se non un gran sollievo per il fatto che stesse finendo uno dei film più piatti che avessi mai visto.
    Il bello è che Dunkirk non mi è piaciuto granché neanche giudicandolo solo per le immagini. Certo, non metto in dubbio che molte scene siano tecnicamente difficili da girare, ma i paesaggi ritratti non è che siano sta gran bellezza, e quindi anche esteticamente lo considero un sonoro buco nell’acqua.
    Forse Nolan ha fatto tutto questo schifo volontariamente. Forse voleva fare un film sperimentale e d’autore, nella speranza che servisse ad ottenere finalmente l’Oscar. Ma a me piaceva molto di più quando creava dei personaggi indimenticabili come il Joker di Heath Ledger, e scriveva delle sceneggiature in cui succedeva qualcosa di coinvolgente e significativo ogni 5 minuti.
    Insomma, dopo aver letto tante recensioni inquietanti temevo seriamente che Dunkirk mi avrebbe deluso, e purtroppo Nolan è andato oltre le mie peggiori previsioni. E’ la terza grande sorpresa in negativo di questo 2017, dopo La La Land e Blade Runner 2049. Li considero entrambi oro in confronto a Dunkirk, e questo la dice lunga su quanto lo consideri un fiasco.
    Perdonami se mi sono espresso in termini tanto negativi su un film che tu invece hai apprezzato moltissimo (e se vogliamo anche su altri, come Madre!), ma anche questo è un segno di amicizia: con chi reputi amico ti senti libero di parlare in tutta franchezza, senza morderti la lingua in nessun modo, ed è esattamente ciò che ho fatto io con te.

    Tornando al tuo post, ho visto che tra le prime immagini che hai messo c’è un fotogramma di Bright. CAZZO CHE FIGATA DI FILM. L’ho visto giusto 2 giorni fa, e ci ho trovato esattamente tutto ciò che mi aspettavo da un film di David Ayer: azione a non finire, tamarrate a iosa, e un ritmo tremendamente alto dal primo all’ultimo minuto. Mi sono dato dello stupido per aver indugiato oltre un mese prima di vederlo. Tuttavia, il film più bello che abbia visto in questo 2018 è quest’altro:

    Ci ho anche scritto sopra un post, che per il momento tengo nel cassetto.
    Già che ci sono, condivido con te la lista completa dei film che ho visto in questo 2018:

    I due volti di Gennaio
    Sette orchidee macchiate di rosso
    I corpi presentano tracce di violenza carnale
    Jimmy Dean, Jimmy Dean
    Non entrate in quel collegio
    Diplomacy – Una notte per salvare Parigi
    Sette note in nero
    Classe mista 3A
    Come ti ammazzo l’ex
    Good Bye, Lenin!
    Cosa avete fatto a Solange?
    Lo squartatore di New York
    5 bambole per la luna d’Agosto
    La tortura della freccia
    Zootropolis
    La schiava degli apaches
    La coda dello scorpione
    Morte sospetta di una minorenne
    Hardware – Metallo letale
    La carica degli apaches
    Free State of Jones
    Effetto notte
    Endgame – Bronx lotta finale
    Uomini violenti
    Notturno selvaggio
    Il giuramento dei Sioux
    Shark
    Good Kill
    La corta notte delle bambole di vetro
    Il terzo delitto
    La casa del corvo
    La morte accarezza a mezzanotte
    Passi di danza su una lama di rasoio
    I tre giorni del Condor
    Don’t kill it
    La morte cammina con i tacchi alti
    2047 – Sights of Death
    L’indiana bianca
    Il cacciatore di indiani
    Bright

    Ho visto la maggior parte di questi film durante le vacanze invernali: come era già successo lo scorso anno, le ho sfruttate per togliere dalla mia watchlist dei film che ci stavano ammuffendo da anni e anni.
    Mi scuso per il ritardo con cui ho commentato, ma sono rimasto per oltre un mese con una connessione a Internet davvero debolissima: il tuo post è stato pubblicato nel bel mezzo di questo lunghissimo black – out, e quindi me l’ero totalmente perso. E’ davvero un caso fortunato che io l’abbia scoperto proprio in un pomeriggio in cui non avevo niente da fare, e quindi potevo leggerlo e commentarlo con la dovuta calma e attenzione. Ma forse, più che il caso, è la Provvidenza manzoniana. 🙂

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    • Per incorniciare il tuo commento, caro amico, basterebbe da sola la citazione della Provvidenza Manzoniana: un tocco gentile ed una di quelle carezze che sai sempre riservare agli amici e che nello specifico mi ricorda come entrambi abbiamo, nei momenti di difficoltà, un’arma in più per difenderci dagli strali della vita, dando maggiore significato sia all’umanità sia alla natura stessa.

      Questo discorso sulla religiosità mi permette di entrare a gamba tesa a parlare di un film che è stato oggetto di polemiche e discussioni vivissime, ma anche di menzogne ed esagerazioni ed infine usato come bandiera per parlare di arte da chi spesso di cinema non capisce un cazzo e tutto, a mio avviso, proprio per il suo contenuto spaventosamente e pesantemente metaforico, tale da nascondere l’abilità tecnica: Mother! Ma andiamo con ordine…

      Malgrado io sia convinto di avere un mio pensiero lucido e lineare sulla Religione, suall’Arte e sul ruolo della Scienza (in particolare, mi vedo molto vicino alle posizioni espresse dal personaggio di Leonardo Vetra, dal romanzo Angels & Demons di Dan Brown, lo scienziato/sacerdote che credeva fermamente nella convivenza possibile tra scienza e fede), mi rendo anche conto di essere spesso all’apparenza contraddittorio e questo perché io ho sempre connotato la critica estetica con gli strumenti della logica, mentre la fede religiosa e la passione con quelli non spiegabili dell’intuito; per dirla alla Sant’Agostino, credo quia absurdum est e non perché la realtà delle cose mi dica che sia così ed allo stesso modo mi lascio sorprendere da una poesia non perché il conteggio delle parole in rima sia impeccabile (ricordi come il professor Keating impone ai suoi studenti di strappare via le pagine introduttive del libro “Comprendere la poesia” di Johnathan Evans Prichard, perché cercavano pateticamente di ingabbiare la pura libertà espressiva?), ma perché mi fa star male o mi eccita o mi diverte e spesso senza freni…
      Insomma, io penso che Darren Aronofsky sia un artista vero, moderno, con una capacità di mettere in scena un film sorprendente, trasudante genialità, ma anche furbo, ammaliatore e ricercante a volte lo scoop prima ancora dell’arte stessa e questo lo ha spinto a produrre ai miei occhi film che hanno ogni volta sfiorato la meraviglia, precipitando contemporaneamente in abissi di schifo, in una continua altalena che gli impedisce di creare un vero capolavoro proprio per l’incapacità di essere per più di pochi minuti coerente al suo stesso pensiero.

      Accade così che verosimilmente il suo film più risucito, a mio avviso, sia stato The Wrestler, con un immenso Mickey Rourke, mentre Black Swan fu probabilmente il più mainstream ed equilibrato ed infine Mother!, film che per sua stessa ammissione il regista avrebbe scritto in pochissimi giorni e che sembra costruito a tavolino solo ed esclusivamente con l’intento di scandalizzare, spacciandosi per opera d’arte, quando la vera bellezza di questo film (che sottolineo nel suo complesso non è per me brutto quanto lo è per te) è esattamente dalla parte opposta di dove la critica tradizionale lo situa e mi vado a spiegare meglio…

      Mother! mette in scena interpretazioni magistrali di attori assolutamente iconici e potentissimi, un uso strepitoso della soundtrack assente laddove ci si aspetterebbe il contrario lasciando tutto la pista sonora libera per le urla ed il caos, movimenti di camera e montaggio vorticosi e coraggiosissimi come non si vedono mai assolutamente mai nel cinema delle majors statunitense, tutto a guidare un orgia di sensazioni a tratti così cruenti da farlo sembrare cinema asiatico (e tutto quello detto fin qui è la parte bella!), ma poi il film crolla pesantemente e senza scuse sotto il macigno di piegare quest’arte cinematografica allo scopo di divulgare un apologo morale così idiota ed infantile da far sembrare il film nel suo complesso uno di quei patetici tentativi che hanno gli adolescenti borghesi di scandalizzare i propri genitori: una rivoluzione  a pancia piena…. Si, perché la parte che più è stata apprezzata dalla critica, quella superficiale e che considera l’essere scandalizzata un valore, è proprio la parte metaforica ovvero quella che a me ha fatto cagare!

      Amo la libertà di un artista e sono troppo navigato davvero per fingere di scandalizzarmi sul serio di fronte a qualsiasi cosa si veda sullo schermo (sono secoli che l’arte moderna prova a sbigottire la classe borghese con prese di posizione scioccanti, ruote di bicicletta sugli sgabelli, merda d’artista in lattina, sagome con le sembianze del papa giacenti a terra sfiancate, nudi femminili e maschili ostentati con sorrisetti beffardi che godono del rossore e del pudore di chi guarda) ed ho sempre pensato che ogni volta che i mass media gridano all’orrore o alla vergogna per un opera d’arte dietro ci sia una campagna marketing mokti furba (come i film in cui la gente dice di svenire e che attirano perciò in sala gente che non sarebbe mai andata) ed ho riso di tristezza nel vedere la mia adorata Jennifer Lawrence fingere contrizione nel cercare come una maestrina, ad ogni intervista prima e dopo le riprese, di spiegare il significato profondo del film… Ma figuriamoci! Una manciata di aneddoti da oratorio parrocchiale sbeffeggiati come fossero quale minchia di rivelazione!

      Ed eccoci a come rubo le tue stesse parole per spiegare come mai un film come Mother! è finito nella mia classifica al 3°: tu dici in  modo impeccabile “Ci sono dei film che ti affascinano non tanto per la storia o per i personaggi, ma perché capisci che contengono un intero universo” ed è così per il film di Aronofsky, che è la migliore testimonianza del disagio di un artista talmente schiavo dei suoi deliri religiosi dall’esserne ossessionato, un’opera tecnicamente magistrale ed inutile al contempo, un ritratto di un artista che si taglia il suo orecchio in diretta e lo mette in scena (alla Van Gogh), per dimostrare la bontà dei suoi ragionamenti malati e puerili (si sappia che le metafore del film, una volta capito il meccanismo, sono talmente ovvie e stupide da risultare solo indisponenti) e mentre quasi tutti si sono inchinati per rendere omaggio a tanto sacrificio io ho visto solo la bellezza dei rivoli di sangue che colavano dalla tempia.

      Come posso spiegare questo crogiolo di concetti con un solo voto? Infatti non ho potuto…

      L’amicizia e la stima che ho per il tuo lavoro come divulgatore di cinema mi spinge poi a parlare di un altro film in cui siamo in profondo disaccordo (perché soltanto i falsi amici parlano sempre e solo delle cose su cui sono daccordo): Ghost in The Shell

      Senza nulla togliere all’impeccabile struttura action ed investigativa, alla genialità visionaria di raffigurare questo futuro metropolitano asettico e disumanizzante con dei giganteschi ologrammi che sovrastano i palazzi, quasi a rendere il tessuto viario della città un terreno per realtà aumentata in stile Nintendo, ho pianto nel vedere stuprato sia il manga originale dell’immenso mangaka Masamune Shirow, sia le due riduzioni cinematografiche animate realizzate dal nume tutelare dell’animazione giapponese adulta Mamoru Oshii: ho usato non a caso il termine stupro perché, carissimo Jonathan, sono certo che tu hai apprezzato questo film solo perché non sei cresciuto, come me, guidato nel mondo cyberpunk proprio da questi testi appena citati, dove non solo la storia era infinitamente più complessa ma dove soprattutto il significato profondo puntava a direzioni diversissime: nel manga e nell’anime veniva narrato il conflitto etico di una società del futuro che per la prima vola si domandava dove si annidasse l’animo umano (il ghost) e se questo migrasse da un corpo organico ad un corpo sintetico quando gli innesti superavano il 99% delle parti umane sostituite, se c’era qualcosa aldilà del pensiero inteso come insieme di impulsi elettro-chimici e di come la società, per quanto evoluta, fosse impreparata al nuovo salto evolutivo di una vita che si reinventava, vedendo nel cyborg la nuova umanità; nel film USA è tutto ristretto solo ad un esperimento (l’ennesimo esperimento segreto con cavie umane visto al cinema, l’ennesimo ad opera di una multinazionale potentissima, ricchissima e senza scrupoli, l’ennesimo tentativo di creare super soldati con meno spessore del plot della saga di Universal Soldier degli anni ’90 con Jean-Claude Van Damme) mal riuscito (ma si, rabbrividiamo al pensiero di quanti morti prima di arrivare a questo prototipo! Ma forse lo abbiamo già visto? Ooops!) ed alla fine tutto si riduce ad uno scontro a fuoco in stile RoboCop 2 e 3… No, mi dispiace: capisco che per chi non ha letto il manga o non ha visto i due film animati possa sembrare un gran film e così sarebbe se fosse originale ma non lo è, perché hanno preso l’Iliade, hanno finto che nessuno avesse letto di Polifemo ed hanno costruito una storia originale in cui la maga Circe andava a letto con il ciclope per costruire un resort ad Itaca! Figo, se non hai letto Omero, ma se lo hai letto t’incazzi!

      Infine Dunkirk (così ho toccato i tre punti più dolorosi, perché il resto delle nostre liste rispettive è solo de gustibus): tu lo disprezzi io invece lo considero un film importante… Si, perché per te è una deviazione da parte di Nolan verso un cinema autoriale, mentre per me è l’ennesimo tassello di un regista che ha saputo affrontare ogni volta un genere cinematografico diverso con uno stile personalissimo senza rinunciare alla spettacolarità ma mai banalizzando tutto abbnandonandosi solo a facili cliché.

      Dunkirk è un film innovativo, perché racconta senza troppa enfasi una pagina di storia apparentemente non eroica (o meglio, dove gli eroi non sono quei soldati che scappano in ritirata, ma i civili inglesi che si sacrificano per andarli a prendere), perché è un film di guerra senza una goccia di sangue ma senza nascondere i morti, perché parla della guerra con i nazisti senza mostrarli mai, perché i tre eroi protagonisti sono un opportunista che si mescola ai barellieri per fuggire prima degli altri, un ammiraglio inglese che decide di restare sulla costa insieme a quei soldati francesi che con i loro corpi hanno permesso la fuga dei britannici ed un pilota che compie il miracolo di abbattere un bombardiere a motore spento ed è quest’ultima forse l’unica concessione al cinema bellico tradizionale… Ma qui non c’è nulla di più di ciò che vediamo e comprendo come il film possa non piacere o anche solo non entusiasmare, ma penso anche che sia un tentativo onesto e come dicevo un’altra fuga del nostro cineasta in un genere che non aveva ancora toccato…

      Chiudo questa lunghissima carrellata sui film che più ci dividono, usando ancora una volta le tue meravigliose parole: “Perdonami se mi sono espresso in termini tanto negativi su un film che tu invece hai apprezzato moltissimo“… Come dire di più? Sei un amico e questo vale più di qualsiasi film, che si fottano tutti!

      Avrei una valanga di altre cose da dire su tantissimi altri film da te citati, ma ora non ho più tempo a disposizione e posso solo dirti: continua così, John!

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      • Mi fa piacere che il tuo giudizio su Madre! non sia completamente positivo, e in effetti mi sembrava troppo strano che un uomo con la tua intelligenza potesse promuovere in toto un film come quello.
        Tra l’altro, nel mio commento mi ero scordato di elencare un difetto di quel film che tu invece hai spiegato benissimo: è pieno di provocazioni CRETINE. Ben venga l’atteggiamento provocatorio se contiene una nota ironica, se fornisce degli spunti di riflessione, se è utile a strappare il velo dell’ipocrisia su questo o quel tema. Ma se invece provochi con la stessa intelligenza di chi si tira fuori l’uccello per strada, allora sei soltanto ridicolo.
        Riguardo a Dunkirk, sono d’accordo sul fatto che sia un film innovativo… ma purtroppo le sue innovazioni non mi sono piaciute per niente. 🙂
        Concludo con il mio amato Ghost in the Shell: effettivamente, la mia totale ignoranza in merito alla fonte originale può avermi portato a formulare un giudizio più generoso di chi invece quella fonte la conosce, e quindi è consapevole che con quella base di partenza si poteva fare di più. A questo punto, non escludo di dare un’occhiata al manga o all’anime.
        Avevo scritto “concludo”, ma strada facendo mi è venuto in mente un film che devi assolutamente vedere: “Lo strano mondo di Daisy Clover.” E’ uno splendido esempio di cinema nel cinema, con degli attori giovanissimi che poi sarebbero diventati delle pietre miliari della settima arte (Robert Redford e Christopher Plummer). Lo trovi in dvd. Grazie mille per i complimenti e per la risposta! 🙂

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        • Grazie a te e scusa per la monumentale prolissità della mia risposta, ma era tanto tempo che non parlavamo di cinema ed ho sentito il bisogno!
          Sul film di Robert Mulligan, beh, è uno dei capolavori USA anni ’60, un gioiello assoluto

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          • Complimenti per la tua cultura cinematografica: in molti non l’hanno mai sentito neanche nominare. Io stesso l’ho scoperto per puro caso: ho trovato un mini – catalogo dentro a un dvd, e sfogliandolo mi sono imbattuto in questo titolo così curioso, che mi ha incuriosito a tal punto da indurmi ad ordinare il dvd a scatola chiusa. Soltanto dopo ho scoperto che aveva un cast da urlo, e soprattutto che era un ottimo film.
            Colgo l’occasione per dirti che al 99% Domenica pubblicherò un nuovo post. Non so se sarà il post su “Jimmy Dean, Jimmy Dean” a cui ti accennavo nel primo commento, oppure una recensione di “The Post”; tuttavia, è più probabile la prima ipotesi. A presto! 🙂

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  7. Kasabake, Kasabake…
    … manco da parecchio su WordPress (ho abbreviato Denise Cecilia), ma non avrei potuto trovare migliore goduriosità ad accogliermi.
    I tuoi post ed i commenti sono sempre adorabilmente succosi e nutriti; e s’intende che ho già carpito dal mucchio qui presentato diversi titoli subito aggiunti al mio carnet di wishlist per ogni occasione.
    Disgraziatamente non ho nulla da dichiarare sui film usciti in sala in questo 2018 (e nemmeno nel 2017, se ben ricordo), poiché al cinema non ci messo piede… il karma dell’anno ha stabilito che così fosse. Ho viaggiato soprattutto in dvd.
    Ma dacché anche Wwayne – a proposito: grazie – l’ha fatto, male non sarà se riporto qui sotto i film da me visti durante gli ultimi 365 giorni. (I cancelletti indicano, alternativamente o insieme, quelli migliori per qualità e/o quelli che personalmente mi son goduta di più, a prescindere da ogni valutazione e merito artistico). Ciao! Babadook – Jennifer Kent [con Lucia]
    68. Now you see me II – Jon M. Chu
    69. Amabili resti – Peter Jackson
    70. Fargo – Joel & Ethan Coen #
    71. The nice guys – Shane Black #
    72. Loro chi? – Francesco Miccichè, Fabio Bonifacci #
    73. Salò, o le 120 giornate di Sodoma – Pier Paolo Pasolini #
    74. 10 Cloverfield Lane – Dan Trachtenberg
    75. Jackie Brown – Quentin Tarantino

    [ottobre]
    76. L’uomo che non c’era – Joel Coen #
    77. The Amityville horror – Stuart Rosenberg
    78. Lights out – David F. Sandberg
    79. Mean creek – Jacob Aaron Estes #
    80. Pulse (Kairo) – Kiyoshi Kurosawa
    81. Goodnight mommy (Ich seh, ich seh) – Veronika Franz, Severin Fiala
    82. The visit – M. Night Shyamalan
    83. Focus – Glenn Ficarra, John Requa
    84. Dark places, nei luoghi oscuri – Gilles Paquet-Brenner
    85. In fondo al bosco – Stefano Lodovichi #
    86. Segreti e bugie – Mike Leigh

    [novembre]
    87. La versione di Barney – Richard J. Lewis #
    88. Argo – Ben Affleck
    89. The words – Brian Klugman, Lee Sternthal
    90. Vacancy – Nimrod Antal
    91. Sully – Clint Eastwood
    92. Drag me to hell – Sam Raimi #
    93. A bigger splash – Luca Guadagnino
    94. Point break – Kathryn Bigelow #
    95. Angel heart – Alan Parker #

    [dicembre]
    96. La casa – Sam Raimi
    97. Commando – Mark L. Lester #
    98. Il segreto dei suoi occhi – Billy Ray #
    99. La casa da gioco – Jerry Hopper
    100. J. Edgar – Clint Eastwood
    101. The dressmaker – Jocelyn Moorhouse #
    102. La ragazza del treno – Tate Taylor
    103. Before I go to sleep – Rowan Joffe
    104. Quella casa nel bosco – Drew Goddard #
    105. King Kong – Peter Jackson #
    106. Memento – Christopher Nolan #
    107. Flight – Robert Zemeckis #
    108. Le iene – Quentin Tarantino #
    109. Frozen – Adam Green
    110. Amadeus – Milos Forman #
    111. Una notte al museo – Shawn Levy #
    112. Get shorty – Barry Sonnenfeld #
    113. Una notte al museo 2 – Shawn Levy
    114. Una notte al museo 3 – Shawn Levy #
    115. Il senso di Smilla per la neve – Bille August #
    116. C’era una volta in America – Sergio Leone #
    117. Trust – David Schwimmer #
    118. Se Dio vuole – Edoardo Falcone #
    119. Hoffa – Danny de Vito

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    • Whao! Una bella listona di film! Una cosa che mi ha sempre colpito, anche quando lo vedo fare dai due amici Wwayne e Lapinsu (il secondo che condivide anche la check list del suo profilo IMDB con tanto di voti…), è questo considerare tutti assieme i film vecchi e nuovi, cosa che io non riuscirei mai a fare, per un atavico bisogno di ordinare il caos interiore in una forma esteriore molto strutturata… E non scommetterei un centesimo sul fatto che il mio sia sistema giusto, anzi!

      Mi scrivi anche che il tuo pseudonimo “Celia” è in realtà l’abbreviazione di “Denise Cecilia”, nome che se non erro non usavi nemmeno nelle tue ultime frequentazioni su WordPress… Ricordo male?

      In ogni caso ti ringrazio per la stima e le belle parole: fingo di non essere vanesio, ma sotto sotto godo a sentirmi lodare!!

      Grazie ancora, Celia.

      P.S. Aldilà di quelli da te segnalati con l’hashtag, i quasi 120 film da te visti sono quasi tutti bellissimi film, con picchi di eccellenza assoluta, ma ci vorrebbe un blog intero per commentarli tutti, così come ne avrei almeno altrettanti da consigliarti… Tuttavia, come dicevo a Lapinsu, siamo esseri umani e non divini e come tali, ahimé, vittime della caducità!

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      • Ho cambiato leggermente l’alias per svecchiare e ripartire da zero, come periodicamente sento il bisogno di fare 🙂

        Probabilmente se fossi una frequentatrice più assidua delle sale cinematografiche sceglierei anch’io di stilare, oltre ad un elenco globale di film visti, anche uno che comprenda ed isoli i titoli più recenti usciti esclusivamente nell’anno appena trascorso… ma, al di là della scarsa o forte frequenza, nel mio carnet ci sarà sempre una preponderanza di film visti in televisione, dvd, o tutt’al più streaming gratuito; per svariate ragioni: economiche, di comodità, di necessità di vedere (almeno la sera) solo cose sottotitolate stante che mia madre è sorda e si muove fuori casa ben poco, quindi ha bisogno che le si venga incontro.
        E poi mi piace saltabeccare tra generi, stili, autori, epoche e tecniche diverse – per lo più sull’onda della curiosità e della goduriosità, comunque 😉

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        • Che bella risposta, Celia! Dico sul serio, perché spesso ci si nasconde dietro a motivazioni fantasiose per le proprie scelte, quando invece l’immanenza è ciò che determina nella stragrande maggioranza dei casi le nostre scelte.
          Il fatto poi del deficit uditivo di tua mamma, che ti spinge inevitabilmente a vedere film sottotitolati e pertanto, a quel punto, goderti anche il parlato in lingua originale, sembra qualcosa uscito dalla sceneggiatura di una commedia drammatica francese ma ora sto divagando.
          Grazie, comunque, sempre delle belle parole e dei tuoi commenti!

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          • Ahah, temo di doverti deludere: film in lingua non ne vedo quasi per niente (si chiama pigrizia, ma cerco di presentarla onorevolemente 😀 ).
            Di sicuro potremmo discutere non dico per ore, ma per giorni sui sottotitoli, i loro possibili usi anche da udenti, i loro difetti, la produzione, le scelte commerciali (in particolare Rai, perché quelli forniti dagli appalti Mediaset già sono una buona spanna sopra). Per i dvd poi la cosa si fa interessante quando la sceneggiatura originale viene resa in modi improbabili o inadatti, ma proprio per questo spassosi… 😉
            Io ormai, anche quando me li vedo da sola e non sono bisbigliati metto comunque i sottotitoli. Ho un deficit lieve, ma fanno comodo 😀

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            • Questo dettaglio mi fa venire in mente una cosa che ho cominciato a fare recentemente: siccome io, mia moglie e mio figlio abbiamo cominciato ad avere orari di lavoro molto diversi e spesso sfalsati fra loro, mi è capitato di poter vedere la prosecuzione di alcuni serial televisivi in orari in cui dovevo tenere il volume della TV bassissimo e spesso non capivo nemmeno cosa stessero dicendo i personaggi; cominciai così, in quelle occasioni, a usare i sottotitoli che Sky mette a disposizione sempre per ogni suo prodotto d’importazione, film o fiction non fa differenza ed a quel punto tanto valeva piazzare l’audio nella lingua originale, tanto ascoltavo poco e leggevo molto; divenne con le settimane una vera abitudine, che non smisi di seguire anche quando potevo alzare il volume, perché, ti potrà sembrare bizzarro, mi ero abituato alla voce originale di ogni attore, prima solo bisbigliata e poi, negli orari in cui non disturbavo, nel tono e volume normale; quando finalmente fu trasmessa l’altalenante fiction di Patrick Melrose (con una prima puntata sublime, una quinta ed ultima fenomenale ed in mezzo solo noia e manierismo) non riuscivo a resistere al fastidio di udire Cumberbatch recitare doppiato in italiano ed avevo un vero e proprio bisogno (come un tossico in astinenza) del parlato originale!

              Adesso alterno le visioni doppiate a quelle originali, come nel caso della grandiosa (per ora) Terza Stagione di Trieste Detective che sto seguendo con grande soddisfazione sottotitolata…

              Come vedi, nel mio caso, nessun merito culturale ma qualcosa nato dalla necessità e dalle circostanze!

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              • Sì, capita anche a me… del resto la voce è un elemento fondante della personalità, alterare la voce di qualcuno è come metterle in faccia una maschera (non a caso uno dei film più terribili, nonostante le pecche, visti quest’anno e che scorderò difficilmente è stato Goodnight mommy – l’horror dovrebbe sfruttare meno il visivo e più altri sensi, magari; senza arrivare a far ronzare la moglie quando parla si possono ottenere effetti strepitosi 😀
                C’è una vasta letteratura in neurologia da cui pescare, per rendere l’idea di come sia non riconoscere, anche solo per certi dettagli, una persona che dovrebbe esserci familiare o addirittura intima. Ma anche cosucce meno disturbanti eppure altrettanto interessanti ed inquietanti (Freud direbbe perturbanti…): una sera a teatro (durante l’attesa, e mentre mi ci recavo) ho avuto per diverse ore la sensazione di riconoscere… tutti. Cioè, mi pareva di conoscere quelli che mi stavano attorno, di essere ad un passo con ciascuno dal ricordare chi fossero e dove li avessi incontrati e in che rapporti ero con loro, però, ecco, non mi capitava con una o due persone; ma con i tre quarti dei presenti. Intuibilmente qualcosa non quadrava…O.o

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                • Molto affascinante l’ultima parte del tuo commento ed anche intrigante, come una forma di estraniazione, come quando sogniamo di vederci dall’esterno, noi che non siamo mai in grado di vederci di spalle nemmeno con i migliori specchi e trasaliamo quando in un filmato ci riprendono da dietro e così è per la voce, sempre diversa quando ascoltiamo una nostra registrazione del quello che sentiamo internamente quando parliamo… Sono sottili sbavature e stonature, in bilico sull’orlo della paranoia o dell’ossessione compulsiva… Ora ti ringrazio per la piacevolissima chiacchierata e ti auguro una buona Domenica!!

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  8. La prima parte dell’elenco se l’è mangiata…:

    [gennaio]
    1. Storie pazzesche – Damián Szifron #
    2. Whiplash – Damien Chazelle
    3. Child .44 – Daniel Espinosa
    4. Il sapore del successo – John Wells
    5. In ordine di sparizione – Hans Petter Moland #
    6. Samba – Eric Toledano, Olivier Nakache
    7. The millionaire – Danny Boyle
    8. Educazione siberiana – Gabriele Salvatores
    9. Il caso Spotlight – Tom McCarthy #
    10. Caccia al ladro – Alfred Hitchcock #
    11. Cosmopolis – David Cronenberg
    12. A single man – Tom Ford #
    13. Il banchetto di nozze – Ang Lee
    14. Bus in viaggio – Spike Lee

    [febbraio]
    15. Diverso da chi? – Umberto Carteni
    16. Il rito – Mikael Hafström
    17. La rapina perfetta – Roger Donaldson
    18. The wolf of Wall Street – Martin Scorsese
    19. Ave, Cesare! – Joel & Ethan Coen
    20. Boris – Giacomo Ciarrapico

    [marzo]
    21. La buca – Daniele Ciprì
    22. Buoni a nulla – Gianni di Gregorio

    [aprile]
    23. Il ponte delle spie – Steven Spielberg
    24. Lo chiamavano Jeeg Robot – Manetti Bros. #
    25. Una separazione (Nader and Simin) – Asghar Farhadi #

    [maggio]
    26. Django unchained – Quentin Tarantino #
    27. Cena tra amici (Le prenom) – Matthieu de la Porte, Alexandre de la Patellière #
    28. Il nome del figlio – Francesca Archibugi
    29. Accordi e disaccordi – Woody Allen

    [giugno]
    30. Lo squalo – Steven Spielberg
    31. Everest – Baltasar Kormakur
    32. The hateful eight – Quentin Tarantino
    33. Fury – David Ayer #
    34. Gli invisibili – Oren Moverman
    35. The walk – Robert Zemeckis #
    36. Secret window – David Koepp
    37. Room – Lenny Abrahamson #
    38. Quel treno per Yuma – James Mangold
    39. Macbeth – Justin Jurzel
    40. Race, Il colore della vittoria – Stephen Hopkins

    [luglio]
    41. Munich – Steven Spielberg #
    42. Nodo alla gola – Alfred Hitchcock
    43. Chiamatemi Helen – Gregor Schnitzler
    44. The gift, Regali da uno sconosciuto – Joel Edgerton
    45. Citizenfour – Laura Poitras
    46. Prisoners – Denis Villenueve
    47. Frenesia del delitto (Compulsion) – Richard Fleischer #
    48. It follows – David Robert Mitchell #
    49. Saving Mr. Banks – John Lee Hancock

    [agosto]
    50. L’infernale Quinlan – Orson Welles
    51. Non sposate le mie figlie! – Philippe de Chauveron
    52. Bed time – Jaume Balagueró
    53. Le vite degli altri – Florian Henckel von Donnersmarck #
    54. Insoliti criminali (Albino alligator) – Kevin Spacey
    55. Poltergeist – Tobe Hooper
    56. Leviathan – Andrey Zvyagintsev #

    [settembre]
    57. Paranormal activity – Oren Peli
    58. Chiedi alla polvere – Robert Towne #
    59. Questione di karma – Edoardo Falcone
    60. Heart of the sea – Ron Howard
    61. Come Dio comanda – Gabriele Salvatores #
    62. Un’ottima annata – Ridley Scott
    63. Now you see me – Jesse Eisenberg
    64. La preda perfetta – Scott Frank
    65. La classe (Entre le murs) – Laurent Cantet
    66. Babadook – Jennifer Kent #
    67. Pulp fiction – Quentin Tarantino #

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    • Grazie per la citazione Celia! Di tutti i film che hai elencato i miei preferiti sono:

      Il rito
      Ave, Cesare!
      Django Unchained
      Pulp Fiction

      Li ho elencati in ordine crescente di bellezza, e ho volutamente evitato di citare The Nice Guys, perché a mio giudizio questo è più di un semplice film: è una vera e propria operazione culturale, tesa ad attualizzare un genere (il buddy movie) che sembrava praticamente morto molti anni prima della realizzazione di questo film. Non a caso, a questo film ho dedicato ampio spazio in un post molto importante, quello che ho scritto per il decimo compleanno del mio blog. Se vuoi leggerlo, eccolo qua: https://wwayne.wordpress.com/2018/07/01/i-10-film-piu-belli-consigliati-da-lapinsu/

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      • Il rito, mica male. Non mi aspettavo granché, invece ha qualcosa da dire (senza spargere vomito).
        Ave, Cesare! invece mi ha deluso: l’ho persino inserito in una mini-classifica dei peggiori. L’ho trovato noioso e sconclusionato (non a causa delle recensioni negative lette, va detto: in genere io tendo a diffidare ed accogliere bendisposta la qualunque).

        Vado senz’altro a leggermi il post 🙂 The nice guys, oltre ad essere un gran film, è dichiaratamente metacinema e come tale ha un valore aggiunto inestirpabile.

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