Kasabake: dalle stelle alle stalle e ritorno…

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Tra le tante creature della mitologia giapponese ed in particolare tra gli yokai (demoni, spirito o apparizioni) , il Kasabake è certamente uno dei più conosciuti. Come dice il suo stesso nome (“kasa” nel senso di ombrello e “bake” nel significato di spettro) è raffigurato per lo più come un ombrello, con una gamba al posto del manico,  un solo occhio ed una bocca da cui fa linguacce di scherno agli umani.

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La natura del Kasabake è quella di uno tsukumogami ossia uno spirito-artefatto, uno yokai generatosi da un oggetto di uso comune: la credenza popolare giapponese, infatti, sostiene che i vecchi oggetti posseduti dagli uomini, raggiunta una certa età (almeno 100 anni si dice), abbiano la predisposizione ad animarsi ed in alcuni casi a prendersi bonariamente gioco delle persone.

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Il discorso sugli tsukumogami è complesso, tanto che la natura benevola o malvagia dello spirito-artefatto nato dall’oggetto sarebbe determinata dalla condizione e del rapporto avuto con l’oggetto stesso: quelli abbandonati senza alcun rispetto diventerebbero difatti spiriti malvagi, mentre tutti gli altri effettuerebbero solo brevi apparizioni nel mondo degli umani, ma senza fare del male a nessuno ed anzi giocando e burlandosi di noi.

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Insieme al Kasabake, nostro nume tutelare, è giusto ricordare altri tsukumogami famosi e presenti in molti manga ed anime, come i Bakezori (sandali di paglia), il Chochinobake (la lanterna fantasma), il Fusuma (kimono usato come pigiama o vestaglia da camera) ed il Kameosa (otre di sake).

Perché tutto questo?

Perché chi mi conosce sa che ho passato molti anni nel mondo del fumetto, chi invece non mi conosce lo sta imparando ora: non sono mai stato un autore (uno scrittore o un disegnatore), ma da accanito ed appassionato lettore, un giorno con un gruppo di amici, feci il grande passo verso l’imprenditoria e tutti assieme fondammo una società, che all’inizio si occupò solo di una piccola rivendita di albi per collezionisti, trasformandosi poi negli anni in un mega-store, con anche libri d’illustrazione, role-game, board-game, gadget, musica, film e serie tv in vari supporti.

Con la nostra società cominciammo persino ad importare ed a tradurre opere dall’estero, nonché ad organizzare incontri tra gli autori ed il pubblico ed anche affollate gare di cosplayers: ancora oggi si ricorda un emozionatissimo giorno del lontano 2001, in cui la talentuosissima Giorgia Vecchini (aka Giorgia Cosplay), per accompagnare una sua fantastica esibizione in cosplay al concorso da noi organizzato a Bologna, creò e cantò una parodistica cover di Zankoku na tenshi no these, brano di apertura della colonna sonora dell’anime Neon Genesis Evangelion, di cui oggi è quasi impossibile ritrovare l’audio originale.

Quando fummo sul tetto del mondo e potevamo con le dita accarezzare quelle nuvole che da bambini vedevamo solo da lontano, quella sorta di grande mongolfiera, che avevamo gonfiato (troppo) con i nostri sogni e le nostre speranze, crollò di botto, fracassandosi al suolo con un frastuono assordante, di cui ancora sono rimaste gli eco e come l’equipaggio del LZ 129 Hindenburg, noi tutti bruciammo vivi durante la caduta: la nostra pelle diventò cenere e per mesi e mesi, senza nulla che ci proteggesse, qualsiasi cosa poteva ferirci; poi, lentamente, la pelle ricrebbe e le cicatrici cominciarono a sbiadire, lasciando sgradevoli scoloriture sul corpo.

Metropolis

Di quell’esperienza, oggi mi è rimasto senz’altro l’amore per tutto ciò che è entertainment: in primis, per il Cinema nella sua interezza, dall’espressionismo tedesco di Fritz Lang e Murnau, alla Nouvelle Vague di Truffaut ed i suoi amici dei Cahiers du Cinéma, dal cinema statunitense dei grandi maestri del bianco e nero, al cosiddetto “nuovo cinema” di Spielberg, Milius e Scorsese, dal post-neorelismo di Fellini, al cinema indipendente del Sundance Film Festival, dal noir francese alla Jean-Pierre Melville, alla new age di Luc Besson, dal concettualismo e l’eleganza formale di Ingmar Bergman, alla spietata eterodossia di Lars von Trier, dalle nudità semplice e pecorecce di Gloria Guida ed Edwige Fenech, alla stordente femminilità delle dive di ieri e di oggi, incantandomi negli specchi coperti di Sunset Boulevard o emozionandomi negli inseguimenti mozzafiato di Bad Boys, piangendo mentre la mamma elefantessa culla con la sua proboscide da dentro la gabbia il piccolo Dumbo e sbellicandomi di risate ogni volta che i perfidi e politically uncorrect Peter e Bobby Farrelly prendevano di mira una categoria umana disagiata, ammirando l’intelligenza che si libra sullo schermo quando Kurosawa dirige i suoi samurai mentre corrono nelle lunghe trincee di Kagemusha o mentre Kubrick segue i marines che avanzano in pattuglia sotto il fuoco nemico di Full Metal Jacket, soppesando ammirato l’insostenibile decadenza e vaghezza della corte di Versailles nella Marie Antoinette della Coppola e morendo lentamente in modo empatico con i due anziani protagonisti di Amour di Michael Haneke, perché io il cinema lo divoro in modo onnivoro, tutto, ma proprio tutto.

Uncle-Scrooge-by-Carl-Barks

Poi, senz’altro, è decisamente sopravvissuto il mio vecchio amore, il fumetto, dalle prime letture fatte da bambino con i classici Disney (quelle meravigliose e maestose creazioni piene di fantasia e senso dell’avventura che scoprì da grande essere opera di maestri come Carl Barks, Floyd Gottfredson, Romano Scarpa, Massimo De Vita), proseguendo con le avventure di Asterix di Goscinny ed Uderzo, evolvendomi piano, piano, con tutti gli artisti della “ligne claire” franco-belga come Hergè e Jacobs e poi con il fumetto d’avventura nord e sud americano di Alex Raymond, Chester Gould, Héctor Oesterheld, Juan Zanotto.

Arkham-Asylum

La corsa alla lettura diventò presto quasi una discesa libera, velocissima in mezzo all’esplosione dei fumetti supereroistici prima DC e poi Marvel, con il candore e la netta divisione tra buoni e cattivi della prima ondata e l’ambiguità morale della seconda e la complicatezza caratteriale dell’età moderna, infine l’invasione dei manga, con le loro linee cinetiche, le loro storie con i finali aperti, i loro eroi, i  loro demoni e la loro moralità così esotica.

L’elenco delle “cose” che hanno vissuto e che vivono con noi è lunghissimo, così come tanti sono i ricordi a loro legati e tante le emozioni che essi stessi ci fanno provare facendoci tornare alla mente alcuni momenti importanti, belli e brutti che siano.

Mi piace pensare agli oggetti che ci circondano e che ci hanno accompagnato nella nostra vita come a dei compagni di viaggio silenziosi; mi piace ossia fantasticare che tutti quei sentimenti di amore e di odio, di passione o ripulsa che sin da bambini riversiamo su di loro in qualche modo lascino su di essi un segno (dai pupazzi e coperte, oggetti di amore transizionale dell’infanzia, fino alle odiate stampanti a getto d’inchiostro che si bloccano dell’età adulta, dalla prima bicicletta o primo motorino fino alla prima auto, dal cappello o la t-shirt con cui ci siamo innamorati della nostra prima/o compagna/o fino alla consolle di videogiochi che ci ha visto soffrire e urlare e gioire).

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Ma il kasabake è comunque uno yokai, un demone, uno spiritello sbeffeggiante e con il suo occhio vede noi e il nostro mondo da un altro punto di vista e come tale vorrei che così fosse questo blog, sguazzante nel mainstream senza paura snobbistica di sporcarsi nella melma del comune percepire, ridendo di ciò che fa ridere e piangendo di ciò che fa piangere, ma con un piede fuori dal flusso principale, tenendo ben chiaro l’elogio brechtiano del dubbio e ponendosi sempre l’antica domanda “cui prodest” (a chi giova) ogni qual volta qualcosa ci sembra troppo bella o troppa brutta e soprattutto quando ci sono troppi interessi in gioco.

Oh, oh, una premessa altezzosa e presuntuosa, si dirà e forse questa accusa è vera, ma tant’è… ci si vuol provare!


58 pensieri su “Kasabake: dalle stelle alle stalle e ritorno…

  1. Che presentazione stupenda! Letta con una fluidità disarmante, accompagnata da approfondimenti e informazioni interessanti che caratterizzano la tua scrittura! Il tuo stile traspone una conoscenza davvero molto vasta della lingua. In questi ultimi mesi sto leggendo di tanti ragazzi e ragazze molto bravi, ma ritengo tu sia tra i pochi da cui trarre insegnamenti, un abbraccio!

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    • Come dicevo in un commento nel tuo stesso blog cinemanometro, sono onorato, molto più di quel che pensi, te lo assicuro, dato che non siamo amici ma solo “colleghi” che si leggono e si scrivono e questo da solo vale già più di mille riconoscimenti… Pi un premio è sempre un premio caxxo!
      Come ti ho scritto sempre sul tuo blog, sto preparando un post per l’occasione!!

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    • E questo è solo perché ho finito i soldi e non posso permettermi di comprare il pacchetto premium! Tzè!!

      P.S. Molta “sobria” ed elegante la tua nuova veste… essenziale ma efficace

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        • Ovviamente sono pienamente d’accordo con te, la mia era solo una battuta…
          Non ci spenderei nemmeno un centesimo per migliorare la grafica, ci mancherebbe!
          Magari sbattersi un po’ per ttrovare le immagini, ecco, quello si, perché è anche divertente, ma pagare per pubblicare post senza fini di lucro è un controsenso!

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            • Molto più che un dritto… era proprio un volpone!
              Si è appropriato della frase di Catone che tu hai citato (Rem tene, verba sequentur), con cui il famoso censore bacchetteva coloro che usavano solo belle parole ma non padroneggiavano l’argomento e poi l’ha trasformata di fatto in una sorta di istruzione da manuale per il provetto oratore nel suo “De Oratore”…
              rerum enim copia verborum copiam gignit; et, si est honestas in rebus ipsis, de quibus dicitur, exsistit ex re naturalis quidam splendor in verbis – infatti l’abbondanza della materia produrrà l’abbondanza delle parole e se gli argomenti dei quali si parla hanno una loro bellezza esteriore, le parole acquisteranno da essi un certo naturale splendore
              Sono passati più di 2000 anni ma ne abbiamo ancora da imparare dagli antichi romani…
              Tu sei andato a memoria, io invece ho dovuto tirare fuori il libro di quando facevo il classico!
              La memoria… come dice mia moglie ce l’ho ad intermittenza, modo elegante per dire che l’ho solo per le cose che m’interessano di più…

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                • A proposito del latino, sono andato prima cercare sul tuo blog se trovavo una qualche tua recensione del film di Mel Gibson “La passione di Cristo“… Tu, che come me hai fatto il liceo, cosa hai pensato quando hai visto il film? Non ti è sembrato molto scolastico quel latino? Al di là del film, dico… Che per altro ha l’indiscutibile pregio di aver fatto recitare bene perfino Monica Bellucci..

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                  • Fu una scelta coraggiosa quella di Gibson: far recitare attori in latino e aramaico è roba pesante.
                    All’epoca avevo finito il liceo già da qualche anno quindi “avevo perso l’orecchio” e non feci molto caso alla qualità lessicale e sintattica dei dialoghi.
                    Però leggendo il tuo commento e ricordando che i dialoghi in latino praticamente li capivo tutti anche senza leggere i sottotitoli ho fatto 1+1…
                    Tuttavia credo sia stata anche una scelta obbligata, quasi logica: il latino di un Cesare o di un Livio si fa preferire in contesti del genere a quello di Tacito o magari proprio del sopracitato Cicerone (che però è quello con lo spettro stilistico più ampio).

                    Al di là di queste dissertazioni linguistiche, a te il film come è parso? A me non ha convinto del tutto: ho trovato subdolo, al limite del paraculo, aver raccontato in maniera estramamente parziale la storia della passione di Cristo che quindi ha assunto connotati e significati che forse non le sono del tutto propri. E la mia considerazione la faccio al netto di pregiudizi religioso perchè io di religioso ho proprio poco…

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  2. Sarò molto sincero con te, Lapi: “La Passione di Cristo” è un film quasi inclassificabile, perché viene raccontata da Gibson (che sappiamo, dalle sue stesse dichiarazioni pubbliche, essere “ultra-cristiano, oltranzista ed estremista) la storia di Gesù con lo stesso fervore e la stesso spirito manicheo e la stessa faziosità con cui un estremista islamico dipingerebbe il mondo.
    Nel film di Gibson non c’è alcuna traccia di analisi storica, di dubbio, di contraddittorio, nessuna analisi e nessuna fredda astensione di giudizio, ma solo fede cieca ed obbediente: non mi sono potuto porre di fronte alla sua opera nemmeno con quel senso di distacco che riesco ad avere quando guardo una pellicola di propaganda, come quelle fatte dalla Leni Riefenstahl per il regime nazista, perché almeno là si vedeva la volontà razionale di convincere e non l’adesione fideistica ad un ideale.
    Tutto quello che di negativo hai segnalato tu pertanto è assolutamente confermato anche dalle mie impressioni ed anzi vado oltre, nel definire storicamente inaccettabile il film.

    Tuttavia, nello specifico filmico, l’opera è impressionante e questo la rende, in qualche modo, diabolica!

    E’ senza dubbio il film tecnicamente meglio realizzato da Gibson, con recitazioni di livello altissimo (Jim Caviezel non ha mai più recitato così bene e la figura della Maria Vergine interpretata da Maia Morgenstern strappa il cuore per lo strazio che riesce a trasmettere, infine anche la Bellucci è incredibilmente convincente in un’appassionata Maria Maddalena) e sequenze girate in pieno stato di grazia: tutta la lunghissima scena della flagellazione del Cristo, con il crescendo delle fruste sempre più acuminate, il colore rosso scuro del sangue che cola sulle pietre del pavimento e poi il sadismo demoniaco, inculcato da Satana, che scorre invisibile dietro gli astanti, influenzandone le azioni, attraverso lo sguardo indefinibile della rivelazione Rosita Celentano, tutto questo e tanto altro sono di un bellezza rara e nelle mani di Gibson diventano la sublimazione della sequenza della tortura inflitta al personaggio di William Wallace in “Braveheart”.

    Alla fine questo è quello che resta di un film per me ingiudicabile ed inclassificabile: l’opera somma e magistrale di un uomo di cinema che ha palesemente lavorato in piena ispirazione religiosa, senza un dubbio o un anelito di raziocinio, costringendo a lacrime, sangue e sudore la troupe e gli attori, creando la sua personalissima “Apocalypse Now” e giocando con la figura più celebrata al cinema di tutti i monoteismi.
    Mah!

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    • Al solito enciclopedico ed esaustivo, hai raccolto perfettamente tutti i difetti e i pregi del film.
      Sentii qualcuno definirlo addirittura pornografico per via dell’ostentazione della carnalità della sofferenza. Benchè forzata, non è una definizione troppo azzardata.

      Sul fondamentalismo di Gibson stenderei proprio un velo pietoso. Ricordo che una volta lessi un’intervista di Sergio Rubini (uno dei Ladroni nel film) il quale raccontava che durante le riprese c’era sempre un nutrito gruppo di religiosi a pregare in sottofondo e che tutti i giorni il regista obbligava gli attori a fare la comunione. Tant’è che lui quando si rinchiudeva nel camerino sentiva l’esigenza di bestemmiare a mitraglia per rappresaglia a quella soverchiante atmosfera da Santa Inquisizione.

      PS: permittimi di sdrammatizzare con una battuta facile facile sulla Bellucci. E ci credo che qui ha recitato bene, la mignotta è un ruolo che gli viene naturale 😀

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      • Secondo me il peggio la Bellucci lo da quando si doppia da sola, ma questo è un vecchio discorso sulla profonda tristezza della quasi totalità degli attori italiani che parlano nei film come se fossero a teatro ossia in dizione e questo li rende atoni e fastidiosissimi…

        Sai che non conoscevo l’aneddoto di Rubini riguardo il sottofondo di preghiere? Un bellissimo TIL che faccio subito mio… non si finisce mai d’imparare… ora mi preparo qualcosa da bere e mi finisco con calma di leggere il tuo pezzo sulla nuova classifica… Ad maiora!

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    • A leggere questa parte (anche se logica vuole che si legga subito) non c’ero ancora arrivato. Sono basito da questo “commento” per usare un eufemismo. E’ grandioso, avevo solo acceso il pensiero, dico a suo tempo, ma non avrei saputo trovare le parole per dirlo, ma proprio nemmeno una. Mi hai aperto gli occhi Kasa, ora ho capito che prima di aprire bocca è meglio passare per il tuo “blog” (sempre per usare un eufemismo), così mi leggo tutto quello che devo leggere e così capisco che la bocca è meglio che la tengo chiusa.
      Non so se mi sono spiegato… però mi sembra una considerazione intelligente no?

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  3. Kasa, scusa se uso questo spazio ma non hai i contatti!
    Dato che è appena finita (sigh sob) la seconda stagione, mi chiedevo cosa ne pensassi di “The Leftovers”, ma non l’ho vista tra le serie recensite.
    Mi tocca fare un post! 😀

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    • Grandissima Silmarien!!

      Hai fatto benissimo a scrivere qui o in qualsiasi altro post… perché, si, effettivamente non ho uno spazio commenti ed è stupido non averlo… provvederò quanto prima, thanx!!

      Dal tuo commento, inoltre, capisco che ti guardi le seri in originale, perché il decimo episodio di Leftovers seconda stagione è andato in onda negli USA ieri… quindi sei più aggiornata di me, che lo seguo su SKY in italiano (c’è così poco distacco…) e questo ti fa onore..

      Ciò che però ho apprezzato di più è che anche tu appartieni alla ristretta (ahimè) cerchia degli estimatori di questa serie meravigliosa, di cui amai la prima stagione e di cui ho ancora di più adorato la seconda.

      Se mai avessi pensato di fare un post, ti prego fallo!

      Sarei felicissimo di leggerlo, anche per tutte le chiacchiere bellissime che ho sempre fatto con te sulle fiction…

      Io scrissi sulla prima stagione, ma in modo “tangente”, quasi di striscio (era un Kasa Shots) e di certo se mai facessi una recensione, ci metterei un secolo per il troppo arretrato che ho, ma quanto apprezzerei se lo facessi tu!!

      Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego, ti prego, ti prego…

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  4. Io guardo tutto in originale!
    Sono tra quelli che disdegnano il doppiaggio e non perché in Italia non sia fatto bene, sappiamo bene quanto i nostri doppiatori siano bravissimi, ma perché quando ascolti l’originale non riesci più a reggere altro!
    Ogni voce ti sembra finta a dismisura, senza contare poi le traduzioni spesso deliberatamente stravolte!
    Certamente in qualunque processo di traduzione si perde il senso “reale” di quanto si voleva dire, ma a me sembra che a volte (forse di frequente) si tenda a rendere il tutto più semplice per soddisfare l’italiano medio e la sua scarsa voglia di far fatica a comprendere.
    Succede anche nei titoli letterari e dei film, dove non c’è la scusa di fare sincronizzare parlato originale e doppiaggio!!!
    E poi, vogliamo mettere il dolce suono della lingua inglese? Sentire le differenze di accento e di slang tra americani e britannici? E quelle ancora più impossibili da capire dei, per così dire, dialetti?
    Insomma, è il modo migliore per imparare non solo una lingua ma capire anche un popolo… anzi, due!

    Ma questo non è un dibattito su quanto sia bello guardare i film in lingua originale, sorry.
    Sono contenta, kasa che anche tu guardi questa fantastica serie, mi sembrava infatti strano, uno come te!
    Magari potrei approfittare di questo post per inaugurare il mio nuovo blog: una bella recensione su “The Leftovers”, serie che guardiamo in due, farei un successone 😀
    Scherzi a parte, è molto complessa e non so se sono all’altezza (soprattutto adesso che mi hai invitato a farlo, mi metti sotto pressione :D) ma è tra le cose che farò perché sono curiosa di sentire le idee e le opinioni di altri. Finora non ho trovato nessuno con cui discuterne.

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    • Inizio a risponderti qui e poi continuo sull’altro commento: spero che chiunque stia leggendo o leggerà questo nostro scambio di opinioni sia interessato quanto me soprattutto curioso di guardare il tuo nuovo blog, dove ti basterà ospitare le stesse riflessioni che normalmente e senza sforzo condividi con me quando parli per essere più interessante della media.

      Non ricordo una sola occasione, lo giuro, in cui il tuo pensiero non sia stato più che intelligente (inteso proprio nell’accezione epistemologica di capacità di analizzare le strutture), acuto (perché non noti l’ovvio) e affascinane (perché appassioni quando parli), ma quelli erano solo commenti, quindi con un codice linguistico e sintattico “umile”, non propositivo: in un tuo nuovo blog, quel valore contenutistico troverebbe per forza una forma comunicativa che ti renderà imperdibile!

      Non ha senso che tu ti senta sotto pressione, perché davvero ti basterebbe prendere ciò che dici normalmente e trascriverlo in un post e già io lo leggerei subito e come me altri.

      Tra i due, ti farai dei nemici, perché finché si vola bassi, non si attira l’attenzione di nessuno, ma quando si comincia a parlare ad alta voce, si richiama l’attenzione di chi ci vorrebbe mediocri, per non sfigurare egli stesso.

      Sul discorso del guardare in originale, noterai come nel mio blog io praticamente non uso mai il titolo italiano di un film o di un libro o di una fiction, perché tradurre e sempre un po’ tradire e spesso questo avviene in modo indecoroso: hai detto delle parole sacrosante, da incorniciare e questo ti fa davvero onore.

      Essendo ancora nel mio blog, non sarà maleducato (come sarebbe se fossi ospite altrove) citare un mio post, che penso condivideresti e con cui saresti d’accordo: La Sindrome del Tacchino Selvaggio.

      Pensa che bello un tuo post sul medesimo argomento, magari anche con deviazioni letterarie (pensa solo, per restare in ambito mainstream, ai nomi delle caste o dei personaggi della saga di Harry Potter), sul tuo nuovo blog… meraviglia…

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  5. Kasa non fare così che mi fai arrossire 🙂
    Un post sulla traduzione di Harry Potter… interessante. E pensa a quanto c’è da dire invece sul Sigore degli Anelli! Anche la traduzione ha fatto danni.
    Vado a leggere il post segnalato.
    Grazie

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    • Grazie della dritta: è scritto davvero bene e partendo da una delle tante idiozie pubblicitarie e finti slogan (spesso completamente svuotati di senso), costruisce un discorso più ampio di critica sociale… affascinante…
      Pensavo di trovare il tuo nome tra i blogger che hanno cliccato “mi pace”sotto l’articolo di AfterFindus che hai citato, ma non ti ho visto, come mai?

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      • Una svista, alla quale ho subito rimediato. Tra l’altro questo post mi ha deliziato non solo per i motivi che hai elencato tu, ma anche per i riferimenti culturali fatti dall’autore: se citi George Orwell e Woody Allen nello stesso post, mi mandi davvero in brodo di giuggiole.
        Tuttavia, non riesco a mettere i due sullo stesso piano: Orwell era geniale sempre, Woody invece è un uomo costantemente in bilico tra genialità e pazzia, e quindi la qualità dei suoi film dipende molto dallo stato d’ animo in cui si trova quando li scrive e quando li gira. Quand’è in forma ti spanci dalle risate, quando non è in vena i suoi film sono quasi inguardabili.
        Io sono un fan di Woody Allen piuttosto atipico, perché nel filone degli inguardabili ci metto anche alcune delle sue pellicole più amate, come “Io e Annie” e “Hannah e le sue sorelle.” Mentre invece altri film bistrattati anche dai suoi fan più accaniti, come “To Rome with love”, io li ho adorati profondamente.

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    • Mon Petit Chaperon Rouge (ti chiamo così, perché è divertente per me trovare un riferimento tra il tuo sito e l’outfit della bambina incappucciata di rosso, smarrita nella foresta in balia del lupo ed assieme orgogliosa cacciatrice dello stesso, non secondo la versione di Perrault, ma almeno in quella dei Grimm Bros.), sono felicissimo per il tuo apprezzamento, per altro inaspettato, della mia pagina di spiegazioni sul demone Kasabake… tra l’altro in essa c’è qualcosa di magicamente simile al tuo payoff “A place where scaps become objects“… Come dire, siamo brothers in arms!

      Grazie anche per esserti iscritto al mio blog, che spero non ti deluderà!

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  13. Io sono proprio onorata di averti incontrato qui. E la caduta di cui parli credo ti abbia reso il più bell’ombrello con una sola gamba mai visto.
    La vita è così: rende speciali quelli che non sanno di esserlo.
    Ma gli altri, si lo vedono, eccome !

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  14. Non ero ancora passata di qui, mia colpa, ma non sono abituata ad andare a ficcanasare nei blog o per leggere gli articoli vecchi o altre cose, preferisco scoprire le persone un po’ alla volta da sola, (una delle tante mie fisime mentali). Però questa volta mi attratto il nome del blog, il personaggio-folletto-spirito già lo conoscevo, ma sinceramente c’è stata la curiosità di scoprire il perché della tua scelta.
    Una presentazione stupenda, precisa e dettagliata ma soprattutto vera di tutto ciò che sei e del tuo modo di comunicare con noi, come ci dimostri sempre in ogni post.
    Molte dei personaggi che hai citato, nella mia ignoranza in materia, non li conosco, salvo qualche regista penso noto a tutti, ma tanti li sto scoprendo proprio grazie a te e di questo ti ringrazierò sempre,
    Ho fatto molto bene a venire a leggere, un’altra conferma, anche se non ce n’era bisogno, della preziosa persona che sei, un abbraccio 🙂

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    • Grazie Silvia.
      In questa sorta di “mission” del mio blog ho cercato effettivamente di mettermi a nudo e sono davvero felicissimo di sapere che tu, lettrice spettatrice attenta, abbia ravvisato nei miei post corrispondenza con quello che io stesso dichiaravo essere il mio intento!
      Penso che un complimento più grande non lo si possa davvero ricevere!

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