Road to OGM Cinema, parte 3 di 4: Prequel e Reboot, i motori di ogni Franchise

X-Men-First-Class

I più coraggiosi e tenaci tra voi che sono riusciti ad arrivare fino a questo punto del nostro viaggio, hanno già dunque scoperto come lo strumento del sequel si sia nel tempo differenziato, passando dalla semplice e banale replica di un successo commerciale, ad un molto più elaborato prodotto d’intrattenimento, pieno di pulsioni e fascinazioni compresse, come quegli asciugamani disidratati che vengono serviti in molti alberghi sotto forma di cilindri compatti e che una volta bagnati in acqua divengono delle tovagliette con cui detergersi delicatamente.

Per comprendere appieno questo salto evolutivo, passiamo subito al secondo tipo fondamentale di sequel, con cui apriamo questa nuova tappa del nostro percorso

3° Tappa – Il SEQUEL di tipo PREQUEL

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Riprendendo in mano il concetto di direzione temporale, verso la quale può avvenire l’espansione narrativa di un sequel, tutti ben sapete che si definisce abitualmente prequel quel particolare tipo di narrazione che abbia come sfondo eventi verificatesi cronologicamente prima di quelli raccontati nell’opera originale; anche in questo caso, come già per il follow-up, ribadiamo che non è davvero rilevante che tra le trame ed i personaggi di entrambe le storie ci siano collegamenti diretti, ma è invece assolutamente essenziale la chiarezza di una timeline comune, costruita in modo evidentemente posticcio ma verosimile e soprattutto con una esplicita ed evidente casualità di eventi, tanto che lo spettatore alla fine percepisca gli accadimenti narrati nella prima opera come se fossero stati costituiti o provocati da quelli narrati nel prequel.

Monsters-University

Questa idea di un “antefatto scritto a posteriori” è per sua stessa genesi un’operazione altamente artificiosa, così come il nesso causale di cui parlavamo tra le varie sceneggiature e spesso viene adoperata solo per riempire buchi di continuità tra lavori che erano nati inizialmente come opere separate e poi invece ricongiunte a forza in un unico grande progetto oppure in altri casi semplicemente per aumentare la mole di storie da narrare: come vedremo più avanti, sarà proprio la presenza o meno di una forte supervisione in tutta la serie di film collegati a determinare l’effetto finale e la precezione del pubblico di uno storytelling compatto o invece episodico.

Exorcist-The-Beginning

Altresì, la dignità drammaturgica di un testo (sia letterario in senso stretto, sia filmico) che rientri nella definizione di prequel sta chiaramente solo nella capacità degli autori di non limitarsi ad aumentare semplicemente la carne a fuoco, ma di approfittare dell’opportunità offerta da questo tipo di sequel per scandagliare aspetti delle storie che erano stati solo accennati o persino sottintesi.

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Assolutamente geniale, ancorché artisticamente discutibile, è stata l’idea della Warner e della stessa romanziera J. K. Rowling di creare un’intera saga di film prequel, per narrare vicende e personaggi cronologicamente antecedenti ai fatti narrati nella serie di film dedicati ad Harry Potter: tale operazione è una sublimazione dello spostamento dell’affezione commerciale del pubblico dalla letteratura scritta a quella visiva, giacché, mentre la serie classica si componeva di otto film di fedele adattamento dei sette romanzi scritti dall’autrice negli anni (il settimo libro, Harry Potter and the Deathly Hallows, fu tradotto in due pellicole, con la stessa formula di dilatazione adoperata per il romanzo conclusivo della saga di Twilight), questa nuova serie di pellicole (ipotetica eptalogia, forse ridotta a trilogia in base al successo botteghino) non vanta alcuna ascendenza romanzesca, ma è stata scritta dalla Rowling direttamente per il cinema.

Fantastic-Beasts-The-Crimes-of-Grindelwald

Indipendentemente dai gusti personali o dall’approccio di etica artistica che ciascuno di noi è libero di porsi, la cura manicale con cui sono stati realizzati i primi due capitoli di questa nuova saga (sia Fantastic Beasts and Where to Find Them, uscito nel 2016, sia l’imminente Fantastic Beasts: The Crimes of Grindelwald, di cui sono già stati diffusi tutti i dettagli del plot e delle riprese) è davvero impressionante, con un rigore ed un controllo sui soggetti e sulle sceneggiature tale da far apparire queste nuove storie quasi come inevitabili da essere raccontate ed una messa in scena, senza alcuna licenza di originalità dal canone stabilito nella serie classica (un vago british-touch, più vissuto come tale nell’immaginario statunitense che realmente esistente nel cinema inglese), garantita da scelte registiche in piena continuità: amato ed odiato al contempo, David Yates ha caratterizzato lo stile visivo e drammaturgico di buona parte delle trasposizioni cinematografiche di Harry Potter e compagni.

Alien-Covenant

Ancora più del follow-up, il sequel di tipo prequel risponde pertanto all’esigenza di fornire maggiore tridimensionalità narrativa ad un franchise, serrando i vari capitoli di una saga, creando un background storico ed una identica ragion d’essere anche a storie che originariamente non erano state scritte per essere concatenate, come nel caso dei recenti film diretti da Ridley Scott per lo storico frachise di Alien, la cui evoluzione nei decenni è forse il migliore esempio di quel processo di riorganizzazione dei materiali narrativi che avrà la sua apoteosi nella saga di Star Wars (sotto l’attuale gestione Disney) e prima ancora nella cosmogonia del Marvel Cinematic Universe.

Alien

Quando nel 1979 uscì il primo Alien, diretto da Ridley Scott e scritto da Dan O’Bannon in collaborazione con Ronald Shusett, pur nell’unanime apprezzamento per l’epocale pellicola, in molti soffrirono per una sorta di “mancanza” nella storia, proprio dovuta all’enormità dell’apporto dell’imprescindibile artista svizzero Hans Ruedi Giger, al quale si deve non solo l’invenzione della celebre creatura aliena, ma anche di tutto il geniale concept-design (il quale avrebbe poi sempre fatto da sfondo anche ad ogni successivo film della saga) e che allora fece trapelare, tra le righe di quei brevi accenni visti nelle sequenze mostrate al cinema, un intero universo da sondare e raccontare, alimentando negli spettatori il forte desiderio di conoscere la genesi di quel misterioso mondo esogeno e della straniante biologia da cui nascevano quelle spietate macchine da guerra biologiche.

Aliens

Dovettero tuttavia passare ben 7 anni prima che fosse realizzato un sequel e così sarebbe avvenuto anche per i film successivi, prodotti sempre con lunghi intervalli di tempo ciascuno, stimolando ogni volta nel pubblico una sensazione di prosecuzione, che di fatto veniva poi puntualmente tradita, con soggetti a volte persino in aperta contraddizione con gli altri episodi: malgrado, infatti, l’alta qualità filmica di questi sequel del primissimo Alien, il senso di una storia comune non fu da essi mai raggiunto, come invece era avvenuto nelle splendide serie a fumetti realizzate per la casa editrice statunitense Dark Horse e sulle cui storie il fandom più agguerrito ha sempre sperato che il cinema si spostasse nella costruzione dei nuovi soggetti.

Alien-3

Notevolissime furono le personalità del mondo del cinema succedutesi alla regia dei tre follow-up, ma sia l’adrenalico ed innovativo Aliens (scritto e diretto nel 1986 da sua maestà James Cameron), come anche il claustrofobico ed irrituale Alien 3 (diretto nel 1992 dal cantore dell’urbanità post-moderna e post-romantica David Fincher) e persino l’anticonformista Alien Resurrection (scritto dal papà dei moderni cinecomic Joss Whedon e diretto nel 1997 da un artista poliedrico come il francese Jean-Pierre Jeunet), appaiono come bellissimi episodi scritti però in assenza di una supervisione, dotati di una straordinaria efficacia visiva e sintattica, ma con un manifesto disprezzo per qualsiasi seria idea di continuity, termine che invece diventerà un vero mantra di successo ed un dogma per ogni moderna concezione sia di franchise che di saga, come insegna “Captain” Kevin Feige e la sua vincente guida di tutto il MCU.

Gli autori dei vecchi sequel di Alien si erano disperatamente attaccati all’idea, di per sé assolutamente corretta, che il vero cuore identitario di tutto il franchise dovesse essere lo xenomorfo e le sue abilità speciali, quelle che nelle storie alimentavano interesse sia da parte dei governi, sia delle corporazioni industriali private (come la immaginifica produttrice di armi biologiche Weyland-Yutani), nonché la straordinaria razza aliena di appartenenza e la sua perfetta organizzazione eusociale, ma non furono in grado di creare nei primi film sequel un comune backgroud storico, finendo per investire in continuazione e convulsamente in nuovi filoni narrativi, come con la disgraziata introduzione dei film cross-over e spin-off di Alien vs Predator, dove lo xenomorfo si scontra con il cacciatore Yautja, nella speranza di rivitalizzare la saga grazie all’appeal dei videogames e del loro pubblico di nicchia (più di una decina di titoli usciti a marchio AVP) e finendo invece per impoverire e banalizzare il franchise.

Alien-vs-Predator

Anche se in modo minore, questa sorta di anarchia narrativa ricorda quella concessa agli scrittori e registi di altri due imperi dell’intrattenimento cinematografico ovvero quella della FOX, con il suo settore dei film sui mutanti (prima dell’acquisizione della stessa da parte della Disney) e della Warner, con il suo cosiddetto DC Extended Universe: senza addentraci in un’analisi approfondita (che lasciamo alle pagine dedicate allo specifico fenomeno cinecomic, anche su questo stesso blog), limitiamoci solo ad osservare come tutte le trasposizioni cinematografiche dei vari characters e delle storie fumettistiche sia degli X-Men, sia dei capostipiti del fumetto supereroistico Superman e Batman (non va dimenticato, infatti, che i personaggi della Dc Comics dotati di super poteri ed abilità speciali fecero da apripista a quelli di tutte le altre case editrici, Marvel compresa), vivono in ogni loro titolo l’ambivalenza di una cronica incapacità a costruire un progetto ed un’idea comune ed al contempo godono di una tale libertà creativa senza freni che ha permesso episodici picchi di eccellenza artistica, verosimilmente impossibili altrimenti, come la visionarietà irraggiungibile (anche nei suoi film più contestati) di tante sequenze di un regista e sceneggiatore come Zack Snyder, la modernissima ed irriverente ironia metafilmica di Deadpool o la crepuscolare e struggente desolazione di Wolverine nell’elegiaco e bellissimo Logan.

Batman-vs-Superman

Tornando ora al franchise di Alien da cui eravamo partiti, notiamo all’inizio del nostro decennio la brusca sterzata produttiva, avvenuta quando i due anziani mentori e produttori dell’intera saga (il blasonato britannico Ridley Scott, classe 1937 ed il sanguigno statunitense Walter Hill, classe 1942) decisero di riprendere in mano l’intero monte del materiale narrativo prodotto fino ad allora (la quadrilogia classica e la coppia di AVP), scrivendoci attorno una nuova storia, che potesse inglobarli tutti sin dal principio e per farlo ovviamente si affidarono allo strumento artificioso del prologo a posteriori, pianificando così sulla carta una nuova trilogia prequel, di cui sono già usciti i primi due capitoli: Prometheus nel 2012 e Alien: Covenant nel 2017, entrambi diretti dallo stesso Scott.

Prometheus

Ancora una volta, tralasciando le considerazioni personali ed estetiche sulle due pellicole (che ho personalmente molto apprezzato), evidenziamo la palese operazione di rimasticazione e trasformazione del materiale narrativo, fatta attraverso il recupero di tutti gli elementi di successo dei precedenti capitoli dell’intero franchise (in primis ovviamente lo xenomorfo ed il design di Giger) e l’innesto transgenico degli stessi dentro l’ovulo in vitro di una nuova cosmogonia, quella della razza degli Engineers (parzialmente recuperata dai libri e dai videogiochi), usandola come attivatore e linea guida delle azioni alla base di tutto.

Appare evidente a questo punto come quell’evoluzione del concetto di sequel (di cui abbiamo colto le prime tracce già nel secolo scorso), sia avvenuta in direzione di un consolidamento dell’idea produttiva di sempre potenziali nuovi franchise, nobilitando gli stessi nel passaggio semantico da serie a saga, ma risulterà tutto ancora più chiaro con il passaggio alla tappa seguente del nostro viaggio.

4° Tappa – Il REBOOT

Jumanji-Welcome-to-the-Jungle

Tale termine va usato per quei film che vogliono non solo dare un nuovo aspetto a tematiche di vecchia data (ossia quella semplice riscrittura o attualizzazione che avevamo già visto nel primo capitolo di questa serie di post), quanto creare una nuova narrazione, che sfrutti sempre gli elementi di forza commerciale ed immaginifica della storia originale, con però l’obiettivo preciso e dichiarato di costituirsi quale partenza per nuovi racconti: possiamo pertanto correttamente affermare che il reboot è di base un remake concepito come capitolo iniziale di una serie di sequel.

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Quello operato da J.J. Abrams con la storica saga cinematografica di Star Trek è un esempio lampante di tale concetto di “riavvio”, per un franchise composto fino a quel momento da capitoli troppo datati, sia cronologicamente che stilisticamente e che pur godendo di un importante zoccolo duro di estimatori ortodossi, risentiva di eccessivi legami con il passato, rendendo impossibile per il pubblico attuale la visione di nuovi episodi senza un recupero (impensabile) dei capitoli precedenti: in pratica, la Paramount Pictures aveva affidato al nostro inarrestabile cineasta newyorkese il difficile compito di rendere nuovamente fertile un patrimonio visivo oramai sterile, a costo di scandalizzare pesantemente una parte del vecchio fandom.

Star-Trek-reboot

Compiendo un’operazione concettualmente non del tutto dissimile (forse più radicale, come impatto di storytelling, ma infinatamente minore come complessità finale) da quella che sempre da lui, su commissione della Disney, verrà effettuata per il franchise di Star Wars, Abrams ha fatto riscrivere completamente tutte le storie di quell’universo, usando i vecchi film solo come una flebile traccia, creando nuovi character (dentro e fuori dell’astronava Enterprise) e manipolando i personaggi originali al fine di renderli più accattivanti ed infine usando i nomi originali e le peculiarità comportamentali, ben noti al vecchio pubblico, più come un ammiccamento che non come vera riproposizione: dal carattere impulsivo ed irrispettoso di ogni protocollo del Comandante James T. Kirk, alla disturbante repressione dei propri sentimenti dell’Ufficiale Scientifico Spock, al passionale ed irruento senso di amicizia e di squadra del Dr. Leonard McCoy, fino alle capacità ingegneristiche quasi senza confini dell’Ufficiale in Capo della Sala Motori Scotty, ogni caratterizzazione è stata usata dagli autori come primo motore di rinnovamento, adattandola alle mode e ed agli usi odierni (basti pensare all’importanza che ha nelle nuove storie il personaggio dalla femminiltà prorompente e battagliera del Luogotenente Nyota Uhura, oggi con le sembianze della notevole Zoe Saldana).

Star-Trek-2009

Il secondo motore di cambiamento è stata la nuova geografia, storica e politica, del cosmo di Star Trek, ottenuta rimescolando le carte con il facile strattagemma delle modifiche nel continuum spazio-temporale (non casualmente troviamo attorno al tavolo degli sceneggiatori il trio Alex Kurtzman, Roberto Orci e Damon Lindelof) e riciclando alla bisogna i nemici storici (Klingon e Romulan), ma senza gli stretti legami della rigorosa continuity tradizionale, canonizzata in anni di serie televisive sui vari equipaggi ed ambientate in una precisa timeline di eventi.

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Ricordate quando nella scorsa puntata parlavamo del processo di destrutturazione e campionamento che avviene nelle moderne writer’s room? Ebbene la saga reboot diretta e prodotta da Abrams (Star Trek del 2009, Star Trek Into Darkness del 2013 e Star Trek Beyond del 2016) ne è un esempio davvero sfacciato, ma non per questo deprecabile o non godibile, specie se il suo scopo non era scrivere un capitolo della storia del cinema, ma solo fare del piacevole intrattenimento.

Batman-returns

Come primo attore di un processo artificioso di riscrittura storica a fini commerciali, il reboot è dunque il male assoluto? No, se come spettatore si dispone degli strumenti di critica estetica per discernere l’oro dal rame, infatti, come già nel caso dei remake, anche tra i reboot si annoverano pochissimi ma luminosissimi casi, in cui il mero intento dei produttori, di trovare a tutti i costi nuovo mercato per un’idea stantia, si è sposato con una realizzazione artistica talmente elevata da aver creato dei capolavori: è senza dubbio il caso della granitica trilogia del Dark Knight, diretta completamente dal maestro britannico Christopher Nolan e scritta da egli stesso, assieme al fratello Jonathan ed al fedele sceneggiatore David Goyer.

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Nelle tre pellicole che la compongono (Batman Begins del 2005, The Dark Knight del 2008 ed infine The Dark Knight Rises del 2012), Nolan dà una rilettura in chiave molto più dark ed adulta della storia, allineandosi alla svolta narrativa fornita allo storico character DC Comics da parte di sceneggiatori di graphic novel di culto come Frank Miller o Grant Morrison: il nostro, infatti, riparte dalla nascita del mito, ma sviluppa poi tutta la storia in modo completamente diverso rispetto ai film dei precedenti registi, mandando in cantina sia la pur pregevolissima interpretazione circense e freak realizzata dal gotico Tim Burton nei suoi due bellissimi lavori (Batman del 1989 e Batman Returns del 1992), sia l’orrida infantilizzazione dei sequel diretti dall’inutile Joel Schumacher (Batman Forever del 1995 e Batman & Robin del 1997).

Potremmo continuare con altri esempi, ma lascio a voi il compito di segnalrli, se vorrette, nei viostri commenti.

Anche per questa terza puntata abbiamo concluso le nostre tappe e ci diamo l’arrivederci alla prossima volta, con la quarta ed ultima parte della nostra strada verso il Cinema Geneticamente Modificato, dove c’imbatteremo direttamente nella moderna serialità.

Stay Tuned!


Road to OGM Cinema prosegue con la quarta ed ultima parte.


Abbiamo citato nel post le seguenti opere d’ingegno:

Alien“, GBR, USA, 1979
Regia: Ridley Scott
Soggetto e Sceneggiatura: Dan O’Bannon e Ronald Shusett

Aliens“, USA, 1986
Regia: James Cameron
Soggetto e Sceneggiatura: J. Cameron, David Giler e Walter Hill

Batman“, USA, 1989
Regia: Tim Burton
Soggetto e Sceneggiatura: Sam Hamm e Warren Skaaren

Batman Returns“, USA, 1992
Regia: Tim Burton
Soggetto e Sceneggiatura: Daniel Waters e Sam Hamm

Alien 3“, USA, 1992
Regia: David Fincher
Soggetto e Sceneggiatura: D. Giler, W. Hill, L. Ferguson e V. Ward

Batman Forever“, USA, 1995
Regia: Joel Schumacher
Soggetto e Sceneggiatura: Lee e Janet Batchler, Akiva Goldsman

Batman & Robin“, USA, 1997
Regia: Joel Schumacher
Soggetto e Sceneggiatura: Akiva Goldsman

Alien Resurrection“, USA, 1997
Regia: Jean-Pierre Jeunet
Soggetto e Sceneggiatura: Joss Whedon

Batman Begins“, USA, GBR, 2005
Regia: Christopher Nolan
Soggetto e Sceneggiatura: Christopher Nolan e David S. Goyer

The Dark Knight“, USA, GBR, 2008
Regia: Christopher Nolan
Soggetto e Sceneggiatura: Jonathan Nolan e Christopher Nolan

Star Trek“, USA, 2009
Regia: J. J. Abrams
Soggetto e Sceneggiatura: Damon Lindelof, Roberto Orci e Alex Kurtzman

The Dark Knight Rises“, USA, GBR, 2012
Regia: Christopher Nolan
Soggetto e Sceneggiatura: Jonathan Nolan, Christopher Nolan e David S. Goyer

Prometheus“, USA, GBR, 2012
Regia: Ridley Scott
Sceneggiatura: Jon Spaihts e Damon Lindelof

Star Trek Into Darkness“, USA, 2013
Regia: J. J. Abrams
Soggetto e Sceneggiatura: Damon Lindelof, Roberto Orci e Alex Kurtzman

Star Trek Beyond“, USA, CHN, 2016
Regia: Justin Lin
Soggetto e Sceneggiatura: Simon Pegg e Doug Jung

Fantastic Beasts and Where to Find Them“, USA, GBR, 2016
Regia: David Yates
Soggetto e Sceneggiatura: J. K. Rowling

Alien: Covenant“, USA, GBR, 2017
Regia: Ridley Scott
Sceneggiatura: John Logan e Dante Harper

Fantastic Beasts: The Crimes of Grindelwald“, USA, GBR, 2018
Regia: David Yates
Soggetto e Sceneggiatura: J. K. Rowling


 

10 pensieri su “Road to OGM Cinema, parte 3 di 4: Prequel e Reboot, i motori di ogni Franchise

  1. Devo ammettere che la pervicacia con cui sciorini definizioni, spiegazioni ed esempi sul “Cinema Geneticamente Modificato” mi lascia sempre più estasiato.

    Non so dire se questo pezzo sia più interessante degli altri 2 che lo hanno preceduto (non è che non voglio essere irrispettoso creando una classifica non richiesta, ma è proprio che non saprei scegliere perchè li ho graditi tutti massimamente) di sicuro però ha il merito di mettere (nuovamente) a fuoco un principio fondamentale valevole per il cinema (ma anche per qualunque espressione artistica che faccia proprio il concetto di narrazione), ossia che non sono le etichette appiccicate sopra un prodotto a definirne la qualità bensì le idee e le intuizioni che lo compongono.
    Raccontare una storia non significa solo portare lo spettatore dal punto A al punto B passando per determinati punti intermedi più o meno significativi.
    Raccontare una storia significa soprattutto prendere per mano lo spettatore e, parlando sia a cuore che al cervello, mostrargli un mondo fatto di colori emozioni paure riflessioni concetti etc. Significa immergerlo in quel mondo e nonostante l’immedesimazione tenda a modificarsi con gli anni (i bambini si immedesimano nei personaggi delle favole perchè ne hanno bisogno, mentre gli adulti lo fanno perchè ne traggono piacere) invitarlo a sospendere la realtà per un paio d’ore e spostarsi nel mondo della fantasia.
    Questo processo non funziona bene solo se il film è originale, va da sè, bensì dalla bravura che hanno sceneggiatore e regista di metterlo in pratica.
    D’altronde, la cupola di San Pietro, ad esempio, non è la prima cupola costruita eppure è nettamente più bella di tutte quelle che l’hanno preceduta…
    Allo stesso modo il da te citato Dark Knight di Nolan non è il primo Batman del Cinema ma nettamente il migliore mai realizzato.

    Ti confesso poi che io con questo genere di prodotti ci sguazzo come un porcellino: Jumanji Benvenuti nella Giungla mi ha fatto spanciare, Skull Island mi ha gasato a bestia, Star Wars VIII lo considero tra i migliori film di tutta la saga.
    Quindi, forse, non sono molto indicato per decantare le lodi del cinema OGM. O forse, proprio per questa mia natura, sono il cantore perfetto.
    E non è questo tremendamente ermenautico????

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    • La mia onnipotenza mi fa spesso parlare per parabole e questo dovrebbe preoccupare chi mi circonda… Ad ogni modo, a proposito del tuo splendido commento vorrei citare un momento particolarmente epico della saga di Star Trek: siamo nel film Generations, realizzato con l’equipaggio della serie tv Next Generation; uno dei membri e personaggi più famosi ed amati dagli spettatori è l’androide Data, fino ad allora incapace di provare o mostrare emozioni, perchè privo della predisposizion in tal senso del suo cervello positronico; tale caratteristica lo rendeva nella serie tv una sorta di versione robotica del sig. Spock, sempre freddo e logico oltre ogni dire, ma gli sceneggiatori di questo film si sono divertiti, anche solo per poche ore, a dotare Data di uno speciale chip che ha permesso, durante la storia, di fargli provare finalmente emozioni e per testare tale sua nuova capacità, Data comincia  girare per i ponti dell’astronave, in cerca di nuove sensazioni; nel suo peregrinare, accompagnato dal fido  tenente comandante Geordi La Forge (quello di pelle scura, con il visore sugli occhi), giunge al punto di ristoro, dove una Whoopi Goldberg nei panni della misterosa barista Guinan, gli serve una bevanda alcolica; ebbene, la reazione di Data è sorprendente, perché pur provando disgusto per ciò che ha appena bevuto (continua a ripetere «I hate this!») è così felicemente colpito dalle sue risposte emotive che, dopo aver nuovamente sottolineato quanto gli faccia schifo quella bevanda, non appena la barista gli chiede se per caso ne volesse ancora, egli risponde prontamente di si.
      È così anche per noi ermenàuti: ne vogliamo ancora ed in accordo con quanto ho già scritto nella quarta ed ultima puntata nel nostro viaggio nel Cinema OGM, ripeto l’adagio di San Paolo e dico «Omnia mundia mundis» per chi capisce cosa sta vedendo.
      Giusto per lodarmi e sbrodarmi, ho messo di seguito una clip con il segmento filmico che ho preso come parabola esplicativa…

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  2. Ottimo articolo, come sempre. Ho apprezzato il riferimento alla anarchia (che comunque apparirebbe più razionale) che regna in casa Fox a proposito degli X-Men. Sulla DC, dopo la conclusione dell’avventura Snyder, ho abbandonato le speranze di vedere qualcosa di “epico” e alternativo al MCU (se va bene, ne avremo la brutta copia. Se va male…non oso immaginare). Con riguardo al reboot di Star Trek, ho sentimenti contrastanti: non sono un fan storico della saga (non ho visto tutte le serie del cosmo trekkie) e riconosco che sono degli ottimi film di intrattenimento (sopratutto Into Darkness) però ho una certa allergia per i super-reset e universi alternativi. Probabilmente era l’unico modo per svecchiare i personaggi e rimescolare le carte ma, nel mio piccolo, avrei preferito che si rimanesse sempre in “quell’universo” senza viaggi inter-dimensionali .(sarebbe stato molto più complicato gestire una saga votata all’action ma vuoi mettere vedere la trasformazione dei personaggi verso quello che diventeranno in base alla serie “canon”?)
    Una saga “prequel” (che non so se avrà seguito e finirà per essere anche un reboot) che ho molto apprezzato è stata quella dedicata al Cesare de Il Pianeta delle Scimmie.

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    • Siccome l’ho già scritto tantissime volte nelle risposte ai tuoi generosi commenti, Amulius, sai bene che la stima tra di noi è assolutamente reciproca! Non è Infatti un caso, ad esempio, che in questo articolo io abbia fatto un accenno alla mancanza di una supervisione razionale ed efficace nella saga dei film Fox sui mutanti, così come non era un caso che tu stesso ne parlassi con me in un commento tempo fa… c’è un evidente sintonia che, pur partendo a volte da punti di vista differenti o semplicemente da angolazioni diverse, ci fa arrivare ad intuizioni simili.

      La saga, che hai giustamente definito reboot, dei nuovi film de Il pianeta delle scimmie è un esempio perfetto di reboot concepito con cultura cinematografica e passioni artistiche e che avrebbe dovuto assolutamente essere inserita nella mia terza puntata: ti ringrazio quindi per questa citazione su cui sono completamente d’accordo.. Stiamo infatti parlando di 3 film validissimi ed addirittura a mio avviso in un crescendo di qualità ed appeal!

      In altra sede, verosimilmente sotto al tuo specifico blog sul tuo sito, dovremmo invece discutere amabilmente di un film che ha diviso in modo netto non tanto la critica e del pubblico, di cui nella loro generalità poco mi interessa, ma lo strettissimo gruppo di blog che stimo particolarmente: sto parlando di Annihilation di Alex garland, film molto ma molto liberamente tratto dal primo libro ed in parte da pezzi degli altri due di una trilogia fantascientifica molto discussa, certamente innovativa ed in parte ruffiana; ciò che mi lascia perplesso, davvero moltissimo, è la spaventosa radicale diversità di giudizio complessivo sul film che alcuni blogger, come te o Il Barman del Club, da me ultra stimati quando parlano di cinema sci-fi, hanno dato stroncando senza appello il film, mentre altri, altrettanto da me stimati e profondi conoscitori del genere, hanno diversamente fornito, elogiando l’opera nel suo complesso… Non appena riuscirò a trovare un attimo di tempo, ti dirò la mia opinione direttamente sul tuo blog e anche le conclusioni a cui sono arrivato confrontando le varie visioni e forse la spiegazione che mi sono dato per le macroscopiche diversità.

      See you later

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  3. So bene che a te Prometheus e Alien: Covenant sono piaciuti, ma ogni volta che qualcuno lo dice o lo scrive mi commuovo sempre e penso: “Non sono solo!”

    Tornando al discorso principale posso dire che stanno facendo un ottimo lavoro con Animali Fantastici nonostante alla regia ci sia Yates (non riesco ad apprezzarlo, non dopo il sesto capitolo di Harry Potter e a quel film su Tarzan).

    Dei reboot posso che almeno lì sono molto attenti sul come riavviare una saga (Star Trek è stata ottima così come la trilogia del Cavaliere Oscuro).
    Come sempre ottimo lavoro!

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    • Sono in treno e normalmente evito di usare i social sul telefono, ma sento la necessità di ringraziarti subitissimo per il tuo commento!
      Sei uno dei miei follower più assidui e  considerando la stima che ho per i tuoi gusti la cosa ovviamente m’inorgoglisce ogni volta moltissimo!!
      Se solo avessi più tempo, avrei da proporre sia a te che a Shiki tantissimi progetti interessanti ma per quest’anno non riesco proprio, ma più avanti vorrò provarci!
      Quando giro per i musei, le mostre del cinema, le retrospettive, mi capita di pensarvi moltissimo! Oggi, ad esempio, stavo prima di cena visitando una bellissima installazione, fatta dai ragazzi della cineteca del comune di Bologna, con un percorso fatto di tablet affissi alle colonnine di legno di un finto tunnel e ad ogni tablet corrispondeva la proiezione in loop di un video dedicato ad un momento importante dell’evoluzione degli effetti speciali al cinema, dagli inizi del 900 ad oggi! Usando delle cuffie, di cui ogni tablet è fornito, si può ascoltare la spiegazione… Una figata! Conosco molte persone nel web ma tu e Shiki mi siete venuti in mente per primi , perché avete quell’entusiasmo che a molti manca o si è spento… Sono certo che vi aspettano grandi cose, ragazzi.
      Ora basta, se no divento sdolcinato…

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      • Devo dire che l’idea che hanno avuto questi ragazzi per spiegare l’evoluzione degli effetti speciali nel cinema è davvero ottima. Mi sarebbe piaciuto esserci. L’avrei sicuramente amato. Grazie mille per la risposta. Per quanto riguarda i progetti siamo sulla stessa barca. Anche io e Shiki siamo parecchio indaffarati e quindi immagino che certi progetti dovremo rimandarli.
        Stammi bene!

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  4. Prequel,sequel,reboot….
    A me incuriosiscono sempre perche’:
    A)o li stronco riducendo a merda dal regista al custode del set!
    B)O mi esalto facendo due coglioni così a tutti obbligando dittatorialmente la visione dei suddetti.
    Non mi pronuncio sulla saga di Alien(tutti e 4 e guai a chi me la tocca.. lo sbrano!)
    Prometeus e Alien:Covenant…mbhò…mi serve tempo…
    Harry Potter e Animali fantastici e dove trovarli mi sn piaciuti…
    Non posso parlare di Tutto Star Trek(serie e film dalla prima all’ultimo ) o Star Wars perche’ o ti piacciono o non ti piacciono…e se non ti piacciono sei una brutta persona!!
    Non entrero’ in merito dei film Marvel e DC che per quanto ci sia qualche difetto PROVATE A CRESCERE PER 35 ANNI DI SUPEREROI DI CARTA E POI VEDIAMO SE QUANDO FINALMENTE ESCE IL PRIMO DOVE LI VEDI IN CARNE E OSSA NON VAI NEL DELIRIO PIU’ TOTALE!!!
    Ok… sto’ perdendo il lume della ragione meglio che vado Kasa mi hai sopportato abbastanza e credo di essere andata fuori tema… 😉

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    • La curiosità è il sale del mondo, perchè se è vero che la nostra creatività è una forma primigenia di combinazione delle nostre esperienze, vissute o lette in film e libri, allora è vero che la vita può riservarci sempre sorprese (anche guai, chiaramente, perché come diceva Nick Fury all’agente Romanoff «Solo i guai non finiscono mai»

      William Shakespeare, però, diceva anche che «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia» ed alla fine è così, amica mia, è proprio così! E’ giusto essere curiosi e qundo si smette di esserlo, si comincia ad invecchiare sul serio, mica cazzi…

      Non sei andata fuori tema, perché alla fine il mio post parte come un’invettiva e finisce come un atto d’amore, perché riconosco la pochezza del cinema OGM ma poi mi sono ritrovato per due sere di seguito al cinema, pagando il biglietto, a vedermi Infinity War, sicchè…

      Grazie per leggermi, giacchè ultimamente non è facile: ora sto scrivendo di musica strumentale al cinema ed a breve posterò un pezzo ricco di video, ma sempre un bel polpettone, ostico da digerire e che non mi farà di certo avere like o visualizzazioni, ma chissene! Ho già tutti gli amici che mi servono!

      Auf Wiedersehen , au revoir , arrivederci , hasta luego!

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