Da Versailles a Ciudad de México: le reggie dei costume-designers

Spectre

I film, si sa, sono opere corali, in cui tante diverse professionalità, coordinate dal regista e dai vari produttori, convergono per ottenere il risultato finale; quello che lo spettatore vede sullo schermo è quindi di fatto la somma ed assieme  la sintesi di tanti lavori individuali o di team, alcuni caratterizzati solo da semplice manovalanza, più o meno specializzata, ma altri, invece, talmente peculiari ed importanti da influenzare in modo netto la messa in scena, in base alla sensibilità dell’artista di turno.

Zack-SnyderPartendo dal cosiddetto copione (inteso come insieme di tutte le componenti creative e produttive di script legati all’idea, al soggetto, alla sceneggiatura nelle sue varie stesure, al decoupage, ai lay-out ed ai dialoghi) una grande macchina produttiva si mette in moto: analizzando le singole scene, verrà studiato il casting, gli attori si confronteranno con il regista misurando le proprie scene e le proprie battute; contemporaneamente  si sceglieranno le location ed i tecnici cominceranno a studiare soluzioni per il posizionamento delle cineprese, dei droni, degli effetti speciali, dei green-screen, rimandando il fisicamente irrealizzabile allo staff della computer graphic (con tutte le contaminazioni del caso lungo la strada); un brulicare di attività che dura per settimane ed a volte per mesi interi.

Avengers-last-sceneChiunque si sia fermato a leggere i titoli di coda di una grande produzione (con i cinecomic Marvel è praticamente obbligatorio restare in sala, per aspettare la scena nascosta dopo i titoli) sarà certo rimasto colpito nel notare l’enormità di persone che hanno lavorato al film: se ovviamente il numero dei partecipanti è legato in modo proporzionale al livello di tecnologia usata (intesa sia come mezzi meccanici, sia come SFX) ed al numero degli addetti necessari per le scene di massa, creando una specie di texture grafica dalla trama fittissima (che quasi nessuno ricorda), è altresì vero che alcuni ruoli tecnici,  un tempo considerati secondari per il grande pubblico, sono oggi saliti agli onori anche della cronaca generalista.

Storaro-and-CoppolaE’ noto, ad esempio che l’interventismo (a volte anche eccessivo) di un dio delle luci come Vittorio Storaro rese famoso in tutto il mondo l’attività di un direttore della fotografia, conquistando a suo tempo le pagine dei rotocalchi cartacei e televisivi anche nazional-popolari: dopo gli straordinari inizi, certo più accademici, negli anni ’60 e ‘70, con i film di registi italiani quali Argento, Bertolucci, Patroni Griffi, Samperi, il nostro maestro delle luci ha cominciato successivamente a sperimentare tecniche d’illuminazione così innovative, da arrivare al punto di disegnare letteralmente con i colori e le ombre, imponendosi come artista a tutto tondo in opere come “Apocalypse Now” di Coppola o “L’ultimo imperatore” di Bertolucci; quando il soggetto del film, poi, era legato ad un pittore (come nel caso del celebre “Goya en Burdeos” del 1999 dello spagnolo Carlos Saura), allora l’animo del creativo direttore della fotografia diveniva tracotante e s’imponeva quasi come autore primo dell’opera stessa.

BirdmanOggi, quando si giudica un film, è ritenuto normale e non esoterico valutare l’impatto che la cosiddetta cinematography ha sulla resa finale di un’opera filmica: è infatti sotto gli occhi di tutti l’enormità del lavoro di un genio della fotografia come Emmanuel Lubezki, creatore dell’illuminazione di pellicole come “A Walk in the Clouds (Il profumo del mosto selvatico)” di Arau, “Sleepy Hollow (Il mistero di Sleepy Hollow)” di Burton, “Children of Men (I figli degli uomini)” e “Gravity” di Cuarón, “The Tree of Life” di Malick ed infine “Birdman” e “The Revenant” di Iñárritu, solo per citare alcune perle; il suo lavoro è considerato uno dei motivi per cui i film citati hanno avuto il successo che si sono meritati, al pari della regia stessa.

Dante-Ferretti-for-Tim-BurtonAllo stesso modo sappiamo che la grandiosità e la potenza immaginifica di moltissime scene di alcune celeberrime pellicole si devono alla pazzesca abilità di quello che, a mio modesto giudizio, è il più grande e bravo scenografo vivente (affermazione forte, vero?), ovvero il maceratese Dante Ferretti: cosa mai sarebbero stati i sublimi piani-sequenza di Martin Scorsese, dentro la casa dell’arrogante e spregiudicato banchiere Julius Beaufort e di sua moglie Regina, in “The Age of Innocence (L’età dell’innocenza)”, senza quell’audace teoria di stanze e corridoi, creata ed arredata da Ferretti? Oppure la dedalica e quasi steam-punk architettura onirica della stazione ferroviaria di “Hugo Cabret”?
Per inciso, chi a suo tempo ritenne questo film infantile non ha minimamente colto l’enormità dell’omaggio empatico ad un avventuriero illusionista del cinema pionieristico quale fu Georges Méliès.

CinderellaAndiamo adesso di colpo ad un passato recentissimo e pensiamo ai costumi creati dalla talentuosissima Sandy Powell, con cui Kenneth Branagh ha vestito il suo Prince Charming Richard Madden, ma con cui ha soprattutto fatto letteralmente volare, in un tripudio di azzurri cangianti, la Ella Lily James: il nostro britannico direttore di scena, per la scena del ballo del suo “Cinderella”, si sarà anche ispirato (così ha detto nelle tante interviste) al Gattopardo di Visconti, ma la scenografia disneyana e magica di Ferretti ha duettato con il cinguettio dei tulle e delle vesti disegnate dalla Powell in modo magistralmente efficace, creando la sontuosità della scena come tutti noi l’abbiamo vista nel 2015.

Hugo-CabretDalla direzione della fotografia, siamo transitati alla scenografia (su entrambe queste arti ci sarebbe tantissimo da dire, ma per ora sorvoliamo, rimandando ad altri momenti maggiori e più specifiche disamine, che tengano conto anche delle mode e delle tecnologie usate) ed in conclusione ai costumi: diciamo subito che, se anche nelle più piccole e modeste produzioni è sempre previsto il ruolo della guardarobiera ed addetta al vestiario (con quel pizzico di sessismo che caratterizza il concetto servile di sarta e modista nell’immaginario collettivo), nei grandi film il ruolo del costume-designer è assolutamente prioritario, presente già in fase di pre-produzione con il compito di progettare, creare ed anche acquisire tutti i costumi per gli attori e le comparse.

Eiko-Ishioka-02Un compito immane, al quale si richiede in pratica di definire il look del film stesso, sviluppando l’idea di outfit per ogni personaggio in scena in base alla sua trama specifica nello script, sottolineandone ed evidenziando i percorsi emotivi ed il tutto stando rigorosamente entro un bilancio prestabilito e con tempi spesso strettissimi.

eiko-ishioka-dracula-costumesSe qualsiasi appassionato di grande cinema ha simbolicamente pianto nel 2012 la dipartita della costumista giapponese Eiko Ishioka (due film sarebbero già da soli bastanti per inserirla senza sforzo nell’olimpo degli dei immortali di questa arte: “Bram Stoker’s Dracula” del 1992, del maestro indiscusso Francis Ford Coppola e “The Cell” del 2000 del visionario Tarsem Singh), altresì noi italiani possiamo essere profondamente orgogliosi di condividere la stessa patria con la quattro volte premio Oscar Milena Canonero: a lei è dedicata la prima delle due sequenze che ho scelto per questo mio post ed a lei vanno sovente le mie preghiere di ringraziamento per quanto di bello ha fatto e continua a fare per il cinema occidentale.

A-Clockwork-OrangeNon perdiamo tempo a tratteggiare la sua lunga carriera, costellata sin dagli esordi da lavori entrati nella storia del cinema (fa venire la pelle d’oca pensare che il suo primo importante lavoro fu per Stanley Kubrick, per il quale creò i costumi indossati da Malcolm McDowell e compagnucci in “A Clockwork Orange – Arancia Meccanica”, che così tanto peso hanno avuto nell’immaginario fantascientifico e sub-urbano sociale), ma concentriamoci esclusivamente sull’immane lavoro di ricostruzione storica e rielaborazione effettuato per Sofia Coppola (i miei amici ed i miei lettori sanno quanto io ami questa regista, con buona pace di chi la disprezza, de gustibus…) nel suo “Marie Antoinette” del 2006.

Marie-Antoniette-by-Canonero-03Chiunque abbia visto il film o anche solo segmenti dello stesso, avrà senza dubbio avuto una chiara percezione della perfezione maniacale con cui ogni singolo costume è stato pensato, disegnato e costruito, dando vita ad una Versailles della seconda metà del ‘700, ripresa in modo volutamente distonico dalla stessa regista, in cui l’eleganza pittorica e statica viene speziata dalla quasi contraddittoria sintassi pop delle scene e del montaggio, sottolineata dalla colonna sonora appositamente anacronistica; una ricercatezza stilistica che nelle mani fatate della Canonero diventa narrazione.

Marie-Antoniette-by-Canonero-02Nella seguente scena di vestizione mattutina della regina, difatti, la costumista, lo scenografo, la regista, i dialoghisti e gli attori tutti hanno creato una sequenza in cui viene contemporaneamente rappresentato lo sfarzo, (con tutto ciò che di inutile orpello esso comporta) e la fragilità etica dello stesso, con il suo essere rispettoso di regole prive di senso: se già tutta la vicenda non fosse abbastanza esemplare, lo sono di certo le due battute finali, affidate a Kirsten Dunst (nella parte di Marie Antoinette) ed a Judy Davis (nel ruolo della Contessa di Noailles), quando la prima commenta tutta la grottesca vestizione con la frase “This is ridiculous” e l’altra di contro ribatte, con sguardo pieno di alterigia, “This, Madame, is Versailles”.

Marie-Antoniette-by-CanoneroGodetevi, se potete regalarvi due minuti e mezzo di tempo, la grandiosità delle riprese in campo e contro-campo, il montaggio perfetto, la meravigliosa accuratezza dei costumi e dei colori ed anche, last but not least, la recitazione modernissima sia della Dunst, appositamente stridente (quasi adolescenziale e buffa, nel registro delle posture e delle smorfie), sia della Davis, con quel suo irrigidirsi caricaturale del viso, con cui sottolinea ogni volta il disagio per l’ingresso a sorpresa di un nuovo arrivato nella camera: in base all’assurdo cerimoniale, la regina deve per l’appunto essere aiutata ad indossare la sua veste sempre e solo dalla persona più alta in grado dinastico presente nella stanza in quel momento e così tutta l’operazione deve resettarsi ad ogni nuovo arrivo di un titolato della corte o membro della famiglia reale.

Abbandoniamo (non senza malincuore) l’enorme figura della Canonero, per tuffarci in un ambito completamene diverso, recandoci agli antipodi di una professione che vive non solo di grandi personalità individuali ed esperienza decennale, ma anche di guizzi d’ingegno multicolori e giovanilissimi e lo facciamo estrapolando, da un film recente, la straordinaria sequenza d’apertura, dove la bellezza dei vestiti, dei costumi, delle maschere e persino dei giganteschi pupazzi a forma di teschio si presenta allo spettatore sotto forma di una pazzesca molteplicità, chiaramente coordinata dallo staff del costume-designer di turno, ma la cui ideazione e realizzazione si devono interamente al lavoro spontaneo e partecipato degli studenti delle scuole d’arte di Ciudad de México (Mexico City per i gringos): stiamo parlando del film “Spectre”, diretto da Sam Mendes nel 2015, come capitolo conclusivo del poker di film con protagonista l’attore Daniel Craig nel ruolo dell’agente segreto James Bond, con codifica 007 del servizio segreto britannico MI6.

Spectre-01Malgrado la mia notevole soddisfazione provata nel vedere questo film (dovuta proprio ad alcuni momenti di cinema altissimo, come ad esempio la sequenza in oggetto, nonché al piacere egoistico di assistere alla conclusione di una storia comunque estremamente affascinante), voglio tuttavia premettere che ho trovato questa pellicola poco sopra la sufficienza e fondamentalmente sbagliata, con dei cali di tono nella sceneggiatura e delle banalità quasi insopportabili: diciamo proprio che la visione nel suo complesso si è salvata solo grazie a pochi picchi di goduria, tali da far dimenticare lacune e banalità sia narrative che lessicali.

Spectre-02Può dunque nascondersi una perla preziosissima di eccellenza dentro il fango della patinata mediocrità?
Certo che sì ed anzi è proprio questa la scoperta più bella che uno spettatore può fare, ritrovando, come in una piega del destino, una dimostrazione tangibile che in arte, come nella vita, siamo in continuazione di fronte a bivi, dove si è chiamati a scegliere la strada giusta: se è vero che si possono commettere innumerevoli errori riuscendo ugualmente ad imbroccare ogni tanto la strada corretta, è altrettanto vero, tuttavia, che il risultato finale del nostro viaggio sarà frutto della somma di queste scelte e che pochi atti giusti potranno, forse, salvarci l’anima, ma non ci faranno mai raggiungere la perfezione, perché quest’ultima è per gli dei ed ahimè, Mendes di certo un dio non lo è nemmeno per metà.

Spectre-07Ora però non c’interessa giudicare il sopravvalutato regista britannico, ma guardare e riguardare l’incantevole opening-sequence del suo “Spectre”, tutta girata in esterni, dove 1500 comparse sfilano per le strade della loro capitale, completamente mascherate e dipinte in volto, per la celebrazione della festa messicana del Dia de Muertos: mentre le cineprese si muovono, lungo planate e carrellate (alcune fisiche, altre un po’ truccate in digitale, ma comunque con un ineguagliabile senso di continuità), il campo cinematografico si riempie di artisti, consapevoli del loro ruolo secondario, ma anche incredibilmente orgogliosi della loro cultura ed etnia, che si muovono al ritmo dei tamburi, riempiendo le vie, come in un palcoscenico da circo circondato da acrobati.

Spectre-03Nei quattro minuti di durata della scena, due mondi e due concezioni di abbigliamento collidono e viaggiano assieme: le poche decine di metri, del tragitto percorso a piedi dal protagonsta, ripreso senza soluzione di continuità, sono esattamente quelle necessarie al nostro eroe per entrare nella stanza d’albergo, in compagnia della preda locale del campione britannico di mascolinità senza confini (ruolo affidato alla bellissima attrice messicana Stephanie Sigman) ed abbandonare sia la compagna che la maschera, per indossare il perfetto completo sartoriale (che è poi l’armatura del nostro agente segreto spaventosamente glamour) e completare il suo compito da sicario.

Spectre-05Circondata da un aura di tale sfacciata eleganza e fascino, da sembrare uscita da una versione seriosa di Zoolander, la costume-designer dei due 007 di Mendes è la leggendaria francese Jany Temime, a cui gli uffici marketing della produzione affidarono a suo tempo il compito di ridisegnare non solo il guardaroba ma tutto l’uomo Daniel Craig; per fare questo, Temine (già creatrice del particolarissimo universo di outfit usati nella saga filmica di Harry Potter) ha scelto di collaborare (come anche in “Skyfall”), con uno stilista già noto anche come fotografo e regista, Tom Ford (se volete un’idea di quanto sia estetizzante la sua visione del mondo, guardate come ha fotografato e vestito Colin Firth nel suo primo lungometraggio, “A single man” del 2009).

Spectre-06Adesso, però, rimettiamo nel guardaroba i più di 30 abiti disegnati e cuciti addosso a Craig ed ai suoi stunt-man (20 solo per gli smoking bianchi) e torniamo in mezzo alla strada, ai ritmi forsennati ed alle languide canzoni d’amore che accompagnano la veloce salita in ascensore, perché la bellezza di questa scena, giudicata come un unicum isolato dal resto del film (molto più fracassone, stupido e banale), deve spingervi a rivederla più volte, come un mantra che ci liberi dalla bruttezza del mondo che ci circonda.

Intervistato dal “The Telegraph”, Mendes diceva a proposito di questa scena: “Everywhere you look there’s colour and detail and life. We’ve built floats and maquettes, the costumes are extraordinary and the craftsmanship is amazing (Ovunque si guardi c’è colore e dettaglio e vita. Abbiamo costruito carri e modellini, i costumi sono straordinari e la loro realizzazione artigianale è incredibile)”.

Spectre-04Giunto alla fine di questo mio lungo intervento, prima di lasciarvi ad una gustosissima appendice sull’argomento curata dal mio amico e collega Zack, come al solito ringrazio per la pazienza quelli di voi che abbiano avuto la caparbietà di seguirmi nei miei spesso tortuosi ragionamenti e rinnovo la preghiera di abbandonare ogni preconcetto possiate avere per questo film e lasciarvi andare assieme a me all’estasi nell’ammirare il piano-sequenza regalataci da Mendes, che vi colpirà senza dubbio, a meno che notte tempo una strega malvagia non vi abbia sostituito il cuore con una pietra arida, che vi schiaccia l’animo e vi toglie con un brutto incantesimo la capacità commovente di percepire il bello.


The-Wizard-of-OZ-banner

Il bello del cinema è che è infinito: ha infinite possibilità e infinite strade da prendere.
Eppure c’è ancora adesso chi pensa (come molti, troppi, amici miei) che la bellezza di un film dipenda esclusivamente dalla storia che racconta e non da come viene raccontata, neanche fossimo negli anni ’30!
Ma anche se fossimo davvero negli anni ’30, quello sarebbe comunque un modo di ragionare obsoleto e inadeguato anche per  allora.

The-Wizard-of-OZ-01Prendiamo come esempio un film come “The Wizard of Oz”, il celeberrimo film che la Metro-Goldwyn-Mayer produsse nel 1939 dal primo dei quattordici libri dello scrittore fantastico L. Frank Baum: vista oggi, questa pellicola ci racconta una storia decisamente banale e con una morale anche discutibile (forse non per l’epoca in cui fu prodotto, ma poco importa), eppure rimane sempre un’opera immensa, poiché basa la maggior parte del suo fascino proprio sui costumi, sul trucco e parrucco, sulle scenografie, sugli effetti speciali e sulla splendida fotografia a colori.

The-Wizard-of-OZ-02Questi citati sono tutti reparti considerati secondari, che però, in quel film, diventarono essenziali, anche rispetto alla trama, in quanto assurti a principali strumenti narrativi: la storia di Dorothy, che magicamente viene trasportata in un altro mondo durante una tempesta, raccontata a parole, non avrebbe avuto la stessa forza e la stessa potenza immaginifica di come è invece raccontata nel film e questo proprio grazie a quei reparti secondari (o tecnici) di cui parlavamo (già a partire, ad esempio, dall’idea del passaggio dal bianco e nero al colore, che da solo ha fatto metà film).

The-Wizard-of-OZ-03Negli anni successivi, con il perfezionarsi delle tecniche, ci sono stati sempre più film che hanno basato la loro grandezza su nuove idee di scenografia, di costumi, di effetti speciale, anche a discapito della trama ed hanno funzionato egregiamente (non che Il mago di Oz fosse stato il primo ad usare questa metodica narrativa, ma l’ho citato come campione solo perché l’ho rivisto di recente e soprattutto nella sua versione integrale).

Tutto questo per dire che un film è sempre un’opera estremamente complessa nella sua realizzazione e di conseguenza lo è anche nella sua analisi a posteriori.


In questo post abbiamo citato il lavoro dei seguenti artisti:

Vittorio-Storaro

Emmanuel-Lubezki

Dante-Ferretti

Eiko-Ishioka

Milena-Canonero

Jany-Temime


Inoltre, ci siamo soffermati sui seguenti film:

The Wizard of Oz“, USA, 1939
Sceneggiatura di Noel Langley, Florence Ryerson e Edgar Allan Woolf
Regia di Victor Fleming, (non accreditati: G. Cukor, M. LeRoy, N. Taurog, K. Vidor)

Goya in Bordeaux“, ESP, 1999
Scritto e diretto da Carlos Saura
Fotografato da Vittorio Storaro

Marie Antoinette”, USA, 2006
Sceneggiato, diretto e prodotto da Sofia Coppola
Interpretato da Kirsten Dunst, Jason Schwartzman, Judy Davis

Spectre”, USA, GB, 2015
Scritto da John Logan, Neal Purvis, Robert Wade e Jez Butterworth
Diretto da Sam Mendes


 

47 pensieri su “Da Versailles a Ciudad de México: le reggie dei costume-designers

  1. Un ode alle professioni la tua, non tutte, ma probabilmente arriveranno 🙂
    L’illuminazione è arte non voglio aggiungere altro, è lei stessa una chiave di lettura del racconto.

    Tornando alle tue citazioni quella sequenza iniziale di 007 è probabilmente la parte più bella di tutto il film, se avessero dedicato tutta quell’attenzione ai minuti restanti avremo avuto un capolavoro.

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  2. Meraviglioso articolo! Mi sorprendo che ancora oggi la gente sottovaluti Hugo Cabret. Quel film è letteralmente una dichiarazione d’amore verso il cinema.
    Per quanto riguarda Spectre invece concordo con te, il film purtroppo non era niente di che e forse è stato anche sopravvalutato da molte persone, però la sequenza iniziale mi rimarrà per sempre impressa. Quella è arte visiva e sicuramente la parte più bella dell’intera pellicola.

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    • Sono ultra-felice che ti sia piaciuto l’articolo e che concordi con me e Gianni sull’apprezzamento per Hugo Cabret: le tue parole sono perfette, quando dici che “[…] Quel film è letteralmente una dichiarazione d’amore verso il cinema[…]”…
      Comunque si, il sequence shot di apertura è pazzesco… Davvero…

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  3. Posto dopo post sono sempre più felice di averti conosciuto anche solo a livello “virtuale” maestro Kasa! 🙂
    Io amo il cinema in ogni sua singola sfumatura, dal più piccolo lavoro di artigianato agli attoroni che mettono il proprio faccione sui poster e a cui spesso [involontariamente] vengono attribuiti i meriti se non addirittura la proprietà di un certo film [il classico “vado a vedere il film DI pinco panco”]. Ma come hai detto giustissimamente tu, il film è un lavoro corale e benedico ogni giorno l’invenzione del DVD e del misterioso uomo che un giorno ha detto “hey, perché non ci ficchiamo dentro qualche contenuto speciale?” perché grazie a lui posso immergermi in ogni singola goccia che compone l’oceano chiamato pellicola, specialmente per quei reparti spesso considerati minori ma così dannatamente affascinanti e per nulla banali che non posso essere ignorati.
    Ma dicevo, grazie a WordPress ho potuto conoscere altre persone che come me non si fermano ai classici attore/regista/sountrack ma hanno la gioia di scavare più in profondità! E tra questi ci sei ovviamente tu! 🙂

    Ma veniamo al tema del tuo articolo, va là!
    Ode Ode alla Canonero, orgoglio italiano che giusto l’anno scorso festeggiavamo per la sua [quarta?] vittoria agli Academy! Tra l’altro è una gioia quando un regista riesce a riconoscere l’arte dei propri collaboratori e riesce a sfruttarla appieno [in linguaggio cinematografico] come la Coppola o Anderson hanno fatto con MARIE ANTONIETTE E BUDAPEST HOETL [tanto per citare le ultime due statuette vinte] o anche Baz Luhrmann con i bellissimi costumi di Catherine Martin in praticamente ogni suo film [ma quando si parla di sfarzosità ed eleganza Lurhmann è sempre in prima fila 😀 ].

    Piccola digressione [che OT sta diventando troppo mainstream…come pure “mainstream” se è per questo 😀 ] nonostante apprezzi molto questo genere di costumi [che si appropriano anche del genere con cui viene identificato un film, i cosiddetti “film in costume”] ho goduto moltissimo quando quest’anno a vincere l’ambita statuetta dell’Academy sono stati gli indumenti sporchi e hard-rock di Jenny Beavan per FURY ROAD! Un bel dito medio ai passati [e probabilmente futuri] vincitori.
    Ripeto, nulla contro di loro, ma “elegante” e “sontuoso” non è sempre sinonimo di “migliore”, neanche quando si parla di costumi 🙂 [ma questa è un’idea mia con cui spero concorderai].

    Per andare invece completamente OT [ci ho pensato, e alla fine cazzo ce ne frega di quello che è mainstream?], non voglio esprimere giudizi su SPECTRE, ma l’introduzione di cui hai parlato mi ha fatto venire in mente de IL LIBRO DELLA VITA, film d’animazione non proprio perfetto ma che stravince per quanto riguarda la resa grafica vista la cura e i numerosi riferimenti alla cultura messicana! Un film che volevo consigliarti da quando l’ho visto [sempre che tu non l’abbia già fatto] dato il tuo amore per quella cultura e soprattutto per Del Toro che ha prodotto il film e ha voluto fortemente realizzarlo 🙂

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    • 20 eurini e 90 centesimi… questo il costo che ho affrontato immediatamente, quando ho realizzato quel post a cui hai fatto riferimento su Del Toro, per acquistare il Blu Ray del bellissimo “Book of Life” di Gutierrez, prodotto dal nostro corpulento mentore (tra l’altro per chi fosse abbonato Sky, è in programmazione da settimane su quella piattaforma)…

      Sappi che io adoro la cultura messicana che sta dietro a tantissima produzione in fiction  e non solo animata o cinematografica, ma anche videoludica ed infine fumettistica: ebbi a suo tempio il privilegio di ospitare un vero lottattore messicano di lucha libre nella mia fumetteria a Bologna, quando presentavamo al pubblico il fumetto della Salda Press “Quebrada” (che poi in messicano significa “gola” o “burrone”) di Casali e Camuncoli ed altri autori fighissimi…

      QUEBRADA_PAG01In realtà dico queste abbastanza inutilmente, perché penso che dal mio blog si percepisca quanto m’interessi tutta la cultura meso-americana, ma non si sa mai!!

      Andando a raggiera sui tuoi OT (OT è divenuto aminstream, si, ma anche mainstream ed a questo punto chissene come hai detto tu, che se non non si può dire più nulla…), concordo su tutto quello che hai scritto: la vittoria dei costume-designers di Fury Road è bellissima!!

      Tra l’altro, come ho scritto anche nel mio post la Canonero ha fatto le divise di Clockwork Orange mica solo pizzi e merletti, eh!

      Ci sarebbe da dire tantissimo, ma chissà, piano, piano…

      In ogni caso, Burrito, stima massima per te, sappilo, ricordalo, always…

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      • Haha sospettavo che l’avessi già visto, ma dato il tuo amore per quella cultura ci tenevo a segnalartelo nel remoto caso te lo fossi perso 🙂

        QUEBRADA! Mamma mia che meraviglia di fumetto che m’hai tirato fuori 😀 me ne innamorai al primo sguardo e l’avrò riletto non so quante volte [specialmente l’arco de La Pasiòn, personaggio splendido scritto divinamente e disegnato anche meglio! ].

        Ovviamente la mia non era una critica verso Canonero e neanche verso i suoi colleghi ma più verso l’Academy che in certe categorie come costumi o effetti speciali predilige sempre [e non a ragione] determinati standard. Ma questo è un po un pensiero mio, non ci badare 😀

        In fine mi unisco all’appello della cara Double W dicendoti che non vedo l’ora di leggere i tuoi prossimi articoli dedicati alle altre professioni legate al cinema 🙂

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  4. Ok, il seguente commento di Zack è stato da me arbitrariamente modificato: ho tagliato via la parte centrale che ho inserito nel mio post, perché era appendice perfetta a quanto avevo già scritto io nel mio pezzo.


    Suuuper.
    Sono contento che tu abbia fatto questo splendido post sull’importanza delle professioni specializzate all’interno della realizzazione di un film.
    Perché non è mai il lavoro di una singola persona (tranne casi eccezionalissimi) ma sempre un lavoro di squadra in cui ogni membro è fondamentale che faccia bene il suo lavoro ai fini della riuscita del prodotto.
    La scena d’apertura di Spectre?
    Ok, quella era forte.

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    • Commento sublime…
      Ho il tuo permesso, Zack, di strapazzare le tue parole, tagliando e cucendo il tuo commento, in una sorta di extreme proofreading, per usarlo come appendice nel mio post, senza ovviamente modificarne il senso?
      Sappi che sarai trattato nel massimo rispetto, meglio di quello che farebbe un capo-redattore…

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      • Non c’è onore più grande per me che venire citato in un tuo post. Ma questo lo sai già. Questa volta però mi hai gasato veramente tanto mettendomi in appendice con tanto di strisca customizzata. Davvero non so che dire. Grazie!
        Lo ammetto, sto gongolando parecchio, anche perché, credimi, non me l’aspettavo proprio.

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        • Oh, Zack… avevo preso da subito la decisione di aggiungere il tuo bellissimo commento e le tue considerazioni interessantissime (e foriere di altre considerazioni ancora, a cascata) in appendice al mio post, come un capitolo aggiuntivo ed un ampliamento, in una sorta di blogging 3.0…
          Il problema è che per essere efficace, questo adattamento andava fatto subito ed io mi sono ritrovato nei panni di quei direttori di giornale che hanno tra le mani un gran pezzo (il tuo) da pubblicare ma non hanno il consenso dell’auote per andare in stampa… ed allora ho rischiato… nella speranza che l’effetto finale avrebbe salvato l’integrità morale di chi ha scritto (tu) ed assieme creato l’effetto divulgativo migliore.
          Perché alla fine il concetto è quello: divulgare, condividere, scambiarsi idee ed anche divertirsi!
          Grazie di aver accettato tutto questo!
          Sei avvisato: in un futuro potrebbe ricapitare, sappilo e non saprai mai quando!

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  5. Vado a punti che magari così non mi scordo cosa devo dire…
    1) Che per la Marvel bisogna star seduti fin dopo i crediti è un concetto poco noto purtroppo, a vedere quanti si alzano appena partono.
    2)Io Cabret lo vidi al cinema dopo che diedi l’esame di Storia del Cinema… quindi colsi abbastanza i riferimenti 😝
    3)I vestiti di Dracula… alla mostra che tennero a Milano c’era l’intervista a Eiko Ishioka in cui diceva che l’armatura non stava su in nessun modo e Oldman perdeva i pezzi mentre recitava, questa cosa mi fece ridere 10 minuti.
    4)Ma quella scena non ha stacchi! Non sono una fan di 007, quindi non ho visto Spectre… ma quella scena è fenomenale!
    Credo di aver finito xD

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  6. Complimenti per il post così dettagliato sul mondo stupendo dei costumi e della scenografia. Io adoro tutti quei piccoli extra che ne parlano nei dvd e mi dispiace tantissimo quando non ne trovo. Ho iniziato ad apprezzare il lavoro del direttore della fotografia proprio grazie alle interviste a quel mito di Whedon negli extra dei dvd di Buffy.
    Se potessi tornare indietro studierei per diventare costumista, magari sarei disoccupata ugualmente ma penso che mi sarei divertita di più, nel frattempo adoro i film come Marie Antoinette della Coppola proprio per le scene così pop. E sono d’accordo con te quando dici che una buona fetta del successo di un film dipenda dal settore tecnico 😉
    Mchan

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  7. Non mi sono dimenticata di te! stavo cercando il momento opportuno per leggermi con calma il tuo post 😀 A parte il fatto che il lavoro del costumista teatrale o cinematografico lo adoro da sempre, ammiro da morire la capacità di queste persone di trarre ispirazione da atmosfere e opere d’arte per creare qualcosa di iconico che poi si protrarrà nel tempo. Mi fa piacere infinitamente il fatto che tu abbia citato la bravissima Eiko Ishioda, soprattutto per il lavoro meraviglioso svolto in Dracula di Coppola.
    Non ti smentisci mai con le tue analisi scrupolose ed è sempre un piacere leggerti.

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    • Oh, Blackgrrrl… lo sai che sono un tuo fan…

      keatsIn una dimensione parallela, di un altro dove ed un altro quando, io sarei certamente molto più giovane e ti porterei mazzi di rose rosse con poesie di Keats scritte su foglietti avvoltolati lungo i gambi…

      Sense and SensibilityOppure, in un’altra dimensione ancora, dove fossi un me stesso di sesso femminile, sarei una tua amica del cuore o tua sorella e con te condividerei passioni segrete…

      Bicentennial-manE magari, in una terza realtà, sarei un androide, costruito in laboratorio, che si innamorerebbe di te senza speranza..

      Tutto questo per dire che quando scrivi, quando commenti, quando fai dei discorsi complessi o quando cazzeggi, hai qualcosa che mi accomuna a te, pur con mille distinguo e questa, ti assicuro, è una splendida sensazione!
      Con mio figlio, ad esempio, ho pochi interessi comuni: lui è un tecnologico spinto, informatico a tempo perso ed elettronico come studi, non ama la storia e legge pochissimo, ma ha un incredibile savoir-faire, una dimestichezza nei rapporti umani che mi ricorda il me giovane, quando facevo l’educatore nelle case famiglia ed entrambi amiamo tantissimo parlare con gli altri, in treno, in autobus, in fila in farmacia… ecco,. questa è l’empatia di cui parlo, che non significa essere uguali e neanche simili, ma, come dire spiriti affini!

      Quindi, spirito affine Blackgrrrl, ti evoco!
      Raccontami dei tuoi saperi e delle conoscenze in campo costumistico, perché sono goloso di queste storie!

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      • No, vabbè Keats, perché devi giocare sporco? Vabbè… ma non dire ‘ste cose, nemmeno io e mio padre abbiamo gusti affini anzi stiamo agli antipodi, credo quindi sia qualche legge divina che lo imponga 😀

        Diciamo che il discorso preso su due piedi è ostico quindi vado un po’ a memoria e un po’ “a google” perché coi nomi non ho mai approfondito ma ti posso fare i titoli dei film…

        CinderellaAllora diciamo che alcuni già li hai citati tu tipo “Arancia meccanica” e “Dracula“, poi senz’altro “Cinderella” di Branagh dove c’è in particolare il costume di Cate Blanchett che sembra uscito da un quadro di Tamara de Lempicka.

        Anna-KareninaInoltre stravedo per i costumi in “Anna Karenina” di Joe Wright ad opera di Jacqueline Durran

        AtonementChe poi è la stessa costumista di “Atonement“…

        Pride-and-PrejudiceE di “Pride and Prejudice“, che buttiamoli via!

        Alice-in-WonderlandPoi ci sarebbe da aprire un capitolo gigante chiamato Colleen Atwood che lavora con Tim Burton e penso di non dovermi dilungare oltre.

        A memoria ci sono questi poi nelle prossime ore mi verranno in mente sicuramente altri 30 film perché funziona così…

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        • Di fronte ad un simile commento, così raffinato e completo, mi sono permesso di modificarlo, aggiungendo immagini e didascalie (senza toccare il testo chiaramente), affinché tutti possano capire di quali talenti stavi parlando… assolutamente impagabili…

          Hai sottolineato e ricordato dei lavori di altissime fattura, a cui mi permetto solo di aggiungere due titoli che, malgrado l’esito artistico dissimile dei film nel loro complesso (uno è un gran film, l’altro una cagata…) vantano entrambi un comparto costumistico da urlo!!

          Mr-Turner“Mr. Turner” di Mike Leigh con i costumi della Durran…

          Snow-WhiteEd ovviamente il primo capitolo di “Snow White and the Huntsman” di Sanders con i meravigliosi costumi della Atwood!

          Buona notte e buon week-end, amica!

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          • Uhh grande sei stato li a metterci le immagini 😀
            Per Mr. Turner e Snow White non posso che essere d’accordo. Il primo è passato cosi in sordina ingiustamente che non mi capacito, ma aveva costumi e fotografia belli da morire. Invece quella ciofeca di Snow White aveva solo costumi e fotografia a salvare la baracca per le pinze. Poi ancora non mi sono ripresa dalla battutona del secolo. Nemmeno in un mondo ipotetico sta in piedi la storia che Biancaneve è più bella della Regina Cattiva se interpretata da Charlize Theron 😀

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            • Lietissimo che tu abbi apprezzato l’inserimento delle foto, anche perché non volevo essere invasivo, ma solo esaltare…

              Su Snow White, come già scritto sia da me che da te, è vero che il film si salva solo per i costumi… o meglio, il film non si salva, ma i costumi sono pazzeschi ed incredibilmente valgno la visione del film…
              Sulla Theron, ho discussione con i miei amici blogger praticamene infinite… preferire molte delle squinzie in circolazione a lei, Biancaneve compresa, ha qualcosa di eretico…

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  8. Lo so. Sono in ritardo. Non ho scuse: sono praticamente sparito dalla piattaforma.. tant’è che solo oggi ho pubblicato qui gli ultimi tre articoli da me scritti su PugliaPress. Faccio mea culpa e, piano piano, mi recupererò gli articoli persi e arretrati (che saranno un centinaio ormai).

    Parlando dell’articolo, il tuo blog, come quello di Zack, non è nuovo a riflessioni riguardo i settori meno “mainstream” che sono coinvolti nella realizzazione di una pellicola. Sono perfettamente d’accordo con voi: non è importante solo il “contenuto”, inteso come storia narrata, sceneggiatura, ma è a dir poco fondamentale il comparto tecnico che dà vita all’ambiente, all’atmosfera propria di un film. In certi casi la “messa in scena” (non intesa come “farsa”, ma come realizzazione pratica dell’ambiente filmico) diviene protagonista. Mi viene in mente, ad esempio, Mad Max: Fury Road (per nominare un film che non avete preso come esempio).

    Ottimo articolo, come sempre, ma era quasi inutile dirlo!

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    • Anzitutto ben tornato, amico!
      Ti ho pensato moltissimo, in tutte le chiacchierate che ho fatto ed in tutte le recensioni che ho letto e ti dirò che mi è mancato davvero il tuo stile, oramai professionale, ma sempre vibrante ed attento, in una parola EFFICACE.
      Sei sempre stato una delle mie letture preferite e quindi accolgo con gioia la notizia che hai pubblicato tre nuovi post, che andrò a leggere e commentare non appena “sbarcherò” a casa e mi ritaglierò un po’ di tempo per crogiolarmi in qualche bella considerazione (dallo smartphone ho letto i titoli, gnam! Piatto ricco il tuo!)

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