About a Book: Any port in a storm ovvero Tutto fa brodo

Neverending-Story-the-readerQuesto non è un Tag Game e nemmeno un premio o un elenco di nomination di o per qualcosa, ma solo una gigantesca parentesi, una pachidermica pausa dopo la recente Notte degli Oscar e certamente il post più lungo e personale che io abbia mai scritto.

Partiamo dal titolo, che contiene due frasi idiomatiche, una inglese e l’altra italiana, ma dal medesimo significato ed entrambe mi sono state suggerite da quell’angelo di blogger che è la stimatissima Blackgrrrl, curatrice del sito “A Handful of Frames”, la quale, oltretutto, pensò bene a suo tempo di nominarmi per un gustoso giochino dove bisognava selezionare 25 Bookish Things, ovvero narrare al pubblico venticinque aneddoti personali riguardanti il variegato mondo dei libri.

Mi piace precisare che recentemente mi è capitato più volte di venire nominato per alcuni premi che circolano sotto forma di Tag Game nel web: nella maggioranza dei casi erano solo citazioni di cortesia, volte ad ampliare la conoscenza e la diffusione di un gruppo di blog attraverso lo scambio di link, ma in qualche caso sono state delle sorprese graditissime: tre, in particolare, quelle che mi hanno letteralmente onorato.

Il primo caso, senza ombra di dubbio, è stato il prestigiosissimo ed altrettanto adorabilmente inutile “Crom Award 2016”, un parto indigeno ed autoctono della Neverland mentale di quel fenomeno di scrittore creativo che è Gianni Gregoroni di “ilperdilibri” (il poster con il faccione del governator Schwarzy, con in mano la sua spadona cimmeria, ancora mi guarda di sbieco, quasi a dirmi che non meritavo tale riconoscimento guerresco).

Il secondo importante premio fu quello assegnatomi da un blogger che solo di recente ho conosciuto, pur tuttavia innamorandomene subito, una dotta personalità, dai gusti raffinati sia in campo culinario che musicale, devoto e splendido barman di un locale dove si può sempre gustare letteratura liquida, alcol creativo e tanta buona musica: Antonio Bianchetti, aka “il barman del club”, del leggendario Sourtoe Cocktail Club; malgrado io sia un ingombrante signor nessuno, il barman di cui sopra mi ha fregiato con la nomina di un Premio Dardos, di cui tutt’ora lo ringrazio.

Infine è stato il turno della già citata Blackgrrrl (una delle rivelazioni coolest di WordPress del 2015) e della sua nomina per il “25 Bookish Things”.

Aldilà dell’effetto chain letter (la fantomatica Catena di Sant’Antonio), già da subito sapientemente interrotto dalla stessa Blackgrrrl (interessata più alle risposte che non al propagare del meccanismo), mi sono ritrovato, grazie al suo post, a ripensare al mondo librario, ai suoi luoghi di culto ed evangelizzazione (dalle scuole, alle Università, dalle librerie tradizionali, ai siti dedicati alla narrativa), ma anche all’approccio individuale che ognuno ha con i libri in quanto oggetti, alla loro fisicità di cose da conservare e archiviare, ma anche da esporre e da consultare.

Da tutto questo bailamme di pensieri e considerazioni, è nata la lista sottostante, un pot-pourri di aneddoti, pensieri e risposte (a domande che nessuno mi ha posto… un classico topos dei presuntuosi!), che non ho osato chiamare zibaldone solo per non macchiare la memoria del sommo poeta marchigiano di Recanati.

La mia speranza è che i malcapitati internauti di passaggio, fermandosi a leggere i miei nove refrain, possano, a loro volta, contribuire con aneddoti personali (uno, nessuno centomila, senza limiti) ad un disegno più ampio sull’eterogeneo mondo dei libri.

E’ dunque con questo desiderio infantile e superbo (ma anche tracotante e vanaglorioso, visto che tanto consultare il dizionario dei sinonimi non costa nulla…) che mi accingo a lustrarvi gli zebedei con la mia listona della spesa…

1. La Libreria
BookcaseI libri vanno conservati in qualche modo ed il posto deputato è la libreria, da sempre.
Non considero nemmeno degno di nota tutto il gruppo delle mensole, appartenenti ad un periodo per lo più adolescenziale della vita di un lettore, che presuppongono spesso dei reggilibri (odiosi!) e che rischiano di cadere per il peso dei volumi appoggiati e che anche nel migliore dei casi sono comunque una rottura da montare sulla parete (sempre che non si abbiano dei muri perfetti, bucabili in scioltezza con il trapano e non quegli agglomerati di stucco e calcina, nei quali mi è capitato spesso di incappare e che rendono un semplice buco un’impresa estrema).

No, i libri vanno in un mobile costruito per questo scopo, possibilmente con i vetri e neanche tanto figo: un mobile da vecchi, con ripiani dritti e robusti (i libri pesano e piegano il truciolato leggero) e spalle alte, niente andamenti ad onda dal design inutile (quella che io chiamo la square glass syndrome, la sindrome del bicchiere quadrato, ossia il modo più cretino per contenere un liquido che poi va bevuto).

Abbiamo tutti avuto un periodo in cui fingevamo che fosse bello vivere in modo bohémien, con le nostre cose sparse ovunque e dove la stratificazione in pile aveva un significato cronologico di utilizzo (un po’ come i carotaggi del manto terrestre, che permettono ai biologi di scoprire quali forme di vita ed in che periodo hanno abitato quell’ecosistema), ma poi anche quel momento finisce e magari dobbiamo dividere il nostro spazio vitale (non piccolo come quello del genio dell’Aladdin disneyano, ma comunque nemmeno Buckingham Palace) con un altro essere umano, compagno/compagna e magari anche della prole: bisogna dare un senso logico alla disposizione delle cose e questo mi porta al punto successivo.

2. L’archiviazione
The-Hogwarts-LibraryCome ordinate i vostri libri?
Non è una domanda stupida, perché o ne avete davvero pochi oppure il problema ve lo siete posti necessariamente!
Non prendo nemmeno in considerazione chi li dispone per altezza (seriamente esiste chi lo fa?), ma parlo di chi li divide per autore o per tema trattato o per editore (quest’ultimo sistema è tipico di chi ha lavorato in una libreria, ma è anche un po’ da malati, anche se la tentazione per un appassionato di collezionare tutti gli
Struzzi o i Castori o ancora tutti i volumetti della Sellerio o della Adelphi è fortissima e lo capisco).

Io li ho da sempre divisi prima nelle due macro-categorie saggistica e narrativa; quindi, all’interno della prima, per argomento (storia dell’arte, storia del cinema, fotografia, manualistica, cazzate trascendentali, giochi, fisica ed astronomia, prontuari, cucina, viaggi, etc.), mentre nella seconda rigorosamente e tassativamente per autore e specificatamente per cognome (Abate, Alcott, Alfieri, Alvaro, Ammaniti, Andersen, Anderson, Angioletti, Anson, Apollinaire, Asimov, Austen e via fino alla “z” di Zafon e compagni).
Ne viene fuori un insieme variegato per forme, dimensioni e colori, ma in cui l’alfabeto (ovviamente quello completo da 26 grafemi, perché dire “lettere” è troppo mainstream…) resta sempre il filo di Arianna con cui trovare uscite e risposte.

Oggi ho molti libri (per tacer dei fumetti, ma quelli hanno una divisione ancora più complessa, considerato che spessissimo gli autori di ogni opera sono due, uno per i testi ed uno per i disegni), ma non fu sempre così e questo mi porta al terzo refrain.

3. La Genesi della Passione
Hugo-CabretDa piccolo mi sono avvicinato ai libri con tempi diversi da quelli con cui mi sono avvicinato alla lettura e no, non sono ubriaco.
Ciò che intendo è che ho vissuto per anni a casa dei nonni materni (che poi, in punto di morte di mia madre, ho scoperto non essere nemmeno tali, ma questa è un’altra storia), un appartamento borghese che sembrava uscito dalle mani dello scenografo di Ettore Scola, senza troppe concessioni all’estetica, ma traboccante di libri: volumi di tutte le dimensioni, dai grandi atlanti geografici (un tempo i confini delle nazioni cambiavano più lentamente ed il ritmo di obsolescenza di una cartina politica aveva un respiro lungo) alle riviste da barbiere, dalle pazzesche raccolte del “
Giornale dei Misteri” (antesignano di Peter Kolosimo e bisnonno delle famigerate trasmissioni “Mistero” e “Voyager”) alla prestigiosa raccolta dei premi Nobel della Utet, dai millemila romanzi in edizione pocket (economica) della Longanesi, ai primi oscar Mondadori (no, non vengo da una famiglia di spendaccioni) e via andare, con quintali di carta stampata varia, tra saggi, poesia, teatro ed enciclopedie di tutti i tipi, perché mio nonno era direttore didattico delle locali Scuole Elementari ed anche la persona più colta ed istruita del mio paese natio (un borgo di origine longobarde di circa 6000 anime, tutte smarrite lungo il dromedario collinare tra la provincia di Ancona e quella di Macerata).

Ebbene, di tutto questa abbondanza culturale, lo ammetto con vergogna, non una stilla entrò in me come informazione attraverso la lettura durante tutta la mia infanzia, passata spensierata tra giochi in strade polverose, partite di pallone e corse per i campi a perdifiato, almeno finché non rimasi orfano di entrambi i genitori ed allora cominciarono lunghi periodi di silenzio e rintocchi della pendola e tanti pomeriggi in cui non avevo voglia di vedere nessuno ed allora tutti quei libri diventarono quasi un fortino dentro cui appollaiarsi e rinchiudersi e venni sopraffatto dalla loro fisicità, dal loro odore di rilegatura a filo e colla, dalle copertine lisce di finta pelle e dai primi rilievi in quinto colore dei volumi moderni, dal filo di stoffa che reggeva i quinterni dei tomi più preziosi, dal tessuto con cui erano ricoperti i cartoncini duri delle grandi opere, fino alla levigatezza piacevole al tatto della carta lucida e spessa dei dizionari illustrati.

Finché fu in vita, mio nonno mi comprava nell’edicola-libreria del paese i fumetti di Asterix (edizione cartonata, la primissima, mica roba da poco per il nipotino!) ed io me li leggevo da solo, nello studio di mio nonno, seduto sul tappeto ai bordi della sua grande scrivania, ingombra sempre di tante carte e fogli manoscritti ed appunti, nell’odore di tabacco (fumava poco il mio avo, ma quel poco lasciava il segno) e colonia da barba che impregnava il suo lavoro di direttore e docente.

Solo molti anni più tardi, ai tempi del Liceo e dell’Università, dopo mille traslochi e mille peripezie della vita e dell’animo, rimpiansi di non aver letto quando potevo tutti quei libri, di cui solo una parte, purtroppo, ora conservo e quando adesso guardo i miei mobili pieni di tanto mi sembrano davvero nulla in confronto a quella piccola Alessandria che fu la casa dei nonni.

4. Il mio primo libro
Uncle-ScroogeMi sono avvicinato alla letteratura solo con le Scuole Medie e lo feci perché fui praticamente obbligato a questo dal mio professore di italiano (un vero fenomeno, che un giorno, al posto di una lezione di storia sul dopo-guerra, fece vedere alla mia classe quel capolavoro di satira di costume di “C’eravamo tanto amati”, il film con Gassman, la Sandrelli e Satta Flores).

Io amavo i fumetti, quelli dei maestri Disney Carl Barks (il papà dei paperi) e Floyd Gottfredson (il genio che trasformò uno stupido topo in un detective), che la Arnoldo Mondadori Editore pubblicava in quegli anni, lasciando nell’anonimato il nome degli autori di quelle storie sublimi e non avevo certo voglia di nascondermi la faccia in plichi di carta bianca senza disegni, ma quella volta, rinchiuso nella biblioteca della scuola, quasi per punizione (dovevo uscirne con almeno tre libri, che avrei dovuto anche leggere a casa, oltre tutto!), andai nel settore della fantascienza (ancora non si chiamava sci-fi) e m’imbattei in un volume, di tal A.M. Ferretti, tutto nero lucido, con davanti in copertina la grande palla gialla di un silos nucleare o qualcosa di simile; il libro si chiamava “Allarme: Raggi Gamma!”, con tanto di punto esclamativo e lo divorai in poche ore e fu amore sconfinato per quel genere letterario, da cui non mi sono più davvero affrancato.
Il libro lo posseggo ancora, ridotto maluccio, ma ormai è un feticcio e guai a chi lo tocca! (con punto esclamativo!)

5. Libri di studio, libri di odio ed amore
Dante-AlighieriHo fatto il Liceo Classico, quella strana scuola voluta da Napoleone (proprio lui) dove si studiano lettere morte di popoli morti o trasformatisi in eredi dei turchi o dei burini laziali, che è divisa in un biennio chiamato Ginnasio ed un triennio chiamato Triennio.

In quella scuola c’erano alcuni libri che dovevi non solo leggere, ma studiare, il che non è proprio la stessa cosa, perché la prima azione conduce all’amore e la seconda all’odio (per il testo, ovviamente): Dante Alighieri ed Alessandro Manzoni non hanno colpa del fardello terribile che le loro pagine impongono agli studenti, ma qualcosa, nelle tenebre dei loro sepolcri (ciao Foscolo!) devono sentire ugualmente, perché la blasfemia per i giovani liceali si consolidò proprio sulle pagine scribacchiate e sottolineate dei loro libri, con tutte quelle schiere di angeli del Paradiso ed i peccatori nei gironi infernali ed i bravi che spaventano Don Abbondio e l’Innominato che si converte e quel fottuto ramo del lago di Como che volge dove lui sa, tanto che tutto diventava un pulviscolo di cifre sterili, inculcate e non insegnate, imposte e giustapposte, stratificate e memorizzate, come una cantilena che s’impara a memoria e non con il cuore.

Ebbi la fortuna di recuperare sia la “Divina Commedia” che i “Promessi Sposi” all’Università, nei corsi di Letteratura 1 e 2 del professor Ezio Raimondi e fu una vera epifania: l’esegesi venne sostituita dal piacere della scoperta, con l’agnizione dell’emozione e lo scorrere intratestuale di mille significati storici, politici e religiosi ed infine dai picchi di arte sublime e dalla poesia, anche nella prosa: rilessi quei libri odiati, con occhi e modi diversi ed infine li amai, in modo sconfinato e lussurioso.

6. Tradurre, tradire, forse dormire…
Finnegans-WakeFino ad una certa età, ho vissuto in una sorta di mondo usum delfini, in cui la verità ti viene data con il contagocce, come qualcosa che preso in un sol sorso possa recare danni alla salute: tra i tanti misteri poi rivelatemi, ci fu quello della letteratura straniera e la tardiva consapevolezza che la maggioranza delle cose che avevo letto negli anni della crescita, era stata scritta in realtà con parole completamente diverse da quelle che avevo letto (come accadde poi anche per i film, i cartoni animati e le serie televisive).

Come sempre, l’ignoranza è beata, mentre il sapere e la verità ti aprono nuovi orizzonti e ti portano anche nuovi dubbi: la letteratura straniera, infatti, è un gran casino e questo perché non è scritta in italiano!
Pensiero profondo, vero?
Scherzi a parte, il problema è serio ed enorme, perché tradurre è sempre tradire, per forza: è una trappola logica da cui non se ne viene fuori, se non per approssimazioni.

Qui su WordPress, tutti noi abbiamo la fortuna di avere una vestale del tempio delle traduzioni, una vera esperta, mascherata da ragazzina sorridente, una potente lettrice ed una  intellettuale spaventosamente colta, che sul grande mistero delle traduzioni avrebbe da raccontarvi tonnellate di aneddoti e che invito ora parlare: se ci sei, batti un colpo Elena!
Scrive su due blog: il primo è quell’arena corale di talenti femminili che va sotto il nome di “
Parole Infinite”, al quale Elena collabora con tante recensioni non solo librarie, mentre il secondo è proprio il suo sito personale e si chiama “Infinite Voci”.
Non è mia amica e non ci siamo nemmeno mai visti, ma abbiamo spesso corrisposto, con grande soddisfazione, nei commenti sotto a vari post sull’argomento traduzioni.

Ah, dimenticavo: il sacro Graal delle traduzioni, per me, resta il lavoro che Luigi Schenoni ha fatto con il “Finnegans Wake” di James Joyce, una ricerca linguistica incredibile, che eleva il concetto stesso di traduzione a ricreazione di un’opera, senza ovviamente trascurare il “personalismo” di tanti bravissimi adattatori (penso alla Fernanda Pivano, mentore della Beat Generation nel nostro paese) che hanno reso potabile la lingua straniera per il nostro pubblico di lettori, perché, diciamocelo francamente, con un po’ di sforzo un italiano medio un libro della Rowlings riesce a leggerselo anche in inglese, ma alzi la mano chi si legge in giapponese la Banana Yashimoto!

7. Holmes: “continua”…
Cumberbatch-bookcase-roomIn occasione del nostro viaggio di nozze, io e mia moglie iniziammo una pratica di lettura condivisa, che ancora oggi, scherzando, chiamiamo nel gergo familiare “continua”, dall’esortazione, con la quale a turno, chi di noi due aveva ascoltato la lettura ad alta voce che il coniuge stava facendo ad entrambi, chiedeva di proseguire, affamato di conoscere il seguito dell’opera.

Prima della partenza, come eravamo abituati nelle nostre precedenti vite da single, entrambi, quasi con gesto automatico, mettemmo individualmente alcuni libri in valigia (pochi, ma essenziali, come lo spazzolino e le mutande), ma una volta arrivati in albergo (un bellissimo resort alle Barbados, interamente pagato da mio fratello, visto che io e mia moglie ci sposammo da poveri barboni, con pranzo di nozze fatto con i fantomatici fichi secchi), leggere ci sembrò quasi un separarsi l’uno dall’altro e da bravi honeymooners pensammo di leggere l’un l’altro i capitoli di un libro comune.

Battezzammo allo scopo “Umani”, il romanzo di Donald Westlake e questa attività condivisa fu un tale piacere da non averla più abbandonata, nemmeno dopo il ritorno a casa ed al nostro tran tran, pur negli esigui spazi di tempo libero.

Nei primi mesi di vita coniugale, quasi nella pervicace volontà di mantenere in piedi il sogno della vacanza e ritrovare sotto al letto quelle briciole di magia che la routine sapevamo avrebbe ucciso (come il Nulla, l’entità che, nel libro di Michael Ende, si stava mangiando un pezzo alla volta il reame di Fantasia), decidemmo di scegliere non un nuovo volume, ma una serie di libri e racconti, che potessero far perdurare il nostro continua il più possibile: ovviamente era un rischio, perché se la scelta non fosse stata felice, ci saremmo ritrovati a dare in modo conscio la colpa al romanziere, ma nel profondo dell’inconscio un tarlo ingannatore avrebbe potuto diabolicamente insinuare che il problema del fallimento fosse da ricercare altrove.

Fummo fortunati perché la scelta cadde sull’intero corpo di opere che il geniale Sir Arthur Conan Doyle scrisse con protagonista il più grande detective di tutti i tempi: Sherlock Holmes.

Con un crescendo di emozione e di passione, la lettura del canone sherlockiano completo (4 romanzi e 59 racconti divisi nelle 5 antologie originali, senza le 3 commedie teatrali, scritte a quattro mani con lo statunitense William Gillette)  ci saldò ancora più fortemente di quanto non avesse fatto il sacramento religioso o il contratto civile annesso ed ancora oggi l’opera di Doyle ha uno speciale posto nella nostra famiglia, con una devozione che ha del morboso e del fideistico, trasmessa anche a nostro figlio Leonardo, che al momento opportuno accolse l’investitura a membro di questa setta di adoratori e che sono certo proseguirà in sequenza dinastica la tutela dell’opera del maestro, come i Custodi del Graal di Indiana Jones.

8. Gli autori del cuore
InterstellarPenso che tutti noi abbiamo degli autori o delle opere che ci sono entrate nel cuore e non solo per la loro bellezza intrinseca, ma anche per altri fattori, come l’appartenenza emotiva ad un particolare periodo della nostra vita o a livello più elevato perché la loro lettura ha per noi costituito l’apertura su un mondo di nuove conoscenze e sensazioni e come tutti i primi amori, facciamo fatica a scalzare dal loro piedistallo questi primati.

Recentemente ho avuto occasione di leggere l’ultima fatica di uno dei miei romanzieri preferiti, forse quello che tutt’ora amo di più in assoluto e leggerlo è stata una girandola di sensazioni travolgenti, dettate dal piacere di riscoprire sentori che pensavo sepolti, con annessa illusione di giovinezza ed il piacere tutto cerebrale di constatare giammai la decadenza ma anzi la maggiore maturità artistica.
Siccome su tale autore ed il suo romanzo farò a breve un post apposito, glisserò adesso su ogni altro particolare al riguardo.

Voglio invece condividere con voi i nomi degli autori ed in parte delle loro opere che più hanno influenzato la mia educazione letteraria e lo faccio partendo da Louis-Ferdinand Céline e dalla sua incredibile tesi di laurea in medicina che romanticamente raccolse sotto il titolo di “La Vie et l’œuvre de Philippe Ignace Semmelweis” (adattata da noi semplicemente con il titolo di “Il dottor Semmelweis”, in un piccolo libriccino della prestigiosa collana “Piccola Biblioteca Adelphi”).

Andando a ruota libera e senza analizzare le singole opere, proseguo con la travolgente e buddenbrookiana epopea di “The Way of All Flesh” (“Così muore la carne”), imponente tomo scritto alla fine dell‘800 dall’inglesissimo Samuel Butler, che con la sua critica irriverente all’ipocrisia della società vittoriana ricorda l’altro mio tesoro di quasi duecento anni prima, sempre inglese, sempre caustico ed ossia quel libercolo cattivissimo di Jonathan “Gulliver’s Travels” Swift dal titolo ironico di “Directions to servants” (“Istruzioni alla servitù”).

Questa, che sto redigendo e condividendo con voi, non è nel modo più categorico una classifica di giudizi artistici, voglio ripeterlo, ma solo una confidenza su opere che ho amato aldilà di tutte le misurazioni e le tare possibili e che spero possa spingervi a fare altrettanto, elencando i vostri libri preferiti.

Per questo motivo, procedo con un fiume in piena, arraffando con mano goduriosa dallo scrigno della mia memoria e dei miei piaceri, titoli di ogni epoca, che sono parte di me e del mio spirito, come “It” e “Insomnia” di Stephen King (autore che ho letto per decenni e che continuo a leggere, malgrado la deriva creativa ripetitiva ed il meccanicismo narrativo prevedibile ed autoimpostosi quasi da subito) o come il geniale ed insuperato nel suo genere “Still Life with Woodpecker” (“Natura morta con picchio”) di Tom Robbins, ancora oggi per me fonte di saggezza.

Non sono ovviamente digiuno dei vari Kafka, Mann, Conrad, Queneau, Verga, Montale, Bassani, Fenoglio, Kerouac, Roth, Steinbeck, Gide (l’elenco è enorme e mi fermo) e come potrebbe essere diversamente, quando avevo esami di Letteratura in cui c’erano circa 40 romanzi da leggere a sessione e date anche le mie frequentazioni al Dipartimento di Italianistica dove, se non avevi letto il gota del Grande Romanzo Euroepeo ed Americano, non potevi nemmeno sederti in biblioteca e ti mettevano in un angolo, guardandoti storto, come un paria della facoltà.

Sto però appositamente soffermandomi soltanto su quelle opere che ogni tanto riprendo ancora in mano, sfogliandomele inanzi, quasi io fossi uno di quei prodigi da fiction televisiva o cinecomic che sono in grado, per poteri sovrannaturali o cervelli positronici innestati, di leggere a velocità iperbolica le pagine dei libri solo scorrendoli: una frequentazione tattile, di quei dorsi e di quelle lamelle sottili che solcano i polpastrelli, mentre sorrido ripensando a prose che conosco quasi a memoria.

La letteratura non ha smesso di stupirmi ed emozionarmi ed ancora oggi m’imbatto in autori che diventano con prepotenza subito parte del gruppo dei miei grandi amici: non ho bisogno, penso, di parlarvi della mia passione per José Saramago ed in particolare per i suoi meravigliosi romanzi  “Todos os nomes” (“Tutti i nomi”) e “As intermitências da morte” (“Le intermittenze della morte”), visto che scrissi un post apposito a suo tempo, ma mi fa piacere invece citarvi l’immenso scrittore brasiliano João Guimarães Rosa e la sua incredibile e sconvolgente raccolta di racconti brevi “Tutaméia? Terceiras Estórias” (“Tutameia. Terze storie”), pubblicata in Italia dopo quasi cinquant’anni dalla loro stesura in patria (delirio!) e dalla quale sto ancora imparando tantissimo sulla prosa e di quell’oramai attempato “Infinite Jest” del controverso David Foster Wallace, che lessi quasi come un allenamento cerebrale e che ora fa parte di me.

Concludo questa carrellata (solo apparentemente lunga, ma in realtà appositamente decurtata in buona parte del suo elenco), con le opere dell’immenso Gilbert Keith Chesterton, il quale, oltre ai 53 racconti (pubblicati in 5 antologie) con protagonista la sua creatura più celebre, ossia il detective presbitero e ministro del culto Father Brown (Padre Brown), scrisse romanzi dall’intelligenza travolgente e dalla bellezza lunare, come i miei amatissimi “The Napoleon of Notting Hill” (“Il Napoleone di Notting Hill”) e “The Man Who Was Thursday” (“L’uomo che fu Giovedì”) ed ovviamente il più importante di tutti, “The Club of Queer Trades” (“Il club dei mestieri stravaganti”), l’antologia con i sei casi pazzeschi, del detective ex-giudice Basil Grant, dalle soluzioni inimmaginabili.

9. Le Saghe Letterarie: tra schietto guilty pleasure e dignità
Roland-Deschai-di-GileadConcludo questo gruppo di nove capitoletti della mia confessione di impenitente lettore e spavaldo presuntuoso, con un doveroso omaggio alla cosiddetta letteratura d’intrattenimento o letteratura per ragazzi, la quale, con modalità simili a quelle televisive e cinematografiche, si muove per cicli narrativi e prosecuzioni di franchise collaudati.

Non parlerò di “Hunger Games” o altre porcherie letterarie dello stesso tipo (su cui, nei miei commenti in giro per WordPress, ho già ticchettato sulla tastiera a sufficienza per decantare la maggiore efficacia e bellezza delle relative traduzioni cinematografiche, in confronto alle opere di origine), quanto di quelle saghe letterarie che, pur destinate ad un pubblico giovanile, sono state realizzate con una loro dignità letteraria che nel tempo si è affiancata, nel mio caso specifico, anche ad un piacere epicureo di lettura spensierata.

In questo gruppo, il mio personalissimo palmarès va al ciclo di “Harry Potter” di Joanne Rowling, che ho iniziato in italiano e poi ho concluso in inglese (al pari di un adolescente minkioso, non resistevo infatti alla voglia di leggermi subito i nuovi capitoli senza attendere l’edizione italiana e segretamente facevo la fila davanti alla libreria di Feltrinelli International in Via Zamboni a Bologna, nelle notti delle anteprime originali di vendita), di cui ho adorato anche i film e di cui non ho mai negato i forti difetti, presenti in entrambe le narrazioni (letteraria e cinematografica), ma che parimenti continua ad avere sicuro albergo nel mio treasure chest di belle emozioni.

Ad un livello decisamente più elevato, artisticamente parlando, ma meno coinvolgente senza alcun dubbio, metto la grandiosa trilogia “His Dark Materials” di Philip Pullman, che, con i suoi “Northern Lights” (“La bussola d’oro“), “The Subtle Knife” (“La lama sottile“) e “The Amber Spyglass” (“Il cannocchiale d’ambra“), ha dato vita ad un’epopea piena di riflessioni anche importanti sulla religione e l’ontologia del nostro universo.

Infine, last but not least, inserisco come outsider assoluto la saga che più di ogni altra è entrata con prepotenza nel mio immaginario fantastico, un ciclo di libri di altalenante qualità letteraria ma di fortissimo afflato narrativo, con una serie di idee potentissime che mi ha permesso di volare altissimo, aldilà di ogni orizzonte: parlo del ciclo “The Dark Tower” (“La Torre Nera”) creato da Stephen King e dei suoi indimenticabili personaggi, a partire ovviamente dal protagonista assoluto, quel Roland Deschai di Gilead, a cui sembra proprio oramai deciso che la Sony (produttrice del ciclo di film cinematografici in fase di progettazione) darà il volto di Idris Elba, il pentecoste di “Pacific Rim” (questa ultima incantevole definizione non è mia, ma della fantastica e poliedrica blogger Chezliza).

That’s all folk, questo è tutto!
Spero davvero di poter leggere anche le vostre confessioni, in qualsiasi forma desideriate usare per condividerle, dall’elenco all’aneddoto, come volete!


86 pensieri su “About a Book: Any port in a storm ovvero Tutto fa brodo

  1. Io sono una di quelle che i libri li mette in ordine d’altezza… Più che altro per fare bene il tetris nella libreria, dato che non ci stanno più ormai da tempo 😢 poi tendo a comprare i libri della stessa edizione (esempio quelli di Verne o Doyle sono quasi tutti uguali), quindi si sistemano da soli.
    Mi fa sempre piacere vedere la parola “Hunger Games” di fianco a porcheria 😂 non sono andata oltre il 7° capitolo… Non ci riuscivo. Posso capire che piaccia, ma elevarlo a capolavoro e difenderlo a spada tratta è eccessivo.
    Forse mentre leggevo il tuo articolo ho pensato anche ad altro, ma sono le 2.30 e ora non mi ricordo u.u quindi ti do la buona notte e per stasera mi ritiro

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    • Belial, spero davvero che tu possa perdonarmi per quella che da parte mia è stata palesemente un’uscita spocchiosa e poco felice su chi dispone i libri per altezza: parlando con un mio carissimo amico, l’altro giorno, dicevo proprio che “Il silenzio è d’oro” e poi me ne esco con questa gaffe, sorry!
      Lieto che tu faccia parte come me di chi reputa gli “Hunger Games” una brutta opera letteraria (pur senza negargli la dignità di intrattenere, ovviamente).
      A tal proposito mi permetto di rimandarti a questa pagina di critica davvero esemplare, di un blogger che si è preso la briga, visti gli attacchi dei fan, di circostanziare i motivi del giudizio negativo: egli si fa chiamare Arcano ed il suo blog è L’Isola MIraggio, al quale ho linkato l’articolo in questione.

      Grazie ancora della tua lettura e se te la senti, mi piacerebbe sapere anche quali sono i tuoi autori del cuore o semplicemente le opere che più ti hanno segnato!

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      • Sì lo conosco 😊lo seguo da un bel po’. Ma io mica sono offesa xD il fatto è che spesso cerco le edizioni quelle che uscivano in edicola, che richiamavano le vecchie copertine oppure le edizioni “strane”, quindi a quel punto anche l’occhio vuole la sua parte xD
        Io amo Eoin Colfer, non so più quanti anni è che aspetto il film di Artemis Fowl. Non lo voglio neanche fedele, voglio solo che Vin Diesel faccia Leale. Poi spesso leggo solo un libro di vari scrittori, però ho un debole per le favole, piano piano mi sto leggendo quelle dei Grimm. Due dei miei favoriti sono Frankestein e Notre Dame (dal blog dovrebbe capirsi xD). Mi piacerebbe recuperare anche gli altri libri di Emily Rodda che scrive fantasy per bambini.
        Saggistica ho scoperto da poco Tommaso Braccini, antropologo che indaga le evoluzioni dei miti che ni ha appassionata molto con il suo “La fata dai piedi di mula”, ora devo iniziare “L’Archeologia del vampiro”, di cui già aveva accennato qualcosa nell’altro saggio, facendo crollare ogni mia certezza sulla nascita di questo mito.
        Per la tesi ho scoperto Daniele Barbieri e i suoi saggi sul fumetto.
        Se devo pensare ai miei preferiti, mi vengono in mente loro.

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        • Grazie moltissimo Belial e lietissimo che tu non abbia preso sul personale la mia ironia sulla disposizione dei libri, che poi, come sempre, anche la mia ortodossia ha le sue eccezioni… proprio gii stavo riordinando dei libri che per altezza non stavano nel ripiano deputato!!
          Avevo già in parte spiato nel tuo sito ed effettivamente alcune tue passioni sono evidentissime!!
          Mi riprometto di soffermarmi con maggiore attenzione non appena queste giornate così ricolme di impegni mi daranno un po’ di tregua, perché amo leggere ciò che scrivono persone così garbate come te.
          Sai che non conosco Braccini? Da come lo descrivi sembra essere molto interessante…
          Su Barbieri sfondi invece una porta aperta: il fumetto è la mia grande passione ed ovviamente i suoi saggi ed i suoi articoli in giro per la carta stampata sono noti!
          Alla prossima!

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          • Ma figurati se mi offendo per una cosa simile! Io l’ho presa sul giocoso^^ Anche mi fai notare che anch’io ho dovuto separare degli autori perchè non ci stavano insieme per altezza, artbook principalmente, tipo quelli di Paolo Barbieri o di Victoria Francès…. o l’edizione nuova di Harry Potter che non ci sta proprio in libreria!
            Bracini l’ho preso perchè c’erano delle offerte sui saggi di Eco, e lui era lì in mezzo non so perchè…

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  2. Sono premi che hai meritato. Indubbiamente da quando ti leggo sono migliorato – anche di umore! – e quando guardo i films li osservo in modo differente, più profondo, non solo!!! Ho visto e capito che le cose vanno approfondite, capite fino in fondo e analizzate, sennò sono chiacchiere da bar.

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  3. Carissimo Kasa, quando parli della tua passione per i libri c’è abbastanza materiale per scriverci un libro!
    Il modo in cui hai raccontato le tue “origini” è sublime, come hai descritto la montagna di libri che ti hanno fatto compagnia [pur restando chiusi] durante l’infanzia, mi è sembrato di esserci li, nello studio di tuo nonno, accanto al tuo io più giovane intento a legger i suoi Asterix.
    Mi sono innamorato di te e di tua moglie, del modo in cui condividete questa grande seppur complicata passione [è facile guardare un film insieme…un po più difficile leggere un libro] e ho amato ogni autore e opera da te elencata, seppur ne conosca forse meno della metà [ma la tua passione è così forte ed evidente che contagia chi ti legge].

    Dal canto mio non mi sono mai definito un assiduo lettore a causa di una serie di ragioni che non sto qui ad elencarti [anche se alla fine è sempre quella: il tempismo]. Fino a poco tempo fa leggevo forse due o tre libri all’anno [all’ANNO! Ti rendi conto?] ora invece ne divoro uno dietro l’altro. Glielo devo, i libri mi salvano la giornata 🙂
    Arriverò un post di risposta, questo è sicuro [non voglio spostare l’attenzione dal tuo magnifico racconto] quello che voglio dirti però è che, post dopo post, ti ammiro sempre di più e sono sempre più lusingato di poter seguire il tuo blog!

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    • Ma grazie tantissimo!
      Tra l’altro (e tu mi puoi ben capire) quando sento parlare di “origini” non riesco a non pensare all’accezione che tale termine ha per un personaggio dei comics…
      Mi sono quasi commosso nel leggere quello che hai scritto e sono arrossito anche di fronte alla tua ammirazione (un parolone, in cui mi sono gongolato…)!
      🙂 🙂 🙂

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  4. Sapevo che avrei scatenato l’inferno con una nomination del genere, ma me ne assumo la responsabilità perché poi mi piacciono i tuoi post. Ammetto che sono un po’ morta sul Ciao Foscolo 😀 e mi hai fatta sorridere tantissimo perché, non avendo fatto il liceo ma una scuola tecnico professionale certi argomenti non sono mai stati approfonditi allo stesso modo, ma Foscolo e Leopardi mi piacevano, mentre invece Manzoni non mi è mai piaciuto (gusti…).
    Ma che bello quello che avete fatto tu e tua moglie! tanta stima e ammirazione per voi e che bello che ti sei messo a seguire le uscite di Harry Potter a questi livelli 😀 Io ho iniziato dopo coi libri ma sono stata all’uscita italiana del volume dei doni della morte ed è stata una bellissima esperienza.

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  5. Vengo da un recente trasloco con annessa scelta di una nuova libreria e nuovo ordine di disposizione libri; nel mio caso più che libri devo dire fumetti e come ben sai la faccenda si complica non poco soprattutto con l’accumularsi di fumetti serializzati e non (non amo molto la parola graphic novel). Il mio ordine di disposizione è ormai in continuo divenire in quanto fine serie e nuove serie mi impongono di aggiornare continuamente i miei meccanismi… dimmi come ordini la libreria e ti dirò chi sei eheheh 😉

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    • Ooooh, carissimo Gc!
      Disporre i fumetti in un qualche ordine sensato è cosa che i comuni mortali, lettori casuali o persino non-lettori degli stessi, non immaginano nemmeno!!
      Avrò cambiato disposizione non so quante volte… se parti dai “bonellidi” (non solo Bonelli, quindi, ma anche le altre uscite delle stesse dimensioni, compresa la vecchia e defunta testata Star di “Lazarus Ledd” e tutta la nuova Cosmo etc. etc.) conviene continuare in un mobile a parte, poi tocca all’Astorina (cazzo, Diabolik è proprio piccolo!) e perché no alle uscite Corno e MBP tra originali e ristampe di “Kriminal”, “Satanik” e “Alan Ford”… poi i supereroi spillati che non stanno in piedi e prima o poi si afflosciano…(se poi hai l’edizione di “Kamandi” della Corno e ti si rovina, ti spari! Anche perché la ristampa in bianco e nero della Planeta era un’affronto! Fortuna che invece il “Quarto Mondo” di Kirby mi ha salvato dal delirio del formato vecchio e minuscolo con cui la Corno fece a suo tempo uscire un pezzetto di quella produzione…
      Il vero dramma l’ho avuto quando ho pensato di dividere quelle che tu non ami chiamare graphic novel… volevo mettere i volumi per autore, si, ma quale? Il disegnatore o lo sceneggiatore?
      Ero partito con il disegnatore, ma odiai subito che le opere di Miller erano separate nel gruppo di quelle da lui scritte e disegnate e quello in cui Miller era stato solo lo scrittore (come si fa ad avere “Elektra Assassin” da una parte e “Ronin” qualche metro pià in là? Dai, fa schifo), allora ho spostato tutto in ordine per sceneggiatore, ma era anche peggio (mi ritrovavo un pezzo dei fumetti disegnati da Dave Gibbons su testi di Moore, come Watchmen, in un punto e quelli disegnati per Miller, come Martha Washington, tutti da un’altra parte…).
      Alla fine la mia libreria dei fumetti è un caos, in cui io però trovo tutto… ho dovuto ovviamente cedere sul formato (non puoi mettere le opere di Masamune Shirow vicino a qulle di Magnus, perché ti ritrovi “Applessed” vicino a “Le Femmine Incantate”, magari in edizione de-luxe della Granata e quello alto tra i due albi si piega inevitabilmente!) e poi le collane tutte assieme (la meravigliosa “Dinastia dei Paperi” del Corriere della Sera (ancora più bella dell’edizione Mondadori / Disney di “Zio Paperone”) sta vicino ai fumetti di Carpi e così via…
      Mi fermo qui (senza nemmeno parlare dei fuori formato da panico, come “L’Eternauta” di Oesterheld e Lopez primissima edizione della Comic Art in formato orizzontale, ancora più lunga di quella della 001 Edizioni o il “Popeye” della Planeta, grande come un Atlante…), perché sai già che il discorso è infinito!!

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      • Il problema che hai tu con l’Eternauta di Oesterheld (mi fa gola a tutte le fiere di fumetto ma non lo prendo mai purtroppo) lo sto avendo con il fantastico La Grande Guerra di Joe Sacco (recuperalo ne vale veramente la pena!!!) senza parlare dei miei amati MM i queli ormai ordino per periodizzazione in modo da ottimizzare i continui spostamenti a cui mi costringono 😉
        A presto!

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        • Quella della Lizard con dentro lo scritto di Hochschild?
          Ci avevo pensato… consigli, dunque?
          Ti premetto che io di Sacco ho molto apprezzato ovviamente “Palestina” (essendo vecchio in confronto a te, ho l’edizione della Phoenix) e “Gaza 1956“, mentre ho gradito meno (ma sempre di alta qualità) quelli sulla guerra in Bosnia…

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          • Per me è la prima opera di Joe Sacco e ne sono rimasto estasiato. E’ proprio quella che dici tu ed è fanstica non aspettarti però un “classico fumetto” sono sette metri di disegno difficilmente raccontabile anche se a breve proverò una recensione. Se hai modo recuperalo anche per srotolarlo tutto una volta ne varrebbe comunque la pena 😉

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  6. Quand’ero bambino (in realtà ancor oggi) soffrivo di tonsillite e spesso (praticamente una volta al mese durante il periodo invernale) mi ritrovavo steso al letto con un febbrone da cavallo. Il mio dottore che evidentemente aveva studiato medicina nella stessa università dove aveva conseguito la laurea Mengele, mi sottoponeva a cicli continui di pennicillina così che il mio sederino di bambino ha visto così tante punture da poterci scrivere un poema epico.Quando mia madre andava in farmacia a comprare il mio supplizio, se ne tornava sempre con una scatola metallica dal colore dorato che conteneva delle caramelle invero poco buone ma che io per qualche arcano motivo adoravo: Le pastiglie Valda

    Ebbene, quelle pastiglie erano la mia panacea e il mio salvagente: le mangiavo mentre mi facevano la puntura e mi aggrappavo al loro sapore per non sentire il dolore.

    Non le mangio da decenni eppure ricordo ancora perfettamente sia loro consistenza che la sensazione d freschezza strana che lasciavano su lingua e palato.

    Leggere questo tuo post, soprattutto il gustosissimo prologo, mi ha riportato in mente questo piacevolissimo ricordo: potrei scrivere 3 ore spiegandoti il perchè e il percome le tue parole abbiano suscitato questa reminiscenza, tuttavia ti risparmio il supplizio (perchè tale sarebbe) e mi limito a ringraziarti per questo inconsapevole regalo che mi hai fatto.

    Leggendo il tuo post si avverte un po’ di timido imbarazzo tipico delle persone non avvezze a parlare troppo di se stesse o a schiudere le porte che conducono alle stanze della propria intimità e questo lo rende ancora più adorabile perchè hai raccontato il tuo amore per i libri e la letteratura con l’immacolata innocenza con cui un bambino guarda l’albero di natale. Dovresti farlo più spesso, Kasa, perchè questo tuo pezzo è semplicemente delizioso.

    Non mi permetto di entrare nel merito delle tue dissertazioni giacchè sono un lettore molto meno avido di te e sia la qualità che la quantità delle mie letture sono inezie di fronte alla cultura (mai fine a se stessa) che trasuda da queste tue confessioni letterarie.

    E visto che siamo in vena di confessioni, concludo con alcune delle mie, forse poco interessanti, ma ciò nondimeno le uniche che posso condividere.

    3 sono stati i libri che mi hanno cambiato la vita:
    – Il segno dei 4 (e non ho bisogno di spiegarti il perchè)
    – Christine, la macchina infernale (prima o poi ne scriverò un post)
    – il dizionario Zanichelli: l’ho lessi tutto (non scherzo) tra la quarta ginnasio e la prima liceo. Ogni sera prima di andare a dormire mi sparavo 4 pagine (8 facciate) e la mattina dopo annotavo su un quaderno tutte le parole nuove che avevo imparato. Ancora conservo quel quaderno con una gelosia seconda solo a quella che nutro per mia figlia

    sono un traditore:
    da qualche mese ho abbandonato la carta e sono passato all’ebook diventandone schiavo. Il mio Kindle ormai tracima romanzi (dovrei vivere almeno 150 anni solo per poter leggere tutti quelli che ho recuperato finora) e trovo così deliziosamente smaliziato leggere dallo schermo retroilluminato del mio giocattolino che ho completamente perso la voglia di sistemare i 10 scatoloni di libri che traslocarono insieme a me il giorno dopo il matrimonio e che giacciono ammonticchiati in soffitta perchè in casa non riusciamo a trovargli posto. Anche mia moglie ormai mi schifa, lei che io ho condotto nel sacro tempio degli adoratori dei libri (“ho letto più libri il primo anno di fidanzamento con te che nei 20 precedenti”, mi ripete sempre) e che è diventata un’imperterrita integralista della carta, delle rilegature eleganti e dei segnalibri (ne ha dozzine, tutti di ogni tipo).

    C’era anche un terzo segreto da confessarti, ma a furia di scrivere stronzate e lo son dimenticato…

    Sarà per un’altra volta 🙂

    PS: ho notato un po’ di disprezzo nelle tue parole riferite al liceo classico. Mi sbaglio?

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    • Dovrei rispondere andando in ordine, ma parto dal fondo: mi dispiace di aver dato l’idea di aver disprezzato il Liceo Classico ed anzi, con un po’ di spocchia, ne sono invece fiero!
      Il problema erano certe assurdità che ancora oggi mi fanno sorridere, ma per il resto quella scuola ha avuto il grande pregio di insegnarmi il dubbio e la riflessione e mi ha formato per la vita.
      Non poco, decisamente… Vero è tuttavia che ci misi un poi per diventare un bravo studente ed all’inizio soffrii l’essere arrivato da un paesino dove non potevo interloquire con nessuno se non di argomenti legati agli organi riproduttivi, il calcio o le auto e facevo fatica ad attaccare e staccare il cervello ogni giorno e così alcune opere essenziali furono una sofferenza in quei cinque anni, ma che, come ho scritto, riscoprii poi negli anni più liberi dell’Università.

      Mi fa molto piacere che ti piacciano le mie confidenze e piano piano arriveranno, senza strafare, ma inesorabili…

      Non sei un traditore perché sei passato al Kindle, come non lo fu chi abbandonò il vinile per il supporto digitale (prima il CD e poi i file salvati su memorie flash e via discorrendo): si chiama progresso ma non sempre il nuovo supporto mi restituisce le vecchie sensazioni della carta stampata, anche se i vantaggi (dalla riduzione di spazio, al peso in valigia, al costo) sono enormi!!

      La storia del dizionario Zanichelli ha un che quasi di favolistico e persino di cinematografico…

      Prima che escano i film al cinema, devi assolutamente completare la lettura del ciclo della Torre Nera, mi raccomando! Ti faccio preparare la ricetta dal dottore / dottoressa…

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      • I libri della Torre Nera sono già tutti caricati sul mio Kindle (gli unici di King, tra l’altro…) ma sto affogando tra le melliflue pagine di Philip Dick quindi il Roland dovrà pazientare ancora un po’

        Sul percorso scolastico ho avuto una situazione rovesciata rispetto a te: ho adorato gli anni del liceo perchè mi hanno dato tanto (ho avuto anche la fortuna di avere ottimi insegnanti, il che non è poco) mentre sono rimasto parzialmente deluso dall’università. Scienze della comunicazione è interessante, ma troppo superficiale per i miei gusti metodici.
        E, paradossalmente, nella vita post-studio mi è stato più utile aver studiato greco e latino piuttosto che tante altre cose: l’esercizio logico, l’abitudine a osservare le cose da più prospettive, la forma mentis elastica. Un allenamento meraviglioso di cui traggo i frutti ancor oggi.

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        • Ed è anche una cosa che viene fuori spesso, sia nei nostri commenti che nei nostri post (bello iniziare un periodo intero con “Ed”…)… un po’ come quelle storie di fratellanza, che fanno sognare i complottisti di mezzo mondo, con uomini politici che pur in diversi schieramenti si riconoscono l’uno l’altro per fatto parte di un club da college, come la leggendaria società segreta “Skull and Bones” (la cui storia conoscerai benissimo e che ha influenzato non so nemmeno io quanti film…)

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          • Immagina ora, per un istante, che quel tuo “Ed” non sia una semplice congiunzione con la d eufonica, bensì il nome proprio di un’entità o persona, il diminutivo di Eddie o Edoardo, l’austero nome di un dio vichingo, sumero o ittita.
            D’un tratto il tuo commento cambierebbe totalmente senso, prospettiva e dimensione trasformandosi in qualcosa di inquietante e quasi pericoloso.

            Basta poco per cambiare tutto, talvolta si può anche non calciare nientee limitarsi a inclinare la testa di qualche grado per vede un mondo nuovo.

            Ok, si, hai ragione, é ora che vada a dormire e la smetta di delirare..

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            • No, no, mi piace invece, perché ciò che hai detto racchiude un’intera filosofia di vita che sposo in pieno e che, non mi crederai, ma è alla base di moltissimi miei ragionamenti!!…

              Non so se hai visto il film di sci-fi (da molti disprezzato per tanti motivi, ma che invece a me è piaciuto un sacco, soprattutto per la qualità degli interpreti, sia i ragazzi che gli adulti) chiamato “Ender’s Game”, dove in continuazione il protagonista risolve dei problemi osservando la struttura di fronte a sé in modo anomalo o diverso dagli altri (usando un termine epistemiologico, diciamo laterale), che è poi il succo con cui ragiona un divergent dell’omonima serie…

              Mi troverai sempre disponibile per questo tipo di esternazioni, come se tu mettessi la chiave giusta in una serratura, come nel “Castello errante di Howl“, uno dei più celebri film del maestro Hayao Miyazaki, in cui per accedere a mondi diversi il protagonista deve  semplicemente uscire dalla stessa porta ma ruotando la maniglia in modo diverso, che era poi uno dei trucchi che i costruttori di mobili del ‘700 francese usavano per nascondere scomparti segreti nei mobili chiamati appunti secretaire

              Gesù, potrei andare avanti con te per ore, ma ho sonno anch’io e poi devo vedermi la puntata di Coliandro che sto registrando in HD su Rai 4 (non quella del digitale, che è in bassa risoluzione, ma quella del canale Sky che è ottima…).

              Good night!

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              • Per me già si é fatto giorno ormai da un pezzo purtroppo….

                Ho visto l’ultima di Coliandro l’altro ieri con l’anima afflitta dal pensiero che la serie era finita e chissà quando toccherà aspettare… Ora cercherò di consolarmi un po con The Americans (sono in dirittura d’arrivo con la stagione 2)

                Buon w end amico !

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                • Ooooh! MI ero scordato di raccontarti che poi, alla fine, ci sono andato in Sala Borse in piazza a Bologna a vederli tutti e quattro i fenomeni: i due Manetti, Lucarelli ed ovviamente Morelli, che si è talmente calato nel personaggio da sembrare di persona un “cazzone” (in senso positivo) come Coliandro!
                  Un caos pazzesco, con tifo da stadio, cori, urla e persino qualche striscione… nemmeno gli organizzatori se lo aspettavano… Morelli ha girato un video che ha anche postato sulla sua pagina facebook… La cosa è proseguita anche fuori, all’incrocio tra Piazza del Nettuno e Via indipendenza, nel cuore del cuore della città, mentre i quattro uscivano e si fermavano a parlare con la gente… c’erano i vigili che hanno dovuto fermare un autobus che non passava per la folla (tieni conto che fortunatamente siamo nel cuore della zona a traffico limitato, quindi macchine private pochissime…).
                  Coliandro continua senz’altro con altre storie, questo il succo dell’incontro…

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                  • Morelli ama Coliandro e gli è riconoscente: se lo segui su FB l’avrai certamente notato anche tu.

                    Devo dire che questa quinta e inaspettata serie di Coliandro ha avuto un clamore ed un successo pazzeschi, quasi incredibili per chi, come me, lo segue dalla prima ora e l’aveva sempre considerato un prodotto di nicchia apprezzabile solo da spettatori o troppo svegli o troppo sempliciotti (vorrei aver la certezza di star nel primo gruppo ma spesso ho dei dubbi, lo ammetto…).

                    Gli ottimi ascolti mi avevano fatto supporre che la sesta stagione avrebbe avuto il via libera da Rai2: a questo punto bisogna solo sperare che i nuovi episodi restino su un ottimo livello (come quasi tutta questa serie 5).

                    Tu alla fine qual hai recuperato? Solo questi nuovi o anche i vecchi?

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                    • Coliandro è ora parte di me!
                      Ho recuperato tutto e sto procedendo in parallelo: mentre guardavo su Rai 4 in HD i 6 episodi della splendida Quinta stagione, mi guardavo anche la serie dall’inizio, a botta di 2 episodi alla volta, partendo dall’apparizione dello stesso Lucarelli nel primissimo episodio.

                      La prima stagione mi è piaciuta ma non mi ha entusiasmato… troppo distante dai romanzi e troppo “Rigosi” come stile, non se mi capisci, con un fascino naif un po’ ruvido e poche concessioni all’estetica (anche le presenze femminili, erano all’inizio meno appariscenti e più in stile “Maresciallo Rocca”… la Grimaudo, la Dazzi e le due straniere…), però era l’inizio e quindi ha il fascino dell’innovazione e della rottura con lo schema dell fiction classica della Rai…

                      La seconda stagione è una conferma della formula di scrittura della prima, ancora con scarsa presenza ai testi di Lucarelli, ma oltre all’indigesta Dazzi (io non la reggo), ci sono la Bellicchi e la Albanese dal cognome impronunciabile (Xena qualcosa…) e poi soprattutto il gran bel guardare della Lodovini (che la si lovva sempre…): il gioco funziona e tutti gli episodi sono frizzantissimi…

                      La terza è fino ad adesso la mia preferita: le storie sono davvero belle e le attrici cominciano a pompare forte: ci siamo sbarazzati della Dazzi (grazie Dio!) ed abbiamo la colombiana e la Noferini che fanno la loro bella figura …

                      Per ora sono fermo qui, ma ho grandi speranze sui due episodi della quarta, che ho in scaricamento (grazie al tuo JDownloader, di cui ti ringrazio sempre tantissimo!!).

                      La quinta, beh, la quinta è stata una sorpresa: come dicevo all’inizio l’ho apprezzata tantissimo, perché il personaggio adesso è saldamente nelle mani del suo creatore (ai testi è sempre da solo, senza nemmeno più Rigosi), ma è anche completamente slegato dai romanzi e vive di vita propria e di pari, se non superiore, dignità!
                      La regia è potente e incisiva, mai leccata, sempre asciutta e tecnicamente evoluta.

                      Ho insistito molto sulle attrici perché, come dichiarato dagli autori anche nell’incontro, il personaggio femminile ed il suo appeal è da sempre uno dei cardini del Coliandro televisivo…

                      Coliandfo e le sue donne

                      Penso che se tutto resta così la sesta, praticamente richiesta a furor di popolo, possa essere la migliore: Lucarelli ed i Manetti hanno annunciato grosse novità, che non potevano permettersi prima perché nemmeno la Rai credeva nel progetto… Alla fine, se fai i conti sono 20 episodi usciti in 10 anni… nulla in confronto anche alla più corta delle serie statunitensi…

                      Ah, dimenticavo, la vincitrice per me (si, c’era una gara, ma non te l’avevo detto) è la Chillemi!

                      Giampaolo_morelli_Francesca_Chillemi

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                    • Il mio commento si deve sdoppiare, perchè due sono i temi oggetto del nostro sempre altissimo discettare:
                      1. qualità degli episodi
                      2. gnoccaggine delle Coliandro-Girls

                      QUALITA’ DEGLI EPISODI
                      Concordo sul fatto che la prima serie sia ancora un po’ troppo ingessata, tuttavia il primissimo episodio è un gioiellino. Ricalca fedelmente il romanzo “Il giorno del lupo” purtuttavia ha ritmo, è brillante ed introduce tutti gli elementi caratteristici del personaggio Coliandro e dei suoi compagni d’avventura. E la Grimaudo – benchè simpatica come una cartella di Equitalia – a me fa sangue.
                      La seconda è la terza serie sono invero le migliori nel complesso e anche quelle con più budget (ci sono guest star insospettabili come Dan Peterson e Philippe Leroy). L’episodio Doppia Rapina (2×03), tra l’altro, è forse il migliore in assoluto dell’intera serie: Coliandro in forma smagliante, cattivi d’eccezione, struttura da thriller perfetta, citazioni di “Trappola di Cristallo” a gogo. Un cioccolatino. Immagino che tu non sarai d’accordo vista la presenza della Dazzi, ma prova ad escludere lei dall’equazione e dimmi che ne pensi…
                      La quarta serie – prometto di non spoilerare nulla – è per me la più modesta di tutte. Sembra quasi che il team creativo sia a corto d’idee e che nessuno creda più troppo nel progetto. Le storie sarebbero anche valide, soprattutto quella del “666”, tuttavia manca incisività e Coliandro si trascina un po’ stancamente ripetendo clichè ormai ritriti.
                      La quinta serie, imho, riannoda il filo con la seconda e la terza e riacqista la brillantezza dei tempi migliori crescendo addirittura di livello. Le storie sono talmente effervescenti da permettere a Morelli di caricaturare un po’ meno il personaggio rendendolo ancora più adorabile. Questo differente registro dell’attore nella sua interpretazione (probabilmente deciso a tavolino con Lucarelli e i Manetti) è stata la chiave di volta per sdoganare la serie e portarla all’attenzione del grande pubblico.

                      Ora passiamo alle femminucce però!!!

                      COLIANDRO GIRLS
                      Innanzitutto incorono la regina di ogni stagione:
                      PRIMA = NICOLE GRIMAUDO (la concorrenza era invero abbastanza bassa, perchè la cinese la Diakitè fanno ridere, mentre la Dazzi mi resta abbastanza indifferente)
                      SECONDA = VALENTINA LODOVINI (anche se il perizoma perpetuo della Bellicchi mi ha fatto tentennare, lo ammetto…)
                      TERZA = RAFFAELLA REA (va detto che questa serie è la migliore per gnoccaggine delle coliandrine, una più bella dell’altra)
                      QUARTA = MIRIAM CATANIA (un po’ troppo magrolina per i miei gusti ma c’ha un culo da urlo e i Manetti Bros che non sono scemi la fanno recitare sempre chiappe al vento…)
                      QUINTA = FRANCESCA CHILLEMI (anche questa serie di livello altissimo, tutte fantagnocche, soprattutto la colombiana dell’episodio Salsa e Merengue, a mio parere il più brillante di tutta la stagione).

                      Chiudo con una riflessione sull’ormai certa sesta stagione: le premesse per migliorare ancora ci sono tutte, speriamo solo che non vengano disattese che Coliandro non si imborghesisca.

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                    • Un commento doppio a cui rispondo in modo singolo: concordo con te al 100% su tutto quello che hai scritto, sia riguardo la qualità delle singole stagioni, sia della classifica di gnocchitudine delle Coliandro Girl, con il solo distinguo che come hai letto pongo la Chillemi over all… pur nelle accettazione di tutto il resto, che, è vero, fa vacillare delle volta, ma l’animo è forte e la Chillemi resiste ai tanga…

                      Tornando serio, insisto anche sul fatto che il successo di pubblico innegabile della Quinta stagione (in fondo la Quarta ha solo 2 episodi, quindi chissene…) sia dovuto al fatto che Lucarelli, lasciato solo in tutti gli script, senza esclusioni, ha operato quella leggera conversione del mood narrativo e caratteriale, virandolo più sul realistico e meno sulla parodia meta-testuale, da sempre invise la grande pubblico; inoltre il miglior episodio della stagione dal punto di vista squisitamente tecnico di messa in scena è senza dubbio lo stesso da te indicato, dove, oltre tutto (cosa già argomento di conversazione tra noi due), l’uso dei droni di ripresa diventa cifra essenziale, sostituendo il dolly e diventando motivo di tensione, come sono i landscape amplissimi di Villeneuve in ”Sicario” .

                      Coliandro potrebbe essere una fiction da vendere anche negli States, senza problemi (non ti dico le risposte di Morelli, quando qualcuno del pubblico gli ha chiesto se lavorerebbe volentieri negli States… sembrava il Sordi di “Un americano a Roma”!!).

                      Sappi che l’ho vista solo ed esclusivamente grazie te, THANX!!

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  7. Avevo scritto un commento di risposta a questo tuo post… Non particolarmente lungo per fortuna, ma comunque “intenso”, quando un forfait della rete internettiana mi ha impedito l’invio. Riproverò in altra e meno mobile sede. Mnnaggia

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  8. io con i libri e con i miei dischi (vinili) ho sempre avuto un rapporto particolare, come se fossero delle persone vere senza le quali non potrei vivere. Ogni volta che arrivo a casa io mi fiondo nel mio studiolo mansardato, in cui, pur essendo piccolo, ho tutto intorno, e se anche ormai non c’è più spazio per i sopracitati libri e dischi, mi seppellisco in loro per farmi avvolgere, e respiro, vivo, creo, muoio e rinasco ogni volta. Tra l’altro proprio con loro ho un rapporto che sfiora il maniacale… io un libro lo devo possedere, nel senso che libri prestati o presi in biblioteca, faccio fatica a sentirmeli miei, a tal punto che se uno di loro mi affascina lo vado subito a comprare, lo devo avere. Così come per un disco… Potrei farti una lista lunghissima di titoli e autori (fumetti compresi, fantascienza compresa… una mia passione da sempre), ma rischierei di dimenticare questo o quello, o sarei costretto a fare un mio post necessariamente lungo (e non è detto… non è detto). Se poi ci aggiungiamo i film (altra teca… altre bellezze) rischio un orgasmo….
    Aneddoti ce ne sono tanti che possono iniziare dalle “colonne” che ormai tutti i libri stanno formando perché non c’è spazio nella libreria, quasi fino al soffitto e alla fatica di prendere uno di loro se è in fondo alla colonna stessa) o ai libri prestati e ricomprati più volte perché mai più ritornati indietro (anche il prestare è un sacrificio, infatti, ora, è pratica ristretta ai soli amici veri, devoti come me), o ai libri consumati e ricomprati ( come a dire: uno per l’esposizione immortale e uno per l’uso quotidiano), insomma… un maniaco… te lo avevo detto!
    P.S. ti ringrazio per avermi citato ma la stima è reciproca

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    • Grazie a te, barman, per avermi regalato questa perla di confidenza, che per altro conferma i mille particolari da cui l’ambiente in cui vivi, crei ed operi si poteva ricostruire mentalmente; una perla che condivido con grandissimo piacere con tutti su questo mio post, di cui hai colto appieno lo scopo, ossia uno sharing delle proprie personali madeleine di proustiana memoria, a cui hai reso onore.
      Grazie ancora!

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  9. Eheheheheh vecchio, potrei scrivere altrettanto lunghi post sul come si dovrebbero sistemare i milioni di dvd che ormai la mia casetta non regge piu… E quindi mi sono divertito tantissimo a leggere del come tu sublimi la tua passione per la carta, adagiando i volumi l uno accanto all altro in ordine di autore ecc ecc. Che questo fa di noi uomini migliori, e soprattutto agevola le ricerche (io sono a quota 1400 scatoline…e ti giuro diventa sempre piu difficile…) grandissimo kasa

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    • Grandissimo Lupo! Ti aspettavo al varco… Hai letto il commento che ti ho lasciato (molto Out Topic) sul tuo ultimissimo post? Quello riguardo al remake di un nostro capolavoro tanto amato (forse il top del Darione nazionale)?!?

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  10. E rispondo ovviamente in modo caotico, ovviamente senza troppa cura. O no?

    Dove
    Anche per me i libri stanno nella libreria, oppure in armadi appositi, ma in generale sono ben protetti e messi in un ordine puramente casuale, dato dalla forma dal colore e dall’umore di chi li ripone.
    Niente pile, niente ammucchiamenti, quelli sono difficili da gestire no: ogni libro è verticale. Al più sono su due file quando la loro dimensione lo consente.

    Come
    L’archiviazione è come detto, totalmente casuale. Diciamo che è un caos ordinato dalla sequenza. Se leggo un autore di cui ho tre libri è probabile – ma non scontato – che i suoi libri siano tutti insieme.
    Per i fumetti si va sulle serie invece: se sono serie autoconclusive allora sono uno di seguito all’altro.

    Perché
    Leggo perché i miei leggevano, leggo perché mia madre mi leggeva le fiabe e io ne traevo gioia e curiosità: “cosa c’è in quelle pagine che lei legge e mi dà tanta gioia?”.
    Leggo perché alla fine quei libri mi portavano dentro un mondo immenso di cui mi nutrivo.
    Molta di questa passione è stata affiancata dai fumetti. Topolino in primis, che guardavo molto prima di capire quegli strani simboli dentro le nuvolette e che già mi piaceva e che già mi dava quella nostalgia di non averne vissuto i primi anni, quegli anni 40, 50 e 60 da cui molto veniva tratto.
    Leggo perché a scuola avevamo i Colibrì, una collana scientifica che mi folgorò completamente. Storie di osservazione degli astri, come della natura, che mi portarono così lontano dal pianeta Terra tanto da non credere possibile il ritorno.

    Chi
    Come per tanti Alighieri e Manzoni sono stati i miei libri di scuola, più il primo che il secondo, finché non ho capito cosa c’era davvero nei Promessi Sposi e quanto la chiesa cattolica non avesse modificato il sentire.
    Il vero amore però sono le Confessioni di un italiano, che ancora in fase di riscrittura del Nievo, mi ha dato l’idea di cosa siano gli italiani.
    Di testi forse il Croce resta nel mio cuore, mentre Poe l’ho vissuto come una serie di vaccate (perdonatemi).
    E poi il Callegarin, di informatica, formativo e secco, diretto.

    Cosa
    Altri libri durante la fase di crescita… mah, direi il primo in assoluto Zanna bianca, che mi ha cambiato e poi altri certo, ma principalmente questo. Dopo di questo una valanga di lupi, neve e slitte hanno albergato sotto il mento di un acerbo lettore e poi fantasy – grazie Mary Stewart e la tua saga Arturiana – e da lì fantascienza e quindi tutto il resto, dai gialli, le avventure politiche e poliziesche, quelle da intrigo internazionale U.S.A. e inglese, dalla FBI all’I.R.A. e tutti gli annessi e connessi.

    Ancora chi
    Autori del cuore. Troppi e nessuno: Gemmell senza dubbio, poi Nievo, poi De Roberto, poi Fante, poi King e chi finisce più. Ursula le Guin, Tolkien, Bukowski, London, Gadda, Buzzati e Scerbanenco, per dirne un po’ e rimanere sotto i cento nomi.

    Quando
    Leggo quando posso, quando la testa e la vista funzionano e quando ho voglia di svago. Dovreste vedere la faccia di chi viaggia con me che passo da Paperinik il vendicatore all’ispettore Morse o a qualche libercolo che leggo per lavoro.

    Concludo
    Altro non dico, perché mi sono dilungato troppo, ma chiedete, se avete curiosità, io rispondrò a quasi ogni domanda. Confesso che leggo e ho letto molto, che non l’ho scritto poi da nessuna parte cosa ho letto, né vincerò sfide da “pagine lette all’anno” … ma che sono anche molto vecchio e leggo da tanto. Spero di farlo anche domani e tra cento anni.

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    • Un buon detective, tipo uno alla Holmes di Doyle o alla Poirot della Christie o persino alla Victoria Iphigenia Warshawski di Sara Paretsky, potrebbe costruire il nostro profilo, mio e tuo, anche solo leggendo come abbiamo iniziato a leggere, perché ci piace leggere ed infine come disponiamo i libri: aver frequentato l’esame complementare di Biblioteconomia ed aver lavorato per anni in una fumetteria ha ad esempio creato in me una forma mentis nella disposizione delle cose che si manifesta aldilà del mio animo di base più caotico e così dalle cose che racconti di te discende un’altra realtà.
      Mi piace tanto quando fai confidenze e ti ascolterei ancora ed ancora ed ancora…

      P.S. Deduco, quindi, dalle tue parole che tu non abbia apprezzato come indagatore l’ Auguste Dupin di Edgar Allan Poe… beh, i gusti son gusti e ci mancherebbe!
      Sono curioso invece di sapere se hai amato l’Asimov di “Abissi d’acciaio” e “Sole nudo”, dove i generi si mescolano…

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      • Dovrò rileggere Poe, perché quando l’ho fatto, ormai molti anni fa, non l’avevo digerito. Ma era un altro me a leggere ed ero prigioniero di altre idee. Di Asimov sono fermo sulla Fondazione e dovrei leggere tutta la sua opera. Mea culpa. Sono rimasto indietro e non ho scuse.
        La mia paura sarebbe conoscere cosa ne pensano i vari profilers di ciò che leggo, questo sarebbe sconvolgente ed interessante al pari di leggere un bel giallo.

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        • Lungi da me l’ardire di dirti ciò che è giusto che tu legga o meno, non lo farei mai!
          Non con te, almeno!!
          Quando ti ho fatto queste domande (quella su Dupin e quella sui due romanzi di Asimov), infatti, era perché in realtà, da quanto avevi scritto, ero convinto che non ti piacesse Poe in generale (il che è davvero cosa personale su cui sindacare sarebbe assurdo); per Asimov, invece, non so per quale motivo (forse un tuo commento ad un post o altro) mi ero fatto la netta convinzione che tu ne fossi un grande fan (tioi quelli che si leggono anche le liste della spesa)!

          Ti invidio la capacità di creare storie (sto andando avanti con la lettura di cose tue, su cui poi ti aggiornerò), perché si, sarà bello leggere, ma quando crei sei su un altro livello!!

          Non so se segui la fiction telenovelesca di “Once Upon A TIme“, ma là il concetto di “scrittore” è sublimato anche nel personaggio specifico (the writer, appunto) che nello show crea e distrugge le vite di tutti i protagonisti della storia…
          Buona serata!

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          • Ah, Asimov… Sono in colpevole ritardo con quell’uomo. Io leggo sempre troppo lentamente rispetto a quello che lui ha scritto. Once Upon A Time, si che lo seguo, è un po’ troppo telenovellesca hai ragione, ma la considero cultura, televisiva, ma cultura.
            Tu devi permetterti eccome di dirmi cosa leggere, se l’ho già letto avremo una cosa in comune, altrimenti mi segnerò cosa leggere.
            Buona serata a te. Su Poe ho già reperito quello che avevo in casa… Su Asimov… Amazon mi sta già ringraziando.

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            • Mi riempi sempre di orgoglio…

              Comunque, sono sul bordo del solito fiume, non uno dei tanti, ma IL FIUME, quello archetipo e guardo la corrente scorrere (in realtà non scorre davvero da sinistra a destra o viceversa, ma siamo noi a vederla scorrere verso un lato perché viviamo dentro un’idea di tempo lineare ma questo è un altro discorso, che tra l’altro so che conosci…) e sono chiaramente le Correnti del Destino e vedo Nolan Junior che sta scrivendo lo script della Fondazione Galattica di Asimov (ne hanno parlato, ne “abbiamo” parlato ed ora la HBO conferma e vedo io e te parlare di Asimov e Pizza Dog (altro blogger sodale) parla di Asimov ed è giunto il momento di riprendere Asimov in mano…
              Sta per arrivare una tempesta (come nel finale di Terminator, come quella che Selina annuncia a Wwayne ballando), bisogna preparare le valigie e mettere i cannoli (dice il Padrino) ed i libri giusti in valigia…

              Ci sono testi del dopo-guerra per me imprescindibili, perché sono come sorgive di idee da cui un autore si ferma ad abbeverarsi e con grande lentezza io scriverò di queste polle di linfa creativa, per rendere omaggio… lo feci con Saramago lo farò di nuovo tra qualche settimana con il mio personale Sacro Graal della Memoria in Leerteratura (e non parlo di Proust)…

              Tu segui OUAT, si, tu segui OUAT ed hai anche letto a suo tempo il mio post, lo ricordo, perché ci mettesti un Like… e la cosa ti fa onore, non il LIke ma la visione di OUAT, perché OUAT è assolutamente, indiscutibilmente, certamente puro entertainment, ma anche gioco e cultura, come hai detto tu, cultura televisiva ed è affscinante fermarsi un attimo a guardare come è scritta, alle idee degli autori… ed in fondo OUAT è una di quelle sorgive di cui parlavo, magari meno dignitose di un premio nobel, ma chissà, la vita è strana ed anche le correnti del destino lo sono, come i corridoi bui del tempo (un’altra immagine che viene da Asimov, che scrisse un solo libro, in tutta la sua vasta produzione, dedicato ai viaggi nel tempo, uno solo, ma quando lo fece fu subito epocale… copiatissimo e citato dallo stesso Dick come un mantra…

              Ora taccio (mi spengo).
              Buona notte, amico, buona note di cuore!

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              • Quello che mi dici mi riempie di dubbi, sulla riuscita e sul target, perché gli americani hanno saputo fare cose egrege ma ora che il cinema è calo, tutto diventa gadget, sequel e “robadaedicola”. OUAT lo seguo perché non si può non seguirlo. Non lo amo ma è ovvio che cerco di capirlo, un po’ come Streghe, di cui ho amato i primi 6 episodi e basta, ma che poi ho seguito, disinteressandomi dalla trama. Lo so son strano.
                Riguardo il fiume… Che bella immagine.

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                • Hai perfettamente ragione e la realtà che ci circonda è piena di esempi di cià che dici, ma la scintilla creativa è sempre nascosta sotto la cenere, anzi, in questo periodo in cui la narrazione (filmica, letteraria, televisiva, scultorea, grafica, etc.) è così piena di mezzi potenti (strumenti, nuovi “pennelli” e nuove “penne”) ma con mecenati così asserviti al mercimonio, la creatività vive nascosta come un clandestino 2.0. ossia non nelle fogne buie e puzzolenti ma dissimulata dentro la piattezza…
                  Mi spiego meglio: come nel film (tanto deprecato da tutti, ma con un cuore arzillo) di “Mortdecai” (non a caso diretto, male, da un uomo che normalmente è famoso per scrivere, bene) un bellissimo quadro era nascosto sotto una crosta, così spesso l’intento artistico e rivoluzionario (l’arte lo è spesso, forse sempre, anche se non sembra) si mimetizza camuffandosi da prodotto di marketing, come la volontà e lo spirito del vecchio agente Alex Murphy ancora resisteva indomita nelle profondità del cyborg dal cervello resettato di RoboCop.

                  Ho fiducia nell’uomo e nelle capacità mutagene dell’arte, nel suo innervarsi come un parassita attorno alla pianta dei finanziatori, accondiscendendo da un lato e dall’altro sferrando il colpo, come un pittore rinascimentale faceva con papi e principi, senza i quali non avrebbe potuto permettersi oli e marmi, incensando apertamente il potere costituito e sotto traccia scrivendo la storia dell’arte ed in certi casi (vedi Michelangelo), portando persino di nascosto le idee eretiche fin dentro la Cappella Sistina, come uno di quei modelli di Terminator che venivano/verranno costruiti da Skynet identici agli uomini per infiltrarsi nelle trincee umane…

                  Ora sto svalvolando, quindi ti saluto di nuovo…
                  (non riesco a spegnermi, Gianni, non riesco! Stacca la spina per me! Staccala!!)

                  … BIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP!

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                  • Ahahah no no, non stacco proprio nulla, devi restare in questa realtà.
                    Con le tue parole mi hai ricordato un Poirot che è da tanto non vedo. Dovrò porre rimedio! Robocop, il primo, così sublime e subliminale, che bello.
                    Però è vero, originale è difficile, originale oggi è statisticamente impossibile, ci si prova ma non c’è molto da aggiungere a vedere bene, ma l’arte si rigenera da se stessa, l’arte fagocita e risputa cose impensabili e noi, noi ci speriamo!

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  11. Pingback: IO E I LIBRI: UNA STORIA DIFFICILE MA CON IL LIETO FINE | L'OSSERVATORIO

  12. Hallo!
    I libri… Bell’argomento! Quante cose da dire! Quante cose da scoprire solamente guardando la libreria di una persona!
    Io ne ho talmente tanti che, purtroppo, ormai sono sistemati alla bell’e meglio nella libreria che siamo riuscite ad infilare in un angolo della cameretta (la mia casa è talmente piccola che tutti i mobili, nessuno escluso, sono incastrati tipo tessere del tetris). Quindi un ordine preciso non c’è.
    Ho solamente una libreria a “torre” dove tengo gli autori che più mi piacciono ed a cui sono più legata, tipo ho un ripiano dedicato solamente a Camilleri, ma i titoli sono messi un po’ alla rinfusa , ahimè, perché ho edizioni differenti 😦
    E non parliamo dei fumetti! Anch’io li ho spostati più volte per questioni di spazio ed ordine, l’unica mia fortuna è che ho sempre comprato i manga per questo le dimensioni sono più o meno sempre uguali, in altezza, la differenza sta nella larghezza dato che i numeri dei volumi possono variare.
    Non c’entra nulla, ma la mia collezione di dvd è messa decisamente meglio 😉
    Mchan
    Ps: anch’io ho avuto un’educazione scolastica abbastanza classica (al linguistico ho dovuto studiare il latino) ed anch’io ho “odiato” Manzoni e Dante proprio perché dovuti analizzare nei minimi dettagli forzatamente, per non parlare degli altri autori della letteratura sia italiana (tipo il tuo citato Foscolo) sia straniera. Ho iniziato ad apprezzare la lettura in generale solamente una volta finita la scuola.

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    • Che bello il tuo contributo, Mchan!
      Sapevo che eri una forte lettrice, sia di libri che di manga (lo si capisce dai tuoi post) e dal taglio con cui parli anche di film: non c’è nulla da fare, la lettura crea una forma mentis che ci fa vedere tutto in 8una determinata chiave e non oso dire che è quella giusta o addirittura la “migliore”, ma è solo una chiave con cui dietro le immagini (di un film, di un anime, di una fiction) vediamo sempre il lavoro dello scrittore… pensa solo alla chiacchierata scherzosa che ci siamo fatti io, te e Lapinsù tempo fa sul fanta-film del marito che si innamora della sorella più giovane della consorte… ci veniva spontaneo cercare la trama alternativa, immaginare gli sviluppi prima che l’autore (deputato a farlo) lo facesse…

      Sull’ordine con cui disponiamo i libri, beh, certo, lo spazio ha la precedenza, ma quando in un modo o nell’altro i libri se lo trovano da soli (accumulandosi in un modo piuttosto che in un altro), il nostro animi o il nostro karma viene fuori… ti guardo la libreria e ti dirò chi sei…

      Intanto abbiamo scoperto il lato camilleriano della nostra Mmchan, che non è cosa da poco…

      Ed in famiglia come sei messa?
      Il coniuge ha i tuoi stessi gusti?
      Mia moglie, ad esempio, ama gli autori italiani e frequenta poco gli stranieri, esattamente l’opposto di me, non ama la sci-fi classica (alla Asimov, tanto per dire), ma condividiamo l’amore per Dick; inoltre ci unisce una comune passione per la Rowlings e per King… passione, che come scrivevo nel post, non è cieca agli errori di entrambi e che riconosce la qualuità superiore di altre cose, ma che ha ugualmente colorato d’affetto pagine che abbiamo letto nello stesso periodo della nostra vita e mche, come certe canzoni, sono state testimoni o paraninfi di emozioni speciali…

      Temo sempre di essere tacciato per snob o presuntuoso, ma un’altra cosa che abbiamo in comune è la passione per il bardo di Stratford on Avon: quando abbiamo guardato l’ultimissima traduzione cinematografica del classico “Romeo and Juliet”, quella sceneggiata da Fellow e diretta dal bravo Carlo Carlei, recitavamo in silenzio, solo muovendo la bocca, alcuni dei passaggi più celebri, niente di chissà quanto difficile, anzi, ma molto toccante…

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      • Wow! E’ bellissimo il rapporto che descrivi con tua moglie! Il giusto mix di opposti e cose in comune che serve.
        Io sono single, ma vivo ancora con la mamma che in quanto a gusti letterari li ha simili ai miei ma preferisce autori diversi. Tipo io adoro la Ahern mentre lei non si perde un libro della Steele, a me piace tantissimo Camilleri mentre lei preferisce Connelly. Capirai che in quanto a spazio dove mettere i libri stiamo messe male dato che leggiamo tantissimo entrambe e riusciamo a far combaciare i gusti solamente in fatto di cinema e serie tv. Anche se le fiction di Montalbano se le guarda volentieri pure lei, ma i libri proprio non riesce a leggerli (per una questione di scrittura troppo dialettale).
        Se qualcuno cercasse di capirci tramite la nostra libreria, penserebbe che siamo bipolari.
        Shakespeare! Ecco, questo è un autore che mi è sempre piaciuto leggere nonostante lo studio scolastico.
        Mchan
        Ps: Grazie per i complimenti 🙂

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  13. Sempre più convinto che andresti forte non solo con i libri di testo, i saggi e le enciclopedie ma anche con romanzi di fiction, magari fantasy o di fantascienza.
    Genesi e sviluppo di una passione, un post sulla fruizione dei libri da chi di libri ne ha letti a fiumi. Non solo come, quando e dove si legge, ma anche che rapporto si ha con i libri in generale nella vita, Quando hai iniziato ad apprezzarli e grazie a chi, come li conservi, con chi condividi le letture, quali sono i tuoi libri e autori preferiti, come ti approcci ai libri prima di leggerli e perché. Questo post è il massimo del personale, racconta di cose che di solito non interessano mai a nessuno, tu però l’hai reso uno dei post più interessanti e piacevoli da leggere in assoluto.

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    • Non ho parole per ringraziarti di ciò che hai scritto: come avevo premesso all’inizio al post stesso, questo era forse il più personale che avessi mai scritto e tu lo hai giudicato in modo talmente positivo che non posso non rimanerne emotivamente coinvolto.
      A differenza di ciò che faccio normalmente, starò un po’ in silenzio a godermi gli allori che mi hai lanciato contro e che ho afferrato sorridendo!

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  14. Dato che su Coliandro hai già spiegato tutto tu e non posso che concordare (ravvisare nell’accentramento su Lucarelli le virtù di questa stagione è secondo me la chiave di volta del ragionamento) non mi resta che dedicarmi una attività non la quale mi considero – e credo di non peccare di immodestia se lo dico – un esperto: discettare sulla gnoccaggine delle attrici. E siccome tu ti sei sbilanciato lo faccio anche io. Quindi riprendo le 5 nominate e cerco di tirarne fuori un nome solo.

    NICOLE GRIMAUDO — VALENTINA LODOVINI — RAFFAELLA REA — MIRIAM CATANIA — FRANCESCA CHILLEMI

    La Catania la mettiamo subito al quinto posto: carina ma, come già detto, troppo magra.
    Al quarto piazzo la Rea: gnocca superba ma più bella che fascinosa. E il fascino conta (nikita decet)
    Al terzo la Lodovini, perchè è “tanta roba” e perchè è pure brava (hai mai visto “La giusta distanza”? uno dei pochi film italiani di questo secolo che abbia gradito e lei è superba)
    Al secondo piazzo la Chillemi perchè è perfetta. Viso, fisico, sguardo, tette: ti stende. E’ fors’anche troppo bella per fare l’attrice.
    Al primo, va da sè,non resta che la Grimaudo. Non è la più brava, non è la più bella, non interpreta un personaggio memorabile. Ma, come già spiegato, “mi fa sangue”, quindi non posso che scegliere lei.

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  15. Ti informo in via del tutto spassionata che in data odierna è uscito (quanto meno a noleggio) il dvd di Mr. Holmes.
    In rete puoi trovarne già numerose versioni (io l’ho reperita sia in formato SD che HD, giusto per non sbagliare).
    Dal momento che non ti ho sentito più parlare del film e temendo che quindi tu non abbia avuto l’opportunità di guardarlo, spero che ora potrai colmare la spiacevole lacuna 🙂

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  16. Non credere che non abbia letto il tuo articolo e non credere che non ne sia rimasta estremamente lusingata, anzi, tu mi sopravvaluti.
    Prima mi approcciarmi a scrivere due righe striminzite in commento a quanto hai scritto, ho letto il tuo post più e più volte, e ad ogni rilettura, come in un rompicapo a scatole cinesi, trovavo qualcosa di nuovo su cui riflettere. E così “rifletti che ti rifletto” sono passati i giorni, e ogni volta che mi ripromettevo di scrivere qualcosa poi la cancellavo perché, onestamente, non c’è proprio nulla da aggiungere a quanto hai scritto, nulla che non sia superfluo e inutile, se non un grazie di cuore, perché quando scrivi, dischiudi sempre dei mondi nuovi.

    PS: io ripongo i miei amici di carta in una libreria di ciliegio,alcuni disposti per autore (quando quell’autore merita che io abbia più di un suo volume), alcuni disposti per editore (sì, l’ho detto!!!) 🙂 e non ho mai lavorato in una libreria ergo….. 😀

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    • No, non ti sopravvaluto, per lo meno per ciò che ho scritto, perché ogni tuo post, anche il più apparentemente leggero, trasuda una cultura non nozionistica ma vissuta ed è esattamente quello che normalmente amo leggere, ossia parole che racchiudono pensieri, che racchiudono emozioni, che sono scaturiti da osservazioni e riflessioni, piaceri e dispiaceri.

      Chi legge in genere sa scrivere ( non è invece così automatico il saper parlare, che implica la teatralità del mettersi in gioco di fronte ad un pubblico che ci osserva nella nostra fisicità).

      Ho voluto scrivere questo affinché tu sappia che non c’è traccia di ruffianeria o piaggeria tornacontistica (e questo è un bel neologismo che farebbe incazzare il dannunziano assistente di letteratura che ogni volta negli esami mi segava le parole non inserite nel dizionario): ti apprezzo per quello che appari ai miei occhi.

      Perciò, sono lieto dei tuoi complimenti (che sento come altrettanto sinceri) e leggerei anche l’inutile (tale per te) e sappi che ho sorriso, con un’apertura che andava da un orecchio l’altro, quando ho letto del tuo mettere in ordine i libri per editore (alla fine, è ciò che io faccio con i fumetti, ma non lo diciamo a nessuno…), perché me li immaginavo tutti quelli volumetti rossi e ruvidi della piccola biblioteca Adelphi o i più grossi Guanda e quelle stramaledettissime edizioni della Sperling & Kupfer incollate da schifo dei libri di King, che ti fanno rimpiangere le rilegature a filo dei Sonzogno e dei Bompiani o l’eleganza dei costosissimi Einaudi con copertina rigida e sovraccoperta… di uno dei libri da più apprezzati tra i titoli modaioli (di quelli che se non hai letto sei nella lista dei proscritti), ossia “The Curious Incident of the Dog in the Night-Time” di Haddon, ho due edizioni, la prima cartonata e sovraccopertinata e l’altra brossurata, incollata e tascabile, così, da buon feticista, una la leggo e la sfoglio, l’altra la tengo, la sfoglio (piano) e non la leggo… mah!

      L’amore fa fare cose strane…

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  17. La questione della disposizione dei libri mi sta a cuore, anche se non ho nemmeno un decimo della metodicità che dimostrate tu ed alcuni dei tuoi lettori.
    Ho risolto (indirettamente e involontariamente) la cosa a modo mio: da minimalista quale sono, ho innanzitutto ridotto in misura drastica il numero di libri che possiedo.
    Per farla breve, ho questa fissa di conservare soltanto i volumi che, per una ragione o per l’altra, hanno un’importanza e/o un’utilità molto grande per me.
    Fatto sta che sono al momento scesa a quota 250 titoli circa, il che mi consente di ordinare i libri innanzitutto per categoria (narrativa divisa dalla saggistica, e in entrambi i casi per blocchi di argomenti simili).
    Dopodiché, mi basta tener vicini tutti i titoli di uno stesso autore, nulla di più: ordinarli anche per editore sarebbe bello, ma mi riesce faticoso, se escludiamo casi particolari come i Meridiani.
    Oh, e la poesia rappresenta un terzo world apart.

    Ci sono titoli a cui sono legata a doppio filo, certo, e non necessariamente in forza della loro qualità o importanza.
    Mi viene in mente “Paura” di Richard Wright, che in verità conosco solo grazie a questo romanzo, letto e poi riletto altre due volte.
    La storia è imperniata sul pregiudizio razziale, ma non sfigurerebbe come giallo puro: c’è un omicidio, c’è un innocente accusato, ci sono la fuga e il nascondimento.
    Per qualche ragione, non so se obbiettiva o emotiva, è un libro che mi ha conquistato (non trascuriamo il fascino dell’edizione Bompiani: hai presente quella collezione con la copertina rigida rossa, e i caratteri dorati?).
    Poi, tra gli altri, potrei citare “It” di King, o la quaterna dell’infanzia/adolescenza Pinocchio-Isola del tesoro-GGG-Cipì.
    Più avanti, che lo specifico a fare?, è arrivato Harry Potter – e da lì è nata una sana passione per le fanfiction, immenso universo di piacere che espande quelli già esistenti.
    Eccetera…!

    Gli autori che ho condiviso con mio padre rappresentano una sezione a parte ma non troppo, una specie di sottoinsieme in un diagramma di Venn: Guareschi, Simenon, King e Lansdale.

    Accidenti, con questo post mi hai messo appetito 🙂

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    • Sono imperdonabile, Denise!
      Sto instaurando con te un rapporto “epistolare” simile a quello (comodissimo!) che ho con altre due blogger tue colleghe: Elena (una potente traduttrice e leggiadro recensore di romanzi di ogni tipo) e Trilce, una poetessa che allieta il mio animo ogni giorno con liriche che apprezzo moltissimo.
      Ebbene, con esse ci scriviamo a ci leggiamo, spesso con tempistiche bibliche tra una risposta e l’altra, nemmeno i nostri pensieri viaggiassero su carta e posta tradizionale o fossero persino inoltrati da corrieri a cavallo… Un rapporto comodo, dicevo, perché accettato da entrambi i lati della conversazione, come le comunicazioni iniziali che Mark Watney (l’astronauta abbandonato su Marte, interpretato da Damon nel bel film di Ridley Scott) instaura con il centro spaziale sulla Terra, con delay time pazzeschi tra botta e risposta…

      Con te, però, non c’era alcun accordo in tal senso ed io da solo mi sono arrogato il diritto di poterti scrivere con calma (molta calma!) e di questo ti chiedo scusa: io leggo sempre i commenti, in genere appena arrivano le notifiche degli stessi, ma quasi mai replico simultaneamente e questo atteggiamento da bradipo scribano non è dettato da disinteresse o da noncuranza, ma solo dalla cattiva gestione del mio tempo (mi piace pensare “impossibilitato ad una migliore gestione”).

      Sui tuoi autori e le tue citazioni, sappi che abbiamo moltissimo in comune e saranno belle (in futuro) le scoperte altresì delle differenze, poiché da quelle si impara ancora di più!

      A breve scriverò un post sul mio romanziere preferito (non necessariamente quello che considero il più grande) e quello sarà un vero atto d’amore!

      Ogni tanto mi cimento in cose nuove e seguo tantissimo i consigli delle persone che stimo, a volte facendo esattamente il contrario, proprio perché conosco i gusti dei miei amici ed anche ovviamente i miei: così (come raccontavo in un altro post) ad esempio ho scoperto Saramago e così ho scoperto David Foster Wallace ed allo stesso modo, quasi per capriccio, mi sono intestardito a leggere il suo elefantiaco, complesso, ingombrante (ma anche totemico, leggendario e sciamanaico) “Infinite Jest”, divenuto poi parte del mio immaginario di orgoglioso guerriero lettore, insieme allo “Ulysses” di Joyce e (se mi perdoni l’accostamento provocatorio) “S. Ship of Theseus” di Abrams e Dorst.

      Ora ti saluto, da questa landa di tempo rallentato (come chi sta vicino ad una grande nana rossa, la cui immensa gravità rallenta il suo tempo): alla prossima!

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      • Ti ho incrociato da poco, ma mi è già estremamente chiaro il tuo bisogno di decantare.
        A me, per essere altrettanto chiara, sta benissimo: mi piace rispondere il prima possibile, ma ho dei tempi di elaborazione abbastanza lenti. Anche per questo ho scelto di limitare le attività che seguo…
        … dunque, scuse accettate per più pro-forma che per reale necessità 😉
        L’idea che, nonostante il medium, i nostri possano configurarsi come scambi epistolari tradizionali non mi dispiace affatto per altro, dal momento che ho recuperato da un paio d’anni l’abitudine alle lettere. Carta, penna, e francobollo; senso di attesa e di aspettativa.

        Mi sono iscritta a uno dei due blog di Elena (non quello personale), ma non conosco Trilce – andrò prontamente a pucciare il naso anche in casa sua, non appena ho un momento di calma.
        Infinite jest, con tanto di note e sottonote, l’ho vissuto più come un’esperienza che come una lettura. Hai ragione, c’è da sentirsi guerrieri: piaccia o non piaccia, ci si affezioni ad esso o meno, se ne esce con la sensazione di aver saccheggiato la farmacia. E di essere prossimi ad un frontale in autostrada (la sigla AFR non mi uscirà di mente nemmeno in punto di morte).

        Attendo il nuovo post, incuriosita.
        Tschuess!

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  18. Ricordavo d’aver già letto questo post, ed infatti l’ultimo scambio di commenti è tra noi due… il primo post tuo che abbia letto, inoltre, il 2 settembre 2016. Pensavo fosse passato più tempo!
    E’ straniante, e perciò bello.
    All’epoca tenevo un blog principale ed un blog “in seconda”, come lo chiamavo, Uno Zibaldino – e infatti ho sorriso leggendo che non intendevi assolutamente paragonarti a Leopardi…
    … due nuove note:
    scrivi della libreria, un mobile da vecchi. Lo vedi dunque che ho ragione io, a immaginarti vetusto? 😉
    E Chesterton: purtroppo non ho ancora letto nulla della sua narrativa, ma solo Ortodossia, che comunque non manca d’essere poetico nel linguaggio e nella struttura. Prima o poi… ho sbirciato a volte, di Padre Brown, la serie tv. Ma sento poco feeling.
    Ciao, buona domenica.

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    • Avevo dimenticato il nostro scambio di battute in questo post…
      Allora mi riferivo a te come Denise e basta ed oggi Celia, quasi uno sdoppiamento… Body Double hitchcockiano…
      Anche allora il fantasma di Foster Wallace aleggiava sui commenti…
      Chesterton ed il suo essere paradossale in modo ottocentesco, così come il suo viversi cristiano in modo così elegante e severo in una terra di strafottenti quale è fa sempre la perfida Albione…
      Amo i libri di Chesterton, tutti ed odio le riduzioni televisive, tutte, davvero indegne quando non semplicemente patetiche (quella Italiana con Rascel sembra una parodia involontaria delle parocchie del dopo guerra).

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